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Sulla scia del Codice francese: il codice civile italiano del

Evidente appare la scelta del legislatore italiano dell‟epoca di seguire la sistematica ed il contenuto del Codice civile francese.

Se osserviamo il testo degli articoli italiani, si può facilmente notare come essi siano nient‟altro che una traduzione dei corrispondenti francesi.

L‟articolo 1104, infatti, recita:

43 «I requisiti essenziali per la validità di un contratto sono: La capacità di contrattare; il consenso valido dei contraenti; un oggetto determinato che possa essere materia di convenzione; una causa lecita per obbligarsi».

L‟articolo 1119, in accordo con questa disposizione, enuncia che:

«L‟obbligazione senza causa, o fondata sopra una causa falsa o illecita, non può avere alcun effetto».

A seguire gli articoli 1120-1122 riprendono perfettamente le previsioni di quelli francesi, rispettivamente: circa la validità del contratto privo di una causa espressa, circa la presunzione di esistenza della stessa fino a prova contraria e, infine, a riguardo della nozione di causa illecita come «contraria alla legge, al buon costume o all‟ordine pubblico».

Il Codice italiano si preoccupa di precisare con maggiore rigore l‟effetto traslativo del contratto, collegandolo al «consenso legittimamente manifestato».

L‟importanza del principio consensualistico dà origine ad una ulteriore ed importante novità, quella di rendere partecipe l‟atto traslativo dei vizi del contratto consensuale; e, di conseguenza, l‟affermarsi del principio della nullità del trasferimento della proprietà nel caso in cui la causa del contratto fosse assente o falsa. È vero che la nuda traditio non è sufficiente da sola a trasferire la proprietà, ma prima era sufficiente che la volontà di trasferire la proprietà si appoggiasse ad un qualunque titolo, fosse esso viziato o putativo.

Ciò produceva conseguenze importanti sul piano della tutela in presenza di un vizio: al tradens veniva fornita un‟azione personale

44 per la restituzione, la condictio indebiti o sine causa; ai terzi si offriva la tutela tipica dei vizi del consenso. Questa natura “astratta” del trasferimento poneva in posizione privilegiata i terzi acquirenti dell‟accipiens; tanto più evidente era questa difesa dei terzi, quanto più ampia era la rilevanza della “mancanza” di causa nel rapporto principale tra tradens e accipiens

43

. Questa tradizione viene interrotta nel momento in cui si riconosce validità al principio consensualistico, che quindi impone l‟applicazione della nullità per mancanza di causa.

I primi che ne risentono sono i terzi sub-acquirenti, i quali perdono il beneficio di un acquisto che precedentemente era svincolato dalle sorti del titolo del dante causa; il terzo soggiace alla rivendica del tradens, con il solo temperamento che impone al solvens di

indennizzare il terzo 44

.

Per tali motivi, in relazione ai contratti a titolo oneroso, si parla di causa forte, mentre per i contratti a titolo gratuito si parla di causa debole, che, cioè, necessita di essere sorretta da un autonomo interesse patrimoniale o dalla consegna del bene.

Siamo di fronte, dunque, ad un‟erosione del concetto di causa imposta dalle esigenze di tutela dei terzi contraenti.

Nella dottrina italiana 45

, in verità, la disciplina della nullità per mancanza o falsità di causa viene aggirata con il ricorso ai principi della ripetizione di indebito; anche se, di fatto, la condictio indebiti si

43 M. Giorgianni, Causa del negozio giuridico, Milano, 1961, p. 9. L’autore

insiste a titolo esemplificativo sull’importanza che assume questa tutela nell’ipotesi in cui la rilevanza della causa giunga fino a comprendere il successivo venir meno della controprestazione dell’accipiens, ovvero il suo inadempimento o la sua impossibilità sopravvenuta.

44 Sul tema, M. Giorgianni, Causa del negozio giuridico, cit., pp. 10ss.

45 riferisce al pagamento e, dunque, ad un atto di trasferimento separato dal contratto obbligatorio.

Sia in Francia che in Italia la causa è intesa in senso soggettivo, coincidente essenzialmente con lo scopo individuale del contratto, che induce ciascun contraente ad assumere un vincolo. La causa è vista esclusivamente nell‟obbligazione dell‟altra parte e non nella realizzazione della stessa

46

.

Essa va, pertanto, ricercata nel momento statico del contratto, nel solo sinallagma genetico e non in quello funzionale

47

.

La teoria soggettiva della causa comporta una visione atomistica del meccanismo contrattuale, perché, se ci sono più obbligazioni, occorre andare a vedere la causa di ogni singola obbligazione.

Tuttavia, già in quest‟epoca non mancano voci fuori dal coro, che accusano tale concezione di portare alla confusione del requisito oggettivo della convenzione con l‟elemento soggettivo imperniato sulla volontà delle parti.

Sicuramente lo stretto contatto con la cultura francese suggerisce di seguire la definizione soggettiva riferita esclusivamente all‟obbligazione (anche se poi effettivamente il riferimento è alle obbligazioni contrattuali): lo si deduce facilmente anche dalla evidente constatazione, già posta in luce, che gli articoli affrontati sono quasi una traduzione letterale dei corrispondenti francesi. Successivamente, tuttavia, nasce l‟esigenza di darne una nozione più misurata sul contratto e sulle ragioni della sua vincolatività, la quale conduce verso l‟elaborazione di definizioni di carattere più

46 C. Crome, Parte generale del diritto privato francese moderno (trad. it.),

Milano, 1906, pp. 292ss.

46 marcatamente oggettivo, come la funzione che giustifica il riconoscimento giuridico del contratto da parte dell‟ordinamento

48 . La teoria soggettiva non distingue gli aspetti prettamente psicologici della volontà negoziale da quelli oggettivi sui quali si fonda realmente la moderna economia dello scambio.

Secondo la visione oggettiva, invece, la causa è un antecedente storico della volontà, intesa come il motivo in virtù del quale l‟ordinamento riconosce e sanziona giuridicamente il rapporto che le parti hanno posto in essere

49 .

Sulla base di queste considerazioni inizia a prevalere una visione oggettiva della causa, come fondamento di ogni singola attribuzione derivante dal contratto.

Tuttavia, per poter arrivare all‟abbandono definitivo della teoria soggettiva in favore di quella oggettiva (quale funzione economico- sociale del contratto), sarà necessario attendere gli anni successivi all‟entrata in vigore del codice del 1942.

2.3 La dottrina tedesca della causa. Differenze e confluenze