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Negli anni Ottanta del 1800 in Gran Bretagna gli ingegneri elettrotecnici (39) erano suddivisi in tre gruppi: coloro che si occupavano di telegrafia, quelli che lavoravano in ambito elettromeccanico, provenienti in gran parte dall'ingegneria meccanica, e quelli che avevano un orientamento più scientifico.

Gli ex ingegneri telegrafici avevano competenze inerenti alle misure sul campo, ai cavi e alle macchine elettriche elementari come dinamo e bobine a induzione; tra questi ingegneri si possono menzionare Charles W. Webber, il maggiore Cardew, Willoughby Smith e William H. Preece.

I progettisti di elettromeccanica, provenienti dall'ingegneria meccanica, non avevano particolari competenze in ingegneria elettrica; tuttavia avevano migliori conoscenze per trattare i gravosi problemi legati alla meccanica dei macchinari per la produzione di potenza, come dinamo, motori o caldaie. Alcuni di essi erano autodidatti, altri venivano reclutati da settori affini all'ingegneria meccanica o navale ed avevano una certa familiarità con i laboratori e con gli impianti. Alcuni di questi ingegneri meccanici furono W. Crompton, G. Kapp, J. Swinburne e S. Z. Ferranti, figure rappresentative dell’ingegneria di potenza di quel periodo.

Il terzo gruppo era formato da ingegneri che avevano un'impostazione scientifica, che avevano studiato la fisica e che ricoprivano la carica di professori universitari di ingegneria elettrotecnica. A differenza degli ingegneri telegrafici di impostazione pratica e di quelli meccanici, questi ingegneri-scienziati sottolineavano l’importanza della pratica di laboratorio e dell’uso di principi scientifici, come quelli contenuti nel “Treatise on electricity and magnetism” (1873) di J. C. Maxwell. In questo gruppo rientravano John A. Fleming presso l'University College di Londra, William E. Ayrton presso il Finsbury Technical College e la Central Institution, John Perry presso il Finsbury College, John Hopkinson presso il King's

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Il termine “ingegneri elettrotecnici”, o meglio “ingegneri elettrici”, si deve ad Edison, il quale alla Invenction Factory di Menlo Park attorno al 1870 insieme ai suoi usò il termine “electrical engineers”. Quegli anni, nel corso dei quali con il telefono, il fonografo, la lampada ed il motore si realizzavano per l’umanità invenzioni decisive per la qualità della vita, furono davvero memorabili; è stato ipotizzato che nel periodo di massima attività all’Invenction Factory si compisse un’invenzione ogni 5 giorni.

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College a Londra, Silvanus Thompson presso il Finsbury College e James A. Ewing presso la Cambridge University.

La comunità degli ingegneri dediti all'ingegneria di potenza in Gran Bretagna si sviluppò a partire da questi tre gruppi distinti caratterizzati da concezioni differenti, da metodi di indagine diversi, nonché da approcci e linguaggi per la soluzione di problemi specifici molto distanti tra loro.

Esperti di telegrafia come W. H. Preece avevano avuto un ruolo fondamentale nei primi sviluppi dell'ingegneria di potenza, essendo gli unici ad avere competenze elettriche pratiche. Appena i livelli di potenza cominciarono ad aumentare, l'esperienza pratica maturata in telegrafia risultò presto inapplicabile. Nel 1883 la Society of Telegraph Engineers, che era controllata dagli esperti di telegrafia, divenne la Society of Telegraph Engineers and Electricians e nel 1888 fu denominata Institution of Electrical Engineers (IEE). Questo avvenimento testimonia il passaggio delle competenze dagli esperti di telegrafia agli ingegneri elettrotecnici di formazione meccanica.

Dopo il 1888 sorsero contrasti tra gli ingegneri di formazione meccanica e quelli di estrazione scientifica, ovvero gli ingegneri professori universitari di elettrotecnica. Questi ultimi contribuirono sia a definire una prassi nelle misure, sia alla formazione delle nuove leve; l'amperometro di Ayrton e il potenziometro di Fleming furono considerati dispositivi importanti anche dagli ingegneri di formazione meccanica.

Dalla seconda metà degli anni Ottanta, a causa della domanda crescente di elettrotecnici esperti, le società elettriche iniziarono ad assumere persone di formazione scientifica provenienti dai college.

L'ingegneria elettrotecnica non aveva ancora una solida base scientifica. Crompton sottolineava sempre l'importanza dell'immaginazione nella progettazione di macchine pesanti; perfino James E. H. Gordon - un ingegnere elettrotecnico, che si era formato scientificamente presso il laboratorio Cavendish con Maxwell - riteneva che l'abilità nella progettazione delle macchine fosse di gran lunga più importante del formalismo matematico o della teoria di Maxwell ("nella progettazione di una dinamo la scelta della corretta proporzione tra le dimensioni dei magneti e quelle delle bobine delle armature … costituisce più un'arte che una

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scienza, dipende cioè più dall'abilità individuale del progettista, che da regole che si possano mettere nero su bianco").

Nella seconda metà degli anni Ottanta del 1800 iniziarono a prendere forma le basi scientifiche dell’elettrotecnica. Ci si rese conto che, aumentando le dimensioni dei macchinari elettrici, era sempre più importante ridurre il numero di tentativi per ogni realizzazione, per ovvii motivi economici. Molti ingegneri cercarono perciò di migliorare la progettazione attraverso metodi ricavati matematicamente e sperimentalmente. Il celebre articolo di Hopkinson del 1886 “Dinamo electric machinery”, sulla dinamo e sui suoi circuiti magnetici, divenne un punto di riferimento per la progettazione razionale delle macchine elettriche (come già affermato precedentemente in altro paragrafo). Di pari passo si diffondeva l'uso della tecnica della corrente alternata - la cui teoria matematica era stata formulata negli anni Ottanta da ingegneri di estrazione scientifica (Thomas H. Blakesley, J. Hopkinson, Hertha Ayrton e Alexander Fleming) e da fisici (Oliver J. Lodge e John William Strutt Rayleigh) - che richiedeva l’applicazione dei principi scientifici e del formalismo matematico rispetto a quella della corrente continua (40).

Relativamente alla corrente alternata gli ingegneri di formazione meccanica avevano i loro metodi specifici di progettazione e le loro teorie. Partendo da un'analogia con la legge di Ohm, G. Kapp sviluppò una teoria dei circuiti magnetici per la progettazione delle dinamo. Ad integrazione di questa J. Swinburne formulò una teoria della reazione d'indotto, inventando inoltre un proprio metodo, in cui la tensione o la corrente alternata venivano divise in due parti: una componente attiva (Iwatt) ed una componente reattiva (Ir). La potenza attiva P, dissipata in un circuito, assumeva, secondo Swinburne, la seguente espressione V ∙ Iwatt . Swinburne, che aveva iniziato la sua carriera di ingegnere come apprendista in una fabbrica di locomotive a Manchester, si spostò nel 1880 presso la fabbrica di lampadine Swan. Nel 1885 presso l'officina di Crompton, lavorando alla costruzione delle dinamo, sviluppò la sua teoria. Egli è pertanto un buon esempio di quella che si potrebbe definire una 'teoria da officina'.

40 Fin dal 1884 J. W. S. Rayleigh aveva previsto che la corrente alternata avrebbe avuto un "effetto salutare" nella istruzione dei cosiddetti elettrotecnici pratici. Essa infatti proponeva questioni concettuali impegnative. Una di queste era 'l'effetto di interferenza' determinato dal ritardo della corrente rispetto alla tensione applicata, cioè la differenza di fase tra corrente e tensione.

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