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La ricostruzione giuridica della responsabilità del medico: dalla (quasi) impunità alla figura del “contatto sociale”.

I L TITOLO DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MEDICO COSÌ COME DISCIPLINATO DALLA LEGGE 8 MARZO 2017, N 24.

3. La ricostruzione giuridica della responsabilità del medico: dalla (quasi) impunità alla figura del “contatto sociale”.

La prima giurisprudenza formatasi in casi che coinvolgevano la responsabilità del medico per esecuzione della prestazione sanitaria contraddistinta da profili di colpa non valorizzava affatto il legale tra il medico ed il paziente, ritenendolo in sostanza irrilevante, così che la responsabilità personale del medico non poteva che essere ascritta ad un’ipotesi di responsabilità extra- contrattuale.

La svalutazione del rapporto tra medico e paziente muoveva dall’assunzione di due presupposti: da un lato, la ritenuta mancata partecipazione del medico al processo di formazione del contratto; dall’altro, la rilevanza dell’eventuale errore medico unicamente nel rapporto di pubblico impiego quale inesatta prestazione di lavoro e, dunque, inadempimento verso il datore di lavoro e non verso il paziente, svincolato da qualsiasi rapporto obbligatorio precedentemente sorto39. Il medico

provvede, infatti, all’esecuzione della prestazione di diagnosi o terapia quale

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“organo dell’Ente” e dall’immedesimazione organica discende l’impossibilità di riferire al medico la titolarità di un rapporto con il paziente ulteriore e diverso rispetto a quello già instauratosi con la struttura40.

Progressivamente, le posizioni in dottrina e in giurisprudenza si diversificavano. Da un lato, si confermava la struttura della responsabilità del medico quale responsabilità extra-contrattuale41. Dall’altro, si registravano

aperture ad ammettere la ricostruzione in termini di natura contrattuale la responsabilità del medico verso il paziente, i cui argomenti valorizzavano l’autonomia del rapporto tra medico e paziente42 rispetto a quello instaurato da

quest’ultimo con l’ente ospedaliero, i tratti concreti che tale rapporto assumeva idonei ad integrare un rapporto contrattuale43, la prescrizione di cui all’art. 28

della Costituzione per cui “I funzionari e i dipendenti dello Stato sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti”44.

Il confronto sulla natura della responsabilità del medico ospedaliero per mancata o inesatta prestazione sanitaria approda alla decisione della Corte di cassazione n. 489/1999, che la assegna all’area della responsabilità contrattuale.

La motivazione della Corte45 recepisce la categoria del “rapporto contrattuale

di fatto o da contatto sociale”, calandolo nell’ordinamento italiano e qui individuando il fondamento giuridico nell’art. 1173 del Codice civile. La Corte, in particolare, supera del tutto la teoria del rapporto organico tra medico ed ente ospedaliero tale per cui non sarebbe configurabile una relazione autonoma di quest’ultimo con il paziente, poiché sarebbe innegabile la nascita di un “rapporto” tra il sanitario ed il paziente non in occasione del verificarsi del danno alla salute

40 Munaro, La responsabilità civile del medico, in Martini F. e Rodo M. (a cura di), Responsabilità

sanitaria, Giuffrè, 2017, pag. 2.

41 Cass. 20 novembre 1998, n. 11743, Foro it., Rep. 1998, voce Professioni intellettuali, n. 165;

Cass. 13 marzo 1998, n. 2750, Foro it. 1998, I, pag. 3521; Cass. 26 marzo 1990, n. 2428, Foro it. Rep. 1991, voce Professioni intellettuali, n. 106.

42 Cass. 26 marzo 1990, n. 2428, in Giur. it., 1991, I, pag. 599.

43 Cass. 3 marzo 1995, n. 2466, in Giur. it., 1996, I, pag. 91; Trib. Verona, 2 marzo 1991, n. 183,

in Arch. Civ., 1992, pag. 303.

44 Sull’evoluzione nel nostro ordinamento della figura del “contatto sociale” con riferimento al

rapporto tra medico e paziente, cfr. Guaglione, La responsabilità da contatto sociale nella evoluzione

dell’ordinamento, in Volpe (a cura di) La nuova responsabilità sanitaria dopo la riforma Gelli- Bianco (legge n. 24/2017), Zanichelli, 2018, pag. 168 e ss.

45 Freddamente salutata da una parte della dottrina, cfr. Di Ciommo, Note critiche sui recenti

orientamenti giurisprudenziali in tema di responsabilità medico ospedaliera, in Foro it., 1999,

pag. 3333; Lanotte, L’obbligazione del medico dipendente è un’obbligazione senza prestazione o

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(per mancato miglioramento o peggioramento delle condizioni cliniche anteriori all’intervento del medico), bensì prima nel momento in cui il paziente si affida alle cure del medico e quest’ultimo accetta di prestargliele.

La Corte di cassazione supera anche l’argomento sul quale si fondava lo schieramento che accoglieva la natura contrattuale della responsabilità, ritenuto non esaustivo.

L’art. 28 della Costituzione, infatti, risulterebbe un fondamento troppo fragile, posto che sancirebbe la “natura diretta” della responsabilità, senza di fatto qualificare di quale natura si tratti.

La Corte muove dalla figura, di elaborazione dottrinale, della “obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto”, considerando come “sul medico gravano gli obblighi di cura impostigli dall’arte che professa” che generano un vincolo tra il medico ed il paziente nonostante “non dia adito ad un obbligo di prestazione, e la violazione di esso si configura quale colpa in non faciendo, la quale dà origine a responsabilità contrattuale”46.

Lo schema che la Corte ritiene meglio si attagli alla fattispecie del legale che si instaura tra medico e paziente è individuata nel “rapporto contrattuale di fatto o contatto sociale”, ovvero in un rapporto che, pur in assenza della stipulazione di un contratto, genera un’obbligazione che risponde alle regole della responsabilità contrattuale. Nel ragionamento della Corte, si realizza così una dissociazione tra la fonte, individuata secondo lo schema dell’art. 1173 c.c. in “ogni altro atto o fatto” che non sia un contratto o un fatto illecito, e l’obbligazione che ne scaturisce. Tale non può che essere il rapporto che nasce tra un esercente una professione c.d. “protetta” e il suo assistito, poiché “a questo tipo di operatore professionale la coscienza sociale, prima ancora che l’ordinamento giuridico, non si limita a chiedere un non facere e cioè il puro rispetto della sfera giuridica di colui che gli si rivolge fidando nella sua professionalità, ma giustappunto quel facere nel quale si manifesta la perizia che ne deve contrassegnare l’attività in qualsiasi momento”47.

La conclusione è, quindi, che l’esercizio di tale servizio non può essere diverso a seconda che esista o meno un contratto, poiché l’eventuale assenza di contratto non può neutralizzare la professionalità che si attende colui che entri in

46 Cass. n. 489/1999, Foro. it., 1999, pag. 3346. 47 Cass. n. 489/1999, Foro. it., 1999, pag. 3347.

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contatto con il professionista e si traduce, pertanto, obblighi di comportamento nei confronti di chi su tale professionalità ripone affidamento “entrando in contatto con lui”.

Salutata freddamente da un parte della dottrina48, che dubitava dell’aderenza

della ricostruzione al concreto atteggiarsi del rapporto tra medico e paziente, nonché del rispetto di rigore nell’applicazione degli istituti civilistici relativi alla responsabilità49, all’interpretazione offerta dalla Corte di cassazione, per cui

nell’incontro tra medico e paziente il primo “prende in carico” il secondo50 ha

aderito e dato seguito in modo uniforme la successiva giurisprudenza51.

4. Un tentativo sfumato: l’art. 3, co. 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158.

Non può più negarsi, oggi, l’intento del legislatore del 2012 di ricondurre la natura della responsabilità del medico all’alveo della responsabilità extra- contrattuale.

Stabiliva, infatti, l’art. 3 co. 1, del d.l. 13 settembre 2012, n. 15852, convertito

con modificazioni dalla l. 8 novembre 2012, n. 189 (e oggi abrogato dalla legge n. 24 del 2017) che “l’esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene alle linee guida e a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile”.

48 Di Ciommo F., in Foro. it., 1999, nota a Cass. n. 489/ 1999, pag. 3333 e ss. Lanotte A., Foro. it.,

1999, nota a Cass. n. 489/ 1999, pag. 3332

49 Di Ciommo F., in Foro. it., 1999, nota a Cassazione n. 489/ 1999, pag. 3333 e ss.

Lanotte A., Foro. it., 1999, nota a Cassazione n. 489/ 1999, pag. 3332 osserva come secondo la motivazione proposta dalla Cassazione “la responsabilità prenda forma non già nel momento in

cui si assume l’obbligazione, bensì in quello successivo dell’intervento, ossia dopo l’esecuzione dell’attività professionale diretta a migliorare lo status quo del paziente. Una tale scansione della prestazione sanitaria, complessivamente intesa, invertirebbe l’ordine degli addendi: l’assunzione dell’obbligo anziché precedere la prestazione, viene ad essere posposta, giacchè la prestazione finisce con il precedere l‘obbligazione e, quindi, la responsabilità”.

50 Munaro L., La responsabilità civile del medico, cit., pag. 5.

51 Recentemente cfr. Cass. 3 ottobre 2016, n. 19670, in Mass. Foro it., 2016, ritiene idoneo a “far

scattare i presidi della responsabilità contrattuale” anche il “contatto sociale fortuito ed informale”; Cass. 20 marzo 2015, n. 5590, in Resp. Civ. 2015, pag. 1907; Cass. 16 maggio 2000,

n. 6318, in Danno e resp., 2000, pagg. 154 ss., ha affermato la responsabilità dell’operatore laddove non avesse informato adeguatamente il paziente sull’inadeguatezza della struttura, ampliando l’oggetto dell’obbligo del medico altresì in funzione supplente a carenze strutturali dell’ente ospedaliero.

52 Sul quale cfr. anche, in questo volume, Moroni, Dall’art. 3 del decreto “Balduzzi” all’art. 590

sexies c.p. introdotto dalla legge “Gelli Bianco”: evoluzione del concetto di colpa medica e orientamenti della giurisprudenza contemporanea.

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Sebbene, per quanto mal scritta, la disposizione normativa lasciasse intravedere con evidenza i segni della volontà del legislatore di ricondurre la responsabilità del medico all’originario titolo della responsabilità extra-contrattuale, questi erano ignorati da una parte della giurisprudenza.

L’opera interpretativa della maggior parte della giurisprudenza svuotava di significato l’innovazione legislativa, di fatto ponendone nel nulla gli effetti. Per lo più, si riteneva che il richiamo all’art. 2043 c.c. e, nella specie, all’obbligo prescritto dalla disposizione codicistica assolvesse unicamente alla funzione di rafforzare la prescrizione dell’obbligo di risarcimento del danno, che rimane fermo anche in assenza di responsabilità penale53.

Non univoca era stata la posizione assunta dalle varie sezioni del Tribunale di Milano, ove al fronte tradizionale che si ostinava ad ignorare il richiamo all’art. 2043 c.c. si frapponevano pronunce che avvertivano della diversa direzione che il legislatore voleva si dirigesse la qualificazione della responsabilità del medico, ovvero verso i lidi, meno accessibili per il paziente, della responsabilità aquiliana. Secondo Tribunale di Milano 17 luglio 2014, infatti, “il tenore letterale dell’art. 3 comma 1 della legge Balduzzi e l’intenzione del legislatore conducono a ritenere che la responsabilità del medico … venga ricondotta dal legislatore del 2012 alla responsabilità da fatto illecito ex art. 2043 c.c. e che, dunque, l’obbligazione risarcitoria del medico possa scaturire solo in presenza di tutti gli elementi che costitutivi dell’illecito aquiliano”.

La posizione assunta dalla Corte di cassazione in due occasioni riportò l’interpretazione della norma conforme alla natura contrattuale della responsabilità del medico, affermando, dapprima con un passaggio argomentativo54 in seguito con una motivazione più articolata55, che il significato

dell’art. 3 della legge Balduzzi è solo quello di escludere la responsabilità penale del sanitario che abbia seguito le linee guida in caso di colpa lieve, a cui tuttavia non si accompagna un esonero della responsabilità anche sul piano civile.

53 Una rassegna esaustiva delle posizioni assunte dalla giurisprudenza di merito all’indomani

dell’introduzione nell’ordinamento dell’art. 3, co. 1 si veda Comandè G. e Nocco L., La

responsabilità dell’esercente la professione sanitaria tra artt. 1218 c.c. e 2043 c.c. in Gelli,

Hazan, Zorzit (a cura di), La nuova responsabilità sanitaria e la sua assicurazione, Giuffrè, 2017, pag. 269-274.

54 Cass. 19 febbraio 2013, n. 4030, in Danno e resp., 2013, pag. 367

55 Cass. 17 aprile 2014, n. 8940, in Nuova giur. civ. comm., 2014, I, pag. 909, conf. Cass. 24

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Secondo la Corte, in sostanza, come “il legislatore si è soltanto preoccupato di escludere l’irrilevanza della colpa lieve anche in ambito di responsabilità extra contrattuale civilistica…. Deve viceversa escludersi che con detto inciso il legislatore abbia inteso esprimere un’opzione a favore di una qualificazione della responsabilità medica necessariamente come responsabilità extra-contrattuale”.

La legge n. 24 del 2017 rende oggi evidente come la Corte di cassazione, offrendo tale interpretazione, abbia disatteso l’intento del legislatore della riforma Balduzzi, già chiaro, per quanto mal espresso nella dicitura della norma, nel voler sottrarre la responsabilità del medico al regime della responsabilità contrattuale.

5. L’art. 7 della legge dell’8 marzo 2017, n. 24 e l’apporto innovativo nel “sotto-sistema” della responsabilità sanitaria.

La legge n. 24 del 2017 non lascia oggi più alcuno spazio a dubbi interpretativi, sancendo inequivocabilmente la natura extra-contrattuale della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria.

E’ confermata la natura contrattuale dell’obbligazione della struttura sanitaria dal comma 1 dell’art. 7 che prevede: “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”. Rimane, dunque, fermo il regime contrattuale per l’obbligazione di prestazione di diagnosi e cura che una struttura ospedaliera si impegna ad eseguire, in forza del c.d. contratto di spedalità, per mezzo del proprio personale dipendente (ipotesi di cui al co. 1), anche qualora quest’ultimo agisca “in regime di libera professione intramuraria ovvero nell’ambito di attività di sperimentazione e di ricerca clinica ovvero in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale o attraverso la telemedicina” (ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 7).

E’ il comma 3° che in questa sede rileva, ove il legislatore definisce autonomamente il titolo della responsabilità dell’esercente la professione sanitaria “di cui ai commi 1 e 2” della norma, ovvero del medico dipendente di un ente ospedaliero, del medico che esercita il libera professione intramoenia e del c.d. medico di base, i quali oggi rispondono “del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del codice civile”.

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E’, in verità, anomala l’opera di diretta qualificazione del titolo della responsabilità e, dunque, del regime applicabile ad una determinata fattispecie, cui è ricorso in quest’occasione il legislatore. Si è, infatti, evidenziato come al legislatore competerebbe soltanto la predisposizione della disciplina della fattispecie, non la sua qualificazione, che rientra invece nella competenza dell’attività interpretativa della giurisprudenza56. Seppur aspramente criticata da

parte della dottrina57, poiché operazione in effetti sconfinante dalle competenze

proprie del legislatore, la tecnica di definizione “autentica” ben si spiega nel prevenire qualsiasi tentativo della giurisprudenza di disattendere (per la seconda volta dopo la riforma Balduzzi) l’obiettivo di introdurre un regime di responsabilità (apparentemente) più favorevole per il medico.

E’ stata immediatamente adottata dagli interpreti la figura del c.d. “doppio binario della responsabilità sanitaria”58 per descrivere l’allontanamento della

posizione del medico, responsabile oggi in via extra-contrattuale, dalla posizione della struttura sanitaria, che rimane vincolata ad una responsabilità contrattuale. Il regime più favorevole della responsabilità contrattuale dovrebbe così indurre il paziente-creditore della prestazione di cura a dirigere, per essere certo della propria soddisfazione, eventuali pretese creditorie nei confronti della struttura sanitaria, “tasca profonda” del sistema59.

Non si è invece optato per una soluzione più estrema, pur prospettata, ovvero l’esclusione della legittimità passiva del medico60.

I binari oggi diversi su cui il legislatore ha voluto convogliare il medico, da un lato, e l’ente ospedaliero, dall’altro, di certo non corrono paralleli, presentando in verità più punti di congiuntura.

Rimane invariata la configurazione del rapporto tra medico libero professionista e paziente quale rapporto nascente da un contratto in senso proprio, poiché tale ipotesi rimane esclusa dall’ambito applicativo del comma 3 dell’art. 7 laddove specifica che la responsabilità del medico ai sensi dell’art. 2043 c.c. si ferma

56 Scognamiglio, Regole di condotta, modelli di responsabilità e risarcimento del danno nella

nuova legge sulla responsabilità sanitaria, in Corr. Giur, 2017, pag. 740.

57 Pardolesi, Chi (vince e chi) perde nella riforma della responsabilità sanitaria, in Danno e resp.,

2017, pag. 261.

58 Gorgoni, La responsabilità in ambito sanitario tra passato e futuro, in Resp. med., n. 1/2017. 59 Simone, Prospettive della responsabilità sanitaria alla luce della c.d. legge Gelli-Bianco (l. n.

24/2017). Il punto di vista, da vicino, del giudice, in Resp. Med., 2018, pag. 154.

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laddove il sanitario “abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente”.

Questa soluzione sembra, con evidenza, essere l’unica possibile a qualificare correttamente il rilievo giuridico che assume il legale tra il paziente ed un medico liberamente scelto dal paziente e sul quale il paziente ha riposto fiducia per l’esecuzione di una prestazione medica.

Non dovrebbe, dunque, esservi spazio per avanzare dubbi di legittimità costituzionale, che pure sono stati sollevati61, in ordine alla legittimità

costituzionale della scelta legislativa. Più di un elemento (la libera scelta, il contesto in cui sorge il rapporto obbligatorio, il carattere fiduciario, eventualmente il luogo della prestazione) impedisce di considerare la posizione del medico libero professionista e la posizione del medico dipendente quali due situazioni assimilabili disciplinate in modo irragionevolmente differente.

Né, di contro, potrà essere assecondata alcuna interpretazione giurisprudenziale che tenti (nuovamente) di rimanere indifferente alle indicazioni legislative di superamento della qualificazione della responsabilità del medico quale contrattuale. Dovranno, quindi, respingersi i dubbi avanzati da parte della dottrina62 che, a fronte delle resistenze della giurisprudenza ad abbandonare la

teoria del “contatto sociale” (recentemente sviluppata sino a ricomprendere una responsabilità “precontrattuale” del medico63), si proceda ad un’applicazione

“paradossale” della norma in esame, sussumendo il rapporto del medico dipendente di struttura con un paziente sempre nell’ipotesi eccezionale prevista dall’art. 7, comma 3, ovvero quando il sanitario “abbia agito nell’adempimento di un’obbligazione contrattuale assunta con il paziente”. Si è, infatti, osservato che in tal modo troverebbe applicazione generalizzata la fattispecie eccezionale prevista dalla norma, di fatto ponendo nel nulla la disciplina generale, così sovvertendo il chiaro dettato normativo che esplicita in modo evidente la volontà del legislatore di un’inversione di rotta in materia64.

61 Valentini, Il nuovo assetto della responsabilità sanitaria dopo la riforma Gelli-Bianco, in Riv.

it. med. leg., 2017, pag. 1398.

62 Comandè G. e Nocco L., La responsabilità dell’esercente la professione sanitaria tra artt. 1218

c.c. e 2043 c.c., cit., pag. 184.

63 Cass. 12 luglio 2016, n. 14188, in Nuova giur. civ. comm., 2016, pag. 1451 ss.

64 Perfetti, La responsabilità civile del medico tra legge c.d. Gelli e nuova disciplina del consenso

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6. Il regime della responsabilità del medico ai sensi dell’art. 2043 c.c.