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Fin dalla fine degli anni ’90, con la riforma amministrativa (le cosiddette Leggi Bassanini), poi nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione, infine con il

Nel documento CORTE DEI CONTI ----------------- (pagine 69-77)

I CONTI PUBBLICI NEL CONTESTO EUROPEO

7. Fin dalla fine degli anni ’90, con la riforma amministrativa (le cosiddette Leggi Bassanini), poi nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione, infine con il

d.lgs. 23/2011 intitolato al federalismo fiscale, il nostro Paese ha intrapreso un lungo e complesso processo di riforma istituzionale, teso ad accrescere il grado di autonomia, anche finanziaria, dei livelli di governo locale. Come è noto, in Parlamento si trova ora in fase avanzata un progetto di riforma della Costituzione che investe nuovamente il rapporto fra i diversi livelli di governo.

E’ dunque sembrato utile condurre una rassegna di quanto è avvenuto, dal punto di vista limitato ma rilevante delle grandezze di finanza pubblica. E confrontare l’evoluzione italiana con quella degli altri principali Paesi continentali della UE.

In estrema sintesi, la conclusione può essere riassunta in una proposizione: la resilienza delle istituzioni è ben maggiore di quanto venga ipotizzato nel dibattito pubblico corrente.

Il rapporto fra spesa dei governi locali e totale della spesa pubblica nel periodo 2001-2014 è rimasto negli anni considerati sostanzialmente costante, in Italia come pure in Germania e Spagna. Solo in Francia, ove si registrava un livello di “centralismo” di partenza decisamente più elevato, il peso della spesa pubblica locale si è lievemente accresciuto.

Egualmente, in Italia le entrate dei livelli locali di governo continuano a costituire, oggi come al principio del processo di riforma, circa il 20 per cento delle entrate pubbliche totali (al netto del settore previdenza e assistenza sociale), e questo rappresenta il minimo fra i Paesi considerati. Pure stabile il rapporto in Germania, ma su livelli ben più elevati, intorno al 50 per cento. Negli altri due Paesi, seppure partendo da livelli diversi, si evidenzia invece un significativo aumento del peso delle entrate locali.

Finalità esplicita del processo di riforma era superare il meccanismo di finanza derivata, in modo tale da accrescere l’accountability dei livelli locali di governo. Questo obiettivo è stato sostanzialmente mancato. Così come nel 2001, ancora nel 2012 i livelli di governo locale in Italia per ogni euro speso incassavano meno di 50 centesimi; il meccanismo dominante continuava ad essere quello della finanza derivata. E’ pur vero che il rapporto in questione è lievemente aumentato fra l’inizio e la fine del periodo considerato, ma in un percorso con oscillazioni che non lasciano emergere una chiara linea di tendenza. Il Paese nel quale l’autonomia finanziaria del governo locale era maggiore nel 2001 era la Germania, che mantiene questa caratteristica anzi un po’ la accentua; raggiunta dalla Spagna, che partendo da livelli italiani raggiunge livelli tedeschi. Il governo locale in Francia che, come si è visto, assorbe una quota della spesa pubblica minore che altrove, gode di un livello di autonomia finanziaria simile a quello italiano, forse con una più visibile tendenza all’aumento.

Negli ultimi anni una parte consistente dello sforzo di politica di bilancio teso a ridurre la dinamica se non il livello della spesa pubblica si è concentrato su due aggregati: i redditi da lavoro dipendente e i consumi intermedi.

L’analisi condotta ha consentito di concludere che gli strumenti di coordinamento della finanza pubblica adottati dal nostro Paese sembrano aver funzionato in modo abbastanza simile nei diversi livelli di governo per quanto concerne la spesa per redditi da lavoro dipendente. Al contrario, per quanto riguarda i consumi intermedi, mentre l’efficacia degli strumenti utilizzati si registra evidente con riferimento al governo

centrale, l’obiettivo di contenimento di questo tipo di spese appare solo parzialmente conseguito dai Governi locali.

In definitiva emerge dall’analisi una situazione nella quale i processi di decentralizzazione e di spostamento degli enti territoriali da un meccanismo di finanza derivata a un meccanismo di autonomia finanziaria devono ancora trovare la loro realizzazione.

Appendice 1: Fondo europeo per gli investimenti strategici

Nella Comunicazione al Parlamento europeo “Un piano di investimenti per l’Europa”10pubblicata

il 26 novembre 2014, la Commissione europea ha proposto una iniziativa a livello dell’UE per rilanciare gli investimenti, crollati negli ultimi anni, a causa della grave crisi finanziaria e economica che ha colpito l’Europa.

Il piano è incentrato su tre filoni che si rafforzeranno a vicenda: mobilitare almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nei prossimi tre anni; garantire che questi investimenti aggiuntivi soddisfino i bisogni dell’economia reale; rafforzare la prevedibilità normativa e rimuovere gli ostacoli agli investimenti.

Il Piano intende conseguire tre obiettivi strategici correlati:

- invertire la tendenza al calo degli investimenti e contribuire al rilancio della creazione di posti di lavoro;

- soddisfare i bisogni a lungo termine dell’economia e migliorare la competitività;

- rafforzare nella dimensione europea il capitale umano, la capacità produttiva, le conoscenze e

le infrastrutture fisiche.

Per quanto riguarda il primo filone (mobilitare almeno 315 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi nei prossimi tre anni), il Piano prevede la creazione di un Fondo europeo per gli investimenti strategici, nell’ambito del gruppo Banca Europea degli Investimenti, mediante una proposta legislativa che dovrà essere adottata con procedura accelerata dal Parlamento europeo e da Consiglio, in modo tale da garantirne l’entrata in vigore entro giugno 2015.

Il 13 gennaio 2015, la Commissione europea ha proposto al Parlamento europeo e al Consiglio il “Regolamento relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn. 1291/2013 e 1316/2013”, che prevede: l’istituzione del Fondo, mediante un accordo tra Commissione e Banca europea per gli investimenti (BEI); la garanzia dell’UE e il Fondo di garanzia dell’UE, da cui attingere per pagare la BEI in caso di attivazione della garanzia dell’UE; la riserva di progetti di investimento europei; obblighi di informazione, rendicontazione e valutazione.

L’art. 1 della proposta autorizza la Commissione a concludere con la BEI un accordo sull’istituzione del FEIS che intende sostenere gli investimenti nell’Unione e offrire maggiore accesso ai finanziamenti alle imprese che contano un numero massimo di 3.000 dipendenti. L’accordo sul Fondo è aperto all’adesione degli Stati membri e, con il consenso dei contributori esistenti, anche all’adesione di altri terzi, tra cui banche di promozione nazionali (o enti analoghi) e soggetti privati. Il FEIS sarà dotato di un comitato direttivo (il numero dei membri e dei voti è assegnato in base all’entità del contributo corrisposto da ciascun contributore in contanti o sotto forma di garanzia) che ne deciderà l’indirizzo strategico; di un comitato per gli investimenti, composto da sei esperti del mercato indipendenti e dell’amministratore delegato, che si occuperà di esaminare le potenziali operazioni e di approvare il sostegno alle operazioni, quale che sia l’ubicazione geografica del progetto.

L’accordo sul FEIS istituirà anche il Polo europeo di consulenza sugli investimenti (EIAH), il quale offrirà consulenza per l’individuazione, la preparazione e lo sviluppo di progetti di investimento e fungerà da polo unico di consulenza tecnica sul finanziamento di progetti nell’Unione.

L’art. 4 della proposta prevede la costituzione di una garanzia dell’UE con un ammontare iniziale di 16 miliardi di euro (disponibile in toto dall’entrata in vigore del regolamento) a favore delle operazioni

di finanziamento e di investimento della BEI11. Tali operazioni devono andare a sostegno di una delle

priorità seguenti: sviluppo delle infrastrutture; investimenti nei settori dell’istruzione, sanità, ricerca, sviluppo, tecnologie dell’informazione e della comunicazione e innovazione; espansione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica; progetti infrastrutturali nei settori dell’ambiente, risorse naturali e

sviluppo urbano; PMI e imprese a media capitalizzazione12. Il sostegno può essere erogato direttamente

dalla BEI o tramite il FEI (Fondo europeo per gli investimenti, istituzione europea creata nel 1994, il cui scopo principale è quello di sostenere la creazione, la crescita e lo sviluppo delle piccole e medie imprese), che forniranno entrambi finanziamenti a elevata capacità di assorbimento del rischio finanziario in grado di indurre il settore privato a associarsi all’investimento (Secondo le stime della Commissione europea, il FEIS potrebbe raggiungere un effetto moltiplicatore complessivo di 1:15 in termini di

10

COM(2014)903 approvato dal Consiglio europeo del 18 e 19 dicembre 2014. 11

Nel preambolo del Regolamento (ma non nell’articolato) si afferma che la BEI fornirà un importo complessivo pari a 5 miliardi.

investimenti nell’economia reale grazie alla sua capacità di rischio iniziale, che consentirebbe di offrire finanziamenti aggiuntivi e di attirare un maggior numero di investitori13).

L’art. 8 prevede la costituzione di un fondo di garanzia, la cui dotazione dovrà raggiungere, entro il 2020, il 50 per cento degli obblighi totali di garanzia dell’UE (pari a 8 miliardi di euro). Il Fondo di garanzia è alimentato: dai pagamenti provenienti dal bilancio; dai rendimenti ottenuti dalle risorse del Fondo di garanzia investite; dagli importi recuperati dai debitori inadempienti. Nel periodo iniziale, l’importo obiettivo (pari a 8 miliardi di euro) è raggiunto mediante il versamento graduale delle risorse provenienti soltanto dal bilancio dell’UE.

La proposta di regolamento della Commissione (COM(2015)10) prevede, altresì, la costituzione di una riserva di progetti di investimento europei, che metta a disposizione degli investitori informazioni

trasparenti sui potenziali progetti14, e la obbligatorietà della rendicontazione periodica della BEI al

Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione, sulle operazioni che conduce con la copertura di tale garanzia.

Il “Regolamento relativo al Fondo europeo per gli investimenti strategici e che modifica i regolamenti (UE) nn. 1291/2013 e 1316/2013” è stato approvato il 10 marzo 2015 dal Consiglio Ecofin

(manca ancora l’approvazione del Parlamento europeo per l’attivazione formale)15.

13

Cfr. “Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle Regioni e alla BEI - Un piano di investimenti per l’Europa” COM(2014)903.

14Il Consiglio ECOFIN, nella riunione informale del 13 settembre 2014, ha richiesto alla Commissione europea, alla BEI e agli Stati membri di costituire una Task force per individuare l’insieme degli investimenti di rilevanza europea che, sebbene praticabili, non sono in corso di realizzazione a causa di ostacoli di varia natura. Il Consiglio europeo del 23-24 ottobre, ha previsto che la Task Force presentasse un rapporto entro dicembre. Tale Rapporto individua ben 2000 progetti nel complesso dei Paesi UE per un valore complessivo di 1.300 miliardi di euro. La Task Force italiana per gli investimenti, coordinata dal Ministero dell’Economia e delle finanze con l’indirizzo della Presidenza del Consiglio, ha presentato alla Task force europea una selezione di progetti per una richiesta di finanziamento alla BEI pari a oltre 40 miliardi di euro.

15

La Corte dei conti europea, il 12 marzo 2015, ha espresso il proprio parere n. 4/2015, non positivo, sulla proposta di regolamento relativo al FEIS, presentata dalla Commissione. In particolare ha evidenziato che sarebbe opportuno: dare una definizione di “capacità di sopportazione del rischio” del Fondo; chiarire come il Polo europeo di consulenza sugli investimenti (EIAH) porterà valore aggiunto e si coordinerà con gli altri Enti di consulenza; definire la struttura giuridica e operativa del EIAH e indicare parametri o riferimenti in base ai quali giustificare il finanziamento supplementare dell’EIAH, fino a un massimo di 20 milioni di euro l’anno fino al 2020; definire la natura legale e dare spiegazioni sul funzionamento del Fondo, in quanto, secondo la Corte, l’assistenza di una stessa opera da parte di più fonti di finanziamento, con aspetti legali e giuridici differenti, potrebbe creare un conflitto per quanto riguarda le regole da applicare.

Appendice 2: “Clausola sugli investimenti e “Comunicazione della Commissione europea per sfruttare la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita”

Il 13 gennaio 2015 la Commissione europea ha presentato al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Banca centrale europea, al Comitato economico e sociale, al Comitato delle Regioni e alla Banca europea per gli investimenti una “Comunicazione per sfruttare al meglio la flessibilità consentita dalle norme vigenti del Patto di stabilità e crescita16”.

Il patto di stabilità e crescita lascia un margine di discrezionalità nell’applicazione delle norme, consentendo così alla Commissione e al Consiglio di poter fare valutazioni circa la solidità delle finanze pubbliche, alla luce della situazione specifica del Paese e poter conseguentemente raccomandare linee di intervento migliori in funzione di informazioni aggiornate.

Gli orientamenti espressi nella “Comunicazione”, concernono il margine di interpretazione che le norme del Patto lasciano alla Commissione, senza alcuna modifica della normativa vigente. In particolare la Comunicazione della Commissione dà dei chiarimenti in merito agli investimenti, alle riforme strutturali e alle condizioni congiunturali.

Per quanto riguarda gli investimenti, la Comunicazione chiarisce come dovranno essere considerati i contributi finanziari degli Stati membri al Fondo europeo per gli investimenti strategici, distinguendo due aspetti: 1) la registrazione statistica o meno dei contributi come disavanzo e/o debito conformemente alle definizioni consolidate del Sistema europeo dei conti (SEC) e 2) il modo in cui la Commissione terrà conto di tali contributi nella valutazione dell’osservanza delle regole del patto.

La registrazione statistica dipenderà dalla natura specifica dei contributi e dalla classificazione operata dall’istituto di statistica europeo Eurostat; per quanto riguarda invece il secondo aspetto, il Patto prevede, che nel valutare l’aggiustamento di bilancio necessario nell’ambito del braccio preventivo e di quello correttivo, il Consiglio indichi gli obiettivi in termini strutturali17. Tali obiettivi non comprendono le misure una tantum eccezionali, per cui i contributi iniziali versati in contanti al FEIS (rientranti in questa tipologia di misure) non influiscono sulla posizione di bilancio sottostante.

La Commissione, inoltre, stabilisce che nel braccio preventivo del Patto, alcuni investimenti considerati equivalenti a importanti riforme strutturali possono giustificare, a determinate condizioni, una deviazione temporanea dello Stato membro dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di avvicinamento ad esso18.

16

Il Patto di stabilità e crescita, sancito dal Trattato sul funzionamento dell’U.E., si articola nel regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio e nel regolamento (CE) n. 1467/1997 del Consiglio, con le successive modifiche.

17

Art.5 del regolamento (CE) n. 1466/97 prevede: “Sulla base della valutazione della Commissione e del comitato economico e finanziario, il Consiglio […] esamina, nell’ambito della sorveglianza multilaterale di cui all’articolo 121 TFUE, gli obiettivi di bilancio a medio termine presentati dagli Stati membri interessati nei rispettivi programmi di stabilità […], se il percorso di avvicinamento verso l’obiettivo di bilancio a medio termine sia adeguato […] e se le misure adottate o proposte per rispettare tale percorso di avvicinamento siano sufficienti per conseguire l’obiettivo di bilancio a medio termine nel corso del ciclo. Al momento della valutazione del percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine, il Consiglio e la Commissione esaminano se lo Stato membro interessato persegua un miglioramento annuo adeguato del suo saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure una tantum e di altre misure temporanee, richiesto per conseguire l’obiettivo di bilancio a medio termine, avendo lo 0,5 per cento del Pil come parametro di riferimento. […]”.

Art. 3 del regolamento (CE) n. 1467/1997 prevede che “la Commissione, se ritiene che esista un disavanzo eccessivo, trasmette al Consiglio un parere e una proposta in conformità dell’articolo 126, paragrafi 5 e 6, TFUE e informa il Parlamento europeo. Il Consiglio decide in merito all’esistenza di un disavanzo eccessivo […]. Quando il Consiglio decide che esiste un disavanzo eccessivo, rivolge contemporaneamente allo Stato membro interessato le raccomandazioni […]. La raccomandazione del Consiglio […] dispone un termine massimo di sei mesi entro il quale lo Stato membro interessato deve darvi seguito effettivo. Se la gravità delle circostanze lo giustifica, il termine può essere ridotto a tre mesi. La raccomandazione del Consiglio dispone inoltre un termine per la correzione del disavanzo eccessivo, che è completata nell’anno successivo alla sua constatazione, salvo sussistano circostanze particolari. Nella sua raccomandazione, il Consiglio chiede che lo Stato membro realizzi ogni anno obiettivi di bilancio che, sulla base delle previsioni sottese alla raccomandazione, siano coerenti con un miglioramento annuo minimo pari ad almeno lo 0,5 per cento del Pil come parametro di riferimento, del suo saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure temporanee e una tantum, al fine di assicurare la correzione del disavanzo eccessivo entro il termine fissato nella raccomandazione[…]”.

18

Art. 5 del regolamento (CE) n. 1466/97 stabilisce che “Nel definire il percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine per gli Stati membri che non l’hanno ancora raggiunto e nel consentire una deviazione

Già nel 2013, il Vicepresidente della Commissione Olli Rehn, con una lettera ai ministri delle finanze dell’UE, aveva tracciato una serie di orientamenti sull’attuazione dell’art. 5(1), del regolamento (CE) n. 1466/199719.

Nella Comunicazione del 13 gennaio 2015, la Commissione ha stabilito che, d’ora in avanti, uno Stato membro beneficerà della “clausola sugli investimenti” se saranno soddisfatte le seguenti condizioni (in grassetto le differenze rispetto alla precedente interpretazione della clausola):

- la crescita del Pil è negativa o il Pil resta ben al di sotto del suo potenziale (con un conseguente

divario negativo tra prodotto effettivo e potenziale superiore a 1,5 per cento del Pil);

- la deviazione dall’obiettivo a medio termine o dal percorso di aggiustamento di bilancio

concordato per raggiungerlo non determina il superamento del valore di riferimento del 3 per cento del Pil fissato per il disavanzo ed è mantenuto un opportuno margine di sicurezza; viene superato il vincolo relativo al rispetto della regola sul debito;

- la deviazione è collegata alla spesa nazionale per progetti cofinanziati dall’UE nel quadro della

politica strutturale e di coesione, delle reti trans-europee e del meccanismo per collegare l’Europa, nonché al cofinanziamento da parte degli Stati membri di progetti di investimento finanziati anche dal FEIS con effetti a lungo termine positivi, diretti e verificabili sul bilancio;

- le spese cofinanziate non dovrebbero sostituirsi agli investimenti finanziati a livello nazionale,

cosicché gli investimenti pubblici totali non diminuiscano;

- lo Stato membro compensa la deviazione temporanea e l’obiettivo a medio termine è raggiunto

entro i quattro anni coperti dal corrente programma di stabilità o di convergenza.

Il cambiamento rispetto ai precedenti orientamenti risiede pertanto nel fatto che la Commissione applicherà la “clausola sugli investimenti” indipendentemente dalla situazione economica della zona euro o dell’Ue nel suo complesso, collegandola esclusivamente alla situazione congiunturale nel singolo Stato membro.

La Comunicazione della Commissione fornisce, altresì, chiarimenti riguardanti le condizioni congiunturali, sia nel quadro del braccio preventivo del patto che nel quadro del braccio correttivo. In particolare, nell’ambito del braccio preventivo, il patto prevede che nel determinare per ciascuno Stato membro il percorso di avvicinamento verso l’obiettivo a medio termine, si tenga debitamente conto della situazione economica e delle condizioni di sostenibilità20.

A tal fine la Commissione ha elaborato una matrice che chiarisce e precisa gli obblighi di aggiustamento di bilancio. La matrice consente agli Stati membri di adeguare l’aggiustamento annuo di bilancio verso l’obiettivo a medio termine, tenendo conto delle rispettive esigenze di risanamento di bilancio.

bilancio ritorni all’obiettivo a medio termine entro il periodo coperto dal programma, il Consiglio e la Commissione tengono conto soltanto dell’attuazione di importanti riforme strutturali idonee a generare benefici finanziari diretti a lungo termine, compreso il rafforzamento del potenziale di crescita sostenibile, e che pertanto abbiano un impatto quantificabile sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche”.

19

Cfr. Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica pagg. 44-45.

20Articolo 5 del regolamento (CE) n. 1466/97 prevede che “[…] Al momento della valutazione del percorso di avvicinamento all’obiettivo di bilancio a medio termine, il Consiglio e la Commissione esaminano se lo Stato membro interessato persegua un miglioramento annuo adeguato del suo saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure una tantum e di altre misure temporanee, richiesto per conseguire l’obiettivo di bilancio a medio termine, avendo lo 0,5 per cento del Pil come parametro di riferimento. Per gli Stati membri con un livello di indebitamento superiore al 60 per cento del Pil o che presentano rischi considerevoli in termini di sostenibilità complessiva del debito, il Consiglio e la Commissione esaminano se il miglioramento annuo del saldo di bilancio corretto per il ciclo, al netto delle misure una tantum e di altre misure temporanee sia superiore allo 0,5 per cento del Pil. Il Consiglio e la Commissione tengono conto se un maggiore sforzo di aggiustamento è stato compiuto in periodi di congiuntura favorevole, sforzo che può essere più limitato in periodi di congiuntura sfavorevole. Si tiene conto, in particolare, delle entrate straordinarie e delle minori entrate.

Quanto più ampio è il divario positivo (o negativo) tra prodotto effettivo e potenziale, tanto maggiore (o minore) sarà lo sforzo di aggiustamento. Lo sforzo richiesto è inoltre maggiore per gli Stati membri la cui sostenibilità di bilancio è a rischio o il cui rapporto debito/Pil supera il valore di riferimento del 60 per cento del Pil stabilito dal trattato. Poiché tutti gli Stati membri sono tenuti ad accumulare

Nel documento CORTE DEI CONTI ----------------- (pagine 69-77)

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