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R EITERAZIONE DELLA ISTANZA DI ACCESSO AGLI ATTI AMMINI-

STRATIVI.

Rispetto a tale peculiare profilo il Tar Lombardia – Brescia, sez.

I, 1 febbraio 2019, n. 106 ha reso la seguente massima: “L’istanza di

accesso può essere riproposta sia in presenza di fatti nuovi sopravve- nuti o meno e non rappresentati nell’originaria istanza, sia a fronte di una diversa prospettazione dell’interesse giuridicamente rilevante23,

23 Sul punto il Tar lombardo ha precisato che: “(…) L’actio ad exhibendum si connota, infatti, quale

giudizio a struttura impugnatoria che consente alla tutela giurisdizionale dell’accesso di assicurare protezione all’interesse giuridicamente rilevante e, al tempo stesso, esigenza di stabilità delle situa- zioni giuridiche e di certezza delle posizioni dei controinteressati che sono pertinenti ai rapporti amministrativi scaturenti dai principi di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa. In tale quadro, la natura decadenziale del previsto termine di esercizio dell’azione giurisdizionale (avverso il silenzio, piuttosto che nei confronti del diniego espresso) rivela coerenza sistematica con il carat- tere accelerato del giudizio. Alla natura decadenziale del termine accede che la mancata impugna- zione del diniego nel predetto termine non consente la riproposizione dell’istanza, con conseguente impugnazione del successivo diniego, laddove in quest’ultimo sia rinvenibile carattere meramente confermativo del primo. Ne consegue che la reiterabilità dell’istanza di accesso – con riveniente pretendibilità di riscontro alla stessa – trova espansione in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell’originaria istanza. Qualora non ricorrano tali elementi di novità, ed il privato si limiti a reiterare l’originaria istanza precedentemente respinta o, al più, a illustrare ulteriormente le sue ragioni, l’Amministrazione ben potrà limitarsi a ribadire la propria precedente determinazione negativa, “non potendosi immaginare, anche per ragioni di buon funzionamento dell’azione amministrativa in una cornice di reciproca correttezza dei rapporti tra privato e ammi- nistrazione, che l’amministrazione sia tenuta indefinitamente a prendere in esame la medesima istanza che il privato intenda ripetutamente sottoporle senza addurre alcun elemento di novità” (cfr.

cioè della posizione legittimante l’accesso: in presenza di questo tipo di istanza, la P.A. ha il dovere di rispondere, e un eventuale diniego, anche tacito, può essere oggetto di ricorso al T.A.R.”, Tar Lombardia – Brescia, sez. I, 1 febbraio 2019, n. 106.24

I giudici lombardi, inoltre, si soffermano sul dato temporale dei

trenta giorni per contestare il diniego di accesso in connessione alla ri-

proponibilità dell’istanza, richiamando l’orientamento ormai consoli- dato risalente alla pronuncia della Adunanza Plenaria del Consiglio di

Stato n. 6/2006, per la quale “il carattere decadenziale del termine reca

in sé – secondo ricevuti principi, come inevitabile corollario – che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente la reitera- bilità dell’istanza e la conseguente impugnazione del successivo di- niego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confer- mativo del primo”25.

T.A.R. Lombardia, Milano, sez. III, 17 gennaio 2019 n. 93), citato in Reiterazione dell’istanza di accesso: la seconda domanda deve essere diversa, www.giurdanella.it..

24 Cfr. Reiterazione dell’istanza di accesso: la seconda domanda deve essere diversa, www.giur- danella.it., cit.

Da ciò emerge chiaramente che il termine decadenziale dei 30

giorni per impugnare è inscindibilmente ancorato al primo diniego

all’accesso; diversamente tale termine sarebbe facilmente aggirabile se l’istanza fosse riproponibile ad libitum, pertanto la mancata impugna- zione nel termine di cui al Codice del processo amministrativo non con-

sente la ripresentazione della istanza con impugnazione del successivo

CONCLUSIONI

Alla luce della disamina fin qui condotta è adesso possibile ten-

tare di fornire una risposta alla domanda che ci si era posti in premessa,

ovvero se il diritto di accesso ai documenti amministrativi costituisca –

nel quadro attuale di riferimento – un efficace viatico per la trasparenza

e la partecipazione amministrativa.

Prima facie la risposta dovrebbe essere affermativa, ma in con- troluce abbiamo ancora delle criticità che minano l’incisitività di uno

strumento così importante nei rapporti fra cittadino e Pubblica Ammi-

nistrazione.

Un primo profilo di criticità è quello afferente alla non spesso

facile convivenza tra la legge n. 241/1990 e il FOIA, che disciplinano –

rispettivamente – l’accesso classico e il c.d. accesso civico generaliz-

Attraverso il FOIA, il nostro ordinamento ha indubbiamente im-

plementato il livello di trasparenza e partecipazione e, dunque, la pos-

sibilità di controllo anche dall’esterno dell’agere della Amministra-

zione, dando, altresì, concreta attuazione al disposto dell’articolo 10

della CEDU1.

Difficili sono, però, i rapporti e le interconnessioni tra la disci-

plina del FOIA e la legge sul procedimento amministrativo, atteso che

nessuna espressa abrogazione è intervenuta rispetto alle tipologie di ac-

cesso in quest’ultima previste2.

Parte della dottrina ritiene che i due strumenti siano da conside-

rarsi come universi paralleli e in quanto tali destinati a coesistere, poi-

ché lo spettro di tutela che offrono è radicalmente diverso: l’accesso civico generalizzato tutela il più ampio “diritto alla conoscenza” circa

l’operato della Pubblica Amministrazione in taluni settori a prescindere dalla sussistenza in capo al richiedente di un interesse qualificato e dif-

ferenziato, come è, invece, richiesto, ai sensi della L. n. 241/19903.

1 Cfr. G.TARDI, Dall’accesso agli atti all’accesso civico generalizzato. L’evoluzione del princi-

pio di trasparenza amministrativa, salvisjuribus.it.

2 Cfr. ivi. 3 Cfr. ivi.

Altra dottrina ha, però, evidenziato che tali universi paralleli ri-

mangono tali solo sul piano teorico, perché sul piano pratico sono de-

stinati inevitabilmente a collidere perché se lo scopo cui sono preposti

è il medesimo – far conoscere i documenti e i dati in possesso dell’Am-

ministrazione – tale scopo è molto più semplice da conseguire attra-

verso il canale dell’accesso civico a “scapito” dell’accesso tradizionale per il quale sarebbe, quindi, intervenuta una sorta di tacita, o quanto

meno parziale, abrogazione4.

Questa ricostruzione troverebbe riscontro indiretto anche nelle

Linee Guida dell’ANAC ove si prevede che nella ipotesi in cui l’istanza di accesso non sia specificamente identificato il titolo giuridico legitti-

mante la richiesta, quest’ultima dovrà essere inquadrata nella macro ca-

tegoria dell’accesso civico5.

Per la tesi della non sovrapponibilità ha optato anche parte della

giurisprudenza amministrativa che ha più volte ribadito che la disci-

plina dell’accesso civico generalizzato non va ad estendere l’ambito ap- plicativo di cui all’articolo 22 L. n. 241/1990, poiché i due strumenti

4 Cfr. ivi.

operano su piani diversi e, dunque, hanno diversi presupposti e regole

– sebbene per entrambi la tutela processuale è quella di cui all’art. 116 c.p.a6.

Ulteriore profilo di criticità è quello riguardante il rapporto fra

right to know del richiedente e diritto alla privacy dei soggetti che “su- biscano” a vario titolo l’accesso7.

Tale criticità, declinata nell’ottica visuale dell’accesso civico generalizzato, a dispetto del nomen juris scelto dal legislatore per que-

sto istituto, emerge in riferimento non solo alle ipotesi di diniego

espressamente previste dal legislatore – come sicurezza e ordine pub-

blico, difesa, stabilità economico-finanziaria dello Stato – ma anche e

soprattutto nelle ipotesi definibili come residuali in cui il legislatore ha

lasciato ampio margine di discrezionalità alla Amministrazione proce-

dente, vale a dire quando vengono in considerazione interessi privati

quali, ad esempio, la tutela dei dati personali, la libertà e la segretezza

della corrispondenza e gli interessi economici e commerciali. Si tratta

6 Cfr. M.MACCHIA –A.MASCOLO, Accesso ai documenti amministrativi, diritto on line 2019,

Treccani.it, cit. 7 Cfr. ivi.

di un novero di eccezioni sicuramente ampio ed alquanto indeterminato

e proprio per questo il legislatore ha demandato all’ANAC il compito di adottare – in concerto con il Garante dei dati personali – linee guida

in materia di esclusioni e limitazioni al diritto di accesso8.

Il principio generale adottato da ANAC a tale riguardo è stato

quello di porre uno stringente obbligo valutativo e motivazionale in

capo alla Amministrazione che riceve l’istanza di accesso e che impone di motivare l’eventuale diniego in termini di causalità, esplicitando, al- tresì, quale sarebbe il pregiudizio che deriverebbe dalla ostensione9.

L’amministrazione, inoltre, non può sic et simpliciter richia- mare la generica possibilità di un pregiudizio, ma deve necessariamente

perimetrarlo in termini di alta probabilità e non di mera possibilità in

riferimento alla ipotesi di disclosure oggetto della richiesta di accesso10.

Nonostante l’intervento dell’ANAC, l’accesso civico – lungi dall’essere effettivamente generalizzato, almeno sono il profilo dell’og- getto della disclosure – è ancora purtroppo segnato da un alto tasso di

8 Cfr. ivi.

9 Cfr. ivi. 10 Cfr. ivi.

discrezionalità che risulta del tutto scevra da vincoli e parametri da se-

guire ai fini della valutazione della richiesta11.

Una ulteriore criticità in materia di accesso agli atti amministra-

tivi è emersa durante la pandemia da Covid-19 che ha, purtroppo, inte-

ressato anche l’Italia e che ha portato ad una “sospensione” della tra- sparenza amministrativa in seguito alla approvazione della normativa

emergenziale12.

Tali interventi emergenziali hanno interessato non solo la libertà

di movimento e di circolazione e il diritto alla riservatezza, ma anche i

rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione nell’ambito del pro- cedimento amministrativo13.

11 Cfr. ivi.

12 Cfr. I.PAZIANI, Trasparenza sospesa per Covid-19: il diritto di accesso agli atti nelle dispo-

sizioni emergenziali e le sue conseguenze, mediappalti.it.

In particolare l’art. 103 del c.d. decreto “Cura Italia” ha sospeso tutti i procedimenti amministrativi dal 23 febbraio 2020 al 15 maggio

2020 con inevitabili ricadute sia in riferimento all’accesso di cui all’art.

22 L. n. 241/1990 che all’accesso civico e civico generalizzato, di cui

al d.lgs. n. 33/201314.

L’articolo 103 del decreto “Cura Italia” rubricato: “Sospensione

dei termini nei procedimenti amministrativi ed effetti degli atti ammini- strativi in scadenza” al primo comma dispone quanto segue: “1. Ai fini del computo dei termini ordinatori o perentori, propedeutici, endopro- cedimentali, finali ed esecutivi, relativi allo svolgimento di procedi- menti amministrativi su istanza di parte o d’ufficio, pendenti alla data del 23 febbraio 2020 o iniziati successivamente a tale data, non si tiene conto del periodo compreso tra la medesima data e quella del 15 aprile 202015. Le pubbliche amministrazioni adottano ogni misura organizza- tiva idonea ad assicurare comunque la ragionevole durata e la celere conclusione dei procedimenti, con priorità per quelli da considerare

14 Cfr. ivi.

15 Termine che è stato successivi prorogato al 15 maggio 2020 ad opera dell’art. 37 del DL Li- quidità, dell’8 aprile 2020 n.23, cfr. I.PAZIANI, Trasparenza sospesa per Covid-19: il diritto di ac- cesso agli atti nelle disposizioni emergenziali e le sue conseguenze, mediappalti.it, cit.

urgenti, anche sulla base di motivate istanze degli interessati. Sono pro- rogati o differiti, per il tempo corrispondente, i termini di formazione della volontà conclusiva dell’amministrazione nelle forme del silenzio significativo previste dall’ordinamento”16.

Il primo elemento che indubbiamente getta un’ombra di criticità ai fini di una effettiva trasparenza e partecipazione amministrativa con- siste nella circostanza che il termine preso in considerazione dalla norma de qua non è stato computato neppure ai fini della formazione di un silenzio significativo17.

Si è quindi voluto attribuire una sfumatura di neutralità al lasso di tempo coincidente con l’emergenza pandemica, con una serie di ri- cadute sostanziali e processuali che si sono verificate – o meglio non si sono verificate – a seguito della mancata formazione del silenzio-as- senso o del silenzio-rifiuto, profilando, altresì, molti ricorsi aventi ad oggetto il c.d. danno da ritardo, di cui agli articoli 1 e 2-bis della L. n. 241/199018.

16 Cfr. op. ul. cit.

17 Cfr. ivi. 18 Cfr. ivi.

Ad una più attenta lettura del disposto dell’articolo 103 del de- creto “Cura Italia” emerge che la finalità che il legislatore della emer- genza ha voluto perseguire è duplice: da un lato evitare la formazione di una qualsiasi forma di silenzio significativo e, dall’altro, tentare di scongiurare le inevitabili conseguenze negative per la Pubblica Ammi- nistrazione derivanti dalle lungaggini scaturenti dalla necessità di rior- ganizzare i moduli organizzativi e procedimentali19, con buona pace dei

principi di efficacia, efficienza, trasparenza e partecipazione.

Alla luce di questo ultimo intervento normativo la sostanziale parità nei rapporti tra cittadino e Pubblica Amministrazione di cui si argomentava in apertura del presente lavoro sembra quasi una illusione, vicina e al tempo stesso lontana e comunque non giustificabile alla luce della emergenza pandemica.

19 Cfr. ivi.

La casa di vetro non sembra più irradiata dalla luce solare, ma appare, purtroppo, opaca e per certi aspetti di nuovo simile ad un ca- stello di kafkiana memoria20 in cui l’operato della amministrazione è

inconoscibile dal singolo e sfugge, nuovamente, ad una effettiva forma di controllo democratico.

20 Cfr. M. MACCHIA–A.MASCOLO, Accesso ai documenti amministrativi, diritto on line 2019,