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Tra la sociologia della salute e della medicina e gli studi su scienza e tecnologia: percorsi storico-teorici

Nel documento Università degli Studi di Roma Tre (pagine 120-127)

4.1 Tra la sociologia della salute e della medicina e gli studi su scienza e

nonché su quelle istituzioni sociali volte al “contenimento” della devianza.

Autori come Goffman e Foucault hanno posto l’accento sulle complessità irrisolte e sui meccanismi di potere all’interno delle istituzioni sanitarie e su come queste agiscano sui corpi attraverso sistemi complessi di controllo sociale.

A questo proposito risulta necessario procedere per ordine cercando esempi, per quanto possibile, nella letteratura sociologica classica e nei contributi che essa ha forniti per l’emergere della sociologia della salute e della medicina quali ambiti di studi autonomi e sostanziali. Se Durkheim e Weber hanno offerto dei contributi indiretti, interessandosi soltanto in modo tangenziale di alcuni aspetti del patologico, è evidente, invece, come già accennato in più parti, il contributo sostanzioso di Talcott Parsons. L’autore definisce, infatti, il concetto di malattia sia ad un livello individuale che sistemico, attraverso una prospettiva struttural-funzionalista, operando di fatto una sintesi teorica tra lo strutturalismo durkheimiano e l’individualismo metodologico weberiano281. Il ruolo del paziente, nell’analisi parsonsiana, può essere declinato lungo quattro aspettative istituzionalizzate:

1. l’esenzione dalle responsabilità normali del ruolo sociale;

2. l’impossibilità di guarire tramite un atto di volontà;

3. la definizione della malattia come uno stato non desiderabile;

4. l’obbligo di cercare un aiuto tecnicamente competente e di cooperare.282 Parsons approfondisce il ruolo del malato anche nella sua relazione con la struttura sociale. L’ammalato, infatti, cercherà il supporto attivo delle istituzioni sia per il riconoscimento della propria condizione come patologica, sia per il ripristino del proprio “destino funzionale” attraverso la competenza del personale medico-sanitario283. Sebbene Parsons accosti a più riprese la figura del malato al deviante, Ardigò invece evidenzia una “devianza involontaria” in quanto prescinde dalla volontà individuale284. Infine, per quanto riguarda la relazione medico-paziente, Parsons auspica una neutralità affettiva laddove il medico deve giudicare non il paziente, bensì il “caso clinico” ed abolire ogni qualità personale.

281 Maturo A. (2009), La sociologia della malattia in Achille Ardigò e nei classici della sociologia della salute in ‘Salute e società’, 2, pp. 57-73.

282 Parsons T. (1996), Il sistema sociale, Edizioni di comunità, Ivrea, pp. 440-445.

283 Ibidem.

284 Ardigò A. (1997), Società e salute, Franco Angeli, Milano, p. 160.

Sebbene Parsons abbia consegnato una robusta eredità teorica agli studi di settore è possibile asserire che le critiche hanno in parte superato il riconoscimento dei meriti. Le correnti di pensiero che oggi vengono adottate per lo studio dei fenomeni sociali legati alla medicina e alla salute si discostano ampiamente dallo struttural-funzionalismo ed abbracciano prospettive variegate e plurime, talvolta intersecate tra loro. Volendo operare una sintesi degli approcci principalmente utilizzati per comprendere questo campo di studi così dinamico e complesso, è possibile annoverare tra questi:

- approccio struttural-funzionalista. Fa riferimento agli studi di Parsons sul sistema salute, quale ente predisposto al controllo e al ripristino delle condizioni di normalità che vengono temporaneamente minate dalla malattia intesa come momento di sospensione delle funzioni primarie dell’individuo all’interno della società. La malattia è disfunzionale al sistema e pertanto deve essere arginata;

- approccio ermeneutico-fenomenologico. Questo ambito guarda la malattia come una esperienza sociale co-costruita tra i soggetti che la esperiscono o che vi partecipano indirettamente. È data enfasi, infatti, alle pratiche di vita quotidiana e ai significati che vengono attribuiti in quanto veicolo di rappresentazioni socialmente vincolanti;

- approccio marxista. Questa corrente teorica, sulla scia degli studi sulle classi sociali di Marx, s’interessa primariamente all’iniqua distribuzione di salute all’interno della società che, secondo Navarro, coincide con una diversa distribuzione di potere e risorse all’interno del sistema sociale;

- approccio radicale. Questo paradigma fonda i suoi presupposti teorici sulle teorie di Illich, il quale evidenzia le degenerazioni del sistema medico e sanitario, mostrando la sua deriva disumanizzante che comporta le forme progressive di iatrogenesi;

- approccio ecologico-sistemico. Considerare la realtà sociale come un sistema complesso di parti interagenti è l’eredità del pensiero di Bateson, che influenza anche i ricercatori sociali operanti in questo campo e che dunque esplorano innanzitutto le connessioni tra i sistemi che compartecipano alle diverse esigenze di salute;

- approccio correlazionale. Questa impostazione teorico-metodologica elaborato da Achille Ardigò, che richiama a sé l’integrazione di più paradigmi in ottica connessionista e multidimensionale, si colloca a metà strada tra l’olismo sistemico e l’individualismo monista. Inoltre, tale approccio si pone l’obiettivo della co-integrazione teorica volta a favorire l’intersezione di diversi saperi e prospettive teoriche. Infine, la proposta correlazionale preferisce su un piano metodologico l’abduzione alle prospettive interamente induttive o deduttive285.

In sintesi, potremmo definire tre paradigmi dentro i quali gli autori tendenzialmente si posizionano per lo studio sociologico dei fenomeni legati alla salute. Una prima area teorica è quella legata al funzionalismo, ossia agli studi di Parsons e che, come già esplicitato, rappresentano le basi della sociologia della medicina. Una seconda prospettiva, di certo più feconda è, invece, quella dell’economia politica, nella quale si collocano gli studi di Freidson, Navarro, Zola, Illich e che inglobano al loro interno le teorie della medicalizzazione e della dominazione medica. Tale prospettiva suggerisce di osservare le variabili che fanno riferimento alle asimmetrie di potere che si verificano a livello istituzionale. La biomedicina viene vista come un dispositivo di controllo sociale deputato al mantenimento dell’ordine e a rafforzare meccanismi di esclusione come il razzismo e il patriarcato286. In sostanza all’interno di questo paradigma si trovano gli studi marxisti, gli approcci radicali e la teoria critica.

Una terza prospettiva, invece, è quella del costruttivismo sociale che accoglie al suo interno le correnti teoriche legate alla fenomenologia e all’ecologia del sapere. Questa prospettiva pone maggiore enfasi su modelli interpretativi che tengono conto dell’esperienza dei soggetti, dell’incorporazione dei dispositivi medici e delle asimmetrie di potere. Il costruttivismo considera, infatti, la realtà sociale come un discorso co-costruito a partire dal quale analizzare le pratiche, da un livello micro ad uno macro-sociale. Già dagli anni Ottanta autori come

285 Bertolazzi A. (2004), I paradigmi sociologici della salute, pp. 85-86 in Cipolla C. (a cura di) Manuale di sociologia della salute, vol. 1, Franco Angeli, Milano. pp. 85-86.

286 Ehrenreich J. (1978), Introduction: the Cultural Crisis of Modern Medicine, in Ehrenreich J.

(eds.), The Cultural Crisis of Modern Medicine, Monthly Review Press, New York, pp. 1-35.

Deleuze, Deridda e Guattari lavorano in questa direzione favorendo l’emersione di dinamiche di esclusione e marginalizzazione che, nell’ambito della salute, appaiono particolarmente evidenti. L’analisi costruttivista è stata molto criticata, benché venga utilizzata da diversi studiosi, innanzitutto per la concentrazione su un discorso macro-sociale capace di produrre ampie generalizzazioni e connessioni tra l’istituzione medica e le più ampie dinamiche sociali come il sistema economico e culturale, negando di fatto l’agency individuale e la capacità di resistenza soggettiva287. La maggior parte dei costruttivisti, però, riconosce che le esperienze di malattia, dolore e disabilità esistono come realtà biologiche, ma vogliono anche rimarcare che tali esperienze sono sempre ed inevitabilmente dotate di significato intersoggettivo e quindi sempre comprese e vissute attraverso processi culturali e sociali288. A metà strada, invece, si collocano gli studi su scienza e tecnologia. Tra i precursori di questi studi è possibile annoverare Robert King Merton che oltre ad essere uno dei maggiori sociologi del Novecento, conduce diversi studi sulla scienza, tra cui la sua tesi di dottorato del 1938 intitolata ‘Scienza, tecnologia e società nell'Inghilterra del secolo XVII’

dove affronta la relazione tra attività scientifica e sviluppo del capitalismo289. Come anticipato, infatti, Merton è forse tra i primi a porsi a metà strada tra la sociologia della medicina e della scienza. Oggi lo studio della scienza è diventato un campo interdisciplinare che si interessa alla produzione di conoscenza scientifica come costruzione sociale. Diversi studiosi in questo settore hanno dedicato la loro attenzione all’esame della produzione e della riproduzione di conoscenze e pratiche biomediche. Più in generale gli studi su scienza, tecnologia e società puntano a disvelare i processi di produzione della conoscenza scientifica, a guardare dentro le operazioni di costruzione degli artefatti, al fine di cogliere la “scienza in azione” e non soltanto la sua rappresentazione classica290. Gli studi su scienza e tecnologia sono un campo multidisciplinare che incorpora elementi di sociologia, antropologia, studi culturali, studi politici e storia. In questa prospettiva, per gli studiosi che si occupano di biomedicina ciò che viene considerato “umano”, “sano” e “normale” viene sempre più definito

287 Lupton D., Medicine as culture., op. cit., pp. 9-10.

288 Ivi, p. 11.

289 Bucchi M. (2004), Sociologia della scienza, in Nuova Informazione Bibliografica, 3,4, p. 578.

290 Latour B. (1998), La scienza in azione, Edizioni di comunità, Torino, p. 20.

attraverso le biotecnologie che vengono prodotte e utilizzate come parte del sistema della medicina occidentale291. Alcuni ricercatori in quest’area adottano la prospettiva dell’Actor Network Theory (ANT), elaborata da Latour, Callon e Law per descrivere i fatti scientifici. Questo approccio considera gli attori umani e non umani coinvolti allo stesso modo nell’interazione e come questi modificano i processi nei quali sono impegnati. Per quanto riguarda la ricerca in ambito biomedico, sono proprio i dispositivi tecnologici ad essere intesi come degli attori con una propria agency, capaci di modificare i contesti e le pratiche nei quali vengono impiegati. Anche la relazione tra medico e paziente appare difatti sempre più spesso mediata dagli artefatti (basti pensare al proliferare degli strumenti diagnostici che sostituiscono l’esame obiettivo, agli artefatti tecnologici come protesi, estensioni, potenziatori e così via) e dunque in una prospettiva Sts, si considerano gli attori umani e non umani, in quanto capaci di produrre conoscenza entro un contesto specifico d’interazione. Gli “attanti” non-umani non hanno intenzionalità a differenza di quelli non-umani, ma sono componenti essenziali della conoscenza medica e della trasformazione delle pratiche, soprattutto nella medicina occidentale. Sebbene né gli studi di sociologia della salute e della medicina né gli studi su scienza e tecnologia abbiano storicamente optato per il terreno della malattia quale arena d’incontro e osservatorio privilegiato entro il quale scorgere i processi macro-sociali292, nel lavoro si è tenuto conto delle diverse prospettive teoriche e si è scelto di incrociare diversi approcci al fine di definire il quadro complesso dei micro e macro-processi che si articolano intorno al fenomeno del cancro al seno nella società della prevenzione. Il tentativo è stato quello di unire le prospettive classiche della sociologia della salute e della medicina con gli studi sociali su scienze e tecnologia (Sts) attraverso la prospettiva costruttivista, che rappresenta il paradigma di fondo nel quale si colloca la sensibilità del ricercatore. È stato utile per il perseguimento di questo fine tenere presente i mutamenti nella cura e nel trattamento del cancro al seno e le pratiche di incorporazione, ma al tempo stesso

291 Lupton D., Medicine as culture., op. cit., p. 16.

292 Timmermans S., Haas S. (2008), Towards a Sociology of Disease, in Sociology of Health and Illness, 30, 5, pp. 659-676.

è stato necessario partire dal paziente in modo da comprendere i processi interpretativi e l’agency individuale.

Nel documento Università degli Studi di Roma Tre (pagine 120-127)