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Rappresentazione mediatica della violenza

LA COMUNICAZIONE SOCIALE DELLA VIOLENZA DI GENERE

2.3 Rappresentazione mediatica della violenza

E' indiscutibile il ruolo cruciale che i media svolgono nel rappresentare la società, nell'influenzare i processi di definizione e di percezione dell'universo simbolico del femminile e del maschile e nell'importanza che questi hanno nel perpetuare gli stereotipi di genere.

I media, nel raccontare la violenza di genere, costruiscono quella che viene chiamata da Goffman, il frame, la “cornice interpretativa”, cioè una sorta di finestra con cui guardiamo la realtà che ci aiuta a collocare e incasellare le informazioni ricevute dall'esterno; questa cornice orienta gli individui e i gruppi a leggere un evento in un modo o in un altro.

Le informazioni fornite dai media sulla violenza di genere vengono definite dalla Lipperini e dalla Murgia “trappole logiche e semantiche” che attraverso gli stereotipi, disegnano dei ruoli, attribuiscono delle colpe e giustificano certi comportamenti.63

L'utente finale della notizia quindi, dovrebbe conoscere e comprendere questi meccanismi per de-costruirli, ma per fare ciò è necessario avere una cultura di genere che gli consenta di superare tali stereotipi ma anche una cultura più generale sul fenomeno della violenza contro le donne.

Tuttavia, ciò non è sempre possibile perché nella maggior parte dei casi i fruitori delle notizie date dai media o dai TG non conoscono bene l'argomento e quindi si costruiscono una visione distorta di quello che è.

Occorre quindi entrare in profondità nei meccanismi linguistici e culturali che stanno alla base della costruzione mediatica della violenza di genere, per poi affrontare il problema in modo serio e trovare quindi delle soluzioni efficaci.

Quando pensiamo alla rappresentazione che danno i media e i tg della violenza contro le donne, pensiamo soprattutto al delitto del femminicidio, poiché questo già di per sé risulta un avvenimento eclatante e quindi di interesse pubblico.

E' infatti, il femminicidio principalmente il più raccontato dalla cronaca locale e nazionale, sia in carta stampata che in televisione e in rete.

I femminicidi vengono infatti rappresentati dalla cronaca all'interno di una cornice in cui l'assassino risulta spesso in preda a “raptus”, “follia”, “depressione” o con problemi legati all'abuso di droga o alcool.

Di conseguenza, questi omicidi vengono spesso definiti come “delitti passionali” e non con il termine adeguato cioè, femminicidio, anche se negli ultimi anni grazie al 63 Lipperini.L- Murgia.M.., L'ho uccisa perchè l'amavo, Roma-Bari, Laterza, 2013

lavoro realizzato da attiviste/i, esperti/e di comunicazione e centri anti-violenza, la consapevolezza riguardo a questo tema sta aumentando e questo neologismo sta trovando spazio anche nei media italiani.

Le vittime a loro volta, vengono identificate tramite dei comportamenti che avrebbero scatenato la “follia” dell'assassino: abbandoni, tradimenti e scelte di vita autonome vengono presentate come motivazioni reali che hanno portato l'uomo ha compiere tale gesto, risultano quindi una sorta di giustificazione per l'atto commesso. Ciò fa sì che chi legge o ascolta la notizia, associ tale delitto ad una reazione involontaria e irrazionale dell'uomo a dei comportamenti della donna.64

Nonostante il femminicidio sia un termine da anni entrato a far parte del linguaggio quotidiano, nel descrivere tale fenomeno si ricorrere ai soliti paradigmi, quelli appunto della devianza o della follia, o si ricerca il movente nella gelosia o nella conflittualità di coppia.

Inoltre troviamo anche una discrepanza notevole, tra cio che è la realtà empirica e quella mediale, in termini di rapporto tra vittima e autore; infatti, nei tg e nei media spesso, vengono sovraesposti i delitti commessi da sconosciuti e/o stranieri mentre c'è una sotto-rappresentazione dei delitti commessi all'interno della relazione intima. Di conseguenza, la violenza contro le donne, come rappresentata dai tg e dai media, subisce un processo di alterizzazione ed “esorcizzazione” poiché sembra il risultato di culture, etnie, religioni diverse dalla nostra o semplicemente come un gesto compiuto da sconosciuti o da “malati”; in questo modo rimane in ombra la normalità di queste violenze, quelle cioè che ogni giorno si generano dentro la famiglia o nelle relazioni intime.

Questo fenomeno permette di rimuovere il problema dalla coscienza e di “esorcizzarlo”.65

All’Italia il Comitato CEDAW (Committe on the elimination of discrimination

against women) ha rivolto nel 2011 le raccomandazioni 23 a), 24 e 25) con le quali è

stata invitata “a mettere in atto una politica completa, sostenuta e coordinata, rivolta

a uomini e donne, fanciulli e fanciulle, per superare l’immagine delle donne come oggetto sessuale e gli stereotipi relativi ai loro ruoli nella società e nella famiglia”.

Nelle more di un’autoregolamentazione sulla corretta rappresentazione dei generi nel 64 D'Ottavio.A., Raccontare la violenza sulle donne:giornalismi e sessismi,

http://www.centroantiviolenzabari.it/azioni-innovative-rete-antiviolenza/2-uncategorised/116- raccontare-la-violenza-sulle-donne-giornalismi-e-sessismi-a-cura-di-angela-d-ottavio.html 65 Magaraggia.S.-Cherubini.D., Uomini contro le donne? Le radici della violenza maschile

sistema dei media e dell’eventuale istituzione di un Osservatorio con compiti di monitoraggio, il Comitato CEDAW ritiene necessario che la comunicazione, anche commerciale e l’informazione siano in linea con le conclusioni.

La Convenzione di Istanbul prevede la partecipazione del settore privato e dei mass

media e l'attuazione di politiche, linee guida e norme di autoregolamentazione che

garantiscano il raggiungimento di tale obiettivo, necessario ad un effettivo impegno da parte del settore dei media e volto ad evitare la diffusione di comunicazioni contenenti immagini, reali o virtuali, di violenza di genere ovvero “ rappresentazioni che incitino ad atti di violenza sulle donne; a veicolare comunicazioni finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza di genere, fornendo un’informazione corretta degli episodi di violenza di genere, contrastando una comunicazione che vittimizza o colpevolizza le vittime ; prevenire la violenza di genere e rafforzare il rispetto della dignità della donna” (articolo 17).

Sul fronte dell’utilizzo dell’immagine femminile da parte dei media, questa Linea di azione prevede attività volte a far sì che la comunicazione, anche commerciale, sia rispettosa della rappresentazione di genere ed, in particolare, rispecchi l’effettivo ruolo svolto dalla donna nella vita sociale, culturale, economica del nostro Paese. A tal fine si prevede il coinvolgimento dell’Ordine dei giornalisti, attraverso l’erogazione di corsi di formazione per un corretto utilizzo del linguaggio di genere, e della RAI.66

Le Raccomandazioni e i successivi Piani di Azione dell'Italia che intervengono sui media sono quindi di fondamentale importanza per cominciare a riconoscere l'importanza di questi ultimi nel proporre modelli che si basano su una cultura androcentrica e su ruoli prestabiliti e per intraprendere percorsi di cambiamenti verso prospettive più al passo con i tempi e con le coscienze delle persone.

66 Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere,

http://www.partecipa.gov.it/media/1027/descrizione-del-piano-d-azione-straordinario-contro-la- violenza-sessuale-e-di-genere.pdf

2.3.1 Le campagne di sensibilizzazione

A seguito dell'attenzione mediatica e dell'opinione pubblica verso il tema della violenza contro le donne, nel corso degli ultimi anni si sono moltiplicate le campagne di prevenzione e sensibilizzazione riguardanti appunto la violenza di genere.

Passano alla televisione e le troviamo in cartelloni appesi sui muri della città e sulle fermate dell'autobus.

Dobbiamo chiederci se queste campagne siano davvero funzionali per far avvicinare le persone al problema o servono solo a scopo informativo senza lasciare traccia nella coscienza.

A proposito di questo, alcuni criticano queste campagne come non efficaci e poco incisive, altri invece, come Stefano Ciccone ,vedono nelle campagne di contrasto al fenomeno a rappresentazione della donna schiacciata nel ruolo di vittima e questo, secondo lui, riconferma lo stereotipo della debolezza femminile rimarcando quindi una asimmetria dei sessi che attribuisce agli uomini il compito di proteggere e pone le donne nella posizione di bisognose di tutela, non solo fisica ma anche morale e psicologica.67

Infatti, molte di queste campagne di comunicazione, in particolare quelle italiane, si rivolgono alle donne con l'obiettivo di renderle consapevoli e di favorire la denuncia. Vengono mostrate donne con lividi, tumefatte, vittime di violenza puntando quindi sull' impatto emotivo dell'immagine, tuttavia, non vengono mai mostrati gli autori della violenza, che rimangono sempre in ombra, o non ci si rivolge quasi mai né alla relazione tra i sessi su cui tale violenza si fonda né tanto meno agli uomini, come se la questione non li riguardasse.

In queste campagne ci si rivolge infatti alle donne rischiando, inconsapevolmente, di enfatizzare, ancora una volta, che l'unica responsabilità sia della vittima piuttosto che dell'aggressore

Se lo scopo di queste iniziative è portare le donne verso una consapevolezza e un'autonomia, il messaggio che passa dalle campagne mediatiche è fuorviante, perché per uscire dalla violenza queste donne devono “ cambiare fidanzato” “non scambiare per amore quelli che sono in realtà schiaffi”68 e ciò fa sì che, solo le donne

che riescono a riconoscere la violenza possano liberarsi da questa situazione. 67 Magaraggia.S.-Cherubini.D., Uomini contro le donne? Le radici della violenza maschile 68 Riconosci la violenza, http://www.pariopportunita.gov.it/index.php/primo-piano/2406-qriconosci- la-violenzaq

Ossia, il messaggio che passa nella denuncia alla violenza riguarda soltanto una piccola parte di donne che riesce a realizzare concretamente una distanza da questo tipo di relazioni o che riesca comunque ad avere un' alternativa reale; questa idea non comprende e sottovaluta quindi, tutti quei i fattori psicologici/economici/sociali che imprigionano le donne in relazioni intime violente. 69

Le poche campagne di comunicazione in cui compaiono gli uomini, contengono ancora oggi delle ambiguità o “chiedono” agli uomini di assumere il ruolo di “salvatori”, protettori (vedi i vari slogan “le donne non si toccano nemmeno con un fiore”) o riaffermano la capacità maschile di autocontrollo ( “i veri uomini non picchiano” ); questi messaggi ripropongono quindi, una rappresentazione stereotipata e gerarchica dei generi basata su quegli stessi elementi culturali in cui la violenza trova le sue radici.

E' necessario quindi creare delle campagne di sensibilizzazione che non solo attirino gli sguardi dei passanti o l'attenzione dei fruitori ma che coinvolgano in maniera attiva lo spettatore, inoltre, sarebbe utile apporre nei cartelloni, oltre alle immagini e alle frasi di effetto, indirizzi e numeri di telefono dei servizi che si occupano del sostegno alle donne che subiscono la violenza così che loro siano a conoscenza che ci sono luoghi adatti dove possono essere ascoltate, capite e sostenute.

Una campagna molto ben riuscita è quella dell'associazione inglese Women's Aid, il cartellone pubblicitario ritrae il viso di una donna pieno di lividi, attraverso una telecamera puntata verso la strada viene rilevato lo sguardo dei passanti che si fermano a guardare il cartellone, ogni volta che qualcuno si ferma e fissa la donna dell'immagine , il volto di questa inizia a guarire.

Il messaggio è chiaro e diretto, se ognuno di noi si sofferma a guardare e si interessa alla violenza contro le donne, le cose possono cambiare.

Inoltre, tutti coloro che si fermano davanti al cartellone ricevono un messaggio sul telefonino con il ringraziamento per non aver chiuso gli occhi davanti al problema e una richiesta di donazione per l'associazione per poter dare risposte migliori alle donne che vi si rivolgono.70

Tale campagna ha tutte le caratteristiche per poter essere considerata una buona 69 Raimo.C., Il femminicidio e il sessismo benevolo, http://www.europaquotidiano.it/2013/12/29/il- femminicidio-e-il-sessismo-benevolo/

70 Dulbecco.A., Le (buone) campagne pubblicitarie di prevenzione e contrasto alla violenza sulle donne, https://frammentidiundiscorsopedagogico.wordpress.com/2015/04/02/le-buone-campagne- pubblicitarie-di-prevenzione-e-contrasto-alla-violenza-sulle-donne/

campagna poiché all'immagine e alla frase d'impatto, associa una risposta immediata all'attenzione del fruitore e invita le persone ad un impegno istantaneo nel momento in cui prendono coscienza del fenomeno.

CAPITOLO 3