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Il produttore effettua talvolta dei product test con lo scopo di perfezionare il proprio bene al fine di aumentare la probabilità che questo si affermi sul mercato. Per esempio, il produttore di cioccolatini può voler considerare l’eventualità di cambiare forma o colore della scatola.

In questo caso non si tratta dunque di fare delle prove su qualità intrinseche del prodotto ma di confrontare le varie alternative per scoprire la soluzione ottima, cioè di regola quella più gradita al pubblico a parità di prezzo.

È chiaro che ci si trova di fronte a obiettivi definiti meno rigidamente rispetto a quelli condotti sulle caratteristiche interne del bene, in quanto concorrono a determinarli dei fattori imprevedibili come “la scelta o preferenza del consumatore”, il “gusto”, la “moda”.

I test di prodotto riguardano lo studio di un bene economico in senso lato, al fine di configurarne la posizione nei confronti di beni complementari e/o concorrenziali in un determinato mercato.

L’accezione di product test11è in generale considerata come implicita nella letteratura, ma può assumere in realtà sia un significato più generico oppure può riferirsi limitatamente all’analisi comparativa di due caratteristiche o di due prodotti.

In forma schematica, i problemi relativi ai product test possono essere esposti come segue: (Schema 13)

11 Fred T. Schreier [ “Modern Marketing research” 1963; citato in Marbach, De Azevedo, Scala, (1967) pag. 6] afferma che il Product Test è un esperimento: “noi esponiamo persone ad uno stimolo artificiale, il prodotto e piuttosto che

studiare se alle persone è piaciuto il prodotto in base alla loro naturale esperienza, noi offriamo il prodotto alle persone e gli chiediamo di utilizzarlo in modo poi da esprimere le loro reazioni e le loro impressioni.”

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I test di prodotto possono essere svolti su prodotti esistenti, per cercare di stimare la possibilità di estendere le vendite ai non-consumatori, su prodotti nuovi o innovati, per valutare concretamente le possibilità di ingresso sul mercato.

Schema 13- I problemi relativi ai Product test

1. Oggetto

4. Limiti del test

Prodotti nuovi

Prodotti innovati

Prodotti esistenti

Ricerca di laboratorio o tecnologica

Ricerca nel mercato

In toto

Per alcuni aspetti specifici

Rispetto ad altri prodotti della stessa azienda

Rispetto a prodotti di aziende concorrenti

esterni Intrinseci

(blind test)

Presentazione al pubblico

Aspetti connessi alla pubblicità, nella percezione del prodotto ed alla “brand image”

Controllo del prodotto, dopo un periodo di s tabilizzazione

Momento della rilevazione dei giudizi

Scelta delle unità di rilevazione

Durata del test e sua ripetitività

Rappresentatività territoriale Confronti effettuati “Risposta” ottenuta Analisi statistiche Approfondimento della propensione all’acquisto

Beni di riferimento (competitors)

Tecnica di paragone adottata (confronti primari o multipli)

Fonte: Adattato da Marbach, De Azevedo, Scala, (1967) Nome

Confezione (forme, materiale, colore)

Pezzatura Prezzo 2. Estensione dell’ analisi:

accettazione di un prodotto

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La prova di prodotto è decisiva per la sopravvivenza del bene fuori dalla fase sperimentale. Infatti per ridurre la probabilità di insuccesso di un nuovo prodotto, accanto ad una efficiente organizzazione aziendale in cui non compaiono difetti di procedure, di comunicazione interna e di controllo, occorre una migliore realizzazione della ricerca di mercato.

Il test può naturalmente riguardare anche un prodotto destinato a sostituirne un altro da tempo sul mercato; questo sia nei confronti della gamma dei beni offerti dall’azienda in esame e sia in termini dell’azione aggressiva esercitata da un nuovo prodotto concorrente nei riguardi della nostra azienda. A questo riguardo sarà opportuno controllare periodicamente l’evoluzione dei gusti del pubblico (ad esempio con dei “blind test”) e la posizione dell’immagine di marca (ad esempio con un “marked- test”).

In una fase preliminare è fondamentale effettuare un’analisi del significato simbolico e della percezione del prodotto da parte dei consumatori, per individuare quali aspetti vengono immediatamente acquisiti dai soggetti e che potrebbero far parte anche di una campagna pubblicitaria dell’azienda.

Prima di passare ad analizzare i problemi specifici delle indagini relative alla comparazione dei prodotti, un breve cenno va fatto sul rapporto costo e valore dei dati acquisibili mediante un product test. Questo problema si riconduce al generale confronto tra costo di un’informazione rilevante per una decisione aziendale e la traduzione in termini monetari dell’importanza dell’informazione medesima.

Il collettivo statistico di riferimento dovrà essere costituito da coloro che consumano il prodotto o beni simili, ciò non significa dover rinunciare a priori ai soggetti non-consumatori. In genere si deve porre una maggiore enfasi sull’accettazione del prodotto da parte dei consumatori, nel caso che il bene sia già presente sul mercato, invece nell’ipotesi di un bene notevolmente differenziato da quelli esistenti, l’indagine dovrà essere orientata ai non consumatori oppure ad entrambe le alternative.

La dimensione quantitativa del product test dipende da molteplici fattori quali: la natura del bene, il tipo di informazioni richieste, dalla semplice dicotomia di accettazione-rifiuto, o riconoscimento- non identificazione in blind test, il numero delle informazioni oggetto di analisi, dalla scelta di un colore tra due alternative, alla precisazione di aspetti svariati collegati sia intrinsecamente alla composizione del prodotto che alla sua presentazione, al prezzo, alle modalità di vendita.

Da questo emerge che, non sempre un approccio statistico è possibile. Ci sono aziende che usano campioni di dimensioni molto grandi 1000-2000 partecipanti e invece ci sono aziende che usano campioni di 150-250 unità al massimo.

In genere campioni di dimensioni ridotte si utilizzano nelle indagini su prodotti alimentari, eseguite mediante un panel di assaggiatori.

In tal caso il problema preliminare è costituito dalla selezione delle persone, che possono essere impiegate dalla ditta, particolarmente adatte a fornire un giudizio di assaggio. A questo riguardo è possibile sottoporre i candidati ad opportune prove di selezione che stabiliscano la loro capacità di discriminazione, relativa ad esempio ai sapori fondamentali (dolce, amaro, salato, acido).

Il panel finale continuativo sarà costituito da un numero limitato di persone, ad esempio 30. In sintesi, l’ampiezza del product test viene determinata in relazione al tipo di prodotto ed alla natura della risposta di marketing che dalle ricerca ci si attende.

Possiamo fare un esempio di un’indagine condotte dall’istituto Doxa, riferita sia al mercato attuale (ai consumatori) che ai non-consumatori, relativamente a due nuovi tipi di minestra in busta. In questo caso il campione era di circa 1000 casalinghe suddiviso in due sub-campioni costituiti da 250 consumatrici e750 non-consumatrici.

Furono effettuate due interviste per ogni casalinga: nella prima visita furono raccolte informazioni preliminari relative all’atteggiamento verso le minestre pronte e alla frequenza d’uso.

La seconda visita permise invece, di raccogliere le reazioni alla prova dei due campioni di prodotto lasciati durante la prima intervista e di registrare le eventuali variazioni di atteggiamento nei riguardi delle minestre essiccate.

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La collaborazione delle intervistate fu assicurata anche mediante il dono di un grembiule, di valore limitato che consegnato verso la fine della prima visita, costituì un incentivo per la partecipazione all’esperimento.

Un altro aspetto importante relativo alle unità oggetto di rilevazione, è costituito dalla scelta alternativa o complementare di coloro che hanno facoltà di decidere l’acquisto del bene in esame rispetto a coloro che lo usano o lo consumano.

Un problema che abbiamo appena accennato in precedenza, è relativo al fatto che l’individuazione dei campioni statistici basati su una scelta casuale non selettiva delle unità di rilevazione, non sempre appare possibile, con tutte le conseguenti limitazioni di elaborazione e valutazione dei risultati.

Alcuni autori tra cui il Crisp [citato in Crisp (1957), pag. 573], escludono che il campione probabilistico possa essere realizzato in ricerche su prodotti, giacché in queste analisi la cooperazione di chi risponde è essenziale.

È comunque necessario prendere una decisione ai fini della valutazione dei risultati.

In una posizione di estremo rigore metodologico, si rinuncia ad una elaborazione statistica inferenziale dei dati, che però saranno comunque proiettati all’intero mercato da parte della direzione commerciale dell’azienda. In una posizione più flessibile invece, si può procedere ad una stima della dimensione e delle caratteristiche socio-economiche del segmento di mercato che si ritiene sia stato escluso dallo studio, valutando per questo strato l’atteggiamento nei confronti del prodotto e la propensione di acquisto, sulla base delle correlazioni tra caratteri demografici sociali e culturali da una parte e l’intensità di acquisto dall’altra.

In questo secondo caso l’integrazione delle informazioni ottenute avverrà sulla base di opportune ponderazioni ed analisi relative alla composizione e dimensione del mercato residuo.

A questo fine può essere opportuno stratificare il campione anche per intensità di acquisto dei consumatori, in modo da valutare le reazioni al test di ciascun gruppo e estendere così le risposte al collettivo dei consumatori. A tal fine si avrà cura di inserire nella ricerca una congrua rappresentanza di ognuna delle diverse classi di consumo.

Per la rappresentatività statistica del mercato nazionale, il test di prodotto dovrebbe essere differenziato geograficamente, ciò comporterebbe il ricorso a campioni piuttosto ampi. In pratica invece le indagini di prodotto sono più limitate in dimensione delle usuali indagini campionarie. Richiederebbe comunque una differenziazione geografica.

Nel realizzare un test di prodotto si cerca di rispecchiare, almeno a titolo sommario, le varie caratteristiche ambientali del mercato complessivo dei beni in esame: “non si tratta comunque di

una rappresentatività propria nell’aspetto quantitativo rigorosamente statistico, ma piuttosto di una rappresentatività qualitativa, derivante dalla particolare composizione geografica che rispecchia un insieme completo dei diversi ambienti nei quali vengono consumati i prodotti a confronto” [citato in Marbach, De Azevedo, Scala, (1967) pag. 27].

Andiamo oltre dicendo che, per ottenere risultati utilizzabili ai fini della decisione di introduzione del prodotto o della convalida della modifica apportata, occorre porre sotto controllo tutte le variabili che non si desidera interferiscano nell’esperimento. A tal fine occorrerà innanzitutto scindere la preferenza di prodotto da quella per la marca, per evitare ogni alone di influenzamento originato dall’atteggiamento verso la marca stessa (brand-image) a meno che proprio questa interazione non costituisca un elemento che a priori debba essere esaminato. Converrà dunque, valutare i giudizi comparativi su prodotti similari di varie marche a parità di contenuto, oppure i giudizi su prodotti diversi privati di ogni segno di identificazione (cosicché i nomi di marca e il tipo saranno sostituiti da lettere o numeri).

Quest’ultima procedura, nota come blind test richiede naturalmente che i segni di riconoscimento ai diversi prodotti siano apposti in modo chiaro, univoco ed evidente, così che non possano sorgere equivoci.

I Blind-test sono test in cui i diversi prodotti vengono presentati in forma anonima, cioè senza marca, ad un gruppo di potenziali consumatori che sono chiamati ad esprimere le loro preferenze.

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Servono a valutare la capacità del consumatore a distinguere le caratteristiche proprie del prodotto senza essere influenzato dalla notorietà della marca.

È importante evitare anche che il simbolo di identificazione divenga esso stesso una componente di giudizio sul prodotto. Questo rischio sussiste infatti, soprattutto quando la differenziazione tra i beni del test è alquanto ridotta e quindi, in assenza di specifiche caratterizzazioni, il segno apposto a ciascun prodotto, potrebbe essere assimilato nel giudizio dell’intervistato, ad un carattere del bene. Occorrerà quindi evitare simboli che possano suscitare simpatia ed antipatia e in qualche modo essere connessi ad una rappresentazione di valore o contenuto della merce. Ciò vale sia per segni geometrici, che per il significato emotivo di alcune lettere dell’alfabeto, nonché per il senso direzionale di una successione ordinata di lettere e numeri.

La relazione di blind test consente, in un processo di differenziazione delle caratteristiche intrinseche e soggettive del prodotto, di analizzare successivamente o in parallelo le componenti influenzabili dall’azione di marketing. Potranno in tal modo essere controllati: gli aspetti tattili, olfattivi, gustativi, i colori, l’imballaggio, il prezzo…

A questo riguardo possiamo fare un esempio significativo.

Un industriale americano aveva deciso di vendere gelati e sapendo che la qualità del gelato è determinata soprattutto dalla percentuale di grasso in esso contenuto, decise di includere nel gelato di propria produzione, una percentuale di burro più elevata rispetto ai gelati concorrenti presenti sul mercato.

Passò poi alla sperimentazione su consumatori, con tre prove di assaggio contraddistinte dalle lettere A,B,C ciascuna somministrata ad ogni persona del test.

I consumatori giudicarono il nuovo gelato meno ricco di quello delle marche concorrenti, in realtà esso era più ricco, ossia più sostanzioso, ma colorato in modo meno deciso: i consumatori associavano il colore giallo al contenuto di burro.

Questo indica che la gente assaggia anche con gli occhi, oltre che con il palato.

L’industriale quindi ridusse la percentuale di burro nel suo gelato, ed aumentò la dose di colorante introducendo con successo il nuovo ice-cream.

A questo punto, è opportuno distinguere tra:

Ø L’accertamento del giudizio dei consumatori sulle qualità intrinseche di un prodotto mediante un blind test (Blind test);

Ø Test che si occupano della ricerca su aspetti specifici che coinvolgono l’immagine di marca, la confezione ecc… . Questo tipo di indagine si considera più direttamente connessa con gli studi di psicologia del mercato e si articola più frequentemente in test di pseudo-assaggio oppure in test di confezionamento (Marked test);

Ø I blindfold tests richiedono invece un accurato controllo metodologico. Sono i test che vengono condotti con gli occhi bendati. In particolare il tatto può permettere o facilitare, ad esempio, l’identificazione di particolari marche, mentre dei risultati negativi, non indicano sempre un’assenza di discriminazione. Ciò significa che i procedimenti seguiti per eliminare l’adattamento sensoriale e per assicurare l’indipendenza alle osservazioni, se non risultano pienamente efficienti, possono introdurre a loro volta effetti distorsivi (Blindfold test). Ø Il confronto tra marche diverse tende invece essenzialmente ad ottenere una misurazione

diretta dell’immagine che il pubblico si è formato a riguardo, quasi indipendentemente dal prodotto. Ad esempio una ricerca su quattro diverse marche di spumante, eseguita in Germania riguardò bottiglie originali delle marche considerate, ma con l’identico contenuto. I giudizi ottenuti, abbastanza differenziati, riflettevano evidentemente soltanto l’immagine di marca. Un altro esempio può essere fatto in relazione ad un’azienda produttrice di birra che sottopose ad indagine quattro nuovi tipi di etichette su bottiglie contenenti lo stesso prodotto. Nel corso del test, gli intervistati dovevano associare alle bottiglie un numero prefissato di aggettivi ed espressioni, con il quale si cercava di caratterizzare la capacità di comunicare una determinata immagine della confezione (Branded test).

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Un elemento che occorre tenere presente soprattutto per test su beni alimentari conservati o su bevande, è costituito dall’età dei vari prodotti a confronto, al fine di evitare effetti distorsivi imputabili all’uso di prodotti confezionati in periodi diversi e quindi in diverse condizioni di freschezza. Infatti, se noi utilizziamo uno stock di beni prelevati dalla linea di produzione della marca interessata all’esperimento e lo si confronta con prodotti di altre marche acquistati sul mercato, è possibile che si introduca in tal modo nell’analisi un elemento sistematico di disturbo. Inoltre il prodotto dovrà essere giudicato dagli intervistati in condizioni che si avvicinano quanto più possibile a quelli normali d’uso.

Così ad esempio, il giudizio su un sugo pronto per pasta dovrà essere espresso in occasione dell’ora del pasto e nell’ambito di un pranzo standard completo.

Un ulteriore problema è costituito dal momento in cui la rilevazione delle reazioni al test deve avvenire e cioè se immediatamente dopo la prova o ad un certo intervallo di tempo dalla stessa. C’è chi sostiene che una risposta non immediata sia preferibile perché, la decisione di scelta tra più prodotti ed il giudizio di gradimento si formano in condizioni di non coercizione psicologica (come è invece quella del “mangia e giudica”), talora con l’intervento dei fattori che non sempre agiscono al primo incontro con il prodotto stesso.

Altri autori invece consigliano di rilevare le reazioni degli intervistati immediatamente dopo la prova di prodotto. Crisp, pone il caso di un test alimentare che mette in luce un lieve, ma spiacevole sapore secondario, che permane finchè non subentra un altro sapore: la rilevazione di questa situazione è importante, ed è più chiaramente identificabile mediante la registrazione immediata del giudizio. Altro elemento a favore di un riscontro immediato è l’osservazione che, in tal modo si riduce la possibilità di confusione nell’attribuzione del giudizio preferenziale in ricerche su prodotti identificati soltanto da una lettera o da un numero.

La registrazione delle reazioni degli intervistati ai beni di consumo loro presentati, può avvenire anche in forma mista, cioè mediante un’annotazione immediata da parte dei partecipanti alla ricerca e mediante un’intervista successiva a distanza di qualche giorno per i prodotti che vengono lasciati alle casalinghe perché li provino alla prima occasione. Occorre però osservare anche che, spesso il risultato di una singola intervista non è sufficiente a definire l’atteggiamento dei consumatori nel confronto tra due beni. Perché, come è avvenuto in vari test, in realtà le persone non discriminano tra i due prodotti.

Il procedimento infatti, può essere esteso anche a più di due replicazioni. In questo caso sarà importante considerare le rispettive frequenze e valutare la stabilizzazione dei risultati rispetto alle indicazioni ottenute, sia con la prima intervista che con una replicazione.

Per questo motivo si estende talora il test ad un periodo sufficientemente lungo e cioè per assicurare stabilità ai risultati ed evitare di fornire una risposta di marketing positiva per prodotti, capaci di determinare un iniziale alto gradimento ma poi gradualmente declinanti con l’esperienza di consumo.

Per questo motivo negli Stati Uniti, i test sui cereali pre-cucinati e sulle bevande si prolungano per 12 settimane, proprio al fine di stabilizzare i risultati che rilevati con riferimento ad esperienze ripetute differiscono dalle preferenze espresse dopo una sola prova.

In alcuni casi il giudizio di preferenza tra due prodotti può addirittura avere un andamento a forbice con l’aumento del numero delle prove.

Questo aspetto assume particolare importanza quando la prova di prodotto è realizzata in un mercato di prova. Si passa allora nel campo dei test di vendita, da cui si ricavano ulteriori informazioni, come una prima stima del valore assoluto delle vendite, della penetrazione presso le varie categorie di dettaglianti, della composizione della clie ntela secondo l’intensità di acquisto. Naturalmente il periodo prescelto per la prova di prodotto, terrà conto sia delle eventuali componenti stagionali nell’apprezzamento e nel consumo del bene in esame, sia dell’intensità e delle caratteristiche delle campagne pubblicitarie in corso nel settore.

Un ultimo aspetto che conviene accennare in tema di condizioni di effettuazione del product test, riguarda l’effetto di “alone”, per cui i partecipanti all’esperimento che rifiutano un prodotto, non

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riconoscono in esso alcun aspetto positivo gradito; viceversa gli intervistati che forniscono un giudizio favorevole, sono più facilmente predisposti ad estenderlo a tutti gli aspetti.

Nei test di prodotto, per annullare l’influenza dell’ordine di presentazione o comunque per valutare l’incidenza di questo elemento, si provvede in generale a permutare i beni in sub-campioni comparabili (AB, BA nei confronti binari, ABC, ACB, BCA, BAC, CAB, CBA nel caso di confronti ternari per ogni soggetto).

Quando invece l’ordine di presentazione risulta inessenziale sul giudizio del prodotto, significa che l’unico elemento di discriminazione è costituito dagli aspetti propri del bene.

L’inessenzialità dell’ordine di presentazione significa che, nel lasso di tempo intercorso tra l’inserimento sul mercato del prodotto standard di confronto ed il momento del test, il pubblico non ha avvertito una peculiarità del prodotto concorrente tale da costituire remore all’inserimento di un bene simile di pari livello qualitativo.

L’irrilevanza dell’ordine di successione nella somministrazione dei test potrebbe indurre a concludere che, il fatto di penetrare per primi sul mercato non giova in assoluto rispetto al rapporto