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Le reazioni burundesi e degli altri stati della regione

Gli sviluppi storici di Burundi e Ruanda (1971-1984)

1. La fine degli anni ‘60 nei due Paesi: l’ultima instabilità (1971-1973)

1.2.2. L’ascesa di Juvénal Habyarimana

1.2.2.1. Le reazioni burundesi e degli altri stati della regione

Gli eventi ruandesi di febbraio-marzo 1973 che portano al colpo di stato di luglio, vengono accolti con estrema prudenza dai Paesi limitrofi. Solo il Burundi di Micombero attacca il regime di Kaybanda, rilanciando le accuse che qualche mese prima il presidente ruandese aveva mosso contro Bujumbura. La denuncia burundese, tuttavia, viene portata avanti attraverso un’azione diplomatica che potremmo definire di basso profilo. Oltre che attraverso i canali classici della “guerre des ondes” che caratterizza i rapporti fra i due Paesi nei momenti di tensione175, la denuncia ufficiale di Bujumbura si esaurisce nella missione bilaterale di Simbananiye (ministro degli esteri) presso Amin e Nyerere, non cerca di arrivare a fora multilaterali di più ampio respiro. Sono un gruppo di studenti, sicuramente non ostacolati in questo da Micombero, ad esporsi nei fora internazionali (ONU e OUA) contro le azioni del regime di Kaybanda, presentando dei manifesti in cui il presidente ruandese è paragonato a Hitler176. Micombero inoltre non si espone ufficialmente contro il suo omologo ruandese – come aveva fatto Kaybanda l’autunno precedente con lui. L’atteggiamento burundese è comprensibile da un lato per la diversa gravità degli episodi ruandesi rispetto a quelli burundesi e dall’altro per le specifiche dinamiche regionali in cui si inseriscono gli eventi ruandesi. Nella primavera 1973, come già accennato, il Burundi si trova in una situazione di sostanziale

174 CADN, 318PO/A/38 Ambasciata di Francia in Ruanda “Primo comunicato radio-diffuso la mattina del 5 luglio

dal Comitato per la pace e l'unità nazionale” 18.07.1973.

175 CADN, 134PO/1/19 Tel. n.62 Bernard – Schumann 28.02.1973.

176 CADN, 318PO/A/3 Picquet – Jobert “Il Ruanda dopo gli avvenimenti di febbraio-marzo 1973” n.97/DAM

isolamento regionale – con Nyerere e Mobutu sempre più vicini a Kaybanda – e gode di un limitato (e in calo) credito internazionale: esporsi in un’intensa campagna contro Kigali in questo contesto avrebbe rischiato di rivelarsi un pericoloso volano per Bujumbura.

In assenza di una denuncia serrata da parte dell’unico attore che potesse avere reale interesse a denunciarli, gli eventi ruandesi vengono quindi considerati “affari interni” dai Paesi limitrofi e di fatto nessun governo prende posizione o intercede in maniera decisiva presso Kaybanda in proposito.

Anche il successivo colpo di stato del 5 luglio è accolto con una certa prudenza dai Paesi limitrofi, ma a causa di dinamiche diverse. Se i fatti interni – come quelli della primavera 1973 – vengono spesso “prudentemente” ignorati dai vicini per evitare le accuse di ingerenza, la prudenza con cui vengono accolti i cambi di guardia al potere tende ad essere associata a reticenza e sospetto. Habyarimana, non a caso, accompagna il discorso interno moderato e rassicurante con un atteggiamento di analoga natura nelle comunicazioni verso l'esterno, cercando di rassicurare i propri interlocutori regionali. L’invio di emissari per spiegare le dinamiche degli eventi nei Paesi della regione (in Burundi, Uganda, Zaire, Kenya e Tanzania)177 va letto in questi termini. I leader dei Paesi limitrofi si affrettano a riconoscere il nuovo regime, seppur con un diverso grado di fiducia di Paese in Paese: oltre a un formale telegramma di felicitazioni, appena 48 ore dopo il colpo di stato (7 luglio) Micombero manda a Kigali una “missione di buona volontà”, dimostrando formalmente le ottime intenzioni con cui Bujumbura si predispone verso il nuovo regime ruandese. Mobutu, in virtù dei legami con Kaybanda e per paura di aver perso influenza sul Ruanda a vantaggio dei nemici di ieri del Paese (Uganda e Libia), è al contrario più freddo nelle sue prime reazioni: pur riconoscendo subito il nuovo governo di Kigali, si limita a inviare un telegramma privo di felicitazioni178. Anche Nyerere e Amin restano in questa fase prudenti nelle rispettive reazioni al cambio della guardia ruandese, seppur per motivazioni diverse. La prudenza di Nyerere è infatti legata all’amicizia che lo legava all’ex presidente ruandese, con cui aveva riserrato i rapporti soprattutto nell’ultimo periodo. Il maggior progressismo dell’ultimo Kaybanda infatti (apertura delle relazioni diplomatiche con la Repubblica Araba Unita e la Yugoslavia, condanna all’iniziativa di dialogo con il Sudafrica di Boigny, riconoscimento della Cina di Mao, sostegno alla lotta per l’indipendenza di Gibuti e così via) viene ricollegato dagli osservatori internazionali proprio all’avvicinamento con la Tanzania179. La prudenza di Amin è invece di stampo attendista: il

177 ANF, AG/5(F)/2180 Tel. n.245 Bernard – MAE-DAM 10.07.1973.

178 ANF, AG/5(F)/2190 Bernard – Jobert “Messaggio del colonnello Micombero al generale Habyarimana del 6

luglio 1973” e “Messaggio del generale Mobutu al generale Habyarimana del 9 luglio 1973” n.193/DAM 25.07.1973. I due messaggi sono riportati integralmente in francese.

presidente ugandese ripone in realtà fiducia nella nuova guida ruandese, considerata la tensione dei rapporti con il suo predecessore. Dopo il silenzio di Kaybanda alla riunione dell’Organizzazione dell’Unità Africana ad Addis Abeba, al momento del riconoscimento del nuovo regime ugandese, Amin aveva posto in essere una serie di misure di ritorsione verso Kigali – dall’accoglienza a Kampala dell’ex re ruandese con tutti gli onori di un capo di stato (aprile 1971), alla chiusura delle frontiere per il presunto sostegno di Kaybanda a Obote (luglio 1971), misura che determinò una situazione economica emergenziale in Ruanda, tale da far stanziare un aiuto straordinario in suo favore dai Paesi occidentali (250 m3 di cherosene)180. Nei primi anni ’70, la tensione fra Kigali e Kampala è alle stelle, tanto da portare il Belgio ad aumentare i rifornimenti militari a Kaybanda181. Una nuova guida a Kigali non poteva che essere accolta quindi in maniera positiva a Kampala. La familiarità con il generale Habyarimana e il suo entourage tuttavia impediva di farsi grosse illusioni circa l’evoluzione dei rapporti ugando-ruandesi.

Prima di procedere con la ricostruzione degli avvenimenti del periodo successivo (1974-1984), si apre una breve digressione su tre temi centrali ai fini della comprensione degli sviluppi interni delle vicende burundesi e ruandesi: la questione etnica, l’état-rhizome182 e il tema dei rifugiati. L’importanza che queste tre questioni assumono nelle vicende e nel dibattito successivo tanto in Burundi quanto in Ruanda (stimolato, in primis ma non soltanto, dagli avvenimenti degli anni ’90) rende fondamentale soffermarsi su questi aspetti.

La decisione di aprire questa parentesi a questo punto della narrazione non deriva dal fatto che le tre questioni non siano presenti nel triennio precedente – al contrario, nella ricostruzione storica sino ad ora affrontata sono affiorate in più di un’occasione – ma dall’interesse del presente lavoro di focalizzarsi sulle dinamiche etnico-regionalistiche e su quelle legate ai rifugiati dei due Paesi in questo decennio, non nel periodo precedente, in quanto è soprattutto nelle dinamiche di questo decennio che si possono riconoscere i presupposti per gli sviluppi successivi.

La questione etnica nei due Paesi (1974-1984)

Burundi. Nella realtà burundese la questione etnica resta la grande ipoteca di entrambe le

presidenze nel periodo di riferimento, basandosi sia la prima che la seconda repubblica su un dominio della minoranza etnico-demografica (tutsi) sulla maggioranza (hutu). Il sistema politico ed economico burundese in questi anni, infatti, si struttura attorno al principio dell’esclusione etnica. La maggior parte dei membri del “Consiglio Nazionale della Rivoluzione” di Micombero è costituito da Tutsi, di quattordici ministeri solo tre, di rilevanza secondaria (interni – di fatto privo di poteri – informazione e affari sociali) vengono affidati a membri hutu e appena un governatore provinciale su sette nella prima metà degli anni ’70

180 La riapertura delle frontiere si dovrà alla mediazione di Mobutu, Kenyatta e Selassié, che intervengono in

quanto la misura di Amin rischiava di creare un pregiudizio non solo al Ruanda, ma all’intera regione (in particolare a Zaire, Burundi e al porto di Mombasa). NA, FCO 31/1103 Harry Briand (Ambasciatore del Regno Unito in Uganda) – Alec Douglas-Home “Revisione Annulae” 11.01.1972.

181 AECCD, Dossier n.16.393 Film n.P2516-17 Copette – Harmel “Rapporto settimanale” 15.09.1972.

182 L’état rhizome è lo stato che si basa sui legami personali, le logiche clientelari nella gestione del potere. F.

appartiene all'etnia maggioritaria burundese. Le istituzioni della seconda repubblica non segnano discontinuità in tal senso: il Consiglio Supremo Rivoluzionario di Bagaza resta completamente in mano al gruppo tutsi (anche perché formato da ufficiali dell'esercito, dove la presenza hutu è pressoché nulla dopo le epurazioni seguite al tentato colpo di stato del 1969)183, al primo Congresso dell’UPRONA (dicembre 1979) 4 ministri su 19 e 4 membri del comitato centrale su 49 sono hutu, alle elezioni dell’Assemblea Nazionale dell'ottobre 1982 più dell'80% (42/52) dei deputati eletti – la cui candidatura non è spontanea, ma stabilita centralmente – resta tutsi. Nel settembre 1987, quando Bagaza verrà sostituito al potere da Buyoya (terzo presidente burundese tutsi-hima della provincia di Bururi), il Paese è marcatamente diviso: il 95% dei magistrati, il 94% dell’UPRONA e dell’esercito, il 91% degli ambasciatori e il 74% dei ministri sono di etnia tutsi184.

La maggior parte degli osservatori internazionali degli anni ‘70 e ’80 sono convinti che la maggioranza etnica inevitabilmente nel medio-lungo periodo riconquisterà il potere185, soprattutto considerata la vicinanza dell’esempio ruandese. La bandiera del regime Micombero (1966-1976) e quella di Bagaza (1976-1987) non può che essere quindi, per ragioni di sopravvivenza, la retorica dell’unità nazionale barundi e la negazione delle differenze etniche. L’interpretazione che il regime dà degli eventi del 1972 è emblematica di quest’atteggiamento. All’indomani del genocidio il governo burundese avvia una massiccia campagna nazionale ed internazionale di disinformazione a carattere negazionistico rispetto alla questione etnica: il regime sostiene che in Burundi non esista alcun problema etnico e che gli eventi del 1972 (definiti proprio solo degli “événements”) siano legati all’azione di malfattori esterni che, alleandosi con oppositori locali al governo legittimo, hanno voluto trascinare il Paese nella violenza. L'insurrezione viene presentata quale frutto di un complotto dall'alto, non di una sollevazione popolare hutu, perché il popolo burundese è unito. La conclusione a cui giunge il regime e che Micombero sosterrà fino alla fine della sua presidenza, é che in Burundi non esiste alcuna questione etnica. Tali “dicerie” verranno definite “folkloristiche” dal successore di Micombero, il presidente Bagaza, in un’intervista a “Le Monde” dieci anni dopo186. L’assioma della seconda repubblica sarà infatti “il n'y a et n'y a jamais eu que des barundi”187. Hutu e Tutsi non sono né razze – interpretazione questa ormai piuttosto condivisa – né classi sociali distinte: istituti come l’ubugererwa e l’ubugabire188 dimostrano come i rapporti gerarchici sociali non assumano dei caratteri etnici (laddove si assimilino i Tutsi all’attività pastorale e gli Hutu al mondo agricolo), ma siano tanto agricoli quanto pastorali.

Benché la presidenza Bagaza venga riconosciuta dagli osservatori internazionali come sinceramente impegnata nella riconciliazione nazionale – più di quella del suo predecessore

183 Nel 1971 il 95% degli ufficiali, il 75% dei sottoufficiali e l’80% dei soldati appartiene all’etnia minoritaria.

L’introduzione del criterio di un’altezza minima (170 centimetri) per l’arruolamento è volto a penalizzare ulteriormente la maggioranza etnica. ANF, AG/5(F)/2201 Colonnello Lafaurie (Segretariato di stato agli affari esteri, cabinetto) “Le forze armate in Burundi” 25.05.1971.

184 B. Ndarishikanye, La conscience historique des jeunes Burundais, “Cahiers d'Études Africaines”, vol.38 (149),

1998, pp. 135-171, p. 152.

185 AECCD, Dossier n.17.547 Film n.P2931 Commento dell’ambasciatore belga ad una nota americana 1981-1982;

AMAEC, 39QONT/5 de la Bruchollerie – Schumann “Rapporto di fine missione” n.1048/DAM 16.11.1972. Analoga considerazione si ritrova nei documenti britannici NA, FCO 31/1650 D.E.Richards (Ambasciatore del Regno Unito in Zaire) – Alec Douglas-Home “Revisione Annulae” 16.01.1974.

186 CADN, 134PO/1/105 Philippe Decraene – MAE-Centre di Analisi e Previsioni c/646 Resoconto dell’intervista

a Bagaza (23.08.1982).

187 AMAEC, 315QONT/1 Pierre Nolet (Ambasciata di Francia in Burundi) – de Guiringaud “La Seconda

Repubblica” n.259/DAM 25.11.1976.

188 Sistema di rapporti clientelari ereditari risalenti all’epoca precoloniale: l’ubugererwa valeva in ambito agricolo,

l’ubugabire, per l'approvigionamento di latte di vacca. Sistemi analoghi esistevano nel vicino Ruanda, rispettivamente l’ubukonde e l’ubuhake, dove vengono però aboliti ancor prima del 1962. D.De Lame, op.cit., p.223.

Micombero189–, in virtù dell’adozione di misure quali la concessione di amnistia ai rifugiati hutu all'estero (1976), l’istituzione della “Commissione Mande” per la restituzione delle terre occupate in seguito alle violenze del 1972 (1979)190, il divieto dell'uso dei termini Hutu e Tutsi (congresso UPRONA, 1980), l’abolizione dell'ubugererwa e dell’ubugabire191 e così via, nei fatti non soltanto non garantì una rappresentanza istituzionale alla componente etnica maggioritaria – mantenendo un sistema politico-economico basato sull’esclusione etnica –, ma introdusse importanti novità nel rapporto stato-società che finirono per pregiudicare il raggiungimento della pace interetnica. Prima misura da annoverare in questo senso è l’'incentivo all'utilizzo della lingua Kirundi a scuola, già proposto nel 1972 dall'allora segretario generale dell’UPRONA Yanda e ripreso l’anno successivo dal ministro dell'educazione Gilles Bimazubute (ex ambasciatore in Zaire, dalla cui esperienza trae presumibilmente ispirazione). Ufficialmente legata alla volontà di diffondere il senso d'appartenenza nazionale – e coerente con le tendenze negli altri Paesi africani dell’epoca192 – questa misura, relegando l'apprendimento del francese (lingua delle relazioni esterne del Paese) alla sfera domestica, finì per perpetrare l'esclusione degli Hutu dai “luoghi del potere”193. A questo vanno aggiunte alcune pratiche discriminatorie che si affermano nell’accesso all’istruzione. Negli esami d'ammissione per le scuole secondarie alcune fonti attestano che gli ispettori governativi della seconda repubblica (ma nulla esclude che venisse fatto anche all’epoca di Micombero) contrassegnassero i compiti degli studenti con una “U o B” (Hutu) o una “I o A” (Tutsi) in base all'appartenenza etnica, al fine di favorire l’accesso degli studenti tutsi194. Alcune fonti, pur riconoscendo che i tutsi (ed in particoare quelli di Bururi) fossero privilegiati, sostengono che l’episodio delle “U/I” sia avvenuto solo in alcune province (in quella di Kirundo in particolare) e che sia stato amplificato con un’opera di intossicazione per discreditare il regime195. Che si trattasse di una prassi consolidata o di un episodio di una singola provincia, le statistiche sono piuttosto chiare rispetto alla libertà di accesso all’istruzione secondaria nel Paese: nella seconda metà degli anni ’80 solo un terzo degli iscritti all'Università di Bujumbura appartiene alla maggioranza etnica hutu196. Laddove gli studenti hutu riescano, peraltro, ad accedere alla formazione secondaria, vengono incoraggiati a proseguire gli studi in specifici settori, quali le scienze infermieristiche,

189 NA, FCO 106/365 JCB 014/1 Margaret Bryan (Ambasciata della Gran Bretagna in Zaire) – Clarc Everson

(Ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth Dipartimento Africa Centrale) 28.12.1981. CADN, 318PO/A/59 Jean Fèvre (Ambasciatore di Francia in Burundi) “Rapporto di fine missione” 09.04.1982.

190 Insitut d’étude du développement économique et sociale (IEDES), Département féderal des Affaires Étrangères

(DFAE) “Cycle de quatre émissions avec les anciens chefs d’état, Média-Mémoire-Histoire Burundi 2015” minuto 29.

191 L'abolizione di questi due istituti, ormai desueti, ha un valore più che altro simbolico: eliminare le ultime tracce

di un sistema sociale basato sulla dominazione. C. Carbone, Colonialismo e neocolonialismo: la vicenda storica del Ruanda e del Burundi, Palermo, Aracne, 1974, pp. 27-28.

192 La Francia aveva tentato di osteggiare questa tendenza, quando emerse nel corso degli anni ’60; negli anni ’70

e ’80 al contrario la promuove, in quanto concepisce le lingue vernacolari come complementari al francese, alleate contro altre lingue (inglese o swahili). ANF, 20000138/1 MC – Ambasciate di Francia in Africa “Promozione delle lingue africane e diffusione del francese” 18.12.1979.

193 CADN, 134PO/1/107 Ambasciata di Francia in Burundi, Nota “Politica Interna” 20.03.1984.

194 Bernard Bududira (vescovo Bururi), Vivre en frères dans le Burundi d'aujourd'hui et de demain: Unité

Nationale, 10.05.1988. E.Minani, Le Burundi: ce que j’ai appris, Editions Adrien Ndayiragije, Rumonge, p.28. La discriminazione a favore degli studenti tutsi ai concorsi per l’ammissione alle scuole secondarie è attestata da fonti diplomatiche occidentali già durante la prima repubblica. AMAEC, 315QONT/8 Ambasciata di Francia in Burundi – MAE-DAM “Accesso all’insegnamento secondario” n.1/DA/DAM 30.09.1976.

195 Intervista a Jean Pierre Chrétien, storico della regione dei Grandi Laghi, 22 Boulevard Arago (Parigi)

27.03.2015.

196 Indagine a Kirundo nel 1986, riportata in Minority Rights Group, Burundi since the genocide…cit., p.3. Il

ministro dell’educazione dell’epoca, Isidore Hakazimana, ha pubblicamente riconosciuto che il sistema educativo burundese della seconda repubblica era discriminaorio – Bagaza ancora lo nega. IEDES, DFAE “Cycle de quatre émissions avec les anciens chefs d’état, Média-Mémoire-Histoire Burundi 2015” minuto 41.

l’insegnamento per le scuole primarie, le tecniche agricole197. Gli studenti hutu delle facoltà di giurisprudenza, economia e scienze politiche non raggiungono negli anni ‘80 il 10% degli iscritti198.

Benchè quindi il decennio Bagaza, a differenza della presidenza Micombero, non registri lo scoppio di violenze di matrice etnica nel Paese, la discriminazione verso la maggioranza hutu continua su tutti i piani e questo ha evidentemente delle implicazioni sul livello di pace interetnica nel Paese. L’ambasciatore belga a Bujumbura nel 1980 parla, a questo proposito, di una situazione di “calme apparente” e di una “discrimination du fait” in cui “la révolte couve”199.

Ruanda. La situazione ruandese è molto diversa da quella burundese – essendosi istituito a

Kigali, dal 1959, un dominio della maggioranza (etnico-demografica) sulla minoranza. Habyarimana in particolare si presenta, all’indomani degli scontri dell’autunno 1972 e soprattutto febbraio-marzo 1973, come il padre della nazione, colui che ha messo fine alle violenze interetniche portando l’equilibrio e la pace, il presidente impegnato nella promozione dell’unità nazionale.

Il presidente ruandese, a differenza di quello burundese, non nega l’esistenza delle etnie, al contrario le riconosce ufficialmente: da un lato, infatti, mantiene la dicitura di appartenenza etnica sulle carte d’identità ruandesi (eredità coloniale), e dall’altro istituzionalizza il sistema delle quote etniche200. Il sistema delle quote verrà applicato durante la seconda repubblica con un certo rigore a livello di vertici militari e politici – nel 1983 alle elezioni del Consiglio Nazionale di Sviluppo i deputati eletti tutsi sono 2 (su 140), rapporto ben inferiore rispetto alla quota del 9%. Meno rigore verrà invece riscontrato nel settore educativo e dell’imprenditoria privata – dove le percentuali di tutsi superano ampiamente il 9%. Benchè la politica delle quote verrà giustificata ex post dai dinosauri del regime quale strumento di tutela per la minoranza, discriminazione “positiva”201, di fatto si trattava di un dispositivo volto a garantire gli interessi della maggioranza al potere e veniva percepito come strumento di tutela della maggioranza etnico-demografica. Il successo del presidente nell’impedire la riemersione di violenze etniche e la flessibilità con cui applicò il sistema delle quote gli permisero, tuttavia, di costruire intorno a sé un consenso interno interetnico, non soltanto della maggioranza hutu a cui appartiene. Alcune sue amicizie con uomini d’affari tutsi, il più noto è Valens Kajeguhakwa, crearono inoltre un’immagine del presidente “amico dei tutsi”, non sempre apprezzata dalla maggioranza etnica, che però gli garantì l’appoggio interno della minoranza.

Alcuni osservatori internazionali dell’epoca ritennero che il fatto che Habyarimana provenisse dal nord del Paese, area che storicamente non ha subito direttamente la dominazione dei tutsi, permettesse al presidente di trattare con maggiore distacco le questioni etniche (arrivano anche a ipotizzare un suo legame di parentela con la minoranza tutsi)202. La maggior parte dei commentatori degli avvenimenti degli anni ’90 e alcuni documenti degli anni ’70 sostengono, tuttavia, la tesi opposta: proprio perché le regioni settentrionali del Paese hanno avuto una tradizione di maggior autonomia e sono state sottomesse più tardivamente e mai

197 B. Ndarishikanye, Burundi: des identités ethnico-politiques forgées dans la violence, “Revue Canadienne des

Études Africaines”, vol.33 (2-3), 1999, pp. 231-291, p.239.

198 C. Bakara, D. Hakizimana, op. cit., pp.108-110.

199 AECCD, Dossier n.17.800, Film n.P2994 Pierre Van Coppenolle (Ambasciata del Belgio in Burundi) – Charles-

Fernand Nothomb (Ministro degli Affari Esteri) Rapporto politico 1980 n.211 02.02.1981.

200 Habyarimana chiederà all'arcivescovo di Kabgayi-Kigali, Monsignor Perraudin, di rispettare la giusta

proporzione etnica ammettendo 1 Tutsi ogni 9 Hutu negli istituti religiosi. AMAEC, 347QO/2 Picquet – Jobert n.58/DAM 01.03.1974.

201 Emblematiche in tal senso le dichiarazioni di due ex collaboratori del presidente Habyarimana nel documentario

di RFI sul presidente della repubblica ruandese. RFI, Portrait de Juvénal Habyarimana, (minuti 25-30), disponibile in http://www.rfi.fr/emission/20140110-portrait-juvenal-habyarimana-1-218/

202 CADN, 318PO/A/29 Ambasciata di Francia in Ruanda, Fiche n.1: Situazione Politica dal colpo stato, marzo

1975. Quest’impressione è ribadita da documenti più tardivi, CADN, 318PO/A/44 Nota su Habyarimana aprile 1985.

completamente al regno tutsi centrale in epoca precoloniale e coloniale, gli hutu di queste regioni si sentirebbero più puri e avrebbero un atteggiamento più intransigente verso i tutsi203. Benché nel 1984 l’ambasciatore francese in Ruanda ritenga che la questione etnica nel Paese abbia perso la sua acutezza e non possa essere considerata una componente centrale della politica interna ruandese, in quanto “la pace regna da undici anni e l'unità nazionale sembra sempre più solida”204, a ben guardare la questione etnica resta, in realtà, sostrato di tutto il sistema politico ruandese della seconda repubblica. Da un lato, infatti, il regime Habyarimana