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Ci sono delle definizioni rigide che sono usate per descrivere i concetti coinvolti in un esperimento. La conoscenza di questi termini è essenziale per comprendere i disegni sperimentali.

1. Fattore sperimentale sistematico. È una circostanza (o condizione o causa) che può essere modificata (“controllata”), ovvero, esattamente prefissata in una prova al cui effetto è interessato il ricercatore.

2. Fattore sperimentale quantitativo. Fattore sperimentale sistematico descritto da un carattere quantitativo, le cui modalità (i livelli) sono espressi con un numero reale, indicante un valore su una scala di intervalli (ad esempio anni di calendario) o su una scala di rapporti (ad esempio ammontare degli investimenti pubblicitari…).

3. Fattore sperimentale qualitativo. Fattore sperimentale sistematico descritto da un carattere qualitativo, le cui modalità sono espresse con le categorie di una scala nominale sconnessa (tipo di professione, regione di appartenenza…) o ordinata (grado di soddisfacimento di un prodotto).

4. Livelli di un fattore sperimentale e trattamenti. Sono le modalità di un fattore sistematico quantitativo o qualitativo (le modalità di un fattore qualitativo, sono dette anche trattamenti).

5. Trattamento sperimentale. Livello di un fattore sperimentale sistematico qualitativo o combinazione di livelli di più fattori sperimentali, somministrati alle unità sottoposte ad esperimento.

6. Fattore sub-sperimentale (o variabile estranea). Circostanza variabile in una prova che non appartiene all’insieme dei fattori sperimentali sistematici (oggetto di studio), il cui effetto sulla variabile risposta non è di diretto interesse per il ricercatore, ma della quale è necessario tenere conto, allo scopo di isolare l’effetto dei fattori sperimentali.

7. Esperimento o prova. Procedura con la quale una o più variabili causali (fattori sperimentali sistematici) sono fatte variare in modo sistematico, rileva ndone gli effetti su una o più variabili dipendenti. Tenendo sotto controllo le variabili causali di disturbo (fattori sub-sperimentali o estranei) i cui effetti possono essere confusi con quelli dei fattori sistematici.

Un esperimento è composto da quattro elementi: a) I fattori sperimentali;

b) La variabile dipendente (sulla quale sono valutati gli effetti dei fattori); c) Le unità sperimentali (sottoposta al trattamento);

d) Il piano sperimentale (insieme delle combinazioni o stimoli sperimentali).

8. Stimoli sperimentali. Combinazione delle diverse modalità dei fattori sperimentali sistematici, somministrati alle unità sperimentali.

9. Piano o disegno sperimentale. Schema di somministrazione (protocollo sperimentale) dei livelli di un fattore o delle combinazioni dei livelli di due o più fattori sulle unità sottoposte all’esperimento. Ci sono molti possibili disegni sperimentali, infatti la scelta del miglior disegno possibile è il più importante aspetto della sperimentazione.

10. Piano o disegno completamente casualizzato. Schema con il quale i trattamenti sono assegnati alle unità sperimentali con criterio di casualità statistica.

11. Variazione dei fattori sperimentali. Variazione dei livelli della/e variabile/i, che provocano una variazione sulla variabile risposta, oggetto di studio. La variazione della variabile risposta può essere analizzata in tre modi:

-Con la tecnica presenza/assenza del trattamento: un gruppo sperimentale o test (GS) è sottoposto al trattamento, un altro gruppo di controllo (GC) no.

Si rileva, quindi, sul GS l’effetto del trattamento sulla variabile risposta tramite confronto con la variabile risposta del GC;

-Assoggettando una variabile indipendente a differenti variazioni (livelli dei fattori) in diversi gruppi test (ad esempio differenti prezzi praticati su diversi gruppi per rilevare il numero di unità vendute in ciascuno di essi);

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-In rapporto al tipo di fattore sperimentale sottoposto a variazione. Se si è interessati, ad esempio, all’effetto della promozione di un prodotto sulla variabile risposta, si conduce un esperimento con cui si somministra una serie di spot pubblicitari, ognuno dei quali indica un differente beneficio di tale prodotto; successivamente si valuta la variabile risposta, cioè l’atteggiamento o il comportamento (numero di unità del prodotto acquistate, frequenza di acquisto…) dei consumatori in relazione ai diversi spot.

12. Unità sperimentali. Sono le unità sulle quali sono somministrati i trattamenti di un fattore o le combinazioni dei livelli di più fattori (stimoli sperimentali) e sulle quali si osserva la variabile risposta. Nel marketing tali unità possono essere costituite da individui (considerati singolarmente o in gruppo), capifamiglia, aree di mercato, punti di vendita, dettaglianti, grossisti.

13. Effetto di un fattore sperimentale. Cambiamento medio nella variabile di risposta causato da una variazione di livello del fattore.

14. Effetti sperimentali principali. Influenza, valutata come scostamento dalla media della variabile risposta, dei fattori sperimentali sistematici singolarmente considerati, sulla variabile dipendente.

15. Effetti sperimentali di interazione . Influenza dei fattori sperimentali congiuntamente considerati.

Questi effetti supplementari intervengano quando la risposta, conseguentemente ad una modifica delle modalità di un fattore sperimentale, risente dei livelli assunti dagli altri fattori.

16. Esperimenti di laboratorio ed esperimenti sul campo. L’esperimento di laboratorio è uno studio condotto in ambiente rigorosamente progettato e specificato, nel quale lo sperimentatore ha un controllo diretto sulla ma ggior parte (se non su tutti) i fattori cruciali che influenzano la variabile dipendente; gli effetti delle possibili variabili di disturbo sono ridotte per quanto possibile. Questo tipo di esperimento è usato nel concept testing, nei test sui gusti alimentari e per la scelta della confezione di un prodotto; negli studi inerenti alla pubblicità (selezione dei media e dei contenuti dei messaggi) e in simulazioni di mercato.

L’esperimento sul campo è uno studio condotto in un ambiente naturale (il mercato) nel quale una o più variabili indipendenti sono fatte variare in condizioni controllate.

Tra le due classi di esperimento, quello di laboratorio, di più difficile realizzazione, assicura un più elevato grado di controllo dei fattori di disturbo e una maggiore affidabilità dei risultati sperimentali.

Con riguardo alla validità interna, l’esperimento di laboratorio ha più punti di forza (stante la sua maggiore idoneità a stimare gli effetti delle variabili causali) dell’esperimento sul campo; quest’ultimo soddisfa però maggiormente i requisiti della validità esterna del modello. Requisiti che andremo ad approfondire tra poco.

17. Controllo sperimentale. Può essere inteso nelle seguenti accezioni:

-variazione programmata dei livelli dei fattori sperimentali per stimare gli effetti (significato cui si farà riferimento)

-identificazione dei fattori sub-sperimentali che noti o no al ricercatore, possono influenzare la variabile risposta. Questi fattori devono essere controllati (tramite un idoneo disegno) onde poter minimizzare l’errore sperimentale, il quale se elevato può invalidare l’inferenza causale. Il disegno sperimentale deve essere congegnato in modo tale che gli effetti dei fattori sub-sperimentali non siano confusi con l’influenza dei fattori sperimentali sistematici.

-procedura per isolare i fattori di disturbo applicabile più facilmente in un esperimento di laboratorio piuttosto che in un esperimento sul campo.

-procedura per selezionare le unità sperimentali da sottoporre a trattamento.

18. Controllo dei fattori sub-sperimentali. I fattori sub-sperimentali (variabili esterne di disturbo) che influenzano la variabile risposta, possono essere isolati, cioè controllati (affinché la loro influenza non oscuri gli effetti dei fattori sperimentali) attraverso le strategie statistiche. Come:

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-scelta casuale (“casualizzazione”) delle unità sperimentali che compongono il gruppo sperimentale sottoposto a trattamento e delle unità componenti il gruppo di controllo, ossia il gruppo di riferimento escluso dal trattamento sperimentale.

Il GC e il GS devono essere omogenei tra loro.

Il GC e il GS, sono campioni casuali costituiti da elementi estratti da una popolazione (gruppo originario) le cui unità avevano uguale probabilità di essere assegnate ai due gruppi in parola. Detti campioni sono cioè rappresentativi del gruppo originario. L’assegnazione casuale delle unità ai due gruppi assicura che essi siano simili con riguardo a tutte le variabili di classificazione, con un margine di errore noto in partenza. Margine di errore che può essere ridotto aumentando la numerosità del GS e GC.

Assumendo che le variabili estranee agiscano nello stesso modo nel GS e nel GC, con la casualizzazione si riduce la distorsione provocata dagli errori sistematici, in tal modo le differenti variazioni della variabile risposta nei due gruppi, sono riconducibili al trattamento sperimentale piuttosto che a differenze esistenti tra di essi. La scelta casuale assicura che almeno in media le variabili estranee non favoriscano un risultato rispetto ad un altro.

In teoria un esperimento perfettamente controllato consente di formulare una relazione certa di causa-effetto.

Nei problemi di mercato però, il controllo perfetto di tutti i fattori è impossibile da realizzare.

-assegnazione casuale (“casualizzazione”) degli stimoli sperimentali alle unità partecipanti all’esperimento.

È una procedura statistica atta ad assicurare che le variabili di disturbo agiscano in modo uniforme nelle diverse condizioni sperimentali considerate.

La scelta casuale dell’ordine di somministrazione dei diversi stimoli può essere effettuata ad esempio, sulla base della tavola dei numeri casuali.

Un esempio può chiarire maggiormente il concetto: vogliamo valutare attraverso un esperimento di mercato, il grado di dolcezza di una nuova bibita secondo il giudizio espresso da un campione di potenziali consumatori. Essendo però il concetto di dolcezza soggettivo (variabile quindi da un soggetto ad un altro), se ad una metà del campione di valutatori si fa assaggiare una bibita già esistente sul mercato e all’altra metà si fa degustare la nuova bibita, i valori medi del grado di dolcezza delle due bevande rifletteranno la differente percezione del concetto di dolcezza delle unità sperimentali. Detto valore medio risente pertanto, del fattore sub-sperimentale “grado soggettivo di percezione della dolcezza” dei due sottocampioni di rispondenti. Una procedura di casualizzazione degli stimoli sperimentali, da adottare per controllare il fattore di disturbo in parola, può essere quello di far assaggiare ai soggetti dei due gruppi, entrambi i tipi di bibita (nella ragionevole presunzione che la soggettività del concetto di dolcezza influenzi il parere dei valutatori sulle due bibite nella stessa maniera). In tal modo ciascun rispondente formula il proprio giudizio sulle due bibite in termini comparativi, quindi più precisi.

Inoltre per evitare effetti di ordinamento degli stimoli sulle risposte, la nuova bibita e quella già commercializzata dovrebbero essere somministrate con un criterio di casualità statistica. Pertanto ad un gruppo di valutatori si assegnerà l’ordine di assaggio nuova-vecchia bibita, mentre all’altro si darà l’ordine vecchia-nuova bibita.

Per eliminare poi, l’effetto di confondimento o di trascinamento (carry-over) del primo assaggio sul secondo, tra le due prove deve essere fatto bere un bicchiere di acqua.

-controllo tramite il disegno sperimentale: è effettuato con uno schema che contempla un GC, il quale tiene direttamente conto delle varie fonti di errore che possono agire in un esperimento. -rettifica dei dati rilevati sulla variabile risposta. Gli effetti di una variabile quantitativa di disturbo sulla variabile dipendente vengono rimossi previo aggiustamento del valore medio della variabile dipendente, in corrispondenza di detta variabile quantitativa.

In sintesi in un esperimento è possibile ridurre l’influenza delle variabili di disturbo tramite la casualizzazione delle unità e degli stimoli sperimentali, l’utilizzazione di un gruppo di controllo o di

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un idoneo schema sperimentale, l’analisi della covarianza (se il fattore di disturbo è su scala metrica).

19. Misurazione della variabile dipendente. Può essere effettuato nei seguenti modi:

-tramite risposte verbali o scritte, fornite in un intervista faccia a faccia o su un questionario (grado di preferenza di un profilo di prodotto…)

-tramite strumentazioni elettromeccaniche (in esperimenti di laboratorio) con i quali si controlla il movimento degli occhi del soggetto sottoposto al trattamento, o la dilatazione delle sue pupille… di fronte a determinati messaggi (stimoli sperimentali).

-in modo diretto, tramite indicatori di mercato quali: profitto, fatturato, unità di prodotto vendute o consumate…