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Questioni relative alla ricerca sul campo, ai metodi e agli strumenti di ricerca impiegati

Nel documento Università degli Studi di Roma Tre (pagine 171-186)

Parte II La ricerca empirica: metodologie e tecniche

5.5 Questioni relative alla ricerca sul campo, ai metodi e agli strumenti di ricerca impiegati

In merito alla discesa in campo, le azioni intraprese e la natura delle stesse sono state già chiarite nel presente capitolo. Detto questo è opportuno e rilevante per la trattazione affrontare criticamente i problemi connessi alla ricerca empirica entro contesti istituzionali che, come quello preso in esame, hanno un alto grado di strutturazione e di massimo coinvolgimento emotivo. L’approccio GTC consente una discreta libertà di movimento, ma al tempo stesso impone il mantenimento del massimo grado di riflessività del ricercatore, circa il suo ruolo all’interno del campo d’indagine. In particolare, sono stati tre gli elementi critici riscontrati durante la fase di rilevazione, secondo quanto segue.

5.5.1 Adozione del linguaggio natio e osservazione dissimulata.

Durante la ricerca sul campo, come precedentemente chiarito, si è affrontato il problema della conoscenza e dell’adozione degli elementi caratterizzanti il linguaggio medico e degli atteggiamenti di ruolo propri dei sanitari che lavorano nel reparto e nella struttura ospedaliera. Innanzitutto, è stato fondamentale adottare l’abbigliamento e i simboli propri del personale medico. La caposala ha ritenuto opportuno, come primo aspetto rilevante nel contatto con le pazienti, che indossassi ogni giorno il camice e portassi i capelli raccolti. Questa pratica ripetuta per i 12 mesi di rilevazione ha favorito il contatto con le pazienti perché attraverso il camice è stato possibile legittimare la presenza tra loro acquisendo un posizionamento ben specifico, ossia quello del medico, riconosciuto nel richiedere informazioni circa lo stato di salute delle pazienti e nell’entrare nelle stanze. Il dilemma etico nel quale ci si è imbattuti in prima istanza è stato quello del dissimulare o meno la propria identità e in particolare degli obiettivi di ricerca380. A tal proposito è stato deciso, proprio per poter giungere ad un contatto

380 Come definito da Corbetta (1999), “l’osservazione partecipante è una strategia di ricerca nella quale il ricercatore si inserisce in maniera diretta e per un periodo di tempo relativamente lungo in un determinato gruppo sociale preso nel suo ambiente naturale, instaurando un rapporto di

diretto con le pazienti, di garantire una spiegazione degli obiettivi generali e di introdurre la propria persona e l’importanza di un contributo in merito alla propria esperienza e al proprio vissuto di malattia. Quando le pazienti hanno esplicitamente richiesto informazioni in merito alla professionalità della scrivente, è stata comunicata la reale esperienza professionale. In caso contrario si è lasciato intendere ciò che le pazienti hanno interpretato come reale. Questo aspetto ha favorito una maggiore apertura delle donne, soprattutto nella fase dell’approccio che avveniva spesso a ridosso dell’intervento chirurgico, dove la narrazione diveniva anche un modo per potersi “liberare” da uno stato di tensione ripercorrendo le tappe della propria esperienza. È stato riscontrato, sin dai primi incontri, quanto le donne intervistate fossero capaci di utilizzare terminologie specifiche relative al campo medico-sanitario, come per esempio: carcinoma duttale infiltrante, mutazione BRCA1 e BRCA2, linfonodi sentinella, espansore, svuotamento ascellare, protesi mammaria incapsulata, Laxotene, Herceptin, chemio al platino, la gialla, la bianca e la rossa, gli strumenti diagnostici, biopsia, l’istologico, l’estemporanea, la PET, le conseguenze delle terapie, menopausa indotta, osteoporosi, problemi osteoarticolari, caduta dei capelli, incontinenza urinaria. È stato necessario inoltre, per poter svolgere la ricerca e la somministrazione delle interviste, imparare quali sono le fasce di età più a rischio secondo il Ministero, i protocolli, la familiarità genetica, la mutazione e il fatto che la terapia ormonale induce la menopausa spesso anche in donne giovanissime.

Questo e molto altro sono stati oggetto di studio, di apprendimento, al fine di prepararsi ai colloqui e, in particolare, poter comprendere meglio alcune situazioni problematiche.

5.5.2 Empatia.

Un aspetto fondamentale è stato quello di creare una relazione empatica, a cominciare da quella del ricercatore verso le donne ammalate. È bene chiarire che questa ricerca è stata, infatti, implementata, condotta e gestita da una giovane donna e che pertanto i temi trattati hanno suscitato e richiesto un alto livello di empatia ed immedesimazione nelle situazioni problematiche e nelle storie di vita

interazione personale con i suoi membri allo scopo di descriverne le azioni e di comprenderne, mediante un processo di immedesimazione, le motivazioni.” in Corbetta P. (1999), Metodologia e tecniche della ricerca sociale, Il Mulino, Bologna, p. 368.

delle pazienti. L’empatia è adottata come una parte determinante del processo conoscitivo al fine di porre maggiore attenzione ai mondi vitali dei partecipanti.

Come già riportato nei paragrafi precedenti, l’intento è stato quello di entrare in contatto con la realtà osservata attraverso la prospettiva degli attori. Sulla scia di Husserl381, l’osservatorio privilegiato è quello del mondo delle esperienze quotidiane che costituisce la base empirica nella quale possono essere colte le impressioni e le interpretazioni soggettive proprie del vissuto di malattia382. Perciò, caricarsi delle storie di vita delle pazienti, dei vissuti di malattia e dei grandi dolori relativi a gravi perdite e sofferenze ha richiesto una preparazione emotiva nell’ascolto delle narrazioni, che non sono soltanto informazioni, bensì testimonianze dall’alto “coefficiente umanistico” dei molti modi in cui una malattia si insinua entro le vite individuali, spesso stravolgendole completamente. Entrare in empatia con le intervistate ha consentito al tempo stesso una disponibilità ad accettare le domande sui temi proposti e una partecipazione appassionata e coinvolgente delle pazienti che hanno risposto volentieri anche ai quesiti sulla loro sfera più intima. Solo in due casi c’è stato un rifiuto totale di partecipare all’intervista. Nel primo caso la donna preferiva trascorrere con il marito gli ultimi momenti prima dell’intervento, in un altro caso la paziente ha rifiutato l’intervista dichiarando di non voler ripercorrere la sua storia di malattia. Altri due soggetti, che sono stati ugualmente inseriti nel campione, invece, sebbene avessero inizialmente espresso una certa riluttanza hanno poi deciso di condividere la propria esperienza senza registrazione.

5.5.3 Narrazione e diseguaglianze.

Un aspetto che è stato affrontato in modo critico è quello relativo all’utilizzo delle narrazioni come fonte di conoscenza dell’esperienza altrui, come veicolo di informazione, ma soprattutto di ingresso nel “mondo della vita” dell’altro. A tal proposito sono state rilevate criticità specifiche nell’utilizzo di questo strumento di indagine che non ne indeboliscono la valenza scientifica in termini di opportunità e di validità, bensì ne problematizzano alcuni aspetti. In qualche modo anche la narrazione, che nasce come tecnica “democratica e partecipativa”

volta a comprendere l’esperienza dell’altro nella sua totalità entro il piano di

381 Cfr. Husserl E., Idee per una fenomenologia pura e per una filosofia fenomenologica, op. cit.

382 Morsello B., Narrative medicine, definizioni epistemologiche e prospettive digitali, op. cit., pp. 37-51.

ricerca, presenta però alcune incongruenze legate alla realtà empirica. Durante l’indagine è risultato abbastanza evidente, via via che il materiale empirico andava arricchendosi, che le storie raccolte presentavano delle divergenze legate alle disuguaglianze di capitale economico e culturale tra le intervistate. A tal proposito la capacità narrativa e comunicativa delle intervistate è risultata, nel caso oggetto della trattazione, direttamente proporzionale al loro capitale culturale. Questo aspetto ha richiesto che l’intervistatrice fosse più coinvolta nel proporre domande e nel chiedere approfondimenti volti a far parlare maggiormente le intervistate. Il materiale empirico che ne è derivato in presenza di un basso capitale culturale è stato comunque quello più scarso, non perché l’esperienza di queste specifiche intervistate non fosse densa e ricca di particolari interessanti, bensì perché la poca capacità comunicativa, di analisi e di descrizione della propria vicenda personale ha impedito che potessero emergere con chiarezza le dimensioni dell’esperienza vissuta. La mancanza di competenze narrative è risultata, nel campione osservato, essere direttamente connessa al capitale culturale e ciò ha evidenziato il rischio che l’approccio narrativo, pur con l’obiettivo di far emergere le specificità individuali, possa diventare invece veicolo di riproduzione delle disuguaglianze sociali. Questo è un aspetto rilevante e da tener presente nella fase di analisi dei dati, al fine di evitare che il ricercatore nel momento in cui si trova ad analizzare il materiale empirico raccolto e a dover codificare parti di testo delle interviste possa dar “voce” e concettualizzare soltanto le narrazioni più “corpose”. Questa riflessione critica, di tipo metodologico e anche teorico, è emersa durante la ricerca sul campo ed è riportata nel memo che segue:

vorrei approfondire in merito alle competenze narrative dei pazienti e sui rischi dell’approccio narrativo in quanto, in alcuni casi, sembra privilegiare soltanto i pazienti più competenti e più istruiti. È bene porsi questa domanda: come valorizzare tutte le narrazioni entro un contesto di ricerca qualitativa in cui la storia del paziente risulta essere la fonte privilegiata d’informazione? Al tempo stesso, l’eccessiva enfasi sulle diverse competenze tra pazienti e sulla comparazione delle loro narrazioni può incidere negativamente sulla responsabilità del paziente che, di suo, si trova già sovraccaricato di responsabilità, perché costretto a vivere la salute come un lavoro a tempo pieno e, nel caso del tumore al seno, è obbligato ad incorporare le pratiche di screening e prevenzione entro la propria routine. Questo aspetto deve essere approfondito nelle interviste. Siamo dunque ad un vicolo cieco? No, non è un vicolo cieco. Soltanto se si comincia a lavorare sulla riduzione delle disuguaglianze sociali è possibile implementare positivamente progetti o proposte di integrazione del soggetto competente all’interno dei sistemi

sanitari e cura. Bisogna dunque partire dalle condizioni sociali che sono anche in questo caso imprescindibili per una migliore comprensione e consapevolezza dei nuovi approcci (es. medicina narrativa). Il ruolo del sociologo della salute dovrebbe essere utile a riportare al centro di teorie e pratiche di ricerca la riflessione sul sociale e non soltanto sul discorso medico e, per dirla alla Luhmann, sui sistemi “salute e malattia” (da note di campo, del 28 marzo 2017).

5.6 Analisi sistematica dei dati qualitativi. Passaggi fondamentali dell’analisi computer-assistita con Nvivo 11

Questo lavoro richiama l’attenzione sull’importanza dei propri dati, in quanto soltanto uno studio approfondito e preciso di interpretazione, ma soprattutto di categorizzazione teorica, può aiutare il ricercatore ad individuare gli aspetti salienti del fenomeno oggetto di studio. L’individuazione dei concetti portanti implica un duro lavoro del ricercatore durante l’analisi dei dati attraverso l’ausilio del software di analisi qualitativa dei dati. Software recenti quali Atlas-T e Nvivo sono molto utili in quanto supportano la fase di analisi delle storie di vita e in questo caso di malattia, e di individuazioni di categorie rilevanti. Atlas.ti è stato progettato in Germania nella prima metà degli anni Novanta ad opera di Thomas Muhr ed è un software di supporto all’ analisi del contenuto di tipo interpretativo. NVivo è, invece, di origine australiana ed è progettato dalla QSR International, nonché ampiamente utilizzato sia in ambito accademico che istituzionale. L’analisi computer-assistita aiuta a maneggiare velocemente una grande quantità di dati, lasciando una maggiore libertà di esplorare svariate questioni analitiche; consente, inoltre, un maggior rigore nella fase di documentazione, di conteggio delle ricorrenze semantiche e nello sviluppo di schemi di classificazione coerenti. L’utilizzo dei software nell’analisi dei dati qualitativa funge da ottimo supporto al ricercatore anche nelle decisioni di campionamento e nello sviluppo della “teoria basata sui dati”.

A differenza dei software di analisi statistico-quantitativa, quelli pensati per l’analisi qualitativa favoriscono le operazioni di ordinamento e di classificazione del materiale empirico. Quasi tutti i programmi di analisi qualitativa in circolazione offrono come funzione di base la possibilità di codificare e classificare sezioni di testo, ma anche di suddividere le interviste o i brani in

“famiglie” al fine di esaminare le differenze tra gruppi di individui dissimili (es.

donne e uomini, adulti e giovani, operai e liberi professionisti, ecc.). Questi software, tra i quali Atlas-T e Nvivo che offrono la possibilità di creare diagrammi concettuali capaci di mostrare i legami tra idee che emergono dai dati, rientrano nel fermento tecnico-metodologico che la letteratura anglosassone definisce

Computer Assisted Qualitative Data Analysis Software (CAQDAS). Un altro vantaggio dell’utilizzo dei software che consentono di gestire l’analisi qualitativa dei dati è legato alla questione della memoria. Attraverso questi software è possibile tenere traccia di ogni fase e dello stato del lavoro attraverso memos, in cui il ricercatore può conservare i propri progressi e condividerli con i membri dell’équipe di lavoro. Attraverso questi nuovi programmi è possibile lavorare agevolmente sui testi narrativi sfruttando le risorse informatiche ad oggi conosciute nella letteratura sociologica. È possibile, infatti, inserire le trascrizioni dei testi in formato integrale all’interno del software scelto di analisi computer-assistita, dopo una revisione e correzione di eventuali errori di battitura. Una volta inseriti assumono la denominazione di “documenti primari” (Primary Documents o Internals/Externals) dai quali si svilupperà l’analisi. In genere la prima fase è di carattere esplorativo. Lo studioso costruisce, attraverso la lettura e il vaglio del materiale empirico i concetti e le categorie rilevanti rispetto al problema oggetto d’indagine procedendo in modo sistematico e prestando attenzione ad ogni elemento interessante che emerge dal materiale empirico. Ne consegue una prima codifica aperta in cui i dati vengono attentamente esaminati, confrontati ed infine raggruppati in categorie. In questa fase vengono associate delle etichette a porzioni di testo (quotations) a cui segue una revisione attenta del materiale empirico con lo scopo di individuare, quando e se necessario delle sottocategorie legate alle dimensioni dei concetti rilevanti già precedentemente individuati. Per l’operazione di codifica del testo possono essere utilizzati neologismi, oppure si può fare riferimento alle concettualizzazioni già presenti in letteratura o addirittura utilizzare una codifica in-vivo383. Una volta terminata questa operazione di codifica il ricercatore avrà creato una lista di codici (code list) ai quali ricorrere ogni volta che si presenti nel testo un periodo che fa riferimento ad uno di essi presente in lista.

La seconda fase, generalmente, è quella della codifica assiale utile a mettere ordine nelle categorie individuate all’inizio, attraverso il collegamento tra di esse e delle sottocategorie È necessario unificare le categorie che possono essere considerate indicatori di un concetto più generale, ipotizzando delle relazioni fra sottocategorie ed una specifica categoria o tra categorie diverse. Queste relazioni sono stabilite dalle ipotesi del ricercatore attraverso la comparazione continua tra

383 La codifica in-vivo mira a sintetizzare porzioni di testo attraverso le parole più significative utilizzate dai partecipanti ed attinenti ai loro contesti quotidiani e interpretazioni. Per approfondimenti: Chapter 3 ‘Coding in Grounded Theory’, p. 42-72 in Charmaz K. (2006), Constructing Grounded theory. A pratical guide through qualitative analysis, SAGE, London.

dati e informazioni raccolte. È possibile durante questa fase riflettere attraverso la comparazione di ciascuna categoria e delle sottocategorie da cui è composta. I codici in questa fase possono essere organizzati al fine di formare vere e proprie

“famiglie di codici” (family codes) e successivamente se necessario “super famiglie”. Le famiglie di codici sono le dimensioni teoriche del concetto che trarranno senso dagli indicatori empirici che contengono (codes). È chiaro che l’operazione di concettualizzazione parte dai dati empirici dai quali vengono individuati gli indicatori e gli aggregati, al contrario la ricerca quantitativa individua come momento prodromico quello della scomposizione del concetto in dimensioni teoriche al fine di individuarne gli indicatori corrispondenti. Una fase interessante è quella riguardante la rilevazione delle eventuali relazioni presenti tra i codici o tra le famiglie di codici attraverso le queries. Si tratta infatti di una

“finestra di interrogazione” mediante la quale il ricercatore chiede al software di rilevare la presenza di relazioni fra i codici attraverso la selezione automatica delle citazioni precedentemente codificate ed assegnate alle dimensioni concettuali corrispondenti (famiglie e super famiglie). L’ultima fase è quella della codifica selettiva che consente, sulla scia dell’approccio della Grounded Theory, di pervenire ad una teoria generale o sostantiva alla quale tutti i codici (indicatori) di tutte le famiglie e super famiglie (dimensioni semantiche) sembrano essere ancorati. Questo sistema fornisce utili indizi sulla validità del nostro piano di ricerca in quanto costringe il ricercatore a riguardare svariate volte l’intero iter analitico, al fine di valutare riflessivamente sia la fase di scelta degli indicatori, sia delle ipotesi di ricerca. Qualora questa operazione di controllo e revisione andasse a buon fine, si otterrebbero dei diagrammi ad albero o a rete che configurano relazioni tra categorie e sottocategorie. Gli output, che è possibile ottenere al termine del lavoro od anche in itinere. consentono innanzitutto di avere un primo quadro esplorativo e descrittivo dell’analisi e dunque una mappatura concettuale dei testi attraverso l’identificazione dei temi salienti. Le relazioni possono essere adoperate tra parti di testo (quotations) oppure tra codici, tra codici e famiglie, secondo ciò che il ricercatore ritiene necessario. La scelta è presente in ogni fase del lavoro, che può essere rivisto in qualunque momento secondo lo spirito della metodologia qualitativa classica, ma attraverso l’utilizzo dei software è possibile un notevole risparmio di tempo e di ottimizzazione nella gestione del lavoro soprattutto in équipe. L’analisi computer-assistita agevola il lavoro e consente di manipolare un’ingente quantità di dati, ma «anche se negli ultimi anni si sono affermati sul mercato numerosi pacchetti software dedicati espressamente alla ricerca qualitativa, l’intervento

diretto del ricercatore nell’analisi dei dati non potrà mai essere sostituito»384. Ai fini del presente lavoro di ricerca è stato preferito l’utilizzo del software Nvivo 11 con lo scopo di maneggiare più agevolmente la grande mole di materiale empirico a disposizione. A tal proposito si è scelto di procedere attraverso 5 fasi decisive per l’analisi del materiale testuale computer-assistita, attraverso l’approccio Grounded Theory di matrice costruttivista.

5.6.1 Fase 1: Codifica Line-by-Line.

La codifica line by line, che significa letteralmente riga per riga, ha dato modo di scomporre il testo nelle sue parti salienti e di assegnare etichette semantiche volte alla codificazione di lembi di testo e al raggruppamento delle esperienze, senza perdere le particolarità soggettive385. Questa fase è molto importante in quanto consente di studiare da vicino i dati, partendo da un basso livello di astrazione, che rappresenta le fondamenta dell’analisi. In questa prima fase di concettualizzazione, sono stati individuati 439 nodes, dei quali 57 con frequenza maggiore di 5 sources386. La codifica line-by-line è stata utile per

“rompere” i dati in componenti specifiche, definire le azioni, le situazioni e i significati a cui fanno riferimento, individuare le supposizioni tacite delle intervistate, cristallizzare il significato delle asserzioni, comparare i dati e identificare quelli mancanti387, così come le categorie da saturare a mano a mano.

In questa fase è stato possibile porre specifiche domande ai dati, mantenendo un basso livello di astrazione per restare quanto più possibile vicino ad essi senza violare il linguaggio dell’intervistato attraverso interpretazioni eccessivamente teoretiche.

Si è tenuto conto, nella formulazione dei codici, di aspetti quali:

384 Leonardi F. (2003), La procedura di NVivo, p. 301; in Cipriani R., Giubilanti del 2000, percorsi di vita, Franco Angeli, Milano.

385 Ogni source (intervista) è stata classificata per classe di età, stato civile, settore professionale, area geografica di provenienza, titolo di studio, tempo trascorso dal primo intervento, mutazione genetica.

386 È stata considerata la frequenza relativa alle sources ossia della presenza all’interno di almeno 5 documenti, indipendentemente dalla references, ossia della frequenza delle parti di testo codificate. Questo perché è stato ritenuto più utile ai fini di una analisi obiettiva delle occorrenze, che tenesse in conto non la frequenza con cui l’argomento è emerso, bensì la frequenza dei soggetti che ne hanno parlato.

387 Charmaz K., Constructing Grounded theory, op. cit., p. 50.

- il linguaggio degli intervistati (in vivo codes);

- l’individuazione dei processi che sviluppano le azioni dei soggetti intervistati;

- l’interpretazione dei soggetti intervistati in merito alle azioni messe in campo e la definizione della situazione;

- come i soggetti sono coinvolti nei processi in modo diretto o indiretto;

- le conseguenze immaginate e reali delle azioni che mettono in campo.

Questa codifica iniziale ha consentito di valutare l’aderenza delle categorie utilizzate dal ricercatore a quelle impiegate dai soggetti intervistati, mantenendo un alto grado di riflessività. Una volta individuati i codici e valutata l’aderenza e la ricchezza tematica, depennando i codici “vuoti” ossia poveri di contenuto e risonanza con i testi, si è passati ad una operazione di comparazione, dove alcuni nodes sono stati accorpati seguendo un criterio di affinità semantica e terminologica.

5.6.2 Fase 2: Focused Coding.

Nella seconda fase, attraverso un’operazione di comparazione tra i 57 nodes (codici) precedentemente individuati come significativi (> di 5 sources), è stato possibile raggiungere un livello superiore di astrazione concettuale.

Questa fase è stata sicuramente più selettiva e volta a sintetizzare una quantità maggiore di informazioni, per decidere quali codici danno un maggior senso analitico, al fine di categorizzare correttamente i dati raccolti388.

Ciononostante, la codifica focalizzata non è un processo lineare, in quanto richiede di ritornare spesso sui dati, di interrogare i primi codici confrontandoli tra loro al fine di valutarne la densità. Attraverso Nvivo sono stati perciò predisposti i 16 sets che fanno riferimento ai 16 focused codes nei quali sono stati accorpati e “distribuiti” i line-by-lines codes precedentemente individuati. Il criterio principale è stato quello di massimizzare il potenziale informativo dei

388 Ivi, p. 56.

focused codes raggiungendo un gradino superiore di astrazione ma senza perdere le categorie analitiche precedentemente individuate e dunque restando fedeli ai testi. L’individuazione dei 16 sets ha richiesto diverso tempo in quanto attraverso il software è stato possibile muoversi all’interno del processo di analisi con rapidità e agevolmente, ma al tempo stesso è stato necessario, al fine di non perdere il quid pluris soggettivo, ritornare spesso ai testi riguardandoli uno per volta e tenendo presente gli attributi individuati per ogni intervista, ossia i dati socio-anagrafici dei soggetti intervistati.

Fig. 14. I sets

5.6.3 Fase 3: Theoretical coding.

La fase della codifica teorica segue quella della codifica focalizzata ed è utile ad individuare le relazioni specifiche tra i sets (o focused codes) al fine di raggiungere un buon livello di astrazione e di delineare le prime categorie

portanti della teoria389. Nello specifico questo processo ha visto la comparazione tra i sets individuati e talvolta la revisione dei passi analitici precedenti. Sono stati creati 4 clusters utili a sviluppare e teorizzare la relazione tra i sets e per individuare, in ultima istanza, le core categories dalle quali sviluppare la teoria sostantiva. Durante questa operazione è stato possibile cndurre un’analisi che tenesse conto dei processi che regolano le relazioni tra i concetti. Innanzitutto, sono state individuate le relazioni tra tutti i codici focalizzati (sets) precedentemente individuati, valutandone intensità, direzione causale, densità esplicativa e potenziale semantico.

Una volta considerate tali relazioni, sono stati fatti emergere i 4 clusters, che sono esposti e commentati nel capitolo sesto.

5.6.4 Fase 5: Advanced memos.

Un aspetto decisivo per l’individuazione dei cluster e delle core categories è stato quello della stesura degli advanced memos. «Il memo suggerisce come i concetti sensibilizzanti, a lungo lasciati in silenzio, possano mormorare durante la codifica e l’analisi»390. La stesura dei memos è un’operazione che viene ripetuta più volte durante il processo di ricerca, per memorizzare e tener conto di aspetti non immediatamente considerati nella fase di ricerca sul campo, come per esempio: elementi soggettivi, comunicazione non verbale, note di campo, intuizioni e connessioni teoriche ancora acerbe391. Inoltre, i memos servono anche per registrare, nelle fasi di raccolta dei dati, di osservazione, e nelle operazioni di codifica, gli aspetti teorici che via via vengono fuori. Nello specifico, i memos avanzati sono stati indispensabili durante il passaggio dalla codifica focalizzata alla codifica teorica, per l’individuazione del cluster e per il passaggio ad un livello di concettualizzazione “superiore”.

Si è scelto di procedere con la stesura di 16 memos (uno per ogni set o focused code) con l’intenzione di descrivere in maniera analitica il codice focalizzato individuato, le sue proprietà, l’architettura e le condizioni che regolano il suo mutamento, le percezioni sottese e le interpretazioni dei soggetti che ne hanno fatto esperienza. In questo modo è stato possibile portare avanti un approccio

389 Ivi, p. 62.

390 Ivi, p. 76.

391 Ivi, p. 72.

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