Sulla scia della dottrina della funzione economico-individuale si inserisce la teoria della causa concreta elaborata da Bianca, teoria che ha portato all‟affermazione di una concezione di causa più attenta alla composizione degli interessi concretamente attuata dai contraenti. Così Bianca: «il riferimento alla nozione di causa tipica porta a trascurare la realtà viva di ogni singolo contratto, e cioè gli interessi reali che di volta in volta il contratto è diretto a realizzare al di là del modello tipico adoperato […] occorre[…](perciò) riconoscere nella causa la ragione concreta del contratto […](ma) la nozione di causa quale funzione pratica del contratto può avere una sua rilevanza solo in quanto si accerti la funzione che il singolo contratto è diretto ad attuare […] (la quale richiede di) ricercare l‟interesse concretamente perseguito».66
Anche per questa tesi non è sufficiente che l‟ordinamento verifichi se lo schema usato dai contraenti sia conforme ad un tipo contrattuale, ma si deve avere riguardo al significato pratico dell‟operazione. In tal modo si potrebbe scorgere in un contratto, che astrattamente rispetta il modello legale, la volontà nel concreto di violare un divieto quale ad esempio il divieto di patto commissorio.
61 In tale contesto si colloca la svolta giurisprudenziale con la quale si approda ad una tale concezione concreta della causa negoziale. Il leading case è costituito dalla sentenza della Suprema Corte, sez. III 8 maggio 2006, n. 10490, la cui importanza impone sinteticamente di analizzare il caso.
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Un soggetto stipula con una società un contratto di consulenza, con il quale viene nominato anche membro del Consiglio di Amministrazione di alcune società del gruppo dominato dalla società predetta.
Nel momento in cui il consulente richiede il pagamento della propria prestazione si vede opporre un rifiuto netto, motivato dal fatto che in realtà le prestazioni oggetto del contratto di consulenza si identificavano con quelle che egli avrebbe dovuto svolgere in virtù della carica di amministratore.
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La Suprema Corte avalla tale rifiuto sulla base del fatto che la prestazione di consulenza oggetto del contratto spetta comunque al soggetto in virtù della carica di amministratore, risultando pertanto il contratto di consulenza nullo per difetto di causa in concreto.69
Dunque, dal punto di vista materiale, siamo di fronte ad un‟attività che è possibile e giuridicamente lecita, la nullità non consegue pertanto all‟impossibilità dell‟oggetto, ma alla mancanza di causa e più precisamente alla mancanza di una reale volontà delle parti di eseguire il contratto.
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67 A. Giovannoni, La causa del contratto fra nozione codicistica e prassi
negoziale, in http://www.dircomm.it/2006/n.7.8/02.html.
68 Rossi, La teoria della causa concreta e il suo esplicito riconoscimento da
parte della Suprema Corte, in Rass. Dir. civ., XXVIII, 2008, p. 564.
69 V. Roppo, Causa concreta: storia di successo? Dialogo (non reticente né
compiacente) con la giurisprudenza di legittimità e di merito, in Riv. dir. civ. n.
4/2013, pp. 963-4.
62 Se si utilizzasse la concezione oggettiva della causa che la intende quale funzione economico-sociale, il contratto non sarebbe affatto nullo, in quanto la causa corrisponderebbe ad uno dei tipi previsti dal legislatore, ovvero al contratto d‟opera ex art. 2222.
Quest‟ultima accezione di causa non risulta più al passo con i tempi e la Corte in tale sentenza espone quello che è il nucleo del concetto attuale, di seguito riportato per esteso:
«E‟ noto che, da parte della più attenta dottrina, e di una assai sporadica e minoritaria giurisprudenza (Cass. Sez. 1^, 7 maggio 1998, n. 4612, in tema di Sale & lease back) Sez. 1^, 6 agosto 1997, n. 7266, in tema di patto di non concorrenza; Sez. 2^, 15 maggio 1996, n. 4503, in tema di rendita vitalizia), si discorre da tempo di una fattispecie causale "concreta", e si elabori una ermeneutica del concetto di causa che, sul presupposto della obsolescenza della matrice ideologica che configura la causa del contratto come strumento di controllo della sua utilità sociale, affonda le proprie radici in una serrata critica della teoria della predeterminazione causale del negozio (che, a tacer d'altro, non spiega come un contratto tipico possa avere causa illecita), ricostruendo tale elemento in termini di sintesi degli interessi reali che il contratto stesso è diretto a realizzare (al di là del modello, anche tipico, adoperato). Sintesi (e dunque ragione concreta) della dinamica contrattuale, si badi, e non anche della volontà delle parti. Causa, dunque, ancora iscritta nell'orbita della dimensione funzionale dell'atto, ma, questa volta, funzione individuale del singolo, specifico contratto posto in essere, a prescindere dal relativo stereotipo astratto, seguendo un iter evolutivo del concetto di funzione economico-sociale del negozio che, muovendo dalla cristallizzazione viaggio vacanza, in diritto.it, 2017.
63 normativa dei vari tipi contrattuali, si volga alfine a cogliere l'uso che di ciascuno di essi hanno inteso compiere i contraenti adottando quella determinata, specifica (a suo modo unica) convenzione negoziale». 71
Con tale sentenza è segnata la svolta definitiva: la causa non è più ricollegabile al tipo contrattuale, ma va individuata nello specifico assetto di interessi delineato dalle parti, indica la sintesi degli interessi reali che il contratto è diretto a perseguire; sintesi relativa alla dinamica contrattuale e non alla volontà delle parti.
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Tale orientamento trova poi conferma in altre decisioni: storica in materia è la sentenza n. 26958 del 2007
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, pronunciatasi sul caso di una coppia di coniugi che, dopo aver prenotato un soggiorno alberghiero, non ne fruì a causa del decesso di uno dei due avvenuto a pochi giorni dalla partenza. Il coniuge superstite, dopo aver richiesto la restituzione della somma pagata e dopo aver ricevuto il rifiuto da parte dell‟albergatore, si rivolgeva al Tribunale. Una volta che la questione giunse in Cassazione, la stessa affermò l‟automatica risoluzione del contratto sulla base del principio secondo il quale la sopravvenuta inutilità della prestazione per il creditore incide sulla funzione concreta del contratto e quindi sulla causa
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71 P. Franceschetti, Causa del contratto, in Altalex, 2016.
72 F. Rimoldi, La causa quale ragione in concreto del singolo contratto, in
Contratti, I, Milano, 2007, pp. 621ss.
73 Cass. Civ, Sez. III Sent., 26958/2007
74 V. Roppo, Causa concreta, cit., pp. 964-966; G. Baldini, Contratti
turistici e causa in concreto: profili critici, in Causa del contratto, evoluzione interpretativa e indagini applicative, a cura di F. Alcaro, Milano, 2016, pp. 231Ss;
64 Risulta perciò che la causa concreta non ha rilevanza solo nella fase genetica del contratto, ma anche nella sua fase esecutiva, svolgendo un ruolo decisivo in ordine alle sorti della vicenda contrattuale. Per tale motivo il contratto è nullo non solo se manca l‟elemento causale o è illecito dall‟inizio, ma viene meno anche quando in fase esecutiva la finalità concreta perseguita dalle parti diventa irrealizzabile
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L‟attuale posizione della Corte, pertanto, è di ritenere che le esigenze che hanno indotto il contraente a stipulare, in quanto trovino manifestazione nel contratto o nel comportamento complessivo delle parti, che può essere anche posteriore al momento della stipulazione, devono essere tenute in considerazione non come mere motivazioni personali, come tali irrilevanti, ma al fine di valutare la capacità concreta del contratto di assolvere alla sua funzione
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Un aspetto importante da tenere bene a mente è che non si deve però equivocare la nozione di causa concreta: vi è il rischio, infatti, che nel voler comprendere nella causa gli interessi che hanno spinto le parti a concludere il contratto, si finisca con il ricadere nella concezione soggettiva di matrice francese, attribuendo rilevanza ai motivi.
Com‟è noto, infatti, nel nostro ordinamento non c‟è spazio per la rilevanza invalidante dei motivi, laddove la causa è lo scopo oggettivo, concreto ed immediato del contratto, i motivi costituiscono una rappresentazione soggettiva che induce le parti a concludere il contratto e in quanto moto interiore, rimangono e devono rimanere estranei alla vicenda contrattuale ed alla questione della sua validità.
75 F. Galgano, Trattato, cit., pp. 557ss.
76 C. Riperto, La giurisprudenza sul codice civile coordinata con la dottrina,
65 Tuttavia, non sempre è così agevole evitare che i motivi assumano rilevanza, anzi a volte può capitare che essi entrino all‟interno dello schema causale, ad esempio per il tramite di una clausola.
Un riferimento esplicito ai motivi nel nostro Codice è rappresentato dall‟art. 1345 c.c., il quale individua il motivo comune determinante illecito come causa di nullità, se risulta che, in assenza di esso, le parti non avrebbero stipulato alcun contratto.
È necessario quindi precisare che, quando si parla di causa in concreto, non si può fare riferimento solo ai meri interessi perseguiti dalle parti, ma ad interessi che devono essere oggettivati nella struttura del contratto.