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La riforma sociale. Rivista critica di economia e di finanza A.30 (1923) Vol. 34

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(1)

'- ' 1 ' ! . I

RIVISTA CRITICA DI ECONOMIA E DI FINANZA

F o n d a t a noi 1894

K 3 E *

TERZA SERIE

C O M I T A T O D I R E T T I V O LUIGI EINAUDI, Direttore

ALBERTO GEISSER - GIUSEPPE PRATO - P. JANNACCONE Segretario di Redattone: FRANCESCO ANTONIO REPACI ftrt' " ' ' • i '1--,'..

35-Articoli e Questioni dei giorno: p««in» NOTE SU L'EMIGRAZIONE ITALIANA Dott. ALBERTO GEISSER 1

IL FALLIMENTO r SCALE Dutt. G JIDO BOSSI 20

I SERVIZI POSTALI A TRIESTE NELL'ANTE GUERRA ED OGGI Datt. LODOVICO ORAZIANI 42 IL SERVIZIO SOCIALE NELLE FABBRICHE PER IL BENESSERE

DELLE MAESTRANZE A. CORREOOIARI 50 PER LA STORIA ECONOMICA E SOCIALE DELLA GUERRA MONDIALE 72 Cronache é "Rassegne (Il movimento Libero-Scambista: E. G. —

I fondamenti scientifici della riforma economica : A . ORAZIANI) . 7 8

Appunti Bibliografici 90

'

Direzione ed Amministrazione de

" LA RIFORMA SOCIALE"

(2)

P u b b l i c a t o n e W. 1. FRANCESCO ANTONIO REPACI

IL LIVELLO DEL PROTEZIONISMO IN ITALIA

PARTK I. - LA NUOVA TARIFFA DOGANALE

PARTE li. - LA VOCE DELLE INDUSTRIE DANNEGGIATE

con Prefazione di GIUSEPPE PRATO

Un volumetto di pag. 84: Prezzo L. 4.

Continuano ad arrivare numerosissime riciiieste del fascicolo 11-12 novembre-dicembre 1922. L'Amministrazione de La Riforma Sociale avverte che curerà di soddisfare, nei limiti del possibile, dette richieste; ma l'unico mezzo per assicurarsi in modo assoluto i fascicoli è quello di a b b o n a r s i .

L'Amministrazione de La Riforma Sociale avverte ancora che, a cura del * Gruppo Libero-Scambista », si è proceduto ad una ristampa delio studio di F. A. REPACI :

I L L I V E L L O D E L P R O T E Z I O N I S M O IN I T A L I A

corredato da una Prefazione di GIUSEPPE PRATO, dallo schema di

Statuto del « Gruppo Libero-Scambista » e da un indice analitico. Il volumetto può acquistarsi inviando L. 4 all'Amministrazione de La Riforma Sociale, piazza Statuto, 16 - Torino (9).

GRUPPO LIBERO-SCAMBISTA ITALIANO

Per le adesioni al Gruppo Libero-Scambista Italiano rivolgersi alla Sede de

LA RIFORMA SOCIALE

16, Piazza Statuto - TORINO (9) - Piazza Statuto, 16

Quota di adesione L. 10 annue con impegno triennale.

(3)
(4)
(5)

R I F O R M A S O C I A L E

ANNO XXX - VOLUME XXXIV

(6)
(7)

LA RIFORMA SOCIALE

RIVISTA CRITICA DI ECONOMIA E DI FINANZA

R o n d a t a n e l 1 8 9 4

S 3 E >

C O M I T A T O D I R E T T I V O :

LUIGI EINAUDI, Direttore

ALBERTO GEISSER - GIUSEPPE PRATO - P. JANNACCONE

Segretario di Itedasione : FRANCESCO ANTONIO REPACI

(8)
(9)

I N D I C E P E R M A T E R I E E P E R A U T O R I

dell'annata 1923

Anno X X X — Voi. X X X I V (Terza Serie)

ARTICOLI E QUESTIONI DEL GIORNO

Milla Michelangelo — La libertà è fine, è tutto Pag- 481 Borguttu Gino — Vilfredo Pareto » 385 C'arano-DonTito Giovanni — Cooperativismo agricolo e terre incolte

in Capitanata > 346 — La riforma delle pensioni » 468 Coniltnto (II) del Gruppo libero-scambista — Programma d'azione del

Gruppo libero-scambista italiano » 196 — Per la riduzione delle Tariffe doganali (Lettera aperta ai Senatori

e Deputati) » 225 Correggiari A. — Il servizio sociale nelle fubbriche per il benessere delle

maestranze > 59 Desnntis Michele — Il dazio di importazione sul riso in Italia . . . » 285

Einaudi Luigi — La revisione degli estimi catastali > 4 9 1 Garino-Canlna Attilio — Le « Industrie Chiavi > e l'elisione dell'onere

della protezione nelle produzioni derivate > 332 Geigser Alberto — Mote su l'emigrazione italiana > 1

— Giornali, cartiere e prezzi politici durante la guerra e dopo . . > 201 Oraziani Lodovico — I servizi postali a Trieste nell'anteguerra ed oggi > 42 Ferri t'. E. e Rocca (3. — Conversando con Vilfredo Pareto . . . > 404 Insolera Filadelfo — Linee di una nuova politica delle Assicurazioni

sociali > 4 1 9 Jannnccone Pasquale — Mote critiche di statistica economica sulla

misura delle variazioni dei prezzi > 241 Landinl Adolfo — Le banche popolari cooperative e la riforma del

codice di commercio > 3 2 1 Loria Achille — « Marshall > sulla circolazione > 234

Michels Roberto — Di alcune critiche mosse all'impiego dell'oro come

base delia circolazione e di alcuni progetti per la sua sostituzione > 308 Porri Vincenzo — Complicazioni non necessarie nel problema delle

riparazioni > 266 F0ND'Z!?''f

L. Eli:.'-! ' I BHILIOTECA

(10)

Possenti G. — Le entrate minori o le briciole del bilancio . . . . Pag. 275 Prato Giuseppe — Come scriveva Adamo Smith » 305

— Tirando le somme: La nostra inchiesta 97 Rèpaci F . A. — Ancora sulla questione doganale:

P A R T E 1. - Critiche protezionistiche > 1 3 0

PARTK II. - Protezionismo e Servizi pubblici > 155

P A R T E I I I . - La voce delie industrie danneggiate 1 0 5

Associazione Piccole Ferriere Italiane > 1 6 9

Rag. Camillo Oggioni 170 Associazione Italiana Negozianti Pianoforti > 171

Società Anonima Abrasivi > 175

Dott. Gianni De Tornasi > 1 7 7

Luigi Piccinini 178 Vittorio Franchini > >

Ing. U. Arisi & 179 Officine Automobilistiche Baj > >

Una Ditta importatrice di materiulo Bosch > 1 8 0

Giuseppe Benedetto > 1 8 2 Dario Ponsero > 1 8 3 Rag. Giorgio Davanzati > 185

« L'organizzazione Commerciale > 1 8 7

Ditta Ercole Erfini 189 Ing. R. Falco » 190

F. Wieder » 192 Società Anonima Angelo Vitale > 19t — La situazione finanziaria e la pressione tributaria nei grandi

Comuni italiani nel 1922 e nel 1923 > 5 1 4 (R. F . A.) — Per la Storia Economica e Sociale della guerra mondiale > 72

Rodanb Carlo — Le combinazioni « verticali > nell' industria . . . > 560 Rontlni Augnato — Risanamento finanziario dello ferrovie italiano > 442

(11)

CRONACHE E RASSEGNE

RASSEGNE BIBLIOGRAFICHE.

Abello Luigi — Trattato della locazione (F. A. R.) Pag. 377 Annoaire International de Statlstlque Agricole, 1 9 2 2 ( F . A . RECACI) > 4 7 3

Aasau Georges G. — La question du contròie ouvrier en Italie, avec

un a porca dans leu autres pays (F. A. R.) 363 Baldy E. — Lea banques d'affai res en Franco depuis 1900 (V. P.) . » 218

Bignami P . — Navigazione interna nella Valle Padana. Relazione . . > 9 3 Bernardino Anselmo — Saggio di una bibliografia economico-finanziaria

della guerra e del dopo guerra ( 1 9 1 5 - 1 9 2 1 ) ( F . A . RECACI) . . > 3 7 8

Ilryce James — Modem Democrncios (V. P.) > 372 Ilnlkley M. E. — Bibliogruphical Survey of contemporary Sources for

the Economie and Social History of the War (V. P.) . . . . > 379 Bureau International du Trovali — Bibliographie des questione

ouvrières et sociales dune la Russie des Soviets. — Émigration

et immigration: Législation et traités (F. A. RECACI) . . . . > 375

Carli Filippo — Dopo il nazionalismo v > 94

Castel Gustav — La Monnoie et le Change après 1 9 1 4 ( F . A . RECACI) > 5 8 4

— The Worlds Monetary Problema (V. P.) 370 Cavaglieri Arrigo — Lo stato di necessità sul diritto internazionale

(F. A. R . ) 95

Celtus — La Franco à Gènes (G. B.) 475 Chessa Federico — Teoria della merce (G. B.) > 90

Childe V. G. — How Lakour Governs : a study of worker's

represen-tation in Australia (A. G.) > 588 Ciasca Raffaele — 11 problema della terra (V. P.) > 298 Clupham J . H. — The Economie Developmont of France and Germnny :

1815-1914 (V. P.) » 365 Cognetti de Martiis It. — L'anima di un Codice > 378 Colonial Tarlff Policies — By the United States Tariffa Commission (V. P.) > 366 Dlckinson Zeuas Clark — Economie molives (A. GAHIKO-CAMKA) . . > 224

Diesen Emil — Exchange Ratea of the World (F. A. R.) > 366 Economie Section of the Brltish Associatiou; British Labour :

Itepla-cement and Conciliation 1914-1921 (G. 13.) 472 Fay C. R . — Life and Labour in the Nineteenth Century (V. P.) . . > 375

Fetter F . A. — Modem Economie Problema (V. P.) 365 Fiaux Louis — Yves Guyot (GINO BORUATTA) » 90

Fisck Harvey E . — French Public Finance in the Grent War and today

( F . A . RECACI) 3 7 0

Flsher Lettice U. A. — Getting and Spending (V. P.) 93 Fonti per la storia delle corporazioni artigiane del Comune di Firenze.

— Statuti dell'arte del medici e speziali (trascritti da Raffaele

(12)

Fracehia Francesco — Appunti per la storia politica ed amministrativa

di Dogliani (raccolti ed ordinati da Luigi Einaudi) (G. PRATO) . Pag. 220

Friedman Elisila M. - International Financo and its Reorganisation (V. P.) » 369 G. E. — Il movimento liberoscambista (Il gruppo liberoscambista

L'inchiesta del dott. R'jpaci I tecnici navali e il protezionismo

-11 dazio sulle farine - li dazio sullo zucchero - Sarà vero?) . . » 78 — Il movimento libero-scambista (L'inchiesta sulla guerra - Come si

manipolano le tariffe doganali - L'azione del gruppo libero-scambista - 11 decreto per la costruzione delle navi mercantili - Abolizione di dazi sui concimi 11 trattato di commercio italosvizzero -L'esoso protezionismo degli zuccherieri - Protezionismo nazionale

o provinciale » 212 Gibson A. II. — British Financo during and after war 1914-1921

( F . A . RECACI) » 5 8 3

Grnzluui Augusto — I fondamenti scientitlci della riforma economica. » 80 Griintzcl Josef — 1. Allgemoine Yolkswirtschaftlelirc 11. Agrarpolitik

-III. Industriepolitik (V. P.) » 95 Insolera F. — Corso di matematica finanziaria (B. C. E.) » 221 Jenkinsou Hilary — A Manna 1 of Archive Administration (V. P.) . . » 379 Klein Julius — The Mesta: a study in Spanish economie History

(1273-1836) (V. P.) 297 Lavington F . - Tlio trading cycle (G. B.) 473

Lengue (the) of Xations Starts (V. P.) » 372 Leroy-Beaulien Paul — L'art de piacer et gérer sa fortune ( F . A . RECACI) » 2 9 6

Levaiuville F . — L'industrie du fer en France (V. P.) » 377 Livi Livio — Gli ebrei alla luce della statistica. Evoluzione demografica,

economica e sociale (V. P.) » 373 Lolini Ettore — Pugine liberiste » 94 Maurette F. — Les grands murchés des matières preinières (V. P.) . » 377 Michela Roberto — Le coionio italiane in Svizzera durante la guerra

(F. A. R.) . .

Mortara Giorgio — Prospettive economiche pel 1 9 2 3 ( F . A . RECACI) . » 2 1 9

— Sulle variazioni dei salari nell'industria italiana dal 1913 al 1922

( F . A . RECACI) » 4 7 5

Nitti Francesco — Scienza delle finanze ( F . A . RECACI) 3 6 7

Papi Giuseppe Ugo — Prestiti esteri e commercio internazionale in

regime di carta moneta ( F . A . RECACI) » 4 7 2

Picard Alfred — Les chemins de fer ( F . A . RECACI) 2 9 6

Pigoli A. C. — The Economics of Welfare (V. P.) » 216 Pollock Federico — Storia della scienza politica ( F . A . RECACI) . . » 5 8 7

Proudhou P . G. — Sistèmes des Contradictions économiques ou

Philo-sophie do la misere ( F . A . RECACI) 5 8 4

Renard G. e G. Wculersse — Le travail dans l'Europe moderne (V. P.) » 92 Revere Giulio — L'insegnamento popolare e professionale in Italia . • 94 Rivet Henri — Étude de la loi portant tixation definitive de la législation

sur les loyers ( F . A . RECACI) » 9 1

(13)

Saint Léon Et. Martin — Histoire des corporations des métiers, depuis leur origines jusqu'à leur suppression en 1791. - Étude sur l'évo-lution de l'idée corporative de 1791 à nos jours et sur le

mou-veraent syndical contemporain (F. A . RECACI) Pag. 5 8 7

Sehati Albert — L'entreprise goiiverneinentale et son udministration

(GINO BOROATTA) 9 5

Secrist Horace — An Introduction to Statistical Methods. Readings and

Problems in Statistical Methods (V. P.) » 22* Seeley J. B. — The Growth of British Policy (V. P.) » 92 Seligman E. K. A. — Currency Inflation and Public Debt (V. P.) . > 585

— Essais in Taxation (V. P.)

— The Shifting and Incidence of Taxation (V. P.) > » Simona»! Luigi — Il cambio e le sue leggi ( F . A. RECACI) . . . . > 9 1

Société des Nations — Conférencè flnancière de Bruxelles 1920. Les

recommandations et leur applications. Examen après deux ans (V. P.) > 294

— Conférence international du Travail (F. A. RECACI) 3 7 4

Solano E . I . , ece. — Labour as an international problem (V. P.) . . > 376

Stocks M. D. — The Industriai State (V. P.) 93 StrObel Heinrich — Socialisation in Theory nnd Pratice (G. B.) . . > 300

Taylor E. G. R. — The Business Man's geography (F. A. RECACI) . > 586

The British, Foreign and Colonial Corporation Ltd — The 100 Best

Investments > 95 Thomson Walter J . Company — Population of the United States and

its distribution ( F . A . RECACI) . . . . ' . » 3 7 4

Tommasina Cesare — Corso di estimo civile, industriale e rurale

. ( F . A . RECACI) 2 9 5

Totomlanc V. Th. — Histoire des doctrines économiques et sociales

( F . A . RECACI) 5 8 6

— Storia delle dottrine economiche e sociali > > Turner Roscoe John — The ricardian rent theory in early american

economics (GINO BORGATTA) > 2 1 7

Usher l'aysou Ahbot — An Introduction to the Industriai History of

England (V. P.) 93 Viale Gaetano — Scienza e lavoro > 94

Westergaard Harald — Economie Development in Denmark before and

during the World War (V. P.) > 2 9 6 Worms René — La Sociologie, sa nature, son contenu, ses attachés

(RORBRTO MICHELS) > 2 9 9

Zattlnl Giuseppe — La produzione delle olive e dell'olio in Italia in

base alla statistica del dodicennio 1909-1920 > 92

(14)

APPUNTI BIBLIOGRAFICI.

(15)

AVVISO Al SIGNORI ABBONATI

A tutti gli Abbonati d e l l 'a n n o 1922, in regola con i

gamenti, è stato inviato, in plico raccomandato, il supplemento

L'ITALIA ECONOMICA N E L 1921

del Prof. RICCARDO BACHI

Chi non avesse ricevuto détto Annuario è pregato di darne-mediatamente avviso all'Amministrazione de La R i f o r m a

ciale, piazza Statuto, 16 - Torino (9).

SI FA VIVA PREGHIERA

signori Abbonati, che non avessero ancora inviato la loro

ta d'abbonamento, di volerla inviare al più presto aU'Ammi-trazionè de

LA R I F O R M A SOCIALE

16, Piazza Statuto - TORINO (9) - Piazza Statuto, 16

(16)

relative alle casse di risparmio ordinarie. Dalle statistiche sulle banche popo-lari apprendiamo soltanto che la loro clientela è in gran prevalenza, formata di piccoli imprenditori, anziché di operai. Quelle sulle casse postali indiean» tutt'al più uua forte tendenza al risparmio nelle classi agricole, espressa nelle grosse cifre d'affari di molti uffici minori. Ma tuito ciò rimane assai vago e poco concludente.

Neppure all'estero i rilievi ufficiali offrono dati precisi alla specialissima ricerca. Nel paese classico del risparmio, in Francia, risulta unicamente la assoluta prevalenza delle attitudini previdenti presso le postazioni rurali pic-cole proprietarie, all'importanza numerica delle quali si attribuisce il primato raggiunto in tal campo da quel popolo (1). Per il Belgio, dove esistono re-centi classificazioni dei depositanti presso talune casse secondo le loro occu-pazioni, si nota un più attivo concorso del ceto operaio propriamente detto; ma trattasi di cifre limitatissime, nello spazio e nel tempo (2).

Deplorando la lacuna che presentano su questo oggetto le statistiche di tutti gli stati, il * Board of trade » britannico calcolava, nel 1904, su dati che esso stesso dichiarava imperfettamente raccolti e male comparabili, che la percentuale degli appartenenti alle classi lavoratrici, rispetto al totale dei depositanti negli istituti collettori, era del 55 % in Francia, del 53 nel Belgio, del 53 nel Baden, del 48 nell'Alsazia Lorena, del 64 nel Regno U n i t o ; m a che di costoro gli operai industriali costituivano soltanto il 15,73 in Francia, il 18,49 nel Belgio, il 20,39 in Inghilterra (3).

D'altronde i semplici confronti del risparmio monetario significano poco, essendo ben noto che le classi agricole tendono a convertire immediatamente ogni somma di cui dispongano in acquisto di terre o di animali, costruzioni, bonifiche, ecc. (4); mentre la previdenza degli operai cittadini assume spesso figura di assicurazione mutualistica.

Elementi comparativi meno incerti possono quindi di preferenza desumersi da un esame del tener di vita e della spesa media che. in rapporto ai

glia-ruoli della incoine tax inglese dall'Jreson, e riprodotta in Pinoti, Wealih and

welfare, p. 27.

(1) Cfr. J . L E S C U R E , L'épargne en France, Parigi, 1914, p. 35 e sgg.

(2) Cfr. B. S E E B O I I M R O W N T H E E , Comment diminuer la misere (trad. fr.), Parigi^

1910, p. 472 c sgg.

(3) Cfr. Second serics of memoranda, statistical tables and diarie prcpared in the

Board of trade with reference to various matters hearing on british and foreign trade and industriai conditions, Londra, 1904, p. 190 e sgg.

(1) Il forte incremento di risparmio apparente che si osserva durante la pre-sente guerra in taluni paesi deve puro riferirsi in buona parte alla cessazione quasi completa di queste forme di investimento, che facevau certamente sotto-valutare il risparmio normale di pace. Cfr. ,1. B O U I I D O N , L'accroisscment de Vi-pargne franfaise pendant la guerre, iu n Revue d'economie politiquc *,

(17)

NOTE SU L'EMIGRAZIONE ITALIANA

Risposta ad un questionario dell'Opera Bonomelli

La Rivista mensile Opera Bonomelli, organo dell'istituzione omonima, ha, sul finire dello scorso ottobre, iniziato « una inchiesta fra parlamentari, grandi associazioni nazionali, enti direttivi di partiti o di tutela, professori, studiosi, ecc., intorno alla presente crisi dell'emigrazione italiana, ed alla politica di emigrazione che in questo diffìcile momento si ritenga più con-veniente per la nostra economia nazionale e più conforme agli interessi delle nostre classi lavoratrici ».

Amico della prima ora dell'Opera Bonomelli, ho di buon grado mandato entro il novembre, com'era richiesto, la mia risposta, che però, per l'ampiezza sua, non potrà forse venire integralmente accolta nella Rivista dell'Opera stessa.

Laonde la ristampo qui, sulle pagine della nostra Riforma

Sociale, dove tante volte indarno, per il passato, abbiamo, i miei

amici ed io, documentato le manchevolezze del Governo Italiano nell'ultimo ventennio, ed auspicato per la cosa pubblica l'opera di quegli elementi modesti, silenziosi, ma fattivi e competenti, che i degeneri Governi parlamentari — vere selezioni a rovescio su larga scala — erano progressivamente andati non solo tras-curando, ma nella loro petulante e tronfia ignoranza escludendo sistematicamente.

Riportiamo anzitutto il questionario dell'Opera Bonomelli:

1° Quale crede V. S. sia il valore e la p o r t a t a del f e n o m e n o dell'emi-grazione n e l l ' a t t u a l e fase della vita nazionale, sotto l ' a s p e t t o politico, eco-nomico, sociale, m o r a l e ; e c o n s e g u e n t e m e n t e crede che nel m o m e n t o a t t u a l e l'emigrazione si d e b b a reprimere, i n c o r a g g i a r e , r e g o l a r e ?

2° Quale t e n d e n z a pare a V. S. consigliabile per la politica dell'emi-grazione in Italia : a) libertà a s s o l u t a di emidell'emi-grazione ; b) libertà r e g o l a t a — emigrazione a v v i a t a ed i n c a n a l a t a ; c) politica di valorizzazione dell'emigra-zione (collocamento dell'emigradell'emigra-zione controllato dallo S t a t o ) ?

3° P e n s a V. S. che le leggi e le disposizioni che regolano l'emigrazione in Italia siano suscettibili di modificazioni? Q u a l i ?

4° Che h a V. S. d a osservare i n t o r n o al f u n z i o n a m e n t o degli organi, di cui si vale la politica italiana dell'emigrazione, e p r e c i s a m e n t e : a) r a p p r e s e n t a n z e

(18)

consolari e diplomatiche ; b) Commissariato dell' Emigrazione e suoi organi in patria ed all'estero ; c) organizzazioni sindacali ; d) opere di assistenza ?

5° Ritiene V. S. opportuno di associare capitale italiano e capitale straniero per sviluppare iniziative all'estero, al fine di occupare la nostra esuberante mano d'opera? Ritiene ciò possibile nelle attuali condizioni?

6° Ritiene V. S. consigliabile inquadrare la nostra emigrazione operaia con capi tecnici e dirigenti italiani?

7° Ritiene V. S. da incoraggiarsi una emigrazione intellettuale italiana (professionisti, artisti, ecc.)? In che modo?

8° Ritiene V. S. conforme all'interesse nazionale che lo Stato stesso acquisti terreni ed assuma dirette iniziative all'estero, allo scopo di indiriz-zarvi una parte della massa emigratrice, con tecnici italiani?

9° Ritiene V. S. effettuabile nel momento attuale una banca italiana dell'emigrazione ?

10° Verso quali paesi vorrebbe V. S. fosse preferibilmente incoraggiata la nostra emigrazione ?

11° Come ottenere un maggior interessamento della classe dirigente italiana (politica-finanziaria-industriale) ai problemi dell'emigrazione ?

12° Quali ritiene V. S. i mezzi più idonei per tener vivo negli emigranti il culto della Patria, della Famiglia, della Fede avita?

13° Che cosa pensa V. S. circa la possibilità e l'opportunità di una rap-presentanza diretta della collettività italiana residente all'estero ?

14° Intende V. S. partecipare, anche con studi, relazioni, proposte, alla vita della nostra Istituzione, a convegni parlamentari e fra studiosi, che la Bonomelli intenderebbe promuovere?

15° Nel Collegio che V. S. rappresenta (o nella Regione da cui proviene) v'è emigrazione notevole? Diretta essenzialmente dove? Cosa proporrebbe alla Bonomelli di fare nell' interesse di tali emigranti, sia in Patria che all'estero ?

Ed ecco ora la risposta alla Rivista dell'Opera Bonomelli: Il questionario opportunamente diramato, sul finire dello scorso ottobre, dalla Presidenza dell'Opera Bonomelli, classifica e separatamente enumera i molti problemi dell'emigrazione nostra. Questi sono come radici e rami d'un tronco, il quale a sua volta s'immedesima con tutta la compagine, con l'intero orga-nismo della Nazione.

La partizione d'un problema unico, complesso e vario, nelle categorie mentali del questionario, risponde plausibilmente alla necessità di segnalare a veggenti e meno veggenti tutte le faccie del problema.

(19)

l'emigrazione nostra, temporanea e permanente, a seconda della provenienza regionale? Non è carità di patria, è anzi l'opposto, il voler nascondere a noi stessi, animati da fraterna patriottica concordia, ciò che la quarta pagina dei giornali d'oltremare e d'Europa purtroppo incessantemente ci richiama, che, cioè, si ricercano, per esempio, italiani del Nord, mentre non si vogliono italiani meridionali. E, così ancora, non è ovvio che a seconda del momento economico (periodi di crisi, di disoccupazione o di intensa ricerca di lavoratori) o dei paesi di destinazione sì smisuratamente diversi fra loro, diversa deve essere pure la nostra politica in argomento?

I .

A noi l'emigrazione appare da tempo una necessità, indisso-lubilmente connessa con la gagliarda prolificità nostra e la den-sità demografica dell'Italia, la quale è oggi di circa 140 abitanti per Kmq., in un paese per larga parte montuoso e poco favorito dalla natura nel suolo e nel sottosuolo.

Agli occhi nostri questo — della popolazione — è il plesso centrale dei problemi italiani.

E il non aver sempre presente alla mente tale verità, pro-vocò spesso, e provoca tuttodì, giudizi incompleti e fallaci su la produzione economica e la ricchezza del Paese, e giudizi anche più perniciosi in ogni campo dèlia così detta « politica del lavoro », facendo scambiare le cose desiderabili e conseguibili solo gradatamente mercè la generale evoluzione del Paese, con gli obbiettivi immediati oggi ragionevolmente possibili perchè soli in rispondenza alle manchevolezze non meno che alle forze nostre. L'Italia è una famiglia numerosa e crescente (1), scarsamente provveduta di beni, cui l'educazione fisica e morale della prole è compito supremo e l'arra d'una sicura elevazione avvenire.

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Ma appunto perciò il voler adottati senz'altro da noi, circa le ore di lavoro, il sabato inglese, ecc., ecc., provvedimenti consoni ad un livello di benessere tanto più elevato e sicuro del nostro, quale si riscontra nel mondo anglosassone, in Francia, ecc., è più che ignoranza biasimevole, è leggerezza colpevole, ben anco delittuosa.

* * *

Questo modo di considerare i nostri problemi demografici emigratori involve, senz'altri commenti, che sarebbero oziosi per gli amici dell'Opera Bonomelli, la convinzione profonda che a quei problemi la Nazione e lo Stato hanno interesse e dovere di dare le cure più assidue, più devote e chiaroveggenti.

Ma, per la parte massima, queste cure praticamente si iden-tificano col problema fondamentale e generale della graduale elevazione morale e civile del Paese.

I provvedimenti specifici per l'emigrazione appariscono quindi a noi un coefficente contingente complementare e subalterno. Possiamo noi ignorare, ad esempio, che gli svizzeri si sono andati disseminando in tutto il mondo e vi godono, in generale, dovunque benessere e considerazione, senza alcun aiuto nè con-corso della Madre-patria, che solo ne ha fatti « uomini e cit-tadini? ». Per lo stesso fattore fondamentale, gli svizzeri trovano presso i loro Consoli un'assistenza, in linea generale, più utile ed efficace che non, ad esempio, italiani e francesi. Questi hanno tutto un sistema di Consoli di carriera; i Consoli svizzeri invece, salvo pochissimi casi, sono Consoli onorari e non retribuiti. Ma i

Consoli della Confederazione Elvetica si reclutano facilmente dovunque, fra svizzeri che sono commercianti e industriali no-tabili, e che, radicati ormai negli ambienti stranieri, vi godono prestigio, un'esistenza economica autonoma e tengono ad onore di servire gratuitamente i propri connazionali.

Anche in questo tema, il fattore « uomo », ossia l'elemento morale, appare ed è il fattore prevalente e determinante.

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straniera, pur conservando devozione liliale aWHeimathsland. La stessa cosa è a dirsi della emigrazione temporanea che attraverso molti decenni si è andata costantemente svolgendo da molte plaghe del Piemonte e della Lombardia, arrecandovi benessere e progresso. Ma si trattava di operai specializzati, di lavoratori esemplari, presidiati da tradizioni locali, da vicen-devoli aiuti famigliari, dal buon nome acquisito e mantenuto.

Queste osservazioni, che adduciamo solo a mo' d'esempio, mentre si potrebbero moltiplicare, confermano la nostra tesi che l'emigrazione è nella sostanza, un aspetto, una manifesta-zione del problema nostro fondamentale — l'educamanifesta-zione civile ed economica degli italiani.

II.

Non « libertà assoluta di emigrazione » (incompatibile col-l'ignoranza e miseria prevalente in non poche regioni italiane e col nostro buon nome all'estero), non « emigrazione avviata e incanalata », non « collocamento dell'emigrazione controllato dallo Stato » — secondo la terminologia del n. 2 del questio-nario — ma libertà di emigrazione, illuminata ed assistita, appare a noi la formula riassuntiva giusta, semprechè da formule e ricette generiche non si voglia prescindere.

Specie in tema di emigrazione, fenomeno o fatto bilaterale, almeno altrettanto importante per i paesi di destinazione che per i paesi di partenza, gl'italiani faranno bene di spogliarsi della ignoranza loro su le altre parti del globo e di spogliarsi ancora di pregiudizi e suscettibilità puntigliose e stolte, lè quali nulla hanno in comune colla giusta fierezza nazionale. Una tale fierezza implica e presuppone anzitutto un'adeguata cono-scenza della realtà hinc inde, di qua e di là, ed anche di avere adempiuto in casa nostra, ai nostri doveri verso i twstri fratelli...

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E i nostri emigranti, ignari e poveri, sono esposti ad insidie, più ancora che da conati di sfruttamento stranieri (di privati e di Governi), dall'opera in casa nostra di elementi sinistri, dall'inerzia cecità ed impotenza delle Autorità.

Lo ha ben dimostrato, ad esempio, quell'inchiesta nei Cir-condari di Sora e di Isernia, che lo scrivente concepì e fece eseguire nel 1901, su l'incetta dei nostri fanciulli p e r l e vetrerie francesi e che il Dr. Ugo Cafiero, napoletano, attuò con sagacia e fervore di patriottismo.

Quell'inchiesta fu un adeguato esordio all'Opera Bonomelli, che dall'origine (1900) sino al 1906 si organizzò mirabilmente in Torino, sotto la guida, per sempre memoranda, di Ernesto Schiaparelli.

Chè, se il venerato mio amico Monsignor Bonomelli fu l'ori-fiamma, fu il S. Paolo, di quell'Opera di assistenza per l'emi-grazione temporanea in Europa e nel Mediterraneo, che da Lui oggi giustamente si noma, la verità è che a darle vita ed azione, segnatamente nella forma così felice ed efficente dei Segreta-riati, fu Ernesto Schiaparelli, cui spetta, agli occhi nostri, il primissimo posto fra quanti italiani hanno bene meritato della emigrazione nostra ed, in genere, dell'Italia all'estero.

Quella inchiesta, cui seguirono due campagne di liberazione in Francia di qualche centinaio di giovani schiavi-bianchi, pose in luce che la radice del fenomeno obbrobriosamente inumano non stava tanto nei padroni francesi, quanto nei mercanti ita-liani di carne umana e nella degradazione che spingeva genitori italiani a trafficare delle loro creature. Ed anche oggi, negli Stati Uniti, il povero emigrante italiano non ha peggior nemico dei bosses, dei banchisti, ecc. (suoi conterranei), che lo tengono isolato dall'ambiente anglo-sassone e lo sfruttano in cento modi.

Se si tenga aperto l'occhio su l'oltre-mare, come si potrà considerare sul serio la ipotesi che sia il Governo italiano ad attuare quanto si contempla, per esempio, al n. 8 del questionario?

Noi ci limitiamo a porre in fatto che, per quanto è a nostra ricordanza, nessun Governo ha, nell'età nostra, mai considerato ed attuato soluzioni siffatte.

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III.

La vigilanza sanitaria all'imbarco e a bordo, la disciplina delle agenzie e dei noli, costituivano un còmpito ed un inte-resse immediato, intuitivo, del Governo. Còmpito, a dire il vero, tutt'altro che facile, ma che nel complesso, è giustizia ricono-scerlo, fu ed è assolto abbastanza bene; mentre altrettanto non

può dirsi per il ricovero e il trattamento degli emigranti nei porti d'imbarco.

Saggio provvedimento fu la creazione degli Addetti all'emi-grazione, troppo scarsi però in numero e non forniti di mezzi adeguati anche per agire su l'opinione pubblica dell'Estero.

In complesso però lo scrivente, che da trent'anni ha posto mente ed amore a questi problemi, dirà schiettamente che gli organi statali (Governo e Parlamento) hanno, nel campo della emigrazione, perpetrato tutte le colpe, colpe per difetto e per eccesso, che la coscienza nazionale ha, la Dio mercè, veduto finalmente proclamate e punite coli'avvento del Ministero Mussolini.

L'emigrazione oltremare è diventata per l'Italia un fenomeno di crescente rilevanza verso il 1880.

Durante quasi tutto il primo ventennio successivo i nostri governanti e legiferatol i, eccezione fatta di pochissimi, fra i quali emerse Luigi Luzzatti, dimostrarono in proposito un' incoscienza assoluta, un'inerzia mussulmana.

E quando, finalmente, per merito di Luigi Luzzatti, Fedele Lampertico, Luigi Bodio, dei Prelati Scalabrini e Bonomelli, di Ernesto Schiaparelli, Ausonio Franzoni ed altri pochi buoni cittadini, si venne alla legge 81 gennaio 1901, Parlamento e Buro-crazia ricascarono negli spropositi congeniti alla loro vacua quanto risibile e nociva presunzione.

Seguendo un concetto molto ovvio e piano, si creò il Com-missariato per l'emigrazione, e a fianco di questo si pose un

Consiglio dell'emigrazione con poteri meramente consultivi, che

praticamente è stato ed è emanazione e specchio del Parlamento e della Burocrazia romana e una Commissione per il Fondo della

emigrazione, composta di tre Senatori e di tre Deputati, alla quale

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Com-si riservasse la maggioranza a membri del Parlamento, ma l'aver a questo assegnato la totalità dei posti fu certo pensiero improv-vido e dannoso, mentre la Camera, impastata di avvocati, e anche

(1) Articolo 7 della legge 31 gentiaio 1001.

Il Commissariato dell'emigrazione sarà composto : di un commissario generale, nominato tra gli impiegati superiori dello Stato su proposta del ministro degli affari esteri, udito il Consiglio dei Ministri ; di tre commissari, nominati secondo le norme che saranno determinate nel regolamento, e degli ufficiali d'ordine richiesti dal servizio.

Regolamento 10 luglio 1901, art. 12.

Nel Commissariato si concentra tutto ciò che si riferisce ai servizi dell'emigrazione. Ai componenti il Commissariato ed al personale da esso dipendente è ricono-sciuta la qualità di impiegati dello Stato.

I commissari sono nominati con decreto reale, su proposta del ministro degli affari esteri, sia che appartengano olle amministrazioni dello Stato, sia che vengano presi fuori delle amministrazioni medesime. Nel primo caso la scelta sarà fatta per accordo tra il ministro degli affari esteri ed il ministro dal quale il funzionario dipende ; nel secondo caso dal ministro degli esteri, mediante o senza concorso, sentito, in ambi i casi, il commissario generale.

Articolo 13.

I commissari, se presi fuori delle amministrazioni dello Stato, non avranno la nomina definitiva per decreto reale, se non dopo un anno di esperimento.

Durante l'anno di esperimento potranno essere esonerati dal servizio con lettera ministeriale ; ed in tal caso sarà loro assegnata sul fondo per l'emigrazione una indennità per una sola volta, consistente in tante mesate doppie di stipendio per quanti mesi abbiano prestato servizio ; in modo però che l'Intera indennità non superi lo stipendio di un anno.

Essi avranno uno stipendio annuo di lire settemila, da pagarsi sul fondo per l'emigrazione, ed aumentabile di un decimo ad ogni sessennio, limitatamente a tre sessenni e non oltre.

I commissari appartenenti ad una amministrazione dello Stato percepiranno lo stipendio del loro grado, ed ogni eventuale aumento successivo, sul bilancio di detta amministrazione e riceveranno sul fondo per l'emigrazione un'indennità di carica di lire duecentocinquanta al mese. Essi potranno cessare, in qualunque .tempo, dall'incarico per deliberazione presa di concerto tra il ministro degli affari

esteri ed il ministro da cui l'impiegato dipende.

L'indennità di carica da corrispondersi, sul fondo per l'emigrazione, al com-missario generale, sarà di lire cinquecento mensili.

Articolo 7 della legge 31 gennaio 1901.

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coope-il Senato, per lungo tempo eccessivamente infeudato ai vecchi funzionari, erano poveri di elementi di valore fattivo e di coltura veramente moderna (1).

Non si pensò mai dai governanti italiani, diserti e fatui quanto incompetenti (salvo, s* intende, le solite onorevoli e poche ecce-zioni), che un posto poteva e doveva essere dato ad uomini come Ernesto Schiaparelli che, oltre la parte primaria avuta nel promuovere ed organizzare l'Opera Bonomelli, aveva già nel 1886 concepito ed attuato l'Associazione Nazionale per le Missioni Italiane nel Levante (2), ad un rappresentante ancora eletto dal-l'Opera Bonomelli, ad uno dalla Umanitaria, ecc., ecc.

rative italiane, e l'altro dalle principali società di mutuo soccorso delle più impor-tanti città marittime del Regno.

Il Consiglio sarà udito nelle questioni più rilevanti, relative all'emigrazione, e nella trattazione degli affari di competenza di più ministeri.

Articolo 28 della legge 31 gennaio 1001. ,

Il bilancio del Fondo per l'emigrazione, sul quale graveranno le spese per il Commissariato, e per i servizi ad esso attinenti, secondo le norme fissate dal rego-lamento, verrà presentato ogni anno al Parrego-lamento, che lo esamina e vota sepa-ratamente.

Il Fondo per l'emigrazione è messo sotto la vigilanza di una Commissione per-manente, composta di tre senatori e di tre deputati da nominarsi dalle rispettive Camere in ciascheduna Sessione. Essi continueranno a far parte della Commissione anche neU'intervallo tra le Legislature e le Sessioni. La Commissione pubblicherà ogni anno una relazione che sarà presentata al Parlamento dal ministro degli affari esteri.

(1) Semplice ed ovvio sarebbe stato per l'Italia ispirarsi all'esempio indubbia-mente autorevole del Regno Unito, il quale da quasi un secolo è stato condotto ad emanare provvedimenti e leggi per la sua emigrazione un tempo ragguarde-volissima.

Cosi nel 1886 si riconobbe l'opportunità di un organo ufficiale per la raccolta e la diffusione di notizie a vantaggio degli emigranti, con speciale riguardo alle colonie britanniche e si istituì VEmigrante' Information Office, alle dipendenze del Ministero delle Colonie. A capo di questo ufficio, che è andato spiegando un'azione vieppiù intensa ed utile, è un Comitato direttivo composto di privati cittadini. 11 Ministero delle Colonie v'è rappresentato soltanto dal presidente, che è un funzio-nario del Ministero stesso, mentre questo presta al Comitato intero il concorso di tutti i suoi organi.

(Cfr. in «Riforma Sociale», fase. Gennaio 1915, la mia Memoria su l'Impero

Britannico, edita pure in volume (presso le Librerie Treves, L. 6).

(2) Insigne egittologo che si meritò in gioventù un grande premio dei Lincei, fortunato e sapiente direttore del Museo egizio di Torino, solerte Sovrintendente alle antichità per il Piemonte, lo SCHIAPABKLLI che al culto fervidissimo della Fede

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A questa origine unilaterale, che straniava il Commissariato dalla viva coscienza della Nazione e dei suoi figli migliori, si deve riconnettere il fatto sintomatico quanto biasimevole che l'Italia, la quale dal 1900 al 1912 ebbe bilanci in avanzo, non solo non fece di questi avanzi alcun buon uso (ad esempio, per riforme e migliorie tributarie che sarebbero state facili), ma addossò tutta la spesa prò emigranti ed emigrazione esclusiva-mente agli emigranti stessi, sottoponendoli alla nota tassa.

Ora, che una tassa speciale si creasse, è plausibile, ma che l'Italia, con un bilancio di allora due miliardi ed oltre, non contribuisse in nulla all'assistenza di quei suoi figli poco fortunati, ch'erano costretti a cercare altrove pane e lavoro, a noi è sempre parso una enormità ed una vergogna e documenta precisamente come i nostri politicanti non capissero, non sentissero il profondo significato, nazionale ed umano, del fenomeno migratorio.

E la vana, sterilizzante incompetenza dei nostri Parlamentari, congregati nella Commissione del Fondo-Emigrazione, appare anche da un fatto che è bene sia divulgato.

*

* *

Nel 1898, in connessione ad una Esposizione Nazionale comme-morativa del cinquantenario dello Statuto, ebbe luogo in Torino

la prima Mostra degli Italiani all'Estero, preparata con due anni d'intenso lavoro.

Questa Mostra documentale, che fu un successo ed un lieto auspicio, e venne poi egregiamente ripetuta a Milano nel 1906, in un'altra Esposizione Nazionale, contribuì ad affrettare e spia-nare la legge 31 gennaio 1901 sull'emigrazione.

La Mostra torinese s'era svolta in parallelo ad una pregevo-lissima Mostra delle Missioni che fu parte dell'Esposizione di Arte Sacra.

Luigi Bodio, insediato Commissario dell'emigrazione, ed alla cui memoria di patriota elettissimo, di funzionario eminente, di uomo e di animatore altamente geniale e buono, mi è caro di rendere omaggio con quell'affettuoso sentimento che a Lui vivo mi legò molti anni (1), rammaricava un dì che i nostri

brac-(1) Cfr. in « Riforma sociale », fase. Gennaio 1920, In memoria di Luigi Bodio.

BONALDO STRINQHER vi ritrasse con commossa eloquenza il carattere e l'opera del

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cianti émigrati oltre mare fossero preclusi dal diventare agri-coltori e proprietari, e, avendomi visto all'opera nell'organizzare la Mostra del 1898, m'invitò a suggerirgli qualche soluzione.

La nostra maggiore Coionia, quella dell'Argentina, aveva accolto con incondizionato favore l'idea della Mostra degli Italiani all'Estero, e vi volle essere rappresentata in modo degno.

Così, fra l'altro, un Comitato promosso dalla Camera di Com-mercio Italiana di Buenos Ayres aveva fatto allestire da un mani-polo di provetti scrittori, capitanati dall'infaticabile dott. Ausonio Franzoni, una monumentale pubblicazione illustrata: Oli Italiani

nell'Argentina. Il costo, che richiamo solo come indice

dell'impor-tanza del lavoro, si era aggirato sulle 100.000 lire, somma assai cospicua in quel tempo.

Fra i rappresentanti del Comitato Italo-Argentino in Torino era il signor Giuseppe Guazzone,del quale io potei così apprezzare e il fervore patriottico e la singolarissima capacità di uomo di azione. Egli, oriundo di una modesta famiglia di agricoltori ales-sandrini, era emigrato da giovane nell'Argentina, dove mercè una energia indomita, assecondata da una grande perspicacia ed anche poi dal risveglio, se pur non vogliasi dire dal tumulto, col quale le sterminate e vergini pianure argentine divennero in quel giro di tempo, mercè la costruzione di ferrovie, terreni coltivabili di alto valore, si era costituito un patrimonio cospicuo. Tanto che, nella granifera provincia di Santa Fè, al Guazzone si dava il soprannome di et Bey del trigo: « il Re del frumento ».

Apertomi col Guazzone sui propositi di Bodio, lo trovai facil-mente consenziente, e così nel primo dei suoi periodici viaggi all'Argentina ed alle sue possessioni in Provincia di Santa Fè, egli si abboccò con alcuni fra i maggiorenti della colonia italiana.

Al ritorno, e sempre con la sua concisa e saporita brevità, egli mi apprese che aveva raccolto adesioni per alcuni milioni di lire e messo anche gli occhi su una plaga adatta, dove i ter-reni acquistati dalla costituenda Società sarebbero stati coloniz-zati e poi man mano partitamente acquistati da nostri emigranti.

I promotori però a questa impresa, accolta da essi nello stesso spirito del Bodio e mio, ponevano due condizioni che a me apparivano ben giustificate:

Che ad essi spettasse il reclutamento degli emigranti, futuri coltivatori e poi proprietari;

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Chi sappia come allora nell'Argentina il tasso corrente del-l'interesse si aggirava s u l l ' 8 % , non può mettere dubbio, ed il Guazzone esplicitamente me lo confermò, che tale garanzia era richiesta dai promotori, come la forma più semplice e pratica dell'appoggio morale dello Stato Italiano alla loro iniziativa.

Questa garanzia innocua per l'Erario Italiano, certo non lauta, anzi pecuniariamente inconcludente pei promotori, costituiva per essi un segno lusinghiero di riconoscimento dal Governo che ben poteva darlo ad uomini di quel valore e mossi da siffatti intenti patriottici.

Gli è come se in casa nostra i promotori di una impresa di pubblica utilità avessero domandato al Governo, o in genere ad una pubblica Potestà, una garanzia di interesse annuale dell'I, o d e l l ' I , 5 0 % !

Riferii con lieto animo il tutto al Bodio, il quale, nel nativo suo buon senso lombardo, capì e si chiarì favorevole.

Ma di lì a poco venne il responso delia Commissione parlamen-tare del Fondo per l'emigrazione, alla quale, naturalmente, la pra-tica era stata sottoposta, e che sul Fondo stesso avrebbe dovuto assumere quella eventuale, e certo puramente nominale garanzia di interessi: «Il Fondo dell'emigrazione dover essere destinato a soc-correre gli emigranti, non già a favorire private speculazioni »

Di lì a due o tre anni, incontrandomi col cav. Guazzone, gli chiesi che cosa fossero diventati quei terreni per i quali egli aveva, dopo le istanze del Bodio e mie, stipulato tempestiva-mente e previdentetempestiva-mente un compromesso di acquisto.

Avvertasi che nel frattempo l'Argentina aveva avuto di nuovo uno dei suoi periodici scoppi di speculazione terriera, scoppio del quale si era parlato pure assai nella vecchia Europa.

« Dopo il rifiuto del Commissariato, io ho pensato di tenermi quei terreni e li ho, dopo non molto tempo, rivenduti con beneficio di (una cifra formidabile) ».

« Consiglio mio, ben puoi esser contento

Di questa digression che non ti tocca. Or ti fa lieto, chè tu hai ben onde, Tu ricco, tu con pace, tu con senno,

che fai tanto sottili

Provvedimenti, ch'a mezzo novembre Non giugne quel che tu d'ottobre fili».

(Purgatorio, VI).

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a prò dei nostri emigranti all'Argentina, perchè dalla loro sapienza fu soffocata in germe una prova nella quale, senza alcun dispendio e senza neppure alcun apprezzabile rischio per lo Stato Italiano, col concorso non solo dei capitali, ma (ciò che assai più monta), della singolarissima capacità di nostri esperti connazionali, si sarebbe potuto avviare, nelle condizioni migliori e più promettenti, quanto il Bodio ed altri con lui giusta-mente vagheggiavano per i nostri braccianti agricoltori emigrati all'Argentina e che oggi ancora, dopo un ventennio, è pio desiderio.

* * •

Ecco ancora una prova dell'incomprensione e infecondità del Commissariato, irretito fra Parlamentari e Burocrati.

Circa un dieci anni addietro, il Commissariato, risvegliato dai provvedimenti, minacciati od attuati, di Stati esteri vietanti l'immigrazione agli analfabeti, aveva trovato modo di organizzare in alcune regioni del Mezzodì corsi estivi per maestri elementari e segretari comunali, col lodevole intento di impartirvi una cono-scenza dei problemi dell'emigrazione nostra, bastevole perchè i frequentatori di tali corsi venissero a loro volta posti in grado di illuminare i propri conterranei ed amministrati.

È, o dovrebbe essere, intuitivo che l'immagine costituisce, specie per siffatti insegnamenti ed uditori, uno strumento effica-cissimo, un insuperabile ausiliare della parola e del libro.

Sin dal 1905 era sórto in Torino e si era affermato con metodi, vigore e risultati insoliti in Italia, il Consorzio Nazionale per Biblioteche, rivolto a creare e a diffondere bibliotechine adatte nelle scuole, nei sodalizi operai, nelle sale di ritrovo dei Reggi-menti, fra gli equipaggi delle R. Navi, nelle solitarie dimore dei R. Carabinieri e delle Guardie di Finanza, ed anche nelle Colonie nazionali all'Estero.

Istituzione ottima che avrebbe dovuto avere, da Ministeri e Parlamentari, favore ed aiuti larghi che le furono dispensati invece con gelosa grettezza e dopo pratiche defatiganti.

Già nel 1909 il Consorzio s'era arricchito d'una apposita sezione per le Proiezioni luminose (l). Questa nei giro di soli quattro anni

(1) Ravvisiamo doveroso per il pieno omaggio alla verità che questa Rivista si onora di professare costantemente, di non tacere che l'iniziativa e, per gran parte, l'organizzazione delle Proiezioni luminoso sono dovute al nostro amico, il Dott. ALIIBRTO GKISSER. Ed in giusto riconoscimento di ciò la Sezione Torinese volle

aggiungere al proprio titolo la menzione Fondazione Geisser.

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aveva messo insieme con oltre cinquantamila diapositivi (così si chiamano le fotografie su vetro che vengono dalle lanterne proiettate sugli schermi), a corredo di un migliaio e più di confe-renze sui temi più disparati e più idonei.

La raccolta (di cui non v'era e, torse, non v'è tuttora altra uguale in Europa), comprendeva poi conferenze o schematiche o complete, cataloghi, indici analitici per materie, ecc., ecc. (1).

Segnatamente la Geografia di tutti i paesi del Globo era, nelle raccolte della Sezione Proiezioni luminose, rappresentata da un materiale eccellente, che comprendeva le serie edite da un Comitato Imperiale Britannico (per la metropoli e i domini), da Governi Coloniali, da grandi Società ferroviarie e industriali d'oltremare, dalle migliori Ditte del ramo italiane e straniere, ecc. Tutta questa suppellettile veniva e viene imprestata dal Consorzio o gratis o con tenuissimi corrispettivi. .

Durante oltre un anno il Consorzio si sforzò di far inten-dere al Commissariato dell'emigrazione :

1° qual ausilio insuperabile per bontà ed economia, pote-vano dare le collezioni di diapositivi agli insegnanti dei suoi corsi sull'emigrazioue ;

2° ch'esso Commissariato, a mezzo dei commissari e medici di bordo, degli addetti all'emigrazione, dei consoli, ecc., ecc., poteva e doveva raccogliere fotografie che riproducessero la vita vera (in male come in bene, in luce ed ombre) dei nostri emigrati nei vari paesi d'oltremare, fotografie che il Consorzio si sarebbe incaricato di tradurre in diapositivi e di mettere ancor esse in circolazione in tutto il Paese, colle altre sue collezioni.

Il concorso richiesto al Commissariato era tutt'altro che pere-grino ed arduo, bastandovi un po' d'intelligente energia e modi-cissimi mezzi pecuniari. Aveva pure il Consorzio saputo mettere insieme, dalle borse dei suoi promotori ed amici, assai più di centomila lire.

Furono tempo e fatica sprecati

(1) Cfr. in «Riforma Sociale», fascicolo gonnaio 1914, la mia Memoria dal titolo Per l'educazione e l'istruzione del Popolo italiano.

L'Italia può oggi andar altiera dell' ISTITUTO ITALIANO PER PROIEZIONI LUMINOSE

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Il Commissariato o non capì o non volle, o magari si lusingò di fare esso, da solo e meglio, con gli elementi e gli uomini suoi; un modo di pensare questo, frequente fra Burocrati e Parlamentari.

Ma il fatto si è che non ne mei mai nulla di nulla !

Troppo spesso, non solo nel campo economico, ma benanco in quello civile, didattico, morale, l'Italia ha fatto sin qui cose notevoli e buone, a malgrado del Governo, e non col suo pur doveroso concorso !

IV.

L'avviare tempestivamente, verso il finire della guerra mon-diale, indagini, deliberazioni, provvedimenti per il dopo-guerra, era pensiero ovvio quanto doveroso, a segno che il pensiero stesso si affacciò a tutti indistintamente i Governi civili, sia belligeranti sia neutrali.

Ma il Governo nostro, nel fare anch'esso ciò che tutti gii altri Governi fecero in quel giro di tempo con maggior sollecitu-dine, diede all'opera una davvero insuperata impronta di tutti i suoi difetti, tracciando un programma mastodontico, costi-tuendo diecine di commissioni pletoriche per la maggior parte reclutate fra burocrati, professori e parlamentari, con uno scarsis-simo contingente di uomini famigliari col fare, con i suoi metodi e le sue necessità e prefiggendo ancora un termine di sei (dico sei) mesi per un programma immane

Ovviamente anche l'emigrazione prese posto fra i temi del-l'inchiesta. L'attuale titolare del Commissariato formulò un programma che risentiva genuinamente « dello spirito del tempo ». Secondo le sue vedute lo Stato avrebbe dovuto essere non solo nelle grandi linee, ma in tutti i casi concreti, maggiori e minori, il disciplinatore unico ed assoluto dell'emigrazione e degli emigranti.

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emigra-eione libera, ma illuminata ed assistita che rispondono anche

al radicato convincimento mio (1).

Appunto allora (ironia delle cose, alla quale i nostri organi statali sono troppo spesso chiusi, così come lo sono alle giuste esigenze e lagnanze del pubblico che fa le spese), i disgraziati che dovevano ottenere dal Commissariato-Provvidenza, pur aven-done i titoli, un semplice passaporto, dovevano aspettare molte settimane e mesi interi

P. S. — Per la famigliarità che decenni di pratica mi hanno

data cogli istituti di credito e per le osservazioni fatte in una recente dimora negli S. U. N. A., ravviso non ozioso qualche rilievo specifico sui quesiti 7°, 8° e 9°.

Gli italiani non debbono persistere nell'errore di vedute unilateralmente egoistiche, incuranti o non sufficientemente riguardose dei sentimenti e benanco dei pregiudizi nazionalistici che gli altri Paesi hanno, così come li abbiamo noi

Ciò posto e ribadito, appare a noi ovvio che l'acquislo (sia pure in via commerciale) di estese terre da parte dell' Italia, l'occupazione loro da lavoratori italiani (in nuclei numerosi, chè diversamente l'operazione non avrebbe ragion d'essere) sono pericolosi e, in linea generale, sconsigliabili, perchè risvegliereb-bero le diffidenze e ci alienerebrisvegliereb-bero le simpatie di Governi e di genti ignari delle nostre vere intenzioni e soggetti a quegli errori di ottica cerebrale che anche a noi, purtroppo, non sono sconosciuti

Le grandi banche londinesi, le più potenti e le più avvedute del mondo, non hanno agli Stati Uniti nessuna agenzia o filiale propria ; compiono colà transazioni colossali per il tramite delle banche americane, le quali naturalmente ci guadagnano su, ma anche per ciò e per non vedersi ai fianchi concorrenti mo-lesti, sono delle banche inglesi alleati fidi e forti e utilissimi all'occorrenza.

L'Italia invece, con transazioni le quali non uguagliano la decima parte di quelle inglesi, ha istituito nella sola New York mezza dozzina di agenzie bancarie di varia importanza, ma che

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praticamente colà sono e non possono non essere che stelle di quarta grandezza ed anche meno.

Ciò, — mi osservava con ragione un italiano, commer-ciante avveduto, colà stabilito da lunghi anni e sempre fervido patriota, — è un errore increscioso e grave. Noi non possiamo attenderci di meglio dall'alta finanza americana, che una fredda e punto amichevole correttezza verso le invadenze nostre, anche se dettate a noi da aspirazioni intrinsecamente plausibili e ragio-nevolmente modeste.

0 io m'inganno a partito o gl'italiani dell'oggi, discendenti da quei mercanti che secoli addietro crearono ed estesero le prime banche in Europa, smarriscono troppo spesso la nozione elementare di quello che una banca è e deve essere e vi ravvi-sano invece come un vaso taumaturgico in cui si rinnovi il mistero della conversione dell'acqua in vino o la moltiplicazione dei pani e dei pesci

Solo così si possono spiegare le banche dei reduci, di ogni ramo possibile della cooperazione, la banca forestale, ecc., ecc., che lussureggiano (sulla carta) fra noi e che praticamente si dimostrano sterili o quasi.

Banche sono per definizione gli enti che esercitano la fun-zione del credito. Il credito consiste nel raccogliere i risparmi e neh'investirli in modo al tempo stesso fruttuoso e sicuro; il credito è come un vaso intercomunicante che devolve i capitali in cerca d'investimento e di rimunerazione a coloro che per le loro attività economiche non hanno capitali propri bastevoli e ricercano quindi i capitali accumulati da altre persone.

Ed allora, quali capitali potranno verosimilmente raccogliere e gerire agli Stati Uniti le banche italiane, all' infuori dei risparmi di quei nostri connazionali ?

E tante banche e banchette italiane non sono per tale scopo manifestamente sovrabbondanti ?

11 Banco di Napoli, dichiariamolo senza orgoglio, in tanto ha ragione di operare agli Stati Uniti in quanto costituisce una

insegna, nota alla massa dei nostri ignoranti fratelli del Mezzodì,

i quali, diversamente, per il basso livello della loro cultura, cadrebbero (come avveniva spesso in passato) vittime dei loro disonesti banchisti, loro conterranei e sfruttatori (1).

(1) Fra il 1880-1890 una banca new-yorkese con una fittissima rete di corri-spondenti in tutta 1' Unione, si faceva ogni mese mandare dal Banco di mio Padre,

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Invece, un Italiano modernamente colto il quale agli Stati Uniti lavori, produca, risparmi o abbisogni di credito, avrà il più spesso vantaggio a valersi delle banche indigene, le quali sono in grado di procurargli appoggi, relazioni, ecc., assai più fruttuose che non le filiali americane delle maggiori banche italiane della Madre-patria.

Così pure non riusciamo a comprendere che cosa potrebbe essere e fare « la Banca italiana dell'emigrazione » di cui al n. 9 del Questionario.

Per raccogliere e mettere al sicuro i sudati peculi dei nostri emigranti degli ultimi scalini sociali, basta il Banco di Napoli, fornito magari di maggiore agilità e di più decorosi contorni. 0 la Banca dell'emigrazione dovrebbe invece negli S. U. im-prestare agli italiani di là, bisognosi di credito, i risparmi ver-sati ad essa dagli altri italiani pure di là e risorgerebbero, con tanto maggior ragione, le obbiezioni che il mio amico formulava alle filiali nord-americane dei nostri maggiori Istituti.

0 si proporrebbe di raccogliere e incanalare a speciale bene-ficio dei produttori italiani d'oltre mare risparmi di indigeni, e allora saremmo vittime della più infantile illusione e presunzione. È virile, è onesto, e perciò è anche in ultima analisi, utile il riconoscere e dire la verità.

La Banca Italiana di Sconto aveva a New York, sotto veste americana, una sua propria creazione, destinata in fatto esclu-sivamente ad allettare con lauti interessi i risparmi degli emi-grati italiani e a trasmetterli alla Sede Centrale di Roma.

E ciò riuscì a fare, mi fu detto, nella misura di circa 300 mi-lioni di lire, i quali andarono coinvolti nel dissesto della Disconto.

Tale modo d'operare, che nei riguardi dei dirigenti della Disconto giustifica il giudizio più severo, che risultati ha dati all'Italia?

Il Ministero Bonorai saggiamente fece la sola cosa che far si poteva e si doveva per non compromettere irrimediabilmente

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la reputazione e il credito italiani fra le nostre Colonie ed il pubblico, in generale, negli Stati Uniti; provvide cioè (e non certo senza sacrificio dell'Erario) perchè i depositanti di quella tale filiale new-yorkese fossero rimborsati col cento per cento.

Ma c'illudiamo noi che la realtà dei fatti sia rimasta ignota ai finanzieri americani e ai loro giornali, i quali in tutto e su tutti esercitano una pubblicità parossistica?

E che giudizio avranno necessariamente, giustamente proffe-rito i finanzieri americani? Che l'Italia (cioè il suo Governo), s'era dimostrato bensì corretto ma anche punto accorto, posto che lasciò che si rompessero cocci di cui poi esso pagò le spese... E la cecità, per quanto bonaria e virtuosa, non ha mai valso a procurare credito e prestigio nè a privati, nè a Governi, tanto

più agli occhi di finanzieri!

E neppure noi, contribuenti italiani, abbiamo avuto di che rallegrarci per essere toccati e scorno ai nostro Paese e mag-gióri oneri a noi.

Concludendo, anche in questo tema delle banche e dei risparmi italiani, tuteliamo sì gli impotenti e gli ignari col Banco di Na-poli, ma lasciamo nel resto che la' vita economica si svolga, senza ingerenze nè paternalismi della Metropoli, in paesi dove (parlo degli S. U.) abbiamo assai più da imparare che da insegnare.

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I L F A L L I M E N T O F I S C A L E

I.

Natura e caratteri del provvedimento.

Un esame analitico del fallimento provocato dall'esattore per mancato pagamento dell'imposta sui profitti di guerra richiede la conoscenza integrale di due articoli e di un passo della Relazione che il Ministro delle Finanze, on. Meda, faceva precedere al Decreto Luogotenenziale 1° ottobre 1917, n. 1562.

Il fallimento fiscale veniva appunto istituito dapprima con questo decreto, che all'articolo 4 così disponeva: «Chiunque abbia realizzato redditi soggetti alla imposta e sovraimposta di guerra ai sensi del-l'articolo 1 del Testo Unico 14 giugno 1917, n. 971, è considerato com-merciante o mediatore (1), ancorché non eserciti od abbia esercitato abitualmente la professione. Ove egli si renda moroso al pagamento della imposta e sovraimposta, l'esattore, previa autorizzazione dell'Inten-dente di Finanza, chiederà al Tribunale la dichiarazione di fallimento ai termini dell'art. 687 del Codice di Commercio ritenendosi, in forza del presente decreto, parificato ai debiti di commercio il debito della imposta e sovraimposta sui profitti di guerra ». Tale articolo fu però ben presto sostituito dall'articolo 1 del Decreto Luogotenenziale 29 novembre 1917, n. 1934, riprodotto poi, con insignificanti modifica-zioni di adattamento, nel Testo Unico 9 giugno 1918, n. 857 (art. 31), tuttora in vigore, che suona così : « Chiunque realizzi od abbia realiz-zato redditi soggetti all'imposta e sovrimposta di guerra ai sensi dell'art. 1 del Testo Unico 14 giugno 1917, n. 971, è considerato com-merciante o mediatore anche agli effetti degli articoli 16 e seguenti, 21 e seguenti, 33 e seguenti del Codice di Commercio, quand'anche non eserciti o non abbia esercitata abitualmente la professione.

« Ove egli si renda moroso al pagamento dell' imposta e sovrimposta di cui sopra, il Tribunale, su ricorso dell'esattore, previamente

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— S t

-rizzato dall'Intendente di Finanza, pronuncierà la dichiarazione di fallimento a termini dell'art. 687 del Codice di Commercio, ritenendosi in forza del presente decreto legislativo che il debitore moroso della imposta e sovrimposta di guerra, sia in istato di cessazione dei pagamenti ».

Converrà rilevare subito le differenze dei due testi : una prima volta il legislatore, autorizzando l'esattore ad instare per la dichiarazione di fallimento del contribuente moroso, ha lasciato al Tribunale la facoltà della dichiarazione stessa, seguendo evidentemente la teoria del Bonelli e ritenendo quindi che il creditore non può far fallire il suo debitore soltanto perchè non fu pagato, non essendo sufficiente questo fatto a mettere in essere la cessazione dei pagamenti. Si è allora stabilito che l'esattore, previa autorizzazione dell' Intendente, chiederà al Tribu-nale la dichiarazione di fallimento e si è deferito al giudice l'esame della costituzione patrimoniale del contribuente moroso, ammettendosi la dichiarazione di fallimento solo quando da detto esame fosse emersa la « impotenza » del patrimonio del debitore a far fronte alle proprie obbligazioni.

Una seconda volta invece, ad appena due mesi di distanza, il legisla-tore, con l'art. 1 del Decreto Luogotenenziale 29 novembre 1917, n. 1934, dimostrando di seguire la teoria del Bolaffio, dichiarando « in istato

di cessazione dei pagamenti » il contribuente moroso e ammettendo perciò che « cessazione dei pagamenti » significhi « inadempimento » e che, ad istanza dell'esattore il Tribunale pronuncierà la dichiara-zione di fallimento, ha fatto obbligo al Tribunale della dichiaradichiara-zione stessa appena si ravvisino i due elementi richiesti : morosità del contri-buente e autorizzazione dell'Intendente. Diversamente non si può argomentare, poiché altrimenti non si comprenderebbe il motivo della modificazione: il legislatore, considerato che nei mesi di ottobre e novembre 1917 furono dichiarati due soli fallimenti per mancato pagamento dell'imposta sui profitti, visto insomma che il mezzo non era bastato al fine, inasprì la disposizione disponendo appunto che, su ricorso dell'esattore autorizzato, il Tribunale deve pronunciare la dichiarazione di fallimento.

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credito di per sè eccezionale, non si possa considerare come commer-ciante il contribuente e come debito commerciale il suo debito verso 10 Stato: ciò peraltro mira non solo a rendere più facile la riscos-sione dell'imposta ma anche a punire, in certo modo, il debitore, mettendolo in condizione di non poter più liberamente esplicare la sua attività di commerciante, industriale o mediatore, allorché, con mezzi o raggiri illeciti, abbia cercato di sottrarsi all'adempimento dei suoi doveri verso l'erario. Il provvedimento è senza dubbio grave, ma è necessario, e merita di essere adottato, anche perchè ha un valore morale preventivo non trascurabile, in quanto si spera renderà meno frequenti i tentativi di evasione di fronte alla minaccia di una proce-dura fallimentare ».

Non è quindi che il legislatore abbia comunque inteso, seguendo 11 principio adottato da non poche legislazioni straniere, di estendere il fallimento ai non commercianti, benché allora il concorso differi-rebbe dal fallimento; niente di tutto ciò: il legislatore fa rientrare il fallimento fiscale nella ordinaria sfera del fallimento : egli non vuole considerato il non commerciante perchè, anche se non esercita atti di commercio o, se pur li esercita, non lo fa per professione abituale, lo presume commerciante per il solo fatto di avere realizzato redditi soggetti all'imposta e sovrimposta di guerra.

Ma neppure questa presunziohe, già di per sè giuridicamente enorme, sarebbe bastata : il nostro Codice di Commercio richiede che il carat-tere della obbligazione insoddisfatta sia commerciale. Disposizione questa che autorevoli scrittori hanno giudicato tutt'altro che razionale : ' ma anche qui il legislatore tributario non s'è curato affatto, neppure nella Relazione, di dimostrare la opportunità, ai fini fiscali, di derogare a tale requisito richiesto dal Codice, e ha senz'altro dichiarato commer-ciale il debito d'imposta. Nella Relazione al decreto 1° ottobre 1917 però, pur ammettendosi che la pratica esclude che il debito d'imposta sia commerciale, si pone in dubbio la natura del debito stesso ; si afferma che la giurisprudenza non s'è mai pronunciata in proposito : e su ciò non possiamo non convenire, perchè riteniamo che la giurisprudenza non s'è mai pronunciata perchè mai a nessuno è saltato in testa di mettere in dubbio che il debito d'imposta sia di natura civile! È prin-cipio cosi incontroverso che a sentirne dubitare fa l'effetto di una excmatio non petita.

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non ci si verrà anche a sostenere che lo Stato, e per esso l'esattore, è creditore d'imposta « per causa di commercio » !

Su ciò la Relazione ha taciuto e il legislatore non ha fatto che richiamare, nel decreto, l'articolo 687 Codice di Commercio, senza avvedersi probabilmente dello scoglio contro il quale il richiamo andava a cozzare.

I tentativi che si rilevano dalla Relazione di giustificare giuridica-mente il provvedimento costituiscono la più severa condanna di esso. Per ora osserveremo che, mentre in forza degli articoli 683 e 687 Codice Comm. la obbligazione insoluta per la quale il commerciante viene tratto al fallimento dev'essere obbligazione commerciale per entrambe le parti, creditore istante e debitore inadempiente, nel fallimento fiscale si è autorizzata la dichiarazione di fallimento per obbligazione che non è commerciale nè per l'una nè per l'altra parte.

Contrariamente a quanto è stato detto nella Relazione più volte qui richiamata, non esitiamo ad affermare che non è vero che il falli-mento facilita la riscossione dell' imposta e che, anche perchè il contri-buente fallito viene posto in condizione di non poter più liberamente esplicare la sua attività di commerciante, industriale o mediatore, il fallimento torna di danno allo stesso erario.

Quanto poi alle ragioni di necessità, di attribuire al provvedimento un « valore morale preventivo » nella speranza di rendere meno fre-quenti i tentativi di evasione, i fatti si sono troppo bene incaricati di smentire gli errati concetti del relatore.

Ma con tutto ciò pensiamo che quand'anche si fosse ritenuta neces-saria la sanzione del fallimento fiscale nell' interesse dell'erario, il legislatore non avrebbe dovuto pretendere di farlo rientrare nell'appli-cabilità del Libro Terzo del Codice di Commercio (come appare chiara-mente dalla Relazione e dall'art. 31 del Testo Unico 9 giugno 1918, n. 857, che, fra l'altro, richiama anche l'art. 687 Cod. Comm.); se mai. avrebbe dovuto estendere il fallimento (concorso) anche ai non com-mercianti debitori morosi dell'imposta sui profitti di guerra, ed al fallimento fiscale avrebbe dovuto applicare solo quelle norme del Codice di Commercio che non sarebbero risultate in contraddizione con la nuova specialissima disposizione. La gravità di questa non sarebbe stata così diminuita, ma almeno non si sarebbero distratte, ai fini fiscali, le basi su cui poggiano principi indiscussi ed indiscutibili.

Lungi da questi criteri, il legislatore neppure ha creduto di percor-rere fino in fondo la via tracciatasi.

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agli atti per mezzo dei quali si costituisce o si scioglie la sua società domestica e all'obbligo della tenuta regolare dei libri.

Sicché, in complesso, ci ha creato questa ibrida figura : contribuente commerciante solo nei riguardi dello Stato e solo per l'obbligazione derivante dal debito d'imposta sui profitti di guerra (debito ritenuto commerciale), sottoposto soltanto a due obblighi legali del commer-ciante (salvo il caso che si tratti di mediatore) e non agli altri!

Soffermiamoci ancora un istante ad esaminare la Relazione. Da essa appare che il fallimento mira a punire il debitore che, con mezzi ille-citi, abbia cercato di sottrarsi al pagamento dell' imposta : è cioè una sanzione penale. Ora, ammettere il fallimento quale sanzione penale significa nient'altro che snaturare il principio giuridico dell'istituto. Il fallimento non ha mai avuto tale carattere, forse neppure quando gli statuti dei nostri Comuni, ad esempio quello di Bologna, stabilivano che, perdurando la contumacia del fallito, ove fosse caduto nelle mani di un Uffiziale del Comune, venisse « apicato per la gola » ! Il falli-mento, sono parole del Bolaffio, « è principalmente misura cautelare del credito sociale di cui intende evitare e reprimere gli abusi e i turba-menti » : nel caso nostro invece diventa pena. Nè ciò basta, poiché si è anche creato un equivoco che più tardi non mancherà di produrre le immancabili conseguenze. Mentre, come abbiamo visto, il relatore del decreto ha inteso il fallimento quale mezzo di repressione della frode, del dolo, del raggiro illecito, nel testo del decreto stesso il legislatore neppure lontanamente ha accennato a questi precisi intenti; per il legislatore, che il contribuente sia fraudolento o non lo sia, non conta nulla: è sufficiente che non paghi; e se anche non paga, non perchè non vuole, ma perchè non può pagare, per essere magari vittima di accertamenti pazzeschi, non importa nulla: fallisca!

Può ritenersi il fallimento fiscale un valido mezzo per assicurare il pagamento dell'imposta?

a) Risultato del fallimento è appunto, com' è detto nella Relazione, quello di mettere il contribuente fallito nella « condizione di non poter più liberamente esplicare la sua attività di commerciante, industriale o mediatore », cioè di immobilizzarlo. Ma non si deve dimenticare che il credito dello Stato per l'imposta sui profitti di guerra, in forza del-l'art. 1957 Codice Civ.4e degli articoli 62 e 63 della legge sull'imposta

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