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Nel 1985 è uscito The Handmaid’s Tale, una delle opere più note e riuscite di Margaret Atwood, grazie alla quale l’autrice ha vinto il suo secondo Governor General’s Award,

l’Arthur C. Clarke Science Fiction Prize e il Los Angeles Times Fiction Prize.167

Il genere nel quale inserire The Handmaid’s Tale è stato da molti associato a quello della soft science-fiction, in particolare il versante della distopia. Questa definizione non ha però incontrato la piena approvazione della Atwood, che, ad esempio in un’intervista per il Guardian del 2003, ha sottolineato come qui non si parli di luoghi ignoti e fantasiosi, di eventi straordinari e imprese irrealizzabili nel presente, di astronavi, di teletrasporto, di alieni o di mostri. Più che alla fantascienza, vari dei suoi romanzi apparterrebbero alla narrativa speculativa (speculative fiction), ovvero a un genere che si richiama a circostanze e contesti credibili, con un evidente ancoraggio al panorama sociale. Oltre a privilegiare l’aggettivo “speculative”, l’autrice ha inoltre introdotto un nuovo termine:

Ustopia is a world I made up by combining utopia and dystopia – the imagined perfect society and its opposite – because, in my view, each contains a latent version of the other. In addition to being, almost always, a mapped location, Ustopia is also a state of mind, as is every place in

literature of whatever kind. […] In literature, every landscape is a state of mind, but every state of

mind can also be portrayed by a landscape. And so it is with Ustopia.168

La Atwood pare dunque tentare di individuare un punto di equilibrio tra immaginazione e vissuto, esistenza materiale e voli della mente. Inoltre, la sua predilezione per la narrativa speculativa è motivata dalla possibilità di esplorare le tematiche che le sono più care in modi che il romanzo realistico tradizionale non potrebbe consentirle; la sua “finzione”, cioè, non è totalmente frutto di fantasia e inventiva, ma prende spunto anche a partire da fatti reali, come lei stessa afferma in un interessante saggio:

167The Handmaid’s Tale viene pubblicato per la prima volta nel 1985 in Canada da Mclelland & Stewart,

Toronto. L’anno seguente esce anche in Inghilterra (Jonathan Cape, London) e negli Stati Uniti (Houghton

Mifflin, Boston). È stato regolarmente ristampato dalla Virago Press Ltd a partire dal 1987. Quest’ultima è

l’edizione qui utilizzata. Per la stesura di questa parte, si è fatto riferimento a C. A. Howells, Margaret

Atwood, Macmillian, London 1996, pp. 64-127.

168Cfr. https://www.theguardian.com/books/2003/aug/24/margaret-atwood-interview, consultato in data 02-

It’s set in a near future. In a United States which is in the hands of a power-hungry elite who have used their own brand of “Bible-based” religion as an excuse for the suppression of the majority of the population. It’s about what happens at the intersection of several trends, all of which are with us today: the rise of right-wing fundamentalism as a political force, the decline of the Caucasian birth rate in North America and northern Europe, the rise in infertility and birth- defect rates, due, some say, to increased chemical pollutant and radiation levels, as well as to sexually transmitted diseases169.

Apparirebbe dunque fuorviante definire la Atwood una scrittrice di fantascienza poiché, come ella ha più volte sottolineato, il romanzo non tratta di temi o paradigmi avulsi dalla realtà. Esso muove piuttosto una critica sociale al clima degli anni Ottanta: nel 1981, quando iniziò a concepire il libro, l’autrice raccolse informazioni e articoli di giornale concernenti una vastissima rosa di argomenti sociali, storici e a sfondo umanitario, includendo questioni legate al femminismo, a bio-etica e procreazione, a violenza di genere, eccessi di nazionalismo, problemi ambientali, fanatismo religioso. The Handmaid’s Tale assume una fisionomia più inquietante se letto con la consapevolezza che rappresenti anche una trasposizione della nostra realtà, proiettata in un futuro distopico.

La scrittura atwoodiana si affianca qui più a 1984 (1949) di George Orwell che a Star Trek: con Orwell (e i molti scrittori che hanno seguito la sua scia), Margaret Atwood condivide infatti la scelta che potenzia il vettore distopico, ovvero la descrizione di una società immaginaria, spaventosa e ambientata nel futuro, nella quale le scelte politiche e gli sviluppi sociali e tecnologici corrispondono a un’esasperazione di quelli individuabili nell’attualità, ma spinti alle più estreme conseguenze. In modo più specifico rispetto alla fantascienza, la distopia amplifica in chiave immaginaria e metaforica gli aspetti negativi di un determinato periodo storico e mostra come il loro acuirsi e il loro essere sottovalutati possano effettivamente portare a terrificanti conseguenze. Uno dei fini di questo genere letterario sarebbe la riflessione sul presente, sulla contemporaneità e sulle singole scelte quotidiane che possono influire, positivamente o negativamente, sul mondo.

Per distopia (o antiutopia), si intende dunque l’evocazione di una società indesiderabile sotto tutti i punti di vista, cosicché i testi distopici suonano come un avvertimento su possibili conseguenze apocalittiche. La differenza rispetto all’utopia170risiede quindi nel

169M. Atwood, “The Handmaid’s Tale – Before and After”. Si tratta di un saggio inedito che si trova, con

altri manoscritti dell’autrice, nella Fisher Rare Book Room dell’Università di Toronto. Cfr.

https://oneclass.com/class-notes/ca/western/eng/eng-2060e/97418-unit-4-atwood-lecture.en.html, consultato in data 19-07-18.

170La nascita della tradizione del genere utopico nella cultura occidentale può esser fatta risalire ai tempi

fatto che la distopia si tinge di tonalità cupe e molto meno idealizzate, con società futuristiche rette da regimi totalitari dove dominano terrore, censura, violenza, alienazione e corruzione. Questo genere di romanzi enfatizza e porta agli estremi le opposizioni binarie fra l’individuo e la società, fra la sfera privata e quella pubblica, fra i sentimenti e la ragione, fra l’illusione e la realtà; Krishan Kumar li definisce “imaginary places and accordingly futile to seek out, that nevertheless exist tantalisingly (or frighteningly) on the edge of possibility, somewhere just beyond the boundary of the real”.171

The Handmaid’s Tale è una speculative fiction che si inserisce nel filone della distopia dei totalitaristica ed è stato giudicato da molti critici come una delle opere più “forti” nel campo della narrativa femminile contemporanea. Come abbiamo già accennato, il modello distopico di società dipinto dalla Atwood richiama, per molti aspetti, il classico orwelliano: tanto The Handmaid’s Tale, quanto 1984, calano il lettore in mondi insensati, dominati da ideologie totalitarie che reprimono l’amore, la giustizia e la libertà, in cui l’uomo è vittima di una violenza e della sopraffazione mentale e fisica. Entrambi i romanzi si presentano dunque come una lucida critica a ogni forma di fanatismo, sia esso politico, religioso o morale. Il puritanesimo vigente a Gilead ci ricorda quello imposto nel superstato dell’Oceania dalla suprema autorità del Grande Fratello: nell’infernale mondo descritto da Orwell, così come nella Repubblica di Gilead della Atwood, l’erotismo e il piacere sessuale sono paventati dalle autorità. I matrimoni, che possono aver luogo solo con il consenso delle istituzioni dopo aver appurato che i contraenti non provano alcuna reciproca attrazione fisica, hanno come unico scopo quello della procreazione.

Anche il gesto del narrare ai posteri può ritenersi un ulteriore punto di contatto. Il protagonista della storia, Winston Smith, al pari di Offred, sente il bisogno di lasciare una testimonianza veritiera, raccontando nel suo diario i momenti cruciali delle sue esperienze, sperando che il documento possa essere ritrovato e servire da monito affinché orrori come quelli di cui si macchia la società retta dal Grande Fratello non si ripetano più nel futuro.

L’utopia e la distopia, che potremmo definire due facce della stessa medaglia, appartengono tradizionalmente a un genere codificato al maschile. Nel caso atwoodiano, abbiamo invece una “distopia femminista”, in cui è una donna a tirare le fila e ossrvare un mondo che rinnega i diritti umani. Dobbiamo però tenere a mente le sfaccettature e le peculiarità del pensiero della scrittrice canadese, rievocate nelle seguenti dichiarazioni legate al filtro finzionale:

171

I believe that fiction writing is the guardian of the moral and ethical sense of the community.

[…] fiction is one of the few forms left through which we may examine our society not in its

particular but in its typical aspects, through which we can see ourselves172.

The Handmaid’s Tale conserva tutt’oggi la sua attualità: storia, immaginazione e mito si fondono per sferrare una satira pungente contro i regimi totalitari, nella volontà di mettere a nudo, con tagliente ironia, gli eccessi di una società fortemente puritana che, dietro il bastione di tabù istituzionalizzati, avalla leggi estreme e criteri gerarchico-patriarcali che spesso vanno a scapito della figura femminile o degli emarginati.

Il romanzo è ambientato in un luogo che si presenta come un doppio fittizio di Boston, perché, come ha affermato la Atwood, “the States are more extreme in everything […] everyone watches the States to see what the country is doing and might be doing ten or fifteen years from now”.173 Di qui i richiami non solo sull’imperialismo economico e culturale degli Stati Uniti, ma anche e soprattutto al dominio che essi esercitano ancora oggi sull’immaginario canadese.

La scrittrice descrive Gilead (nome fittizio, ma di chiara ispirazione biblica) attraverso parallelismi che richiamano, appunto, una teocrazia di impianto puritano, sottolineando l’attivarsi di un circuito ripetitivo e deterministico nei percorsi storici. Appaiono interessanti, al riguardo, le parole di David Stouck:

As was the case in seventeenth-century Massachusetts, the Baptists and Quakers do not conform to the regime of Gilead and are being persecuted; particularly recalcitrant individuals are sent to the Colonies; in both societies the citizens, especially women, are subject to strict sumptuary laws; paranoia is induced in the populace as citizens are encouraged to spy on each other and participate in public executions; in both societies power is in the hands of a small, fervent elite and individuals have virtually no political rights, though seemingly governing themselves by consensus.174

La Atwood fa insomma leva sulle perniciose conseguenze derivanti dal diffondersi di ideologie conservatrici o dal degenerare di certi atteggiamenti politici dell’America degli anni Ottanta, con l’intento di aprire gli occhi sull’eventualità di un ritorno di un’etica intransigente e cieca: “she holds a mirror up to our times, one whose multiple refractions challenge our definition of reality and, more importantly, demand that we change those worlds in which we live”.175Come ha affermato più volte l’autrice stessa, questo è un libro

172M. Atwood, Second Words, cit., p. 346.

173M. Atwood, Conversations, Virago, Toronto 1992, p. 217. 174D. Stouck, Major Canadian Writers, cit., p. 292.

175

che punta l’obiettivo su scenari possibili, con atteggiamenti discriminanti assunti nei confronti delle donne, dei dissidenti e dei più deboli portati alla loro logica ed estrema conclusione. The Handmaid’s Tale sarebbe solo una traduzione iperbolica della realtà riguardante una fetta della società occidentale di fine Novecento.

Come la Atwood ha affermato in un’intervista, ad ispirare la storia è stato anche lo studio della presenza puritana in America:

The society in The Handmaid’s Tale is a throwback to the early Puritans whom I studied extensively at Harvard under Perry Miller, to whom the book is dedicated. The early Puritans came to America not for religious freedom, as we were taught in grade school, but to set up a society that would be a theocracy (like Iran) ruled by religious leaders, and monolithic, that is, a society that would not tolerate dissent within itself. They were being persecuted in England for being Puritans, but then they went to the United States and promptly began persecuting anyone who wasn’t a Puritan. My book reflects the form and style of the early Puritan society and addresses the dynamics that bring about such a situation.176

La sessuofobia che nel testo accomuna le classi dirigenti della Repubblica di Gilead, infatti, non affonda le sue radici tanto nella religione cattolica, quanto nella cultura protestante, come ben illustra l’articolo di Bruto Maria Bruti:

il cantico dei cantici, nella Bibbia, è un inno alla bellezza dell’amore spirituale e carnale degli

sposi, una contemplazione della bellezza e della sensualità del corpo della sposa e dei suoi particolari creati dal Signore, un inno al desiderio ardente degli sposi e al loro amplesso: tale

cantico è anche un’allegoria dell’amore fra Dio e l’uomo ed è altamente significativo che l’autore biblico ispirato da Dio si serva, come paragone, proprio dell’amore e del desiderio carnale degli

sposi, di cui sottolinea con forza la bellezza e l’importanza che rivestono nella creazione. Teologia e cultura protestante, purtroppo, hanno influenzato la cultura moderna e in certi casi questo ha determinato una pressione non indifferente sulla cultura cattolica, insinuando la peccaminosità di

ogni forma di piacere. Per i protestanti l’uomo non è stato ferito ma piuttosto distrutto dal peccato

originale: egli non può fare più niente di buono ed è completamente abbandonato alla tentazione del demonio. Per tali motivi, nella condizione terrena non c’è più niente di cui essere contenti:

gioia, piacere, godimento diventano espressione di un compiacimento dell’esistenza terrena che

non può essere che di origine demoniaca.177

Lo studioso ci ricorda poi come queste idee, sostenute in prima istanza da Lutero, trovassero successivamente spazio nel Calvinismo, per essere poi mutate all’interno del Puritanesimo. Bruti segnala inoltre che la visione distorta di una separazione netta tra sesso e amore e il dualismo corpo-spirito si sarebbero accentuati notevolmente e in modo

176

Cfr. https://www.penguinrandomhouse.com/books/6125/the-handmaids-tale-by-margaret- atwood/9780307264602/, consultato in data 18/08/2018.

177G. M. Bruti, “L’uso distorto dell’aggressività e della sessualità per costruirsi un’illusione di superiorità”,

Future Shock, n. 45, 2005, pp. 11-16. Cfr. http://www.futureshock- online.info/pubblicati/fsk45/html/bruti.htm, consultato in data 10-08-18.

preoccupante negli ultimi decenni. La Atwood pare insomma immaginare le logiche e terribili conseguenze che tali convinzioni potrebbero determinare in un futuro distopico.

Il nome della teocrazia patriarcale della Repubblica di Gilead178rimanda alla casa di Giacobbe nella Genesi; “Gilead” significa letteralmente “collina di testimonianza” nella Bibbia179, dove è possibile ritrovarlo anche come nome proprio associato a tre persone. Interessante, a tal proposito, è un articolo di Rick Scarce180in cui si fa luce sui vari rimandi metaletterari della parola ed alcune accezioni legate al toponimo “Giordania”, ovvero la regione montuosa ad est del fiume Giordano, citata più volte nelle Sacre Scritture. In ebraico, il termine significa “heap of stones”, e, per le sue caratteristiche di città-confine e roccaforte, Gilead si presta ad essere letta come uno stato tormentato dal fondamentalismo religioso e da principi patriarcali.

Quando l’autrice iniziò a pensare a The Handmaid’s Tale, nel 1981, consultò numerosi articoli di giornale che contribuirono a fornire spunti, in genere in rapporto a temi quali il femminismo, i dibattiti legati all’aborto o alla violenza contro le donne, ma anche su questioni ambientali o inerenti a razzismo, nazionalismo e fanatismo religioso. Tutto ciò rientrava in un perimetro che rispecchiava la società contemporanea “only slightly distorted to invent a nightmare future”181.

La Atwood immagina un mondo in cui sono portati all’estremo elementi di fondamentalismo cristiano, il dissesto ecologico, le epidemie, il calo delle nascite. Come ha sostenuto durante un’intervista, l’ispirazione per la stesura del libro è da connettersi a fatti realmente accaduti:

I clipped articles out of newspapers. I now have a large clippings file of stories supporting the

contentions in the book. In other words, there isn’t anything in the book not based on something

that has already happened in history or in another country, or for which actual supporting documentation is not already available.182

178Questo toponimo è stato ripreso anche in altri casi letterari: ad esempio, troviamo Gil’elad, una città del

Regno di Alagaesia, nel romanzo Eragon all’interno de “Il ciclo dell’eredità” di Christopher Paolini, e Gilead, la città natale di Roland Deschain, protagonista dei libri della saga The Dark Tower di Stephen King. Le città nominate “Gilead” con una reale identità geografica si trovano nella contea di Oxford e nella contea di Branch (Michigan). C’è poi un villaggio nella contea di Thayer in Nebraska e una città nell’area di Mogalakwena, in Sud Africa.

179

Cfr. Bibbia, Genesi 31:21 e 37:25.

180 R. Scarce, “Genesis Resurrected”, Futures, vol. 19, n. 4, August 1987, pp. 488-490. Cfr.

https://www.skidmore.edu/sociology/documents/ScarceCV-SociologySept17.pdf, consultato in data 13-08- 18.

181C. A. Howells (ed.), The Cambridge Companion to Margaret Atwood, Cambridge UP, Cambridge 2006,

p. 74.

182 Cfr. https://www.penguinrandomhouse.com/books/6125/the-handmaids-tale-by-margaret-

Uno dei punti di forza della narrativa della Atwood è poi la vena satirica. L’ironia, in una prosa che si confronta con avvenimenti drammatici, crea una sensazione di scioccante straniamento. La narrazione di Offred viene appunto registrata in questo stile caratteristico della prosa atwoodiana: brevi frasi al tempo presente, con pochissimi modificatori, oppure frasi più lunghe costruite secondo un criterio paratattico e momenti intensi di autocoscienza.183L'elemento metanarrativo è altresì di fondamentale importanza nel romanzo, così come quello intertestuale, se si pensa che lo stesso titolo dell’opera può leggersi come “handmaid’s tale”, richiamando il modello dei Canterbury Tales di Geoffrey Chaucer.

È come se la scrittura della Atwood entrasse in sintonia con la vita di Offred: scarna, essenziale, crudele. Offred, oltre ad essere la protagonista, è anche voce narrante, consapevole del potere della "parola" e padrona della power politics insita in ogni atto narrativo e testimoniale. Il racconto diventa così l'arma che le permetterà di riscattarsi. Al tempo stesso, il finale aperto dell’opera ci lascia con un inquietante senso di incertezza, poiché non sapremo mai cosa effettivamente succederà alla protagonista dopo la presunta fuga (o la cattura). Questo effetto di disorientamento è deliberato, come se la Atwood intendesse sfidare i lettori, invitandoli a riflettere non solo sulla condizione di Offred, ma soprattutto sulle similarità di Gilead con la nostrà società e, dunque, sull’eventualità che tutto ciò che di più crudele viene descritto nel romanzo possa veramente accadere. Questo finale aperto si presta a una varietà di possibili interpretazioni; un ulteriore percorso speculativo e polemico è poi tracciato grazie al paratesto, con la lettura tendenziosa che un certo Professor Pieixoto ci fornisce riguardo alla storia di Offred (nella sezione “Historical Notes”). Qui cala infatti un’ombra sull’elemento cruciale del racconto, ovvero la sua funzione testimoniale e lo statuto, i sentimenti e il valore delle valutazioni della protagonista.

Attraverso una lettura puntuale del romanzo, identificheremo quattro principali ambiti, ossia: la questione femminile, il punto di vista politico, la visione religiosa e il contesto ambientale. La Atwood intreccia questi temi attraverso il genere della narrativa distopica, della speculative fiction e della fictive autobiography, adottando una tecnica di tipo diaristico-testimoniale.

183Per una analisi approfondita sui tratti dello stile della Atwood, si consulti il saggio di R. Cluett, “Surface

Structures: The Syntactic Profile of The Handmaid’s Tale”, in Margaret Atwood: Language, Text and System, cit., pp. 67-90.