• Non ci sono risultati.

S. — Per la famigliarità che decenni di pratica mi hanno

data cogli istituti di credito e per le osservazioni fatte in una recente dimora negli S. U. N. A., ravviso non ozioso qualche rilievo specifico sui quesiti 7°, 8° e 9°.

Gli italiani non debbono persistere nell'errore di vedute unilateralmente egoistiche, incuranti o non sufficientemente riguardose dei sentimenti e benanco dei pregiudizi nazionalistici che gli altri Paesi hanno, così come li abbiamo noi

Ciò posto e ribadito, appare a noi ovvio che l'acquislo (sia pure in via commerciale) di estese terre da parte dell' Italia, l'occupazione loro da lavoratori italiani (in nuclei numerosi, chè diversamente l'operazione non avrebbe ragion d'essere) sono pericolosi e, in linea generale, sconsigliabili, perchè risvegliereb-bero le diffidenze e ci alienerebrisvegliereb-bero le simpatie di Governi e di genti ignari delle nostre vere intenzioni e soggetti a quegli errori di ottica cerebrale che anche a noi, purtroppo, non sono sconosciuti

Le grandi banche londinesi, le più potenti e le più avvedute del mondo, non hanno agli Stati Uniti nessuna agenzia o filiale propria ; compiono colà transazioni colossali per il tramite delle banche americane, le quali naturalmente ci guadagnano su, ma anche per ciò e per non vedersi ai fianchi concorrenti mo-lesti, sono delle banche inglesi alleati fidi e forti e utilissimi all'occorrenza.

L'Italia invece, con transazioni le quali non uguagliano la decima parte di quelle inglesi, ha istituito nella sola New York mezza dozzina di agenzie bancarie di varia importanza, ma che

praticamente colà sono e non possono non essere che stelle di quarta grandezza ed anche meno.

Ciò, — mi osservava con ragione un italiano, commer-ciante avveduto, colà stabilito da lunghi anni e sempre fervido patriota, — è un errore increscioso e grave. Noi non possiamo attenderci di meglio dall'alta finanza americana, che una fredda e punto amichevole correttezza verso le invadenze nostre, anche se dettate a noi da aspirazioni intrinsecamente plausibili e ragio-nevolmente modeste.

0 io m'inganno a partito o gl'italiani dell'oggi, discendenti da quei mercanti che secoli addietro crearono ed estesero le prime banche in Europa, smarriscono troppo spesso la nozione elementare di quello che una banca è e deve essere e vi ravvi-sano invece come un vaso taumaturgico in cui si rinnovi il mistero della conversione dell'acqua in vino o la moltiplicazione dei pani e dei pesci

Solo così si possono spiegare le banche dei reduci, di ogni ramo possibile della cooperazione, la banca forestale, ecc., ecc., che lussureggiano (sulla carta) fra noi e che praticamente si dimostrano sterili o quasi.

Banche sono per definizione gli enti che esercitano la fun-zione del credito. Il credito consiste nel raccogliere i risparmi e neh'investirli in modo al tempo stesso fruttuoso e sicuro; il credito è come un vaso intercomunicante che devolve i capitali in cerca d'investimento e di rimunerazione a coloro che per le loro attività economiche non hanno capitali propri bastevoli e ricercano quindi i capitali accumulati da altre persone.

Ed allora, quali capitali potranno verosimilmente raccogliere e gerire agli Stati Uniti le banche italiane, all' infuori dei risparmi di quei nostri connazionali ?

E tante banche e banchette italiane non sono per tale scopo manifestamente sovrabbondanti ?

11 Banco di Napoli, dichiariamolo senza orgoglio, in tanto ha ragione di operare agli Stati Uniti in quanto costituisce una

insegna, nota alla massa dei nostri ignoranti fratelli del Mezzodì,

i quali, diversamente, per il basso livello della loro cultura, cadrebbero (come avveniva spesso in passato) vittime dei loro disonesti banchisti, loro conterranei e sfruttatori (1).

(1) Fra il 1880-1890 una banca new-yorkese con una fittissima rete di corri-spondenti in tutta 1' Unione, si faceva ogni mese mandare dal Banco di mio Padre,

Invece, un Italiano modernamente colto il quale agli Stati Uniti lavori, produca, risparmi o abbisogni di credito, avrà il più spesso vantaggio a valersi delle banche indigene, le quali sono in grado di procurargli appoggi, relazioni, ecc., assai più fruttuose che non le filiali americane delle maggiori banche italiane della Madre-patria.

Così pure non riusciamo a comprendere che cosa potrebbe essere e fare « la Banca italiana dell'emigrazione » di cui al n. 9 del Questionario.

Per raccogliere e mettere al sicuro i sudati peculi dei nostri emigranti degli ultimi scalini sociali, basta il Banco di Napoli, fornito magari di maggiore agilità e di più decorosi contorni. 0 la Banca dell'emigrazione dovrebbe invece negli S. U. im-prestare agli italiani di là, bisognosi di credito, i risparmi ver-sati ad essa dagli altri italiani pure di là e risorgerebbero, con tanto maggior ragione, le obbiezioni che il mio amico formulava alle filiali nord-americane dei nostri maggiori Istituti.

0 si proporrebbe di raccogliere e incanalare a speciale bene-ficio dei produttori italiani d'oltre mare risparmi di indigeni, e allora saremmo vittime della più infantile illusione e presunzione. È virile, è onesto, e perciò è anche in ultima analisi, utile il riconoscere e dire la verità.

La Banca Italiana di Sconto aveva a New York, sotto veste americana, una sua propria creazione, destinata in fatto esclu-sivamente ad allettare con lauti interessi i risparmi degli emi-grati italiani e a trasmetterli alla Sede Centrale di Roma.

E ciò riuscì a fare, mi fu detto, nella misura di circa 300 mi-lioni di lire, i quali andarono coinvolti nel dissesto della Disconto.

Tale modo d'operare, che nei riguardi dei dirigenti della Disconto giustifica il giudizio più severo, che risultati ha dati all'Italia?

Il Ministero Bonorai saggiamente fece la sola cosa che far si poteva e si doveva per non compromettere irrimediabilmente

più diecine di migliaia di lire in biglietti italiani, in tagli non superiori alle L. 100. Richiesi un di al banchiere americano se non avrebbe potuto accettare anche tagli di L. 500, rendendo cosi assai meno incomodi quegli invii e ne ebbi questa carat-teristica risposta : « I vostri biglietti son ricercati dai vostri emigrati come forma di tesoreggiamento e per rimesse alle famiglie loro in Italia. Ora essi, non fami-gliari coi biglietti grossi, ne diffidano; se poi li mandassero a casa, le rispettive mogli, ecc., incontrerebbero difficolta a scambiarli e rivelerebbero il segreto ammon-tare dei loro peculi ».

la reputazione e il credito italiani fra le nostre Colonie ed il pubblico, in generale, negli Stati Uniti; provvide cioè (e non certo senza sacrificio dell'Erario) perchè i depositanti di quella tale filiale new-yorkese fossero rimborsati col cento per cento.

Ma c'illudiamo noi che la realtà dei fatti sia rimasta ignota ai finanzieri americani e ai loro giornali, i quali in tutto e su tutti esercitano una pubblicità parossistica?

E che giudizio avranno necessariamente, giustamente proffe-rito i finanzieri americani? Che l'Italia (cioè il suo Governo), s'era dimostrato bensì corretto ma anche punto accorto, posto che lasciò che si rompessero cocci di cui poi esso pagò le spese... E la cecità, per quanto bonaria e virtuosa, non ha mai valso a procurare credito e prestigio nè a privati, nè a Governi, tanto

più agli occhi di finanzieri!

E neppure noi, contribuenti italiani, abbiamo avuto di che rallegrarci per essere toccati e scorno ai nostro Paese e mag-gióri oneri a noi.

Concludendo, anche in questo tema delle banche e dei risparmi italiani, tuteliamo sì gli impotenti e gli ignari col Banco di Na-poli, ma lasciamo nel resto che la' vita economica si svolga, senza ingerenze nè paternalismi della Metropoli, in paesi dove (parlo degli S. U.) abbiamo assai più da imparare che da insegnare.

Dott. A L B E R T O G E I S S E R Presidente della Cassa di Risparmio di Torino.

I L F A L L I M E N T O F I S C A L E

I.