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capit olo 2

L’attività dei soggetti istituzionali che operano nella prevenzione sanitaria è evoluta negli ultimi decenni e disposizio-ni legislative, piadisposizio-ni nazionali, ma anche dibattiti culturali nell’ambito delle pro-fessioni hanno scandito rilevanti momen-ti di trasformazione.

Il Decreto Legislativo n. 502 del 30 dicem-bre 1992 istituisce, nell’Azienda Sanitaria, il Dipartimento di Prevenzione, che ha la mission di garantire la tutela della salute collettiva, di perseguire obiettivi di pro-mozione della salute, prevenzione delle malattie e delle disabilità, miglioramen-to della qualità della vita, di promuovere azioni volte ad individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale.

Il Dipartimento prende forma dalla con-fluenza di servizi preesistenti, di igiene pubblica, veterinaria, prevenzione infor-tuni e malattie professionali, igiene de-gli alimenti. Esso riunisce, sotto un’unica direzione, professionalità abituate a la-vorare in modo diverso, orientate per lo più ad attività che portano all’effet-tuazione di singoli atti (autorizzazioni, certificazioni, procedure di controllo e vigilanza), eseguiti in forza di leggi e re-golamenti. Si tratta di attività che, pur as-sorbendo gran parte delle risorse umane ed economiche disponibili, difficilmente si integrano all’interno di strategie e programmi rivolti a migliorare la salute delle persone.

Il Piano Sanitario Nazionale 1998-2000 individua gli obiettivi di salute e le tema-tiche più importanti in termini di preven-zione: comportamenti a rischio quali il fumo, la vita sedentaria, l’alimentazione non corretta, l’infortunistica stradale, le patologie cardiovascolari; si tratta di ambiti di intervento di grande rilevanza in perfetta sintonia con la mission dei

Di-partimenti di Prevenzione, nei quali però gran parte delle risorse umane ed eco-nomiche sono ancora spese utilizzando metodiche inefficaci o per attività di con-trollo routinario.

Inizia il dibattito sulla Evidence based pre-vention (EBP) e cioè sulla prevenzione basata su evidenze scientifiche: deve esi-stere un nesso esplicito fra le raccoman-dazioni relative a prassi da adottare nel contesto sanitario o clinico e i dati scien-tifici che ne dimostrano l’efficacia.

Tra gli operatori comincia a diffondersi un senso di inutilità rispetto ad azioni prive di impatto sulla salute, nasce anche un’esi-genza di rinnovamento degli obiettivi e dei metodi di lavoro e vengono messe in discussione prassi obsolete e di minimo impatto sulla salute dei cittadini.

A livello regionale, anche se in maniera alquanto differenziata da Regione a Re-gione, cominciano ad essere adottate normative che consentono di eliminare certe attività, quali alcuni tipi di certifi-cazioni e attestazioni.

Progressivamente, l’adozione di politi-che di sanità pubblica basate su evidenze scientifiche contribuisce a far sì che le risorse limitate a disposizione vengano concentrate sull’applicazione dei metodi migliori per rispondere ai problemi con-siderati prioritari.

Si inizia a lavorare per programmi con precisi obiettivi di salute, superando l’atteggiamento psicologico e culturale dell’obbligo di legge; si sviluppa la neces-sità di prevedere, per i singoli progetti su cui si lavora, la valutazione degli effetti-vi risultati raggiunti in termine di salute della collettività.

Per quel che riguarda la prevenzione de-gli incidenti domestici, vale la pena di ri-cordare alcuni dati sulle dimensioni del problema.

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Ogni anno in Italia avvengono circa 4.500.000 incidenti domestici, che com-portano 8.000 decessi1,2,3. Nel 2007 si sono verificati 230.871 incidenti stradali, comportanti 5.131 decessi4 e 874.940 in-fortuni sul lavoro, che comportano 1.120 decessi all’anno5. Il 17% degli incidenti sul lavoro sono rappresentati tuttavia da incidenti stradali: questa fattispecie comporta peraltro il 55% degli infortuni sul lavoro mortali, includendo gli eventi in itinere. Il dato riferito all’incidentali-tà domestica rappresenta un problema di sanità pubblica in particolare per due categorie di persone: bambino tra 0 e 4 anni e anziano over 65 anni.

A fronte della dimensione del problema legato agli infortuni domestici, tuttavia, storicamente ben poco è stato fatto, sia per il principio costituzionale (art. 14) dell’inviolabilità dell’abitazione, sia per-ché i percorsi formativi degli operatori della prevenzione e la strutturazione dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL non hanno mai previsto un’organizza-zione mirata a questi aspetti importanti della salute pubblica. Oltre a precedenti sporadiche iniziative dell’Istituto riore di Sanità (ISS), dell’Istituto Supe-riore Prevenzione e Sicurezza sul Lavoro (ISPESL) e delle Regioni con le Aziende Sanitarie Locali soltanto con il Piano Sa-nitario Nazionale 2006-20086 ed il Piano Nazionale della Prevenzione 2005-20077 è stato previsto un impegno organico in tal senso, impegno proseguito nei succes-sivi Piano Nazionale Prevenzione (PNP).

Gli incidenti domestici rappresentano un problema di sanità pubblica sottostimato, che solo negli ultimi anni, sotto la spinta del PNP e l’impegno del Ministero della Salute, tramite il Centro nazionale per la prevenzione e Controllo delle Malattie (CCM), l’ISPESL e l’ISS si sta affrontando

organicamente8, 9. Mancano importanti strumenti e in particolare manca una or-ganizzazione specifica dei Dipartimenti di Prevenzione delle ASL e un percorso formativo nell’ambito delle lauree trien-nali e specialistiche; gli studi curriculari di regola non affrontano tale problema, anche se, come abbiamo visto, ha una ri-levanza ben maggiore rispetto agli stessi infortuni stradali e sul lavoro.

Va fatta una riflessione su questo aspet-to: gli incidenti stradali vedono, nella maggior parte dei casi, una responsabilità legata all’automobilista che non rispetta una precisa normativa, per la quale può essere sanzionato. Nel caso degli infor-tuni sul lavoro si rileva spesso una re-sponsabilità a carico del datore di lavoro e delle altre figure della prevenzione che lui ha incaricato, in parte minore, ma da tener presente del lavoratore stesso. En-trambi, sulla base di una stima sulla base dell’esperienza degli autori, nell’evento possono non aver rispettato una norma vigente nel 60-70% dei casi (in parte mol-to minore riferita al lavoramol-tore stesso), e possono essere sanzionati. Nel caso degli incidenti domestici, che su scala naziona-le, ricordiamo, provocano il 56% in più di eventi mortali rispetto agli incidenti stra-dali e ben il 614% di morti rispetto agli incidenti sul lavoro, il soggetto interes-sato (abitante della casa) ha una respon-sabilità quasi assoluta, e non è soggetto al rispetto di una specifica normativa, se non per il fatto, ad esempio, di essere ob-bligato a fare le verifiche degli impianti.

Ma se, giustamente, l’inviolabilità della privacy domestica non è in discussione, di fronte alla dimensione del fenomeno si devono assolutamente mettere in atto azioni preventive, che vanno dall’informa-zione alla diffusione di una cultura della sicurezza nelle scuole, alla cultura degli

operatori del sociale e sanitario che assi-stono e prendono in carico i soggetti con maggior fragilità, oltre che alla collabora-zione tra pubblico e privato (impiantisti, professionisti, referenti degli enti locali, ecc.) nel garantire la sicurezza intrinseca delle abitazioni.

Quale il possibile scenario della