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Il regime della responsabilità del medico ai sensi dell’art 2043 c.c Il valore del richiamo all’art 2043 c.c in materia di responsabilità del medico

I L TITOLO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MEDICO COSÌ COME DISCIPLINATO DALLA LEGGE 8 MARZO 2017, N 24.

6. Il regime della responsabilità del medico ai sensi dell’art 2043 c.c Il valore del richiamo all’art 2043 c.c in materia di responsabilità del medico

deve essere correttamente inteso, quale regola per il regime della responsabilità e non anche della condotta.

La condotta professionale del medico non dovrà, cioè, essere valutata secondo il criterio del neminem laedere proprio della responsabilità aquiliana, ma alla luce delle leges artis (ovvero le buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida) regolatrici della professione che di certo integrano il principio del neminem laedere.

La condotta del sanitario, dunque, pur sottratta all’applicazione dell’integrale disciplina dell’obbligazione contrattuale (anche se non discendente da un contratto), dovrà comunque uniformarsi alla diligenza imposta dall’esercizio della professione medica e, dunque, andrà valutata secondo la regola della diligenza qualificata di cui all’art. 1176, co. 2, c.c. Tale regola non sembra, infatti, possa essere messa in discussione65.

Il rinvio all’art. 2043 c.c., pertanto, non deve essere interpretato quale richiamo all’intera fattispecie della responsabilità extra-contrattuale. Il medico, pertanto, risulterà responsabile laddove il danno lamentato dal paziente sia conseguenza di una condotta medica che non solo viola il principio del neminem laedere, ma altresì contemporaneamente le leges artis66.

Dalla riconduzione della responsabilità del medico all’art. 2043 c.c. discendono principalmente, quali conseguenze più favorevoli per il debitore in luogo del diverso regime di responsabilità contrattuale, l’applicazione del più breve termine di prescrizione quinquennale della pretesa risarcitoria e la ricaduta in capo al creditore dell’onere della prova.

Spetta, oggi, al creditore dimostrare il danno, la condotta colposa o dolosa del sanitario ed il nesso di causa. Il mancato accertamento di un profilo di colpa diretta e causalmente riferibile al danno lamentato, porterà all’assoluzione

65 Per una rassegna giurisprudenziale in tema di applicabilità dell’art. 1176, co. 2, c.c. alla

prestazione resa dal medico cfr. Tenore , La responsabilità civile del personale sanitario, in Castiello F., Tenore V. (a cura di), Manuale di diritto sanitario, Giuffrè, 2012, pag.234-235.

66 La precisazione di Perfetti, La responsabilità civile del medico tra legge c.d. Gelli e nuova

disciplina del consenso informato, cit., pag. 368, per cui “nessuna parte della normativa consente di restringere e, soprattutto, giustifica limitazioni operative dell’art. 2043” rimane di fatto priva di

risvolti concreti, poiché è fuori di dubbio che il medico non è chiamato a rispondere secondo le regole (minime) che generano responsabilità extra-contrattuale.

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civilistica del professionista. Dovrebbero, secondo alcuni autori, essere così evitate situazioni in cui all’assolvimento in sede penale corrispondano condanne in sede civile del medesimo professionista67.

L’esito dovrebbe, pertanto, essere una diversificazione, un “doppio binario” dei profili causali della colpa tra azienda sanitaria e singolo operatore coinvolto. In verità il medico, sotto il profilo in esame, non può ritersi sollevato come appare.

In primo luogo, pur essendo mutato il titolo della responsabilità in quello più favorevole extra-contrattuale, rimane ferma la regola della solidarietà tra due condebitori. Anche la disciplina della responsabilità extra-contrattuale prevede, infatti, all’art. 2055 c.c. che “se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido”. Così che, se l’evento dannoso è unitario, è sufficiente la prova che un condebitore ha commesso l’illecito, per ottenere una pronuncia di condanna eseguibile nei confronti di uno dei condebitore solidali68. Ne consegue

che, anche laddove non dovesse essere assolto l’onere della prova da parte del paziente attore nei confronti del medico convenuto, ma solo nei confronti della struttura sanitaria, non si vede come il singolo operatore sanitario possa essere del tutto esentato dall’obbligo risarcitorio.

Né è da tralasciarsi come spesso nel riparto degli oneri probatori la Corte di cassazione abbia corretto gli effetti prodotti dall’applicazione rigorosa dell’art. 2697 c.c. per mezzo del principio della vicinanza alla prova, per cui è obbligato a fornirla la parte processuale che, a prescindere dal ruolo che ricopre nel giudizio, si trova nella posizione più vicina alle fonti di prova. Pertanto, è probabile che il principio della vicinanza della prova potrebbe indurre ad una ripartizione degli oneri non in linea con lo schema dell’extra-contrattualità, disattendendo così gli obiettivi e la ratio della riforma69.

Ancora, non può negarsi applicazione alla responsabilità extra contrattuale del medico delle regole dettate in punto di responsabilità per l’esercizio di attività

67 Cfr. Martini , Responsabilità civile della struttura e dell’esercente la professione sanitaria, in

AA.VV., Responsabilità sanitaria: tutte le novità della legge “Gelli-Bianco”, Giuffrè, 2017, pag. 49; Simone, Prospettive di responsabilità sanitarie, cit., pag. 155.

68 Franzoni, La nuova responsabilità in ambito sanitario, cit., pag. 10. Cfr. inoltre recentemente

Cass. 29 gennaio 2018, n. 2066, in Giust. civ. mass., 2018 ed in Ridare.it, 2018, con nota di Enrico Basso, che afferma come la domanda di accertamento della responsabilità ai sensi dell’art. 2043 c.c. e ai sensi dell’art. 2055 c.c. condividano la medesima causa petendi.

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pericolose di cui all’art. 2050 c.c., esclusa solo laddove l’autore del danno provi di aver adottato tutte le misura idonee ad evitarlo.

E’, infatti, prospettabile la riconduzione della prestazione del medico al novero delle “attività pericolose”, se non altro per la natura del mezzi utilizzati (strumentazione, terapie che implicano radiazioni, trasfusioni di sangue o plasma etc.). L’attrazione nel regime di cui all’art. 2050 c.c. costituirebbe un’ulteriore strada attraverso cui risulterebbe vanificato l’obiettivo perseguito dalla riforma di “alleggerire” la posizione del medico in caso di prestazione sanitaria dannosa, poiché l’operatore si ritroverebbe a dover fornire una prova ancor più difficile rispetto al corretto adempimento dell’obbligazione, ovvero quella di aver adottato tutte le misure tecniche adeguate ad evitare il prodursi del danno.

Sotto il profilo dell’onere della prova, dunque, appaiono quantomeno sfuggenti i vantaggi che il medico può aver conseguito dal mutamento del regime della propria responsabilità professionale.