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La riduzione delle emissioni: una possibile convergenza tra obiettivi nazionali e piani regionali

CAPITOLO 4 : IL GOVERNO DEL SISTEMA ENERGETICO TRA ESIGENZE LOCALI ED OBIETTIVI NAZIONALI

4.1 Il ruolo delle Regioni nel governo del sistema energetico

4.4.1 La riduzione delle emissioni: una possibile convergenza tra obiettivi nazionali e piani regionali

Il ruolo delle Regioni ha assunto in questi ultimi anni un peso sempre più rilevante nei processi di attuazione della politica energetica ed ambientale. Sembra quindi ineludibile il coinvolgimento delle Regioni all’interno di un progetto per il raggiungimento di un obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni. È sulla base di questa considerazione che è stata sviluppata una proposta di metodo attraverso la quale perseguire due diverse finalità.

La prima finalità consiste nel definire uno strumento di monitoraggio dell’intervento della Regione e di responsabilizzazione delle amministrazioni locali nell’attuare le misure di riduzione dei gas serra definite e finanziate a livello statale quantificando, in prima battuta, quanto è legittimo attendersi dalle singole Regioni a fronte delle politiche e misure introdotte a livello nazionale. La seconda finalità prevede, invece, una maggiore responsabilizzazione delle Regioni nell’attuare, in determinati settori responsabili delle emissioni di gas serra, politiche di riduzione autonome ed addizionali a quelle definite a livello centrale. Mentre nel primo caso l’obiettivo è quello di monitorare l’intervento della Regione nell’esecuzione di una politica centrale, nel secondo, la Regione diventa, per quanto di sua competenza, partecipe alla definizione della politica nazionale di riduzione di gas serra attraverso l’elaborazione e l’introduzione di strumenti autonomi, in base ad un obiettivo concordato a livello centrale. Le direttive europee, trasposte negli ordinamenti nazionali, in tema di energia ed emissioni climalteranti sono spesso caratterizzate dalla presenza di obiettivi nazionali di diffusione di tecnologie (fonti rinnovabili e cogenerazione); di aumento dell’efficienza energetica, o di riduzione diretta di emissioni di gas serra (direttiva ETS). Di queste la direttiva ETS assegna agli stati nazionali un obiettivo vincolante di riduzione dei gas serra, mentre le altre direttive forniscono unicamente obiettivi indicativi. La direttiva ETS impone agli stati nazionali di identificare un livello massimo di emissioni di CO2 di particolari settori almeno sino al 2012.

Con il recepimento di tale direttiva le misure di riduzione sono contestuali alla stesura dei Piani nazionali di allocazione che, identificando delle quote massime di assegnazione di diritti di emissione, determineranno per forza di cose il rispetto degli obiettivi quantitativi prefissati. Per le altre politiche e misure, l’assenza di un vincolo e di uno strumento che quantifichi di per sé gli obiettivi, fa sì che gli stati nazionali spesso adottino provvedimenti di promozione o incentivazione generici non finalizzati ad obiettivi quantitativi concreti. Proprio l’assenza di obiettivi nazionali quantitativi di lungo periodo determina un’incertezza a livello regionale nella predisposizione dei piani energetici, che dovrebbero essere un’effettiva base di partenza per la politica energetico-ambientale. In molti casi le Regioni traspongono direttamente nei loro piani gli obiettivi indicativi di livello amministrativo superiore saltando, ovvero sostituendo, la sintesi nazionale. Questo avviene, ad esempio, quando una Regione adotta un obiettivo di riduzione

16 delle emissioni pari a quello nazionale3 o identifica come obiettivo di promozione delle rinnovabili quello riportato nella direttiva 2001/77/CE4. È evidente come questi obiettivi non possano essere realistici: è impossibile, ad esempio, per una Regione esportatrice netta di energia elettrica rispettare un obiettivo di riduzione delle emissioni del 6,5% nel momento in cui per la direttiva ETS agli impianti di generazione localizzati nel suo territorio vengano assegnate quote di emissione che ne consentono un aumento del 10%. Attraverso un simile meccanismo la somma degli obiettivi assunti dalle Regioni in coincidenza con quelli che discendono dalle direttive europee non potrà mai coincidere con gli obiettivi nazionali e la presenza di politiche e misure a livello europeo e nazionale, determinerà di per sé una dinamica delle emissioni a livello regionale, indipendentemente dall’azione di questo livello amministrativo.

L’approccio metodologico

Le Regioni, le Province e i Comuni hanno lavorato molto in tema di energia producendo piani d’azione ai diversi livelli d’amministrazione. Per individuare una strada attraverso cui verificare quanto questo lavoro coincida con gli obiettivi nazionali e viceversa quando e come gli obiettivi nazionali possano trovare soluzione nell’azione locale, viene qui descritta una proposta di metodo. Un’ipotetica divisione regionale degli obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni climalteranti necessita evidentemente di una fase di concertazione e di condivisione delle metodologie di calcolo. Con questa proposta si intende esplorare la problematica specifica e tracciare linee di intervento ed elementi di metodo per valutare la possibilità di intraprendere un processo di suddivisione degli oneri tra i diversi livelli della pubblica amministrazione.

Sulla base dei dati disponibili a livello regionale, e delle indicazioni a livello centrale, si è costruita un’interfaccia tra livello centrale e strumenti d’implementazione a livello locale attraverso tre fasi successive che hanno riguardato:

- l’estrazione dai bilanci regionali dei dati energetici e di emissione di CO2 per i diversi settori;

- la quantificazione delle emissioni regionali regolate da strumenti nazionali e sopranazionali di riduzione come l’ETS per specifici settori industriali individuando le implicazioni nei bilanci regionali di meccanismi di regolazione sopranazionali;

- l’individuazione di una possibile divisione degli obiettivi nazionali per il settore dei consumi civili e dei trasporti attraverso una divisione degli oneri a livello regionale.

In questa analisi vengono proposti i dati dei Bilanci Energetici Regionali5 (BER) del 2003, scelto come anno base di riferimento sul quale calcolare gli obiettivi regionali di riduzione delle emissioni (la scelta dell’anno è evidentemente ininfluente rispetto alle finalità di carattere metodologico di questa analisi). Le variabili energetiche più rilevanti per un’analisi energetico ambientale riguardano, in questo caso, i consumi finali di energia disaggregati a livello regionale e per settore.

La tabella relativa al consumo interno lordo regionale (tabella 4.5) si riferisce a tutte le attività energetiche sul territorio e pertanto le variazioni dei consumi scontano in modo particolare l’evoluzione delle attività industriali. Da sottolineare come nei bilanci relativi al consumo interno lordo sia inclusa la domanda energetica degli impianti di generazione termoelettrica ovvero di trasformazione e successivo bilancio import-export regionale. Infatti la metodologia proposta parte da un bilancio energetico ambientale regionale inclusivo dei consumi ed emissioni derivanti dalle attività di generazione termoelettrica, indipendentemente dalle dinamiche di import-export. Tale approccio, d’altra parte, ricalca quello adottato nella definizione degli obiettivi di Kyoto a livello internazionale e nella definizione del burden sharing europeo In tabella 4.6 sono riportate le variazioni 1990–2003 dei i consumi finali di energia per Regione. Nella tabella 4.8 vengono riportate le emissioni di CO2 per i più importanti settori dei bilanci energetici regionali.

3 -6,5% al 2012 rispetto all’anno di riferimento 1990

4 La diretta prevedeva per l’Italia che le fonti rinnovabili coprissero il 25% della generazione elettrica.

5 Dati di sintesi sui bilanci regionali il sono contenuti nel volume Dati del Rapporto

17 Tabella 4.6 - Consumi interni lordi di energia per Regione. Anni 1990 e 2003 (ktep)

1990 2003 Variazione

Friuli V. Giulia 4021 5.614 39,62%

Liguria 5974 5.741 -3,90%

Tabella 4.7 - Consumi finali di energia per Regione. Variazioni 1990–2003 (ktep)

1990 2003 Variazione

Friuli V. Giulia 2760 3.823 38,51%

Liguria 3179 3.292 3,55%

18

Tabella 4.8 - Emissioni regionali di CO2 per settori. Anno base 2003. (ktCO2) Termoelettrico TrasportiCivile Industria Settore energia Agricoltura Totale Regioni Kt % kt % Kt % Kt % Kt % kt % kt % Italia Piemonte 4.087 12,6 8.415,7 26,0 9.546,1 29,5 9.158,5 28,3583,3 1,8 603,6 1,9 32.394,5 7,3 Valle d'Aosta 1 0,1 488,4 39,3 635,4 51,2 113,3 9,1 0,0 0,0 3,2 0,3 1.241,4 0,3 Lombardia 13.902 20,1 20.432,3 29,5 19.064,9 27,6 13.849,9 20,0817,6 1,2 1.088,1 1,6 69.154,8 15,5 Trentino A. A.176 3,2 2.517,0 45,7 1.808,4 32,9 880,0 16,01,2 0,0 121,4 2,2 5.504,0 1,2 Veneto15.832 37,0 10.097,5 23,6 7.809,5 18,3 7.888,8 18,5469,8 1,1 638,7 1,5 42.736,1 9,6 Friuli V. Giulia5.276 38,8 2.353,2 17,3 1.889,5 13,9 3.700,5 27,2231,1 1,7 139,4 1,0 13.589,2 3,0 Liguria 10.229 53,2 2.886,7 15,0 2.556,6 13,3 2.550,4 13,3742,7 3,9 267,2 1,4 19.233,1 4,3 Emilia Romagna 8.802 22,4 11.599,6 29,5 9.240,8 23,5 8.356,8 21,3114,3 0,3 1.147,8 2,9 39.261,8 8,8 Toscana 9.115 30,2 8.275,5 27,4 5.188,4 17,2 6.032,2 20,01.222,0 4,0 363,3 1,2 30.196,9 6,8 Umbria1.904 26,2 2.082,1 28,6 951,2 13,1 2.168,2 29,85,1 0,1 157,7 2,2 7.268,3 1,6 Marche699 8,2 3.732,0 44,0 1.670,9 19,7 1.577,1 18,6528,6 6,2 272,1 3,2 8.479,4 1,9 Lazio 16.488 39,3 15.657,4 37,3 6.964,2 16,6 1.958,2 4,7 392,7 0,9 475,7 1,1 41.935,8 9,4 Abruzzo 1.203 15,8 3.087,1 40,5 1.445,7 19,0 1.633,8 21,519,40,3 223,7 2,9 7.613,0 1,7 Molise 398 23,4 533,3 31,3 228,5 13,4 471,9 27,70,0 0,0 71,44,2 1.703,0 0,4 Campania 1.538 9,4 8.836,4 54,2 2.641,1 16,2 2.756,5 16,962,60,4 477,9 2,9 16.312,5 3,7 Puglia 23.283 48,9 7.047,3 14,8 2.814,2 5,9 13.377,4 28,1713,4 1,5 1.139,0 2,4 47.590,6 10,7 Basilicata467 17,9 909,4 34,9 474,2 18,2 610,7 23,414,50,6 128,9 4,9 2.604,3 0,6 Calabria 3.738 43,7 3.066,4 35,9 796,2 9,3 710,6 8,3 51,60,6 184,0 2,2 8.546,6 1,9 Sicilia 12.188 33,8 8.614,0 23,9 1.774,2 4,9 4.860,8 13,57.996,7 22,2 610,0 1,7 36.043,4 8,1 Sardegna 5.877 39,6 3.883,9 26,2 879,3 5,9 3.345,5 22,5572,5 3,9 279,0 1,9 14.836,7 3,3 Italia 135.202 30,3 124.515,127,9 78.379,3 17,6 86.001,1 19,314.539,0 3,3 8.392,1 1,9 446.245,6100,0 Fonte: elaborazione su dati di origine varia

19 Con riferimento alla tabella 4.8 analizziamo in dettaglio i dati riportati con riferimento ai principali settori:

- termoelettrico e industria: questi settori, responsabili per circa il 40% delle emissioni nazionali, vengono accorpati e trattati nel paragrafo dedicato al ruolo dell’ETS per determinare i livelli futuri di emissione. In questa parte del lavoro saranno esposte le implicazioni nella lettura e comprensione dei bilanci regionali derivanti dall’introduzione di un meccanismo di regolazione ambientale in un mercato sopranazionale.

- trasporti e civile: per questi settori viene ipotizzato un ruolo centrale da parte delle Regioni.

Per tali settori ci troviamo infatti in presenza di sistemi d’incentivazione elaborati a livello centrale ma in assenza di politiche e misure finalizzate al raggiungimento di obiettivi quantitativi certi, come al contrario intrinseci all’applicazione della direttiva ETS. Nei paragrafi dedicati a questi settori viene pertanto proposta un’ identificazione di target di riduzione vincolanti per Regione. Gli obiettivi sono individuati in base ad indicatori molto semplici che servono da pretesto per valutare il ruolo delle Regioni tra strumenti nazionali di politica energetica già esistenti e necessità di ulteriori interventi.

Dall’analisi del quadro regolatorio dei sistemi energetici ambientali dei paesi dell’UE si vede come parte delle politiche e misure di rilevanza nella regolazione dei sistemi energetici e orientate alla riduzione delle emissioni di gas serra sono introdotte negli stati nazionali da direttive adottate a livello comunitario. A questo proposito è possibile identificare tre nuclei legislativi a forte impatto nelle politiche energetiche ed ambientali.

Un primo nucleo, nella cornice delineata dalla direttiva 2003/54/CE di riforma dei mercati elettrici comunitari, mira a regolare il settore della produzione elettrica; si tratta della:

- direttiva 2001/77/CE sulla promozione delle energie rinnovabili, - direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione,

- direttiva 2003/87/CE che introduce un meccanismo di ET per alcuni settori industriali, tra cui il settore termoelettrico

Un secondo nucleo relativo alla regolazione sul lato della domanda di energia - direttiva 2002/91/CE sulla efficienza energetica negli edifici

- direttiva 2005/32 sull’ecodesign per i prodotti energetici

- direttiva 2006/32/CE per la promozione dell’efficienza energetica negli usi finali Un terzo nucleo relativo alla diminuzione delle emissione del settore trasporti

- accordo volontario per la riduzione delle emissioni con produttori di automobili in EU, Giappone e Korea

- 2003/30/CE direttiva sull’uso dei biocombustibili nel settore dei trasporti

Di cornice alle misure elencate è importante ricordare la direttiva sulla fiscalità dei prodotti energetici nell’ambito dell’Unione europea 2003/96/CE, che pur diluita in numerose deroghe concesse agli stati nazionali identifica un quadro di riferimento per la fiscalità energetica comunitaria.

A loro volta le direttive sono trasposte o verranno trasposte nell’ordinamento nazionale.

Il primo nucleo ed in particolare la direttiva sull’ET che rappresenta un livello più alto di regolazione (la direttiva di promozione delle rinnovabili e della cogenerazione rappresentano infatti strumenti per facilitare il rispetto della direttiva sull’ET) determineranno i meccanismi di regolazione nei settori industriali.

Il secondo ed il terzo nucleo verranno intesi come strumento di supporto alle politiche regionali per il perseguimento di obiettivi di riduzione dei settori di riferimento, domanda energetica civile e da trasporti. Rimangono esclusi dall’analisi i consumi afferenti alle attività industriali non comprese nella direttiva ET nonché le emissioni da attività agricola.

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Tabella 4.9 - Quantificazione dell’ET nei bilanci regionali (ktCO2) 20052006200720082009201020112012 Piemonte32395106831199912741124751082810734106561048310336 Valle D'Aosta1241262323231919191919 Lombardia69155302032947327307267053130530479296792854127951 Trentino A.A.5504767791791791781783783783783 Veneto42736179561861817022169051657316106155511468714534 Friuli V. Giulia13589647069756581656875187091675261505985 Liguria192331100411985117961171089288498808276277236 Emilia Romagna39262124621425513300129701303512735124291239512114 Toscana30197125201284111801117961069010221963883228445 Umbria7268528151765083503051135028494548574778 Marche8479329033273289326816281623161816131609 Lazio419361518692847314717113237118081074185878266 Abruzzo7613272725462534252721932182235323922408 Molise1703155412371210119626162544247224002407 Campania16313312630992763272824762454243424092392 Puglia47591423653921539097390973695935743346563339333698 Basilicata260412911060103510219949949949941021 Calabria8547355922151518151849134689448142224049 Sicilia36043278642610823909237442253121066200281770917526 Sardegna14837157291486914496144961353612816122291124310921 Non assegnati*69365765765797197197610011007 446246 [1] Per alcuni impianti non è stato possibile identificare la regione di esercizio.

179827177487

Emissioni effettive CO2 settori inclusi nella direttiva 2005

Allocazione quote di emissione dei settori inclusi nella direttiva Totale Italia224757215752204268202395206846198585191517

Emissioni totali Regione anno base Fonte: elaborazione su dati di origine varia

21 4.4.2 Emission Trading: le emissioni del settore industriale a livello regionale

L’esempio più evidente di difficoltà a fare coincidere piani regionali di riduzione delle emissioni con la somma nazionale è fornito dall’applicazione della direttiva ETS.

Come noto tale direttiva assegna alle singole installazioni industriali un numero massimo di quote di emissione. Il totale delle quote assegnate centralmente dal Ministero dell’Ambiente di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico rappresenta l’obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni assegnato a questi settori. In particolare il secondo Piano Nazionale di Assegnazione (NAP2), consegnato per l’approvazione della Commissione Europea nel dicembre 2006, distribuisce nel periodo 2008-2012 un numero massimo di quote di 209 milioni di tonnellate. Tale quota determinerà necessariamente una riduzione contabile del 14% rispetto alle emissioni del 2005.

Il meccanismo ETS, in quanto meccanismo di mercato, non determinerà necessariamente una pari riduzione delle emissioni effettive nei singoli impianti ma un rispetto “contabile” degli obiettivi nazionali. L’impianto che abbia ecceduto la quota d’emissione a lui assegnata potrà infatti acquistare diritti di emissione da altri impianti nel mercato europeo. Un impianto termoelettrico umbro potrà dunque emettere - a seconda della sua convenienza economica a farlo e senza alcuna contraddizione nel funzionamento del meccanismo – anche il doppio delle quote assegnate senza che - al di là di violazioni della regolazione ambientale locale - la Regione Umbria possa fare nulla. In questo modo, evidentemente le aspettative regionali sarebbero facilmente deluse.

In particolare il NAP2 allocando un numero insufficiente di quote d’emissione agli impianti CIP66, che tuttavia grazie alle tariffe protette non modificheranno i loro piani di produzione in relazione agli obiettivi nazionali di riduzione di CO2, determinerà una forte discrepanza tra il valore di assegnazione di quote di CO2 regionale e l’effettiva emissione del settore termoelettrico. Lo strumento di ET, infatti, fa sì che l’obiettivo di riduzione sia rispettato complessivamente a livello europeo, indipendentemente dal comportamento del singolo impianto. A fronte della copertura da parte dell’impianto delle quote “extra” i crediti acquistati verranno detratti dall’obiettivo nazionale di riduzione dei gas serra. A livello nazionale dunque per i settori regolati dal meccanismo di ET non ci sarà alcun problema di rispetto degli obiettivi (ma questa considerazione viene spesso trascurata nella redazione dei piani regionali).

Per fare un altro esempio facciamo il caso di un’acciaieria lombarda a cui vengono assegnate 100 quote di emissione per ciascun anno nel periodo 2008-2012. Tale volume di emissioni rientra nell’obiettivo complessivo di assegnazione di 209 Milioni di tonnellate a livello nazionale. L’acciaieria tuttavia, avendo accresciuto la propria produzione nello stesso periodo, emetterà un volume di CO2 pari a 120 quote. 20 quote le acquisterà da una cartiera polacca.

Dal registro delle emissioni nazionali italiano verranno detratte 20 quote che si aggiungeranno al registro polacco. L’acciaieria lombarda ha infatti acquistato al prezzo di mercato diritti di emissione da un altro paese ottemperando pienamente alle regole del meccanismo dell’ET. In conclusione la Lombardia si ritrova con 20 tonnellate di troppo. In un’ottica regionale la presenza di un’installazione industriale inclusa nel meccanismo di ETS risulta difficilmente inquadrabile in un obiettivo di riduzione delle emissioni. Non ha dunque senso che il piano regionale individui obiettivi di riduzione assoluta per i settori industriali compresi nell’ET dal momento che la regolazione del settore si attua attraverso un meccanismo flessibile di natura sopranazionale. L’attività regionale potrebbe meglio finalizzarsi attraverso un’azione diretta alle imprese soggette alla direttiva per facilitarle nella riduzione delle emissioni, anche in relazione a obiettivi ambientali paralleli (tutela acqua, diminuzione emissioni ad impatto locale, ecc.) e usufruire delle opportunità economiche annesse al meccanismo dell’ET. È dunque evidente che, nel momento in cui si voglia accompagnare la redazione di piani regionali con obiettivi di riduzione delle emissioni, sia opportuno escludere dai bilanci i settori inclusi nella direttiva dell’ET e trattare tali settori all’interno di politiche complementari agli strumenti nazionali.

La somma delle quote assegnate nei piani di allocazione nazionali per il periodo 2005-2007 e 2008-2012 distribuite per Regione determina l’obiettivo nazionale. Le tabelle 4.8 e 4.9

6 Il NAP2 assegna agli impianti CIP6 nel periodo 2008-2012 circa 3,5 milioni di tonnellate di CO2 anno contro le circa 28 milionoi di tonnellate del periodo 2005-2007. Questo significa che il settore termoelettrico emetterà circa 20-25 milioni di tonnellate in più di quanto distribuito agli impianti con il piano nazionale d’allocazione.

22 riportano il dettaglio per Regione dei settori inclusi nella direttiva ET. I valori non riportano evidentemente le quote di emissioni destinate alla riserva che avranno una distribuzione regionale a seconda della realizzazione di nuovi impianti negli anni futuri. Dall’osservazione delle tabelle è possibile verificare come, a seconda del peso e della concentrazione industriale nelle diverse Regioni, gli obiettivi di riduzione delle emissioni siano già perseguiti attraverso un meccanismo di natura sopranazionale.

Figura 4.1 - Emissioni anno base (2003) e meccanismo dell’ET a livello regionale. Anno 2005 (ktCO2)

0 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 40.000 45.000

Piemonte Valle D'Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna

emissioni 2003 quote assegnata quote verificate

Fonte: elaborazione su dati di origine varia

Come illustra la figura 4.1 vi sono delle sostanziali differenze tra i livelli di quote assegnate agli impianti oggetto della direttiva sull’ET e le quote verificate, ovvero le emissioni effettive degli impianti stessi. L’emissione effettiva dell’impianto è determinata da logiche nazionali o sopranazionali a seconda dei mercati di riferimento. Ad esempio in Lazio e Puglia è riscontrabile un marcato surplus di emissioni rispetto alle quote allocate, determinate dalle attività del settore termoelettrico nel 2005, e soggette ad eventi congiunturali non controllabili a livello regionale, come,ad esempio, la siccità che ha ridotto la produzione idroelettrica nel nord d’Italia e l’emergenza gas che ha vincolato gli impianti ad un maggiore ricorso all’olio combustibile. In Toscana, Veneto e Piemonte, la differenza riscontrabile in relazione alle emissioni del settore industriale nel 2003 è determinato da una differente composizione del settore produttivo orientato in settori industriali non compresi nella direttiva 87/2003 o perché non rientranti nelle tipologie industriali o perché di grandezza inferiore ai requisiti minimi della direttiva. Nei bilanci regionali che vogliano essere comprensivi di tali settori, andranno contabilizzate le emissioni in relazione alle quote allocate e non le quote di emissione effettive dal momento che le differenze registrate di anno in anno verranno compensate dagli operatori attraverso l’acquisto di crediti di emissione da altri operatori, nazionali o europei.