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Si ritiene opportuno riportare di seguito alcune precisazioni sui regimi delle reti elettriche, al fine di meglio comprendere l’evoluzione della teoria delle reti elettriche.

Se le tensioni e le correnti ai morsetti dei multipoli, che costituiscono una rete, sono costanti nel tempo, si dice che questa funziona in regime stazionario; in caso contrario si dice che la rete funziona in regime variabile.

Un caso particolare, ma di enorme importanza concettuale e pratica, del regime variabile è quello in cui le tensioni e le correnti sono funzioni sinusoidali del tempo tutte della stessa frequenza, si parla in questo caso di regime sinusoidale.

È particolarmente importante osservare che i concetti di tensione, di corrente, di multipolo e di multiporta, caratteristici della teoria dei circuiti, sono propriamente utilizzabili in regime stazionario; essi possono essere mantenuti, approssimativamente e con l’uso di particolari cautele, in regime variabile abbastanza lentamente, mentre svaniscono del tutto, salvo convenzioni e disposizioni costruttive particolari, in regime rapidamente variabile.

La non validità dei concetti di tensione conservativa, corrente conservativa, multipolo (propri della teoria dei circuiti) in regime rapidamente variabile è dovuta al fatto che, in tale regime,

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la tensione elettrica non dipende più soltanto da una coppia di punti, ma dall’intera linea che li congiunge, e la corrente non è più associata all’intero circuito, ma alla sezione in cui viene misurata; inoltre l’interazione fra i diversi multipoli non si svolge più esclusivamente, come in regime stazionario, attraverso i morsetti, ma anche per via elettromagnetica attraverso lo spazio circostante, in misura tanto maggiore quanto più rapida è la variazione delle tensioni e delle correnti.

Un regime sinusoidale si dice lentamente variabile o quasi stazionario, se le dimensioni della rete sono trascurabili, in relazione all’approssimazione richiesta, rispetto alla lunghezza d’onda delle grandezze elettriche, che in essa hanno sede. Detta λ la lunghezza d’onda e d una dimensione caratteristica della rete, la condizione di regime lentamente variabile può scriversi:

Ricordando che la lunghezza d’onda λ si esprime in termini della velocità delle onde elettromagnetiche nel vuoto c e della frequenza f mediante l’equazione:

la condizione precedente può essere altresì messa nella forma:

Si consideri, per esempio, un impianto elettrico industriale, il quale funzioni alla frequenza di 50 Hz, corrispondente ad una lunghezza d’onda di 6000 km. Ipotizzando una dimensione caratteristica d pari a 6 km, corrispondente all’estensione di una media città, si trova d/λ = 0,001. Pertanto, con ottima approssimazione, la condizione di regime lentamente variabile è verificata ed i concetti validi per il regime stazionario possono essere senz’altro applicati. Si consideri una linea elettrica di trasporto lunga 750 km alla frequenza di 50 Hz. Assumendo la lunghezza della linea come dimensione caratteristica, si ha d/λ = 0,125. In questo caso una parte della potenza entrante viene persa per radiazione; la rappresentazione della linea come

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doppio bipolo è ancora approssimativamente valida, dato che la perdita è in generale piccola rispetto alla potenza trasmessa. Si consideri da ultimo un’antenna a stilo della lunghezza di 0,5 m alimentata da una corrente sinusoidale alla frequenza di 1 GHz. Si ha d/λ = 1,67. L’antenna irradia tutta la potenza, che riceve, e non può quindi essere trattata, senza particolari accorgimenti, con i metodi validi per il regime quasi stazionario.

I circuiti in regime quasi stazionario, in quanto possono descriversi mediante l’interconnessione di unità discrete, sono detti circuiti a parametri concentrati. I circuiti in regime rapidamente variabile, descrivibili soltanto mediante grandezze di campo distribuite nello spazio, sono detti circuiti con parametri distribuiti.

I concetti precedenti possono essere precisati, osservando che tensione e corrente sono grandezze globali ottenute per integrazione di linea delle grandezze locali, forze elettriche e magnetiche. In regime stazionario le grandezze locali variano nello spazio, ma sono costanti nel tempo; in regime comunque variabile esse variano nello spazio e nel tempo e tale variabilità assume il carattere di propagazione ondosa; si dice perciò che il campo si propaga per onde elettromagnetiche. Nel caso intermedio del regime quasi stazionario le grandezze locali approssimativamente variano in ogni punto nel tempo, senza che la perturbazione si propaghi da un punto all’altro, la variabilità si riduce a una sovrapposizione temporale di stati stazionari.

II campo elettromagnetico si attenua allontanandosi dalle sorgenti con legge inversamente proporzionale al quadrato della distanza nel caso stazionario, alla distanza nel caso comunque variabile. E’ pertanto evidente che nel caso stazionario, e approssimativamente in quello quasi stazionario, esso rimane naturalmente confinato all’interno o nella stretta prossimità degli oggetti elettrici, mentre nel caso comunque variabile può estendersi a distanze maggiori. Per tale motivo in regime stazionario e in regime quasi stazionario l’interazione fra i diversi oggetti elettrici avviene esclusivamente attraverso i morsetti, mentre in regime comunque variabile l’interazione può avere luogo anche attraverso la propagazione elettromagnetica. È comunque possibile, con l’uso di convenienti schermature, confinare i campi entro regioni ben delimitate; in questo caso il concetto di oggetto elettrico e di rete elettrica mantengono la loro piena validità anche in regime rapidamente variabile.

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Si osservi, da ultimo, che il confinamento del campo elettromagnetico all’interno degli oggetti elettrici rende il comportamento delle reti dipendente soltanto dal modo in cui gli oggetti sono stati interconnessi fra loro e del tutto indipendente dalla posizione degli oggetti nello spazio.

3.3 Dal regime stazionario al regime variabile: il contributo della