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La scelta del più appropriato tipo di disegno di ricerca per analizzare una determinata situazione è essenzialmente soggettiva, dipende non solo dalla natura delle situazioni, ma anche da come i manager e i ricercatori la percepiscono.

La ricerca esplorativa, sarà più appropriata in una situazione dove gli obiettivi di ricerca sono generali e i dati richiesti non sono chiari.

Le altre forme di ricerca conclusive sono appropriate nelle altre situazioni.

Inoltre la ricerca esplorativa mira ad ottenere intuizioni ed è in grado a volte di suggerire l’inadeguatezza delle altre tipologie di indagini.

Nelle ricerche conclusive, la scelta del tipo, descrittiva o sperimentale, dipende se testare le relazioni causali tra variabili è lo scopo principale della ricerca, se così è, alc une forme di ricerca sperimentale sono quelle più appropriate, in caso contrario sarà sufficiente condurre una ricerca descrittiva.

Come già abbiamo visto queste tipologie di indagini esistono lungo uno stesso continuum di ricerca e non tanto come una netta dicotomia.

Abbiamo cercato, attraverso un diagramma di flusso, di rappresentare delle generali linee guida per identificare il più appropriato tipo di disegno di ricerca da impiegare in una determinata situazione (Schema 4).

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E’ specificato lo scopo della ricerca e i dati richiesti sono chiari?

Condurre la ricerca esplorativa con queste procudure:

• Analisi della letteratura • Intervista personale • Focus group

• Analisi di casi selezionati • Tecniche proiettive • Metodo dell’osservazione

Analisi dei dati / interpretazione delle scoperte

C’è la necessità di ulteriori ricerche?

Disegno di ricerca conclusivo

Lo scopo della ricerca chiede di testare la relazione di causa-effetto tra variabili?

Condurre un appropriato studio di ricerca sperimentale

Conduzione di un adeguato studio di ricerca descrittivo

Analizzare i dati / interpretare le scoperte

Dare suggerimenti ai manager dell’azienda

N NNooo S SSiii S SSiii S SSiii N NNooo N NNooo

Schema 4- Scelta della tipologia del disegno più appropriato

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Capitolo 3

I disegni sperimentali

3.1 Introduzione

Un secolo fa Durkheim (1895) affermava che “la spiegazione sociologica consiste solamente nello

stabilire rapporti di causalità, sia collegando un fenomeno alla propria causa sia collegando invece una causa ai suoi effetti utili” [citato in Biorcio, Pagani (1998) pag. 171].

Fondamentale è la conoscenza del linguaggio delle variabili, in quanto permette di attribuire un preciso significato alla ricerca esplorativa.

In un progetto di ricerca si opera una chiara distinzione tra una variabile dipendente, che caratterizza il fenomeno che si vuole spiegare e una o più variabili indipendenti relative a possibili fattori esplicativi. Il problema di dare risposta agli interrogativi di una ricerca empirica di tipo esplicativo, equivale così a mettere in luce la relazione fra i fenomeni oggetto di studio e una o più cause (variabili indipendenti).

Tra tutti i vari tipi di approcci di ricerca che possono suggerire la causalità tra due variabili, quello che assicura la possibilità di fare delle inferenze è l’approccio di ricerca causale. Questo tipo di disegno viene altresì chiamato “disegno di ricerca sperimentale”, perché utilizza la tecnica dell’esperimento.

Prima di approfond ire lo studio delle relazioni di causalità tra variabili, è utile soffermarci su una distinzione: quella tra covariazione e causazione. Abbiamo una covariazione (o covarianza, o correlazione, od associazione, tutti termini analoghi dal punto di vista sostanziale) quando osserviamo che due variabili presentano variazioni concomitanti: al variare dell’una varia anche l’altra. Si ha invece causazione quando è implicata la nozione di “produzione”. Se X è una causa di Y pensiamo che una trasformazione in X produca una trasformazione in Y e non semplicemente che una trasfo rmazione in X sia seguita da, o associata a, una trasformazione in Y [Blalock 1967 citato in Corbetta, (1992) pag. 19]. Due sono quindi gli elementi in più presenti nel concetto di causazione rispetto a quello di covariazione. Abbiamo, da una parte la discrezionalità dell’azione, in quanto nella causazione esiste una causa ed un effetto e il variare di una variabile precede il variare dell’altra, mentre nella covariazione esiste solo la concomitanza della variazione; dall’altra, quella di legame diretto tra le due variabili, nel senso che il variare di una è dovuto (e non meramente associato) al variare dell’altra. Questo secondo elemento è particolarmente importante: infatti può esistere covariazione senza che esista causazione. Inoltre, mentre la covariazione è empiricamente osservabile, la causazione appartiene invece al dominio della teoria. Il fatto che due variabili possono covariare senza essere causalmente legate e viceversa che possano essere causalmente legate senza mostrare covariazione, rende il problema del nesso fra teoria e dati (fra causazione e covariazione), di non immediata od intuitiva soluzione. Inoltre il principio di covariazione viene più spesso impiegato dal ricercatore per controllare le spiegazioni elaborate per i problemi della ricerca. E’ opportuno soffermarci sui cinque fondamentali tipi di meccanismi causali fra variabili:

1. Relazione diretta

Si tratta del tipo di relazione causale di primo e immediato interesse da parte del ricercatore.

Per relazione diretta non dobbiamo aggiungere molto rispetto a quello che abbiamo già detto sul concetto di causazione: due variabili sono legate da una relazione causale diretta, quando un mutamento nella variabile causa produce un mutamento nella variabile effetto. Gli elementi essenziali di questo tipo di relazione sono, l’asimmetria o direzionalità del rapporto, senza la quale avremo una relazione reciproca, l’inerenza del concetto di produzione, senza il quale avremo solo covariazione (cioè una relazione spuria ), l’immediatezza del nesso, senza il quale la relazione causale sarebbe mediata da un’altra variabile cioè sarebbe una relazione indiretta (Figura 1).

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Figura 1- Relazione diretta

Fonte: Adattato da Corbetta P., (1992)

2. Relazione reciproca

Qua ndo viene meno la distinzione fra variabile causa e variabile effetto, quando le variabili si influenzano reciprocamente, quando in altre parole viene meno l’asimmetria del rapporto, ci troviamo nella situazione definita di causazione reciproca, retroazione, feed-back, simultaneità… . La realtà sociale è piena di esempi di relazioni reciproche, si pensi al nesso fra domanda e prezzo, in quanto un’elevata domanda fa alzare il prezzo, il quale retroagisce sulla domanda facendola abbassare, provocando a sua volta una variazione del prezzo. Accanto alla situazione di retroazione abbiamo quella di “ciclo”, dove una variabile X agisce su una variabile Y, che agisce su una variabile Z che a sua volta, agisce di nuovo su X: (Figura 2)

Figura 2- Relazione reciproca

Retroazione Ciclo

Fonte: Adattato da Corbetta P., (1992)

Talvolta le relazioni reciproche possono essere reinterpretate nella forma di una catena di relazioni dirette che avvengono in tempi successivi. Per esempio il caso della retroazione fra X e Y può essere scritto in termini di una catena causale, dove la variabile X al tempo to provoca una variazione sulla variabile Y, che al tempo t1 retroagisce su X, che al successivo tempo t2 agisce su Y e così via.

3. Relazione spuria

Il caso della relazione spuria è il caso classico di covariazione pur in assenza di causazione. In tutti gli esempi riportati il meccanismo causale sottostante è lo stesso: la covariazione fra due variabili considerate X e Y, è provocata da una terza variabili Z, che agisce casualmente sia su X che su Y. In tutti i casi la variabile Z (chiamata variabile di controllo) è realmente connessa causalmente con la X e la Y, mentre queste due variabili covariano a causa della loro relazione con la Z, ma non hanno legame causale fra loro (la loro relazione è spuria, cioè apparente, ingannevole, errata). (Figura 3)

Y

X Z

X Y

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Figura 3- Relazione spuria

Fonte: Adattato da Corbetta P., (1992)

che la covariazione sia dovuta a Z è chiaramente dimostrato, infatti se la variazione di Z sparisce, sparisce anche la loro relazione. Se Z da variabile diventa costante, cioè se non varia più, anche la covariazione tra X e Y cessa. Il meccanismo di questo processo è semplice e immediato, supponiamo che Z sia legata positivamente con X e positivamente con Y, elevati valori di Z produrranno elevati valori di X ed anche elevati valori di Y. Viceversa per valori bassi di Z.

Appare chiaro che la covariazione spuria fra X e Y, emerge solo se il ricercatore non colloca esplicitamente nel suo modello teorico la variabile Z. Se egli è consapevole della sua influenza e tiene conto della sua esistenza, l’effetto spurio sparisce: infatti in un primo caso, venendo a mancare l’effetto di Z su X e su Y, viene meno anche que llo spurio fra X e Y, mentre in un secondo caso, l’effetto spurio fra X e Y può essere sostituito da quelli reali fra Z e X e fra Z e Y.

Un caso particolare di relazione spuria è quello in cui le variabili X e Y sono indicatori di uno stesso concetto od espressioni interdipendenti di uno stesso fenomeno. In questi esempi, la variabile causa è latente, ma il meccanismo che sta alle spalle e che provoca la covariazione fra le variabili osservate è sempre lo stesso. Si può avere anche una relazione di tipo spuria nel caso in cui il legame fra la Z e la variabile indipendente fra le altre due (X), sia di semplice covariazione e non di causalità. La particolare forma di relazione spuria che ne risulta fra X e Y, viene talvolta chiamata relazione congiunta. Quindi, tutte le volte che troviamo una covariazione fra due variabili X e Y dobbiamo in primo luogo accertarci che non si tratti di una relazione spuria e cioè che non ci sia una causa comune alle spalle delle due variabili covarianti, oppure che la causazione sulla Y provenga da un’altra variabile e non dalla X, ad essa correlata. Paradossalmente lo stesso meccanismo può produrre, però meno frequentemente, l’effetto opposto: una relazione causale effettiva fra X e Y, non è visibile quando il modello contiene solo queste due variabili, ed emerge solo quando nel modello si introduce la variabile Z. Da cui una relazione spuria positiva tra X e Y, a cui si unisce una relazione diretta negativa fra X e Y. Quando la Z però non è inserita nel modello, fra la variabile dipendente e la variabile indipendente ci sarà un effetto spurio positivo e un effetto diretto negativo che si annullano a vicenda e fra X e Y non appare nessuna covariazione. Quando introduciamo la variabile Z, l’effetto spurio sparisce e l’effetto diretto fra X e Y emerge. Da questo si capisce la pericolosità di ogni forma di relazione spuria e l’importanza che il ricercatore la eviti. Esempi classici di relazione spuria sono:

- la correlazione fra i tassi di natalità per zona e il numero di cicogne avvistate, la correlazione è dovuta ad una terza variabile (il livello di urbanizzazione del distretto) e scompare non appena si tiene sotto controllo quest’ultima;

- la correlazione tra il numero di autobotti inviate a spegnere un incendio e l’entità dei danni, la correlazione anche in questo caso è dovuta ad una terza variabile (la dimensione dell’incendio).

4. Relazione indiretta

Abbiamo una relazione causale indiretta fra due variabili X e Y quando il loro legame causale è mediato da una terza variabile Z. Anche in questo caso come nella relazione spuria, la covariazione trovata fra X e Y, è in realtà dovuta ad una terza variabile Z: solo che si tratta di una situazione meno ingannevole della precedente, in quanto Z funge da ponte fra le due variabili che attraverso di essa risultano casualmente connesse, invece, nel caso precedente la relazione era puramente

X Y

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illusoria. Il meccanismo causale è invece il seguente: X agisce su Z, la quale a sua volta agisce su Y. La terza variabile Z interviene quindi nel rapporto tra X e Y, per questo viene chiamata variabile

interveniente. (Figura 4)

Figura 4- Relazione indiretta

Fonte: Adattato da Corbetta P., (1992)

In questo caso non si può affermare che non esista una relazione causale fra X e Y: il nesso esiste nella forma di una catena causale fra variabili. Nel caso della relazione spuria, il nesso causale fra X e Y non c’era comunque, neppure in via indiretta. Quindi in questo caso la relazione indiretta con l’introduzione della variabile Z, fa sparire il nesso causale diretto tra X e Y, mentre nella relazione spuria, l’introduzione della variabile Z aveva fatto sparire ogni tipo di nesso causale fra X e Y.

5. Relazione condizionata

Il caso della relazione condizionata è quello in cui la relazione tra due variabili cambia a seconda del valore assunto da una terza variabile. Ci troviamo nel caso quindi di una relazione che assume segno diverso (o comunque caratteristiche diverse) a seconda del valore di una terza variabile. Questa relazione, dove l’azione della variabile Z si esercita non su X o su Y ma sul legame che lega le due variabili, è stata chiamata relazione condizionata (conditional relationship) o più in generale, possiamo dire che ci troviamo in presenza di un fenomeno di interazione fra le variabili implicate. Entriamo cioè nel campo delle relazioni non lineari, più difficile da trattare in termini di formalizzazione matematica dei nessi causali. (Figura 5)

Figura 5- Relazione condizionata

Fonte: Adattato da Corbetta P., (1992)

Da questo breve excursus sulle tipologie di relazioni causali fra due variabili, dovrebbero apparire con evidenza due elementi. Da una parte il fatto che se vogliamo capire il nesso causale fra due variabili, non possiamo limitarci ad un’analisi bivariata, ma dobbiamo prendere in considerazione anche le altre variabili ad esse connesse. L’analisi necessariamente deve cioè diventare multivariata. Da questo punto di vista le misure di pura covariazione tra due variabili, se utilizzate isolatamente per accertare la relazione fra due variabili e non nel contesto di un più ampio modello causale multivariato, non solo sono poco interessanti ma addirittura possono essere fuorvianti. Dall’altra parte poiché è la covariazione fra variabili l’elemento empirico dal quale muoviamo e poiché la stessa covariazione può essere dovuta a diversi modelli causali retrostanti, resta il fatto che la formulazione di un modello causale è un’operazione che appartiene puramente al momento teorico, dove la soggettività del ricercatore gioca un ruolo primario.

X Y

Z

X Y

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E’ comunque logico che per valutare la natura di una relazione, il ricercatore dovrà in generale, controllare come si modifica la sua forza (eventualmente il suo segno) introducendo una serie di variabili che possono esercitare un’influenza su entrambe le variabili implicate.

Gli scienziati hanno a disposizione due tecniche di base per controllare empiricamente un’affermazione causale: l’analisi della covariazione nel suo naturale realizzarsi e la situazione

artificiale dell’esperimento.

È importante sottolineare l’aggettivo “naturale” per l’analisi della covariazione, perché significa analizzare le covariazioni così come si presentano nella situazione sociale, non manipolate dal ricercatore; e l’aggettivo “artificiale” per l’esperimento, in quanto nella sua forma ideale si realizza in laboratorio e la variazione della variabile indipendente è prodotta dal ricercatore.

Nel caso di un disegno di ricerca impostato secondo la logica della covariazione, si tratterà di intervistare un campione di soggetti, di fare alcune domande sulle caratteristiche sociodemografiche di base e per esempio chiedere se e quanto hanno seguito una campagna elettorale in tv e per quale candidato hanno votato.

E’ importante sottolineare che, nel caso in cui, le persone che guardano maggiormente la televisione sono più anziane della media, non siamo in grado di sapere se, la vera causa che orienta il voto, è l’età o l’esposizione alla propaganda televisiva. Le due variabili in questo caso sono confuse: quelli che guardano di più la televisione sono anche più anziani. Nonostante che nei dati venga osservata una covariazione fra X (esposizione alla propaganda televisiva) e Y (voto) può darsi che il vero elemento causante, sia l’età, la quale a sua volta influenza entrambe le variabili X e Y: l’età influenza quindi l’ascolto televisivo e il voto. In questo caso la covariazione fra il primo e il secondo aspetto (fra ascolto televisivo e voto) rappresenterebbe un classico esempio di quella che in sociologia viene chiamata relazione spuria, dove il variare di Z provoca la variazione simultanea di X e di Y senza che tra quest’ultime ci sia un nesso causale. In un caso come questo, il ricercatore può utilizzare due modi per accertarsi che la relazione fra X e Y non sia di fatto dovuta all’azione esterna di Z sulle due variabili: la procedura del controllo, che consiste in una trasformazione delle variabili estranee in costanti e la procedura della depurazione che consiste prima nella determinazione per via matematica e successivamente nell’eliminazione degli effetti delle variabili estranee. Nel primo caso si tratta, come si dice in gergo sociologico di tenere sotto controllo le variabili di potenziale disturbo. Ad esempio è possibile, analizzando la covariazione fra X e Y, in gruppi di pari età e andando a vedere la covariazione fra propaganda televisiva e voto. Naturalmente la procedura si fa complessa se vogliamo tenere sotto controllo contemporaneamente molte variabili, in quanto ci troveremo a fare confronti fra gruppi sempre più piccoli di casi. Quest’ultimo problema può essere superato mediante il ricorso alla depurazione (a volte chiamata anche controllo statistico) degli effetti delle terze variabili Z. Questa procedura viene effettuata per il tramite di elaborazioni statistiche, in particolare con la tecnica della correlazione parziale se la variabile estranea da controllare è una sola e della regressione multipla se le variabili da tenere sotto controllo sono più di una.

C’è comunque un’altra via per risolvere questo problema. In questo caso ci troviamo nella situazione definita esperimento.

Questi due diversi approcci, (analisi della covariazione e esperimento) studiano entrambi la covariazione fra una variabile X ipotizzata causa (indipendente) ed una variabile Y ipotizzata effetto (dipendente), ma nel primo caso, il ricercatore osserva ed analizza come le variazioni di X si accompagnano a quelle di Y in un contesto naturale. Nel secondo caso il ricercatore produce una variazione di X in una situazione controllata e misura quanto varia Y. “Produce” in quanto manipola dall’esterno la variabile indipendente, cioè la fa variare. In una “situazione controllata” in quanto, mediante l’assegnazione per sorteggio dei soggetti ai due gruppi, egli tiene sotto controllo tutte le altre variabili, garantendo così che i due gruppi si differenzino solo per la variazione della variabile indipendente. Nel primo caso l’intervento del ricercatore si colloca a valle della raccolta

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dei dati, che egli si limita ad analizzare, nel secondo caso invece controlla a monte la produzione stessa dei dati, che avviene in una situazione artificiale da lui costruita.

Si ricorre all’investigazione sperimentale quando l’oggetto dell’analisi è lo studio del comportamento sociale o in generale i processi d’integrazione all’interno di un sistema sociale. Lo scopo è di trovare: l’uguale, il ricorrente, i fattori salienti che distinguono particolari classi di fenomeni.

Lo studio delle relazioni internazionali, della dinamica dei piccoli gruppi, di tutte quelle manifestazioni ricollegabili in via indiretta alle strutture portanti della società, costituiscono problemi di natura microsociologica che si avvicinano ai confini della psicologia e che sono investigabili solo attraverso prove ripetute entro medesime o diverse condizioni, ed essenzialmente attraverso l’adozione di rigorosi criteri di controllo sulle variabili.

Negli studi sul comportamento, le unità di analisi sono gruppi o campioni d’individui e oggetto d’indagine sono gli atteggiamenti, i comportamenti e i modi dell’interagire tra essi.

L’importanza di questo tipo di analisi deriva dal fatto che, poter comprendere dagli stessi agent i sociali i motivi dei loro comportamenti e distinguere, in che misura questi sono prodotti da altri modi di agire o da situazioni precedenti, sono cose che non possono rilevarsi direttamente ponendo delle domande.

È logico che occorrono a priori delle ipotesi circa la natura del fenomeno e la consapevolezza del fatto che essi siano il risultato di un processo d’interazione di aspetti strutturali e comportamentistici.

Il metodo sperimentale è generalmente considerato come il metodo scientifico per eccellenza, in quanto, si ritiene offra la soluzione più rigorosa al problema dell’imputazione causale.

Il suo uso consente infatti di formulare proposizioni che rispondono ai requisiti di una relazione causale: la covariazione tra due variabili, la specificazione della loro sequenza temporale e l’esclusione di tutti i potenziali fattori causali alternativi a quello che viene assunto come causa di un dato fenomeno. Ciò non implica comunque che esso sia l’unico metodo per acquisire una conoscenza scientifica fondata, né che il suo uso sia indispensabile per attribuire lo status di scientificità ad un qualsiasi campo di studi. Questo è importante, dato che il metodo sperimentale non risulta sempre praticabile nella ricerca sociale, anche se il suo utilizzo è destinato ad aumentare. Già alla fine degli anni ’60 si parlava di experimenting society [Campbell 1981 citato in Memoli, Saporiti (1995) pag. 391] come di una società in cui la ricerca e l’analisi sperimentale svolgono un ruolo rilevante nella definizione del rapporto tra conoscenza e pratica sociale.

La programmazione e l’analisi statistica degli esperimenti mirano a formulare e a verificare proposizioni e teorie basate su relazioni di causa-effetto, procedendo per confronti tra ipotesi e risultati di osservazioni sistematiche.

Per l’individuazione di una relazione causale ci viene in aiuto J. S. Mill.