• Non ci sono risultati.

N. Area marina di tutela internazionale

1 Santuario dei Mammiferi marin

1.14 La Rete Natura 2000 in Italia e la tutela della biodiversità

Dal punto di vista normativo, sul panorama nazionale, la Legge Quadro 394/91 si affianca temporalmente, di poco, all’entrata in vigore della Direttiva Europea “Habitat” 92/43/CEE del 21 maggio 1992. Tale circostanza ha fatto sì che questo importante intervento legislativo non abbia potuto prendere in considerazione direttamente tale direttiva anche se, a tutt’oggi, la Legge nazionale rappresenta ancora un riferimento legislativo fondamentale in tema di differenti tipologie di aree importanti per la conservazione della natura.

69

E’, infatti, con la Legge Quadro sulle Aree Protette, suindicata, che si da avvio al programma per la definizione della Carta della Natura, che individua lo stato dell’ambiente naturale in Italia, evidenziando i valori naturali e i profili di vulnerabilità territoriale. Quest’ultimo strumento conoscitivo rappresenta un elemento di significativa novità introdotto dalla Legge Quadro, poiché, attraverso l’individuazione delle linee fondamentali di assetto del territorio, inserisce il sistema delle aree protette nel contesto della pianificazione generale che viene, in tal modo, effettuata in maniera compatibile con la tutela delle risorse naturali del Paese. La Carta della Natura finora realizzata ha dimostrato l’utilità di questo strumento in studi di valutazione di impatto ambientale, per la realizzazione di reti ecologiche, per studi relativi alla biodiversità e per ulteriori obiettivi che necessitano di strumenti di conoscenza del territorio, fruibile da Amministrazioni centrali e locali, a supporto della pianificazione territoriale.

Il lavoro svolto dalla Carta della Natura è schematizzabile in due parti, la prima cartografica, la seconda di tipo modellistico/valutativa:

1. La realizzazione di carte di unità ambientali a diverse scale (alla scala 1:50.000 e alla scala 1:250.000), utilizzando metodologie integrate;

2. Valutazione nel senso di attribuzione a ciascuna unità territoriale di valori di qualità ambientale e vulnerabilità secondo modelli realizzati ad hoc, costruiti su parametri considerati indicatori.

Il Ministero dell’Ambiente, predisponendo tale inventario sullo stato della Biodiversità, ha messo in atto una delle prime strategie volte alla salvaguardia dei territori naturali, che poi hanno trovato pieno compimento nel recepimento della Convenzione sulla Biodiversità stipulata durante la Conferenza di Rio del 1992. Come sappiamo, questo Trattato internazionale identifica un problema comune, regola gli obiettivi e le politiche globali, gli obblighi generali e organizza la cooperazione tecnica e finanziaria. Tuttavia, la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi viene lasciata in gran parte alle singole Nazioni. I governi devono svolgere il loro delicato compito di leadership, soprattutto, stabilendo delle Leggi che regolamentino l’uso delle risorse naturali proteggendo la biodiversità sul territorio sotto il loro diretto controllo.

70

Viene loro richiesto di sviluppare strategie e piani d’azione nazionali sulla biodiversità e di integrarli in programmi nazionali per l’ambiente e lo sviluppo di più ampio respiro al fine di:

- identificare e controllare le componenti importanti della diversità biologica che devono essere conservate e usate in maniera sostenibile;

- stabilire delle zone protette per conservare la diversità biologica e promuovere, contemporaneamente, uno sviluppo ambientale sano intorno a queste zone; - rispettare, preservare e mantenere i costumi locali di uso sostenibile della diversità biologica con la partecipazione degli indigeni e delle comunità del posto;

- educare la gente e aumentare il livello di consapevolezza dell’importanza della diversità biologica e della necessità di conservarla;

- segnalare come ogni Paese stia perseguendo i propri obiettivi sul tema della biodiversità.

La Legge nazionale del 14 febbraio 1994 n. 124, segna in Italia il recepimento della Convenzione di Rio sulla Biodiversità; a questa Legge ha fatto seguito il documento “Linee strategiche e programma preliminare per l’attuazione della Convenzione sulla Biodiversità in Italia”, articolato in 9 aree di lavoro tra le quali si offre priorità al completamento delle conoscenze (di inventario della biodiversità, mappatura del patrimonio naturale a livello di geni, specie, popolazioni, habitat, biotopi, ecosistemi e paesaggi) ed all’avvio di programmi di monitoraggio (che permetterà la conoscenza delle variazioni, dei processi critici e delle problematiche che investono l’ambiente, in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di necessità).

Per quanto riguarda l’ottemperanza agli indirizzi europei, in Italia una prima applicazione della Direttiva “Habitat” era già avvenuta attraverso il Progetto Bioitaly del 1995, cofinanziato dal Programma europeo Life, che, a partire dai precedenti indirizzi del Programma Corine, ha permesso di redigere un primo elenco di siti di interesse comunitario da sottoporre all’esame della Commissione Europea.

71

Lo strumento finanziario comunitario per l’ambiente, LIFE Natura, ha dato un contributo fondamentale alla creazione della Rete Natura 2000 in Italia. I progetti hanno interessato 530 siti natura 2000 che rappresentano il 21,2% del totale di siti designati (2.503). Inoltre, attraverso il finanziamento di tre progetti gestiti dalla Direzione per la Protezione della Natura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, “Habitat Italia”, “Bioitaly” e “Verifica della Rete Natura 2000 in Italia e modelli di gestione”, l’Italia è stata tra i primi Paesi europei a spedire alla Commissione l’elenco dei siti Natura 2000 proposti e a preparare le linee guida per la gestione di tali siti, supportate da un manuale tecnico che fornisce indicazioni per la gestione degli habitat di interesse comunitario.

Il documento più importante in tema di tutela della biodiversità è il Decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 “Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche” (G.U. N. 284 DEL 23-10-1997, S.O. n. 219/L).

L’Italia, ospitando un patrimonio naturale estremamente ricco in termini di diversità biologica, ha la possibilità di apportare un sostanzioso contributo alla creazione della Rete Europea Natura 2000, tanto che l’applicazione delle Direttive “Habitat” e “Uccelli” ha trovato nel nostro Paese un campo estremamente propizio: in Italia sono presenti circa il 65% degli habitat della Direttiva “Habitat” e oltre il 30% delle specie animali e vegetali.

Il ruolo fondamentale svolto dalle Regioni in Italia in materia di gestione delle proprie aree protette, viene ulteriormente marcato con il D.P.R. 357/97. Di fatto in Italia, come negli altri Stati Membri, il coinvolgimento delle Amministrazioni locali nell’edificazione della Rete Natura 2000 ha avviato un processo coordinato estremamente costruttivo; non solo, le Regioni e le Province autonome individuano e propongono le aree da inserire nella Rete Ecologica ed hanno il compito di gestire i siti della Rete Natura 2000, grazie al principio di sussidiarietà. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1997, il soggetto incaricato delle funzioni normative e amministrative connesse all’attuazione della Direttiva “Habitat” è, appunto, la Regione o la Provincia autonoma, fatta eccezione, per i siti marini la cui competenza primaria rimane allo Stato. Le Regioni e le Province autonome possono sottoporre la materia a propria disciplina legislativa organica, come sarebbe preferibile, oppure, limitarsi ad esercitare le funzioni amministrative assegnate dal regolamento di attuazione.

72

Nel caso adottino una legislazione specifica riguardante Natura 2000, possono prevedere forme particolari di esercizio dei poteri pianificatori, ad esempio, delegando le Province all’adozione del Piano di Gestione previsto, o configurando discipline particolari sul piano del procedimento.

In assenza di disposizioni specifiche, la Regione o la Provincia autonoma rimane, comunque, competente per l’adozione dei Piani di Gestione, che devono basarsi sulle linee di indirizzo fornite dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare nelle “Linee guida per la gestione dei siti della Rete Natura 2000” (Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio 3 settembre 2002, Gazzetta Ufficiale n. 224 del 24 settembre 2002) che hanno valenza di supporto tecnico/normativo alla elaborazione di appropriate misure di conservazione ed il cui scopo e approccio sono strettamente connessi alla “Guida all’interpretazione dell’art. 6 della Direttiva Habitat”, preparata dalla stessa Commissione Europea per sostenere gli stati membri nella propria politica di attuazione della direttiva stessa facilitandone la comprensione da parte dei vari organismi e gruppi interessati.

Un aspetto fondamentale relativo al Piano di Gestione, è quello di fare un inventario delle disposizioni normative riferite ai siti Natura 2000, domandandosi, innanzitutto, se l’area del sito natura 2000 considerato, è interna o esterna a un’area naturale già protetta.

Il Decreto del Ministero, nello specifico, indica il seguente iter decisionale: