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Reagire all’individualismo: fondare una nuova Europa

II. Genesi dello Stato e diritto in Aurora, La gaia Scienza e Così parlò Zarathustra

8. La crisi dello Stato-nazione e il destino dell’Europa

8.2 Reagire all’individualismo: fondare una nuova Europa

Riassumiamo quel che fin qui si è detto: l’Europa è sul punto di quella che potremmo definire una ‘catastrofe istituzionale’, in quanto la sua istituzione principale, vale a dire lo Stato-nazione, è sull’orlo di un mutamento radicale. Questo per quanto riguarda l’analisi storico-descrittiva. A livello normativo, Nietzsche propone di reagire alla disgregazione dello Stato-nazione con l’unificazione di tutti i popoli europei. Infatti, parallelamente alla democratizzazione e all’omologazione operata dallo Stato e alla sua progressiva erosione, la modernità favorisce anche i rapporti internazionali e gli scambi culturali che, a lungo andare, renderanno obsoleti i confini nazionali. Ma, subito dopo aver aperto la questione della crisi dello Stato-nazione come forma associativa, nello stesso passo Nietzsche nota polemicamente che esso è mantenuto in piedi «non nell’interesse dei molti (dei popoli), come ben si dice» ma dall’interesse «di determinate dinastie regnanti» e di «determinate classi del commercio»202. È una notazione fondamentale. Infatti, è possibile suppore che l’insofferenza nei confronti dello Stato-idolo dello Zarathustra monti anche in relazione al riconoscimento secondo il quale, all’interno delle nazioni, vi sono delle élites economico-militari che si oppongono alla fusione di tutti i popoli europei nella Mischrasse. All’interno degli Stati europei, vi sarebbe dunque una contrapposizione tra popoli e governi, tra Staat e Volk, per usare il linguaggio dello Zarathustra: i popoli non avrebbero alcun interesse a rimanere nella forma statale di associazione, mentre quest’ultima farebbe il gioco delle case regnanti e delle élites commerciali. In base a tale lettura, Nietzsche sostiene che «una volta che si sia riconosciuto questo dato di fatto, «bisogna dirsi francamente solo buoni Europei203e contribuire con l’azione alla fusione delle nazioni, alla qual impresa i Tedeschi possono collaborare con la loro vecchia e provata fedeltà di fare da interpreti e da mediatori dei popoli»204.

202 MA 475.

203 Per quanto riguarda l’evoluzione di questa figura all’interno del pensiero di Nietzsche, si veda in particolare

il contributo di Paolo Stellino e Pietro Gori i quali tratteggiano l’intero sviluppo del ‘buon europeo’ nell’arco temporale 1878-1887. La ricostruzione mette in luce come, a partire dal frammento FP 39 [5] del maggio-luglio 1885, Nietzsche arricchisca la figura del buon europeo di alcune caratteristiche che lo rendono strutturalmente diverso da come esso era stato elaborato in Umano, troppo umano e, successivamente, nello Zarathustra. In particolare, se fino al 1885 il buon europeo è da Nietzsche stesso accostato alla figura dell’ombra di Zarathustra e, dunque, è figura che sperimenta il crollo nichilistico dei valori della morale occidentale in maniera passiva, dal 1885 in poi le cose sembrano cambiare. Il buon europeo viene infatti caratterizzato come quel «tipo umano in grado di affrontare in maniera positiva l’implosione della morale cristiana e la conseguente crisi nichilistica dei valori» (pag. 14). In questo senso, la valenza filosofica della figura del buon europeo travalicherebbe la questione meramente politica abbracciando il tema centrale del nichilismo e della trasvalutazione dei valori che costituiscono il nucleo della filosofia matura di Nietzsche. In accordo con quanto scrivono Stellino e Gori, per quanto riguarda il periodo che stiamo analizzando in queste pagine, la questione ci sembra essere ancora essenzialmente circoscritta all’ambito politico sebbene esso implichi strutturalmente, per come Nietzsche stesso imposta l’argomentazione, il problema del rapporto tra piano politico e piano valoriale o, se si vuole, tra Stato e cultura. Cfr., P.GORI,P.STELLINO, Il buon europeo di Nietzsche oltre nichilismo e morale cristiana, in «giornale critico della filosofia italiana», 1 (2016), pp. 98-124.

Il termine finale e, per Nietzsche, auspicabile di questa ‘Europa dei popoli’ è la creazione di una razza mista (Mischrasse). La creazione di questa popolazione europea è un compito che va inteso come un progetto di lunga durata. Il tema ritorna ancora in Aurora dove Nietzsche nota però che la

Mischrasse è in realtà solamente il termine medio e di passaggio verso la «razza pura e una pura

civiltà in Europa»205. In Europa, per Nietzsche, bisognerebbe allora ripetere ciò che è avvenuto nella Grecia antica dove il popolo ellenico, all’inizio diviso in tanti Stati in conflitto, alla fine è riuscito a generare una razza e una civiltà pura e unitaria.

Come Nietzsche scriverà chiaramente in seguito, si tratta di opporre alla piccola politica del nazionalismo, che è divisivo e bellicoso, la ‘grande politica’ (Größe Politik) che deve poter rispondere alla domanda inevitabile che chiede «in quale modo la terra deve venire amministrata come un tutto? E a che fine l’‘uomo’ come un tutto (e non più un popolo, una razza) deve venire addestrato?»206.

Come suggerisce Ottmann, il lemma Größe Politik è sostanzialmente equivoco207. A prima vista, esso

potrebbe far pensare ad una vicinanza di Nietzsche al nazionalismo e alla politica imperiale tedesca. In realtà, proprio da ciò che abbiamo appena messo in luce – la necessità di dirsi ‘buoni europei ‘ e superare quindi le angustie nazionalistiche –, appare evidente che la Größe della politica, alla quale Nietzsche si riferisce quando utilizza l’espressione, non è la grandezza degli imperi quanto piuttosto, una grandezza e una superiorità da misurarsi sul piano culturale. Questa connotazione ‘spirituale’ più che politica della Größe Politik viene espressa chiaramente nel 1887 nell’aforisma 241 di Al di là del

bene e del male, dove Nietzsche scrive, contro la politica coloniale bismarckiana, che:

Uno statista che ammassi dinnanzi ai loro occhi una nuova torre di Babele, un qualche sterminato impero o potere, lo dicono ‘grande’ – che importa se noi prudentemente e più riservati non vogliamo ancora per il momento abbandonare l’antica fede che sia soltanto una grande idea ciò che conferisce grandezza a un’azione e a una cosa208.

È chiara, come si vede, l’allusione polemica al Reich bismarckiano. Così com’è chiaro che a dare grandezza all’azione politica è il retroterra ideale da cui essa muove, gli ideali insomma da cui essa è generata. D’altronde, sempre seguendo Ottmann, va notato come col passare del tempo – in un processo che tocca il culmine negli anni Ottanta –, Nietzsche identifichi il nazionalismo con un sentimento essenzialmente antitedesco (antideutsch). Il nazionalismo è sì presente nel popolo tedesco ma va riconosciuto e denunciato come spurio. Si tratta di considerazioni, quelle sul carattere spurio

205 M 272.

206 FP 37 [8], 1885.

207 Cfr., H.OTTMANN, Nietzsche, cit., pag.239 sgg. 208 JGB 241.

del nazionalismo rispetto alla vera e autentica cultura germanica, che passano anch’esse attraverso il recupero dell’orizzonte della grecità209.

Il già richiamato parallelismo tra Grecia antica ed Europa mette in evidenza un’analoga dinamica storica. A distanza di millenni, in Europa si ripete la stessa lotta fratricida e divisiva che un tempo aveva messo le póleis greche una contro l’altra. Infatti, «come i greci infierirono sul sangue greco, così oggi gli europei infieriscono sul sangue europeo»210. Il nazionalismo tedesco è dunque da rigettare in toto e la Große Politik non è identificabile con la volontà espansionistica che connota la politica estera della Germania sotto l’impero di Guglielmo I né con la politica degli «staterelli» europei. Anche nella Gaia Scienza è ferma la condanna del nazionalismo e della politica imperiale germanica:

No, noi non amiamo l’umanità: e d’altro canto siamo ben lontani dall’essere ‘tedeschi’ abbastanza, nel senso in cui oggi ricorre la parola ‘tedesco’ nell’uso comune, per metterci dalla parte del nazionalismo e dell’odio di razza, per poter provar gioia della rogna al cuore e del sangue inquinato delle nazioni, a causa dei quali oggi, in Europa, popolo contro popolo si guarnisce di frontiere e di sbarramenti come fossero quarantene211.

Sempre seguendo questa linea argomentativa, Nietzsche sostiene quindi che la ‘grande politica’, intesa come politica delle armi, non appartiene per nulla allo spirito tedesco che già dall’aforisma 475 di Menschliches allzumenschliches connota in tutt’altro senso rispetto alla brama imperialistica indicandolo come «spirito mediatore fra i popoli». Proprio questa caratteristica dello spirito del popolo tedesco sarebbe stata in realtà sconosciuta alla stessa cultura germanica la quale, ribaltando completamente l’esatto giudizio di valore, ha finito per esaltare e per identificarsi erroneamente con ciò che in fondo non le appartiene. In questo senso, la Große Politik, intesa come prospettiva sovranazionale, porta Nietzsche, durante la prima metà degli anni Ottanta, anche verso una originale rilettura della storia della Germania e dei tedeschi:

I tedeschi corrompono, come ritardatari, il grande corso della cultura europea: Bismarck, Lutero per esempio; anche quando Napoleone voleva realizzare l’Europa in un’associazione di Stati (l’unico che fosse ancora forte per farlo), hanno imbrogliato tutto con le ‘guerre di liberazione’, ed evocato la calamità della follia nazionalistica (con la conseguenza delle lotte di razza in paesi

209 Cfr., H.OTTMANN, Nietzsche, cit., pag. 241 sgg. 210 MA 472.

da lungo tempo così misti come quelli d’Europa. Così sono stati dei Tedeschi (Carlo Martello) a fermare la civiltà saracena: sono sempre rimasti indietro212.

Sulla scia dell’idea di un’unità sovranazionale europea, Nietzsche opera, come si vede, un ribaltamento del comune giudizio storico su due avvenimenti cruciali della storia europea. Carlo Martello che nel 732, nella celeberrima battaglia di Poitiers, ferma i ‘saraceni’, cioè l’avanzata degli arabi verso il cuore dell’Europa occidentale, non difende l’Europa dall’invasione arabo-islamica – come vorrebbe la tradizione storiografica – ma arresta un positivo processo di unificazione territoriale. Ancora più importante è poi la considerazione negativa delle più recenti ‘guerre di liberazione’ condotte contro l’impero francese dagli Stati tedeschi. Qui Nietzsche opera, com’è stato notato213, un ribaltamento delle sue stesse posizioni giovanili. Se il giovane filosofo aveva celebrato la riscossa antinapoleonica del 1813 con toni vicini ai Discorsi alla nazione tedesca di Fichte, esaltando in Sull’avvenire delle nostre scuole la Burschenschaft e scrivendo egli stesso un Appello ai

tedeschi, qui il giudizio su quegli eventi storici è completamente, e già da tempo, rivisto. Nietzsche,

che tornerà in Al di là del bene e del male a criticare il giudizio fichtiano sulle guerre antinapoleoniche e lo giudicherà menzognero ed esagerato214, invece di interpretarle come guerre di liberazione –

preludio all’unità della nazione – le legge come ricaduta nel nazionalismo divisivo e come battuta d’arresto verso la creazione dell’unità europea. Allora, ciò che andrebbe perseguito e che connota la grande politica in opposizione alla piccola politica degli Stati nazionali è esattamente il superamento del nazionalismo, seducente sirena che ha traviato le energie del popolo tedesco. In opposizione al

212 FP 25 [115], 1884.

213 Sull’adesione al nazional-liberalismo tedesco dei primi anni Settanta e sulla condivisione nietzschiana

dell’ideologia soggiacente alle guerre antinapoleoniche si veda D.LOSURDO, Nietzsche, cit., pp. 22-34. Sulla rilettura nietzschiana delle guerre di liberazione è molto significativa anche la lettera all’amico Overbeck del 1888: Contro i tedeschi sferro un attacco su tutta la linea: non potrai certo lamentarti di ‘ambiguità’. Questa razza irresponsabile, che ha sulla coscienza tutti i grandi malheurs della cultura e che in tutti i momenti decisivi della storia aveva ‘altro’ per la testa (–la Riforma nell’epoca del Rinascimento; la filosofia kantiana proprio mentre si stava conquistando a fatica, in Inghilterra e in Francia, una mentalità scientifica; le guerre di ‘liberazione’ quando è comparso Napoleone, l’unico che finora sia stato abbastanza forte per fare dell’Europa una UNITÀ politica ed economica –), oggi ha in testa il ‘Reich’, questa recrudescenza del particolarismo e dell’atomismo culturale in un momento in cui viene posta per la prima volta la grande

questione dei valori[…]» Lettera a F. Overbeck del 18.10.1888, Epistolario, vol. V., pag. 769.

214 Nietzsche scrive così in JGB 244: «La caratteristica dei Tedeschi è che per loro il problema “che cos’è

tedesco?” resta sempre aperto. Kotzebue conosceva i suoi Tedeschi indubbiamente abbastanza bene: “ci hanno scoperto” lo acclamavano esultanti – ma anche Sand credette di conoscerli. Jean Paul sapeva quel che faceva quando si pronunciò contro le menzognere ma patriottiche adulazioni ed esagerazioni di Fichte – tuttavia è verosimile che a proposito dei Tedeschi Goethe la pensasse diversamente da Jean Paul, per quanto gli desse ragione riguardo a Fichte. Che cosa ha pensato in realtà Goethe a proposito dei Tedeschi? – Egli non si è mai espresso chiaramente sulle molte cose che gli stavano attorno e per il tempo che visse ebbe l’accortezza di saper tacere – probabilmente aveva le sue buone ragioni. È certo che non furono le “guerre per la libertà” a riempire di gioia i suoi occhi, e neppure la Rivoluzione francese – l’avvenimento a cagione del quale egli ha radicalmente trasformato la concezione del suo Faust, anzi l’intero problema ‘uomo’, fu l’apparire di Napoleone».

particolarismo europeo, si tratta allora di costituire un potere capace di distaccarsi dall’«insania nazionalista»215 e dagli «atavici attacchi di spirito patriottardo e di attaccamento alle zolle»216.

In questa critica alle forze che storicamente si sono opposte alla creazione dell’unità europea, si colloca anche l’ammirazione di Nietzsche per Napoleone Bonaparte. Il generale còrso viene interpretato come individuo dotato di «ingegnosità di plasmazione»217, come «sintesi di non-uomo e superuomo» e come colui nel quale viene alla luce il «problema dell’ideale aristocratico in sé»218. Come Nietzsche scriverà esplicitamente nel V libro della Gaia scienza, si deve proprio a Napoleone il merito di aver riportato in vita qualcosa di arcaico e di antico che era rimasto sopito nei lunghi secoli della decadenza moderna. Ciò che ancora una volta risplende con Napoleone è proprio la capacità plasmatrice che è tipica delle nature forti e virili. Capacità plasmatrice che coincide per Nietzsche con la forza unificante e che si esplica militarmente e politicamente proprio nel tentativo di creare un’entità politica unitaria e sovranazionale. E anche se a Waterloo quel progetto naufraga, tuttavia lo spirito che lo ha animato – ancora identificato da Nietzsche come forza in grado di soggiogare le spinte nazionalistiche – potrà un giorno tornare a vivere:

Napoleone, che vedeva nelle idee moderne e proprio nella civilizzazione qualcosa come un nemico personale, ha confermato, con questa sua ostilità di essere uno dei più grandi prosecutori del Rinascimento: egli ha nuovamente riportato in luce un intero frammento dell’antica sostanza, quello decisivo forse, il frammento di granito. E chissà che questo frammento dell’antica sostanza non ridiventi finalmente dominatore del movimento nazionale e non debba farsi l’erede e il

215 Cfr., JGB 256.

216 Cfr., JGB 241. Pietro Gori e Paolo Stellino nel loro contributo suggeriscono che tale carattere di sovra-

nazionalità sia in fondo qualcosa che trascenderebbe anche i confini dell’Europa stessa. Si consideri infatti che Nietzsche non presenta una definizione di Europa dal punto geografico quanto piuttosto da quello storico-culturale. Infatti, in WS 215 scrive che per Europa è da intendersi «territorio molto più esteso che non l’Europa geografica, questa piccola penisola dell’Asia: in particolare ne fa parte l’America, in quanto appunto è figlia della nostra civiltà. D’altra parte, nemmeno cade sotto il concetto di “Europa” civile tutta l’Europa: sotto di esso cadono soltanto tutti quei popoli e parti di popoli che hanno nella grecità, nella romanità, nell’ebraismo e nel cristianesimo un passato comune». Sulla scia di questa ed altre considerazioni di Nietzsche che indicano il ‘buon europeo’ come colui che è essenzialmente ‘heimatlos’ e soprattutto interpretando il ‘buon europeo’ come colui che è in grado di superare il nichilismo e dunque il cristianesimo che per stessa ammissione di Nietzsche è una, se non la principale, radice spirituale dell’Europa, Gori e Stellino concludono che il buon europeo è la figura del superamento stesso dell’Europa. Scrivono infatti che «nel caso specifico, ciò che definisce l’uomo europeo è il contesto culturale dominato dal dogmatismo platonico e cristiano, incarnatosi in lui fino ad averlo modificato fisiologicamente. Tale contesto è lo stesso dal quale emergono i buoni europei, i quali, secondo quanto Nietzsche scrive, sono stati in grado di reggere il peso delle “molte cose che opprimono, inibiscono, avviliscono, appesantiscono noi europei” (FW 380), dalle quali ora possono staccarsi, realizzando così in maniera definitiva il superamento della morale cristiana. Se tale morale costituisce la radice stessa dell’Europa, e se il buon europeo porta a compimento il superamento di questa morale, allora esso stesso è destinato a superare il concetto stesso di ‘Europa’, fino a non potersi più dire buon ‘europeo’. […] Ed è quindi possibile dire che Nietzsche pensi al buon europeo come un individuo dotato di una natura non solo sovranazionale, ma addirittura sovraeuropea», P.GORI, P.STELLINO, Il buon europeo di Nietzsche, cit, pp. 123- 124.

217 M 245.

218 Cfr. GM I, 16. Abbiamo leggermente modificato la traduzione italiana, rendendo «Übermensch» con

prosecutore di Napoleone in senso affermativo: Napoleone, il quale voleva, com’è noto, un’Europa unita, perché fosse signora della terra219.

Napoleone è quindi per Nietzsche proprio il simbolo di quella capacità che egli ritiene essenziale per poter generare una «Umkehrung der Wherte». L’espressione si ritrova già in un frammento del 1885, nel quale Nietzsche significativamente parla proprio di un nuovo Rinascimento da condursi attraverso «una nuova specie e casta di signori» e «uomini di grande natura creativa»220. Essi sono i grandi uomini che ancora mancano in Europa, sostiene Nietzsche, ma che, una volta che saranno creati, metteranno in atto un capovolgimento valoriale contro la morale del gregge e contro i valori democratici. È interessante notare che la questione della creazione dei tipi superiori, ai quali appartiene anche Napoleone, «il primo e più grande anticipatore dei tempi nuovi»221 non è impostata da Nietzsche genericamente ma è specificamente orientata a risolvere il problema dello spazio creato dalla crisi dello Stato nazionale e dalla necessità del suo superamento. Il frammento 37 [9] del 1885 si riferisce infatti esplicitamente al compito che tutti gli uomini profondi hanno di fronte a sé, quello della preparazione del novo uomo europeo. Napoleone Bonaparte viene indicato, non a caso, come il primo di questi uomini forti e nuovi europei che devono fungere da modello paradigmatico per il futuro e tra i quali vanno annoverati anche Goethe, Beethoven, Stendhal, Heine e Schopenhauer:

Di tutte queste guerre nazionali, dei nuovi ‘regni’ e di quant’altro appare in primo piano, mi disinteresso: ciò che mi riguarda – perché vedo che si va lentamente e con esitazione preparando – è l’Europa ed essa sola. Per tutti gli uomini vasti e profondi di questo secolo, il vero e proprio lavoro totale della loro anima è stato quello di preparare questa nuova sintesi e anticipare sperimentalmente ‘l’Europeo’ dell’avvenire; solo nelle loro ore di debolezza, o in vecchiaia, sono ricaduti nella limitatezza nazionale delle ‘patrie’, solo allora sono diventati patrioti222.

Alla crisi dello Stato-nazione si collega dunque in Nietzsche la speranza di una palingenesi dell’umanità. O almeno, se non di tutta l’umanità nel suo complesso, di quella dei popoli europei. Già favorita dai rapporti commerciali e dall’omologazione a cui gli individui sono stati sottoposti dai governi nazionali, essa non va però intesa come liberazione dell’individuo nel senso borghese del ‘mercante’, cioè dell’individuo rinchiuso nel calcolo e nel computo della sua individuale felicità e benessere. Ciò che infatti con una figura come quella di Napoleone si annuncia è una nuova virilizzazione dell’Europa che segnerà la vittoria sul mercante e sul filisteo223. Allora, come

219 FW 362. 220 FP 37 [8], 1885. 221 FP 37 [9], 1885. 222 Ibidem.

223 Cfr., FW 361, dove Nietzsche scrive: «Si deve a Napoleone (e nient’affatto alla Rivoluzione francese, che ha

sottolineava già Karl Löwith224, la questione della grande politica, anche intesa come prospettiva capace di trascendere il nazionalismo degli Stati nazionali, non coincide con la democratizzazione dei popoli europei. Se è vero che la democrazia è interpretata da Nietzsche come crisi dello Stato nazionale e apre paradossalmente lo spazio alla grande politica, quest’ultima è il mezzo preparatorio all’istaurarsi di un governo aristocratico in grado di guidare il popolo europeo finalmente unificato nella Mischrasse verso il nuovo ‘Rinascimento’. In tal senso, «la democratizzazione dell’Europa è al tempo stesso – scrive Nietzsche – un’involontaria organizzazione per l’allevamento dei tiranni»225 poiché le «stesse condizioni che promuovono lo sviluppo dell’animale gregario promuovono anche