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LA REVISIONE DEGLI ESTIMI CATASTALI

Pubblico, qui di seguito, il ricorso che, insieme con una nota aggiunta, ebbi incarico di redigere dalla Commissione cen-suaria di un Comune piemontese contro le nuove tariffe d'estimo delle rendite fondiarie imponibili agli effetti dell' imposta sui terreni.

Il ricorso fu da me compilato in osservanza delle vigenti norme legislative, dei documenti e dei dati che alla Commissione erano stati comunicati dall'Amministrazione catastale e dalla Commissione censuaria provinciale. In verità l'Amministrazione aveva comunicato dapprima solo un elenco in una colonna di cifre di estimo per le varie culture esistenti nei territorio e solo in seguito si poterono avere le identiche cifre per i Comuni vicini. La Commissione censuaria provinciale fu alquanto più larga di informazioni, nei limiti assai ristretti delle sue possi-bilità, e tutto quello che si. potè apprendere risulta dal testo del ricorso e della nota aggiunta. A spiegazione di questa scar-sità di informazioni e di consigli si lesse poi sui giornali che il Ministero voleva cbe le Commissioni censuarie non si limi-tassero a criticare il processo tenuto dall'Amministrazione del catasto nel giungere alle sue conclusioni; ma, per vie indi-pendenti, esponessero dati e calcoli culturali da cui risultasse il vero reddito dominicale spettante ai fondi. La Commissione censuaria centrale avrebbe tratto un convincimento proprio dal confronto tra le indipendenti dimostrazioni.

La tesi ha fondamento di verità ad una condizione : cbe le ottomila Commissioni comunali non siano di fatto abbandonate a sè stesse, senza guida, senza orientamento su quel che deb-bono fare, con l'assillo di prendere conclusioni in un numero limi-tatissimo di giorni (praticamente di circa cinquanta, dal 3 luglio al 27 agosto), su problemi di grande delicatezza e complessità. Pochissime Commissioni avranno avuto la ventura di avere a propria disposizione un ufficio economico-tecnico, simile a quel « segretariato economico mantovano » che, relatore il

prò-fessore Eugenio Masè-Dari, compilò una memoria particolareg-giata e densa di contenuto a guida delie Commissioni tutte della Provincia (1). L'esperienza che ho potuto fare in questa materia è stata poco confortevole: pochissime Commissioni compresero quale era il còmpito a cui erano state chiamate; pochissime sapevano cosa fosse il reddito dominicale intorno a cui erano chiamate a dare un parere ; ed in che si differenziasse dal reddito agrario. Per lo più i commissari riportarono una impressione lieta dall'esame delle tariffe, perchè ne paragonavano l'importo, che è in lire antiche d'ante guerra, con le cifre di reddito attuale in lire svalutate. Se alcuni si spaventarono, fu per una ragione storta : ossia per la preoccupazione che duras-sero, con gli estimi nuovi, le antiche aliquote del 100, del 150 e del 200% a cui si era arrivati con le tariffe precedenti.

Mancò, insomma, all'ardua e grandiosa impresa qualsiasi organizzazione preventiva che istruisse i commissari, modesta gente di campagna per lo più e facilmente persuasa di non capir nulla, ove appena si trovi dinanzi a gente saputa di leggi e decreti. In tanta strettezza di tempo e di mezzi, data l'impos-sibilità, in una zona di piccole proprietà, in cui non esistono aziende agrarie dotate di una vera contabilità, la Commissione di cui qui si pubblica il rapporto, non potè se non raccogliere i pochi dati disponibili su prezzi, produzione, contratti di compra-vendita, salari. I dati raccolti sono rigorosamente conformi al vero e sono tutti dati « locali » ; nè ad alcuna conclusione si addivenne che non fosse dedotta da quei dati o non fosse con-forme all'esperienza nostra di agricoltori pratici. Come relatore, non aggiunsi nulla a quanto era il frutto di ragionamenti e di osservazioni comuni.

Spogliandomi ora di quella qualità di espositore di opinioni radicate tra gente non bene convinta del perchè e del come dell'operazione a cui era chiamata a collaborare, due sole osser-vazioni vorrei aggiungere.

La prima è la traduzione in linguaggio aperto di una opi-nione sommessamente esposta nel ricorso: ed è che le nuove tariffe d'estimo siano statè troppo sommariamente compilate per soffrire critica o discussione. Quelle brevi colonnine di cifre

(1) Gli estimi catastali aggiornati per la provincia di Mantova. Memoria illustrativa dei reclami presentati dalle Commissioni censuarie comunali sulle tariffe d'estimo proposte per i terreni della Provincia di Mantova dai locali uffici catastali, Mantova, Tip. Baruffaldi, 1913.

che tennero meditabonde per un mese tante Commissioni di bravi agricoltori furono — è convinzione di molti — compilate a Roma, in qualche ufficio, alla gran svelta, con procedimenti ultra-sommari. Spogli di contratti di affitto e di compra-vendita, dati ufficiali sulla produzione e sui prezzi ; formazione di indici di movimento tra le due epoche catastali; conclusioni generali intorno al percento di aumento da applicarsi alle varie culture ; applicazione di tali risultati alle singole tariffe sulla base di medie e di interpolazioni. Che cosa sia nato da tale tipo di elaborazione, io non lo so. Probabilmente i ricorsi delle disgra-ziate Commissioni comunali avranno scarso valore, perchè non si può efficacemente criticare cosa di cui il valore è ignoto e forse non conoscibile. Qualunque sia lo zelo dei tecnici della Commissione centrale, ho gran paura che i nuovi estimi peg-gioreranno grandemente la distribuzione dell'imposta che si faceva secondo la legge del 1886. Dico della « distribuzione » e non mi occupo del « provento » dell' imposta, perchè questo è un elemento privo di importanza.

Nell'imposta fondiaria, ciò che importa è la perequazione ad una data fissa degli imponibili. Per trent'anni ed occorrendo anche di più, si possono indifferentemente ricavare 100 o 200 o 300 milioni dall'imposta, purché la base sia perequata ad una certa data. Se gli estimi della legge 1886 erano perequati con un errore, ad ipotesi, del 20°/0, ho l'impressione che gli estirai del decreto 1923 lo saranno,, per il metodo tenuto, con uno scarto del 20 + sc%. Il criterio principe tenuto evidentemente a base della lustrazione furono i canoni di fitto: criterio spicciativo, ma erroneo alia pari di quello dei prezzi di compra-vendita; ambi i quali il legislatore del 1886 a bella posta e con gran ragione aveva del tutto escluso.

Ho detto nella relazione entro quali limiti ed a quale scopo limitato — controllo indiretto dell'esistenza di aumenti di pro-dotto lordo tra un periodo e l'altro, e non mai dell'altezza dei redditi netti nei singoli periodi e per le singole qualità e classi di terreni — possono giovare i dati sui prezzi di compra-ven-dita dei terreni. Forse, con molta cautela, e dopo quella oppor-tuna « ventilazione » su cui tanto si scrisse in occasione della compilazione delle vigenti tariffe, anche i fitti possono servire all'istesso intento. Non esistendo fitti nella mia zona agraria, non ho potuto controllare tale possibilità coll'esperienza perso-nale. Ad ogni modo, tali criteri di controllo non possono mai

essere adoperati in modo principale per la valutazione dei red-diti. Le discussioni parlamentari ed i lavori memorandi compi-lati per dar opera al nuovo Catasto, e che a torto si ignorano, sono istruttivi e perentori al riguardo.

Forse stavolta non leggeremo rapporti particolareggiati in-torno alle singole Provincie ed alle varie zone di ogni Provincia simili a quelli che furono pubblicati e spero continueranno a pubblicarsi intorno alla formazione del Catasto in corso. Eppure solo gli studi particolareggiati per ogni Provincia e per ogni zona agrafia sono persuasivi e possono rendere testimonianza dell'avvenuta perequazione.

La seconda osservazione è questa : forse è stata perduta una ottima occasione per collegare insieme gli estimi fondiari e quelli agrari. Nel testò del ricorso si ragiona partendo dalle dichia-razioni ufficiali fatte dal Governo di aver voluto tassare, con l'imposta sui redditi agrari, il risultato complessivo del capitale scorte e del lavoro di amministrazione, che erano stati esclusi dagli estimi fondiari. Ho dubbi forti che questa sia l'esatta posi-zione del problema ; ma sono dubbi di studioso, non di relatore di Commissione censuaria comunale, la quale ha il dovere di accogliere l'interpretazione che dalle leggi vigenti dànno gli organi competenti. Se le leggi istitutive delle due imposte, fon-diarie ed agrarie, debbono essere interpretate così come ufficial-mente dichiarò il Governo, manifesto era che nella medesima occasione e con riferimento ad una stessa data si dovesse fare il calcolo di P — S + Ra -+- Rd, dove P è il prodotto totale, Ssono le spese non risolventisi in redditi tassabili, R a il reddito agrario e Rd il reddito dominicale fondiario. Altrimenti, se i calcoli di Ra e Rd si fanno da uffici diversi, con metodi differenti ed a date disformi, accadrà sempre che S+ Ra + Rd siano ^ di P; e che solo per singolarissimo accidente ci sia l'uguaglianza. Nel testo del ricorso ho addotto qualche indizio per dimostrare che la somma S + Ra + Rd tende a superare notevolmente P.

Il problema merita di essere trattato a fondo ; ma o si cambia completamente il criterio di tassazione dei redditi agrari e questi si tassano solo in una piccola minoranza di casi ed allora la tassazione' è nociva, sebbene indipendente da quella dei redditi fondiari; o si vuol poggiare, come dichiara ufficialmente il legislatore, e come qui si suppose per dovuto ossequio alla sua parola, la tassazione agraria su detrazioni universalmente ope-rate dal reddito lordo ed in tal caso le due stime debbono

essere contemporanee. Il non averlo fatto ora, accrescerà il disorientamento degli agricoltori ed impedirà che in avvenire si possano coordinare i due tributi, così come fu dal Governo dichiarato dovesse farsi per dare all' imposta sui redditi agrari un assetto definitivo.

L U I G I E I N A U D I .

La Commissione censuaria comunale fu nominata dal Consiglio comunale raddoppiata dai maggiori contribuenti di Dogliani, nella tornata del 17 giugno 1923, il quale chiamò a farne parte i signori: Giachelli Cav. Uff. Geom. Maurizio, Vazzotti Cav. Cesare, Bersia eno-tecnico Giovanni, Einaudi sen. Luigi, Sordo Carlo Giuseppe, Moreni Giovanni Domenico e Vigliecca Cav. Geom. Riccardo.

Radunatasi la Commissione il 13 luglio 1923, nominò con pienezza di voti a proprio Presidente, il Sig. Geom. Cav. Uff. Maurizio Giachelli, chiamando a fungere da Segretario per la compilazione dei verbali e gli altri compiti esecutori, il Sig. Geom. Carlo Taricco; tenne numerose sedute, nelle quali fu discussa la tabella delle tariffe d'esti mo predisposte, ai sensi dell'art. 1 del R. D. 7 gennaio 1923, n. 17, dall'Amministrazione Catastale, in sostituzione di quelle del Catasto in vigore e comunicateci in data 3 luglio 1923; chiese ed ottenne, dalla Sezione Catastale di Cuneo, comunicazione delle tariffe d'estimo dei Comuni componenti la XXIV zona catastale della Provincia di Cuneo e di altri viciniori : Farigliano, Monforte d'Alba, Novello, Clavesana, Belvedere Langbe, Bonvicino, Lequio Tanaro, Murazzano, Bossolasco, Cissone, Roddino e Moncbiero. Dall'esame comparativo delle quali tariffe e dai dati sui prezzi e sui costi di produzione, essa trasse il proprio convincimento, intorno a cui diede incarico di stendere la presente relazione al membro senatore Luigi Einaudi.

Scarsa guida potè ricavare la Commissione dalle circolari ed istru-zioni ricevute. Sostanzialmente, la sola circolare veramente utile ci

pervenne dalla Presidenza della Commissione censuaria provinciale di Cuneo, in data 10 agosto 1923, la quale ci informò di due circostanze essenzialissime :

1° che l'Amministrazione catastale, volendo procedere col metodo di stima il più semplice speditivo, ha fatto grande assegnamento sui prezzi di affitto dei fondi, reali o presunti, intorno al 1914 o pochi anni prima;

2° e cbe i prodotti, i prezzi, le spese inerenti alla produzione sono basate sulla media del decennio 1904-1913 (la circolare scrive 1903 ma evidentemente devesi intendere 1904).

La nostra Commissione per altro non potè trarre alcun giovamento dalla prima delle dette due informazioni; in quanto il sistema

del-l'affitto è completamente sconosciuto nel proprio territorio, dove non si ha ricordo negli anni anteriori al 1014 di fondi concessi altrui, per un canone di affitto in denari o in natura. Forse, sono oggetto di affitto alcuni minuti appezzamenti di prato nel fondo valle di Rea, appezza-menti scorporati da poderi propriamente detti e tali che i canoni per essi stipulati, per la loro eccezionalità, non possono in alcun senso, nè in aumento, nè in diminuzione, essere utilizzati per conoscere il reddito netto dei terreni. Ed è ovvio che nel nostro territorio il sistema dell'affitto non solo non esista, ma non possa esistere; chè esso sarebbe del tutto contrario, data la prevalenza della coltura viticola, all'interesse della produzione ed a quello del proprietario.

Nessun proprietario ama concedere altrui in godimento in cambio di un canone fisso, la vigna, col pericolo di védersela restituire deteriorata; e d'altro canto non si trovano affittuari disposti a pagare quello che potrebbe essere il giusto canone d'affitto, per l'aleatorietà somma insita nella produzione dell'uva. Mancando fitti reali mancano per conse-guenza fitti presunti,.calcolabili ad imitazione di quelli reali. Il concetto del fitto presunto è, nelle nostre zone, assurdo e privo di significato preciso.

Giuocoforza fu perciò attenersi esclusivamente, nell'esame della tariffa predisposta dall'Amministrazione, al secondo criterio: quello dei prezzi, dei prodotti e delle spese inerenti alla produzione della media del decennio 1004-1013. Una prima osservazione si può fare, quasi preliminarmente, a tal riguardo : non risulta, alla semplice ispe-zione della tariffa comunicataci, che l'Amministraispe-zione siasi basata soltanto su criteri di aumenti medi verificatisi tra l'antico dodicennio catastale 1874-1885 e quello che, in base alla istruzione ricordata, ben si può chiamare il nuovo decennio 1904-1013.

La nostra Commissione invero ha voluto istituire un confronto tra le vecchie tariffe vigenti e le nuove, proposte dall'Amministrazione, ottenendo i risultati contenuti nell'unita tabella.

La nostra Commissione non è d'opinione che nell'intervallo tra i due periodi catastali si sia verificato un aumento apprezzabile di produzione, tenendo sovra tutto conto delle malattie imperversanti ed aggravatesi della vite, e tenendo conto altresì che la Giunta tecnica e le Commissioni censuarie incaricate di formare le qualificazioni, le classificazioni ed i classamenti, e di predisporre le tariffe del catasto vigente, lavorarono dal 1890 al 1009, ossia in un'epoca più vicina al nuovo che al vecchio periodo catastale, ed ebbero di fatto sott'occhio più lo stato della produzione o delle colture nel momento in cui lavo-rarono, che in quello a cui dovevano astrattamente riferirsi. Ad ogni modo, la Commissione esclude che se anche un aumento ci fosse stato, esso potesse essere disforme fra le varie classi della medesima coltura, come apparirebbe dalla tabella sopra predisposta. Parrebbe, a leggere la tabella, che la produzione sia cresciuta ora più nella terza, ora più nella

AUMENTO PERCENTUALE QUALITÀ DI COLTURA Citile Tariffa

vecchia Tariffa

nuova di ogni classe medio aritmetico di coltura medio ponderale per ogni qualità di coltura Seminativo 1 2 3 4 80 56 30 20 100 70 50 25 25 25 28,2 25 25,6 15,79 Seminativo arborato . . . 1 2 3 4 00 64 42 21 120 80 60 30 3 3 VS 25 42,8 42,8 33,6 Prato 1 2 3 4 101 78 49 27 130 100 60 35 28,7 28,2 22,4 29,6 27,4 25 Prato arborato 1 2 3 4 107 82 52 28 140 110 70 40 30,8 34,1 34.7 42.8 33,8 Prato irriguo 1 2 3 4 133 100 66 46 180 140 90 60 35,3 40 36.3 30.4 36,2 36,9

Prato arborato irriguo . . . 1 2 136 103 190 150 39,7 45,6 42,2 Pascolo 1 2 10 6,5 13 7 30 7,6 21,2 37,5 Vigneto 1 2

ì

160 118 86 46 240 180 130 70 50 52,5 51,1 52,1 50,1 51,6

Castagneto da frutta . . . Unica 18 25 38,8 Bosco d'alto fusto . . . . » 5,20 7 34,6

Bosco ceduo i 2 3 30 20 9 40 25 12 33,3 25 33,3 30,5 25 Bosco misto 2 1 20 10 25 14 25 40 30 36,3

quarta o nella seconda classe di terreni, senza che si comprenda per quale ragione la produzione abbia prediletto capricciosamente alcune classi invece che certe altre. Nè si può dire che tale diversità sia spie-gabile con le variazioni dei prezzi o delle spese di produzione; che, ove anche variazioni ci siano state, esse evidentemente furono, quanto ai prezzi, variazioni di mercato e quindi uniformi per i prodotti delle varie classi e di una medesima coltura ; e, quanto ai costi, pare chiaro altresì doversi escludere che i costi siano comparativamente' scemati in maniera tanto bizzarra. Tali varianti capricciose si riscontrano persino nei pascoli e nei boschi, dove la produzione è opera quasi naturale ed ove pare incredibile che la natura abbia operato in modo parziale verso talune classi catastali in confronto delle altre.

Giova altresì notare che la nuova tabella grava mediamente la mano più sul seminativo arborato, che su quello semplice, più sul prato arborato che sul prato semplice e più sul prato irriguo (sem-plice ed arborato, quest'ultimo in maggior misura) che sul prato non irriguo.

Ora, nel nostro territorio, arborato vuol dire piantato a gelsi; ed a prescindere dai danni prodotti dalla diaspia pentagono, basta osservare la tendenza a non sostituire sempre le piante vetuste o morte di gelsi, per rimanere persuasi che questa coltura non presenta per lo meno attrattive particolari si che essa sia dagli interessati reputata più redditizia delle altre ; sicché appare del tutto ingiustificato il maggior aumento proposto per tali qualità di coltura.

Quantò ai terreni irrigui, i quali, nella propria coltura, subirebbero i massimi aumenti, giova notare come la qualifica di « irrigui » sia più il frutto di una commovente aspirazione, che di una effettiva realtà; chè nelle annate di siccità quei terreni rimangono perennemente sitibondi al pari degli altri; e le scarse derivazioni dalla Rea giovano soltanto nelle annate che sono dispensiere di pioggia a tutti. Pertanto anche qui l'aumento proposto appare più derivato da una equiparazione astratta ad altri territori, dove esistono sul serio opere permanenti ed efficaci di irrigazioni, che non dallo studio attento della realtà.

La nostra Commissione non ha saputo dunque sottrarsi all'impres-sione che essa espone con tutto l'ossequio dovuto all'Amministrazione centrale del catasto: che gli aumenti percentuali proposti siano, in generale, non il frutto della osservazione locale difatti realmente verificatasi, ma:

1° di presunzioni genericamente instaurate intorno ad aumenti di produzioni e di prezzi, che si sarebbero dovuti verificare nell' intervallo tra i due periodi catastali;

2° di arrotondamenti delle cifre intorno ai n. 5 e 0. Le vecchie tariffe, frutto di calcoli lunghi e pazienti, non disdegnavano le cifre intermedie, e talvolta, quando l'equità lo consigliava, discendevano alle frazioni di lira. Le nuove procedono a salti di cinquine e di decine.

Il che sarebbe ragionevole, ove le tariffe si riferissero ai redditi attuali, del 1923, quando la lira è svilita e tutti hanno preso l'abitudine di proceder^nei conteggi a gran passi; ma non è affatto ragionevole, se si ritorni colla mente allo stato di cose anteriore al 1914, quando i conti erano tirati al centesimo ed anche il mezzo soldo aveva importanza. Dagli arrotondamenti operati alla bersagliere è proceduta la rottura di quell'equilibrio tra classe e classe che le vigenti tariffe si erano studiate di istituire con gran cura ed il quale aveva tollerabilmente soddisfatto il senso di equità dei contribuenti.

Quelli che furono esposti sinora sarebbero indizi di una certa illogicità (la quale per sè stessa equivale ad arbitrarietà e quindi a mancanza di fondamento) negli aumenti percentuali di tariffa proposti dall'Amministrazione. Ma, avendo voluto per proprio conto indagare se c'era qualche fondamento intrinseco ad una proposta d'aumento della tariffa, la Commissione non è riuscita, pur colla migliore buona volontà, a persuadersene. Fanno in vero difetto dati di confronto esaurienti fra i due periodi catastali; ma quel poco cbe si è potuto constatare non suffraga la tesi di aumenti, e tanto cospicui come quelli risultanti dal confronto sopra esposto. La Commissione ba invero dovuto sgombrare la mente dalle impressioni recenti di aumenti note-voli di prezzo, privi d'importanza, perchè espressi in lire svalutate; e risalendo allo stato di cose anteriore al 1914, e cioè ai prezzi ed ai costi calcolati in lire-oro, depurati, come vuole la legge del 1886, dal disaggio della carta, non sa trovare le ragioni dell'aumento.

Cominciando dal vigneto, coltura principale del territorio doglianese, non consta, come sopra si disse, che la produzione sia cresciuta. Gli ettari di terreno coltivati 'a vite, secondo il catasto vigente, montano a 1398,73 su una superficie produttiva di 3395,84. Orbene, nei sette anni per cui si conservano notizie negli archivi locali, furono recati sul mercato i seguenti quantitativi di uve:

1907 quintali 22.300 1908 » 10.000 1909 » 14.900 191 0 » 6.400 191 1 11.100 191 2 14.000 191 3 » 20.000

Media annua quintali 14.200

La quantità media di uva portata sul mercato di Dogliani risulta nel settennio considerato, di 10 quintali per ettaro. Ove si pensi che dal territorio di Dogliani non si usa portare uva su altri mercati in