• Non ci sono risultati.

La scomposizione del testo e il percorso dei temi.

L’attore riceve il testo quando già è organizzato in un certo modo: e se si distrug- gesse tale ordine iniziale? Per «scoprire l’invisibile dietro le parole», è necessaria la curiosità dell’attore, che non sarà esecutore, ma piuttosto ricercatore. Egli «non riesce ad alzarsi SOPRA le parole del testo, rimanendone eterno schiavo.»81 La rea- zione è nell’invisibile che si tenta di cercare: lo spirito del ruolo. La scomposizione di un testo può essere un passo importante per capire il passaggio verso l’idea di creazione sulla quale è basata l’idea di attore. Alschitz suggerisce di stendere su un foglio l’intero testo da rappresentare, le battute del personaggio da interpretare, una dopo l’altra, sul medesimo foglio. Apparirà un caos frammentario. Suggerisce di intenderlo come un sistema di segni il cui significato ci appare ancora sconosciuto. Il desiderio di ricomporre i pezzi, la successiva ricomposizione del puzzle, renderà gli attori rivitalizzati dallo stimolo di essere loro creatori. «Questa sorta di gioco con il testo [...] è già il primo passo verso uno status di Artista, cioè verso quella posi- zione che deve contraddistinguere l’attore nel suo rapporto con il ruolo»82. Anche noi studenti eravamo considerati scomposizioni da riunire. Non eravamo singoli individui, facevamo parte di qualcosa di più grande, un ensamble di lavoro che

80Ivi, pp. 350-351

81 Jurij Alschitz, La matematica dell’attore, cit., p. 25 82Ibid.

viveva delle vite di se stesso. C’era nelle intenzioni l’idea di superamento delle pro- prie individualità.

La scomposizione insegna all’attore che non deve appropriarsi frettolosamente del testo, e deve mantenere quella distanza che già naturalmente esiste con esso. Quel caos di parole ha la capacità di rendere estraneo il testo all’attore, lo allontana allontanando l’illusione che sia di sua proprietà, e nella distanza iniziano le prime scoperte: in quella distanza risiede la libertà dell’interprete, la sua autonomia. Ciò accompagna verso l’attore anche la responsabilità delle proprie azioni. È come se l’attore «si elevasse sopra il testo per poter scorgere per intero il proprio ruolo»83. Conoscere il ruolo è «saperlo vedere dall’alto», per avere una «visione d’insieme» più corretta. L’indipendenza raggiunta lascia così spazio all’improvvisazione.

I TEMI.

Per ricomporre il testo frammentato, è necessario ritrovare l’origine, l’idea che diede la spinta alla composizione del testo: la sua manifestazione è il cosiddetto «tema». «La parola non è che un lucchetto» e aprendolo, ci è permesso «accedere al tema che ha plasmato in origine il testo». Viene creato un percorso del quale l’attore sarà autore, fatto la cui importanza è enorme, «l’attore smetterà di recitare le parole, e inizierà a svolgere un tema»84 (tema che ha rilevanza primaria rispetto al testo, la cui funzione consiste essenzialmente nell’essere veicolo del tema).

Cercare le parole significa sapere che non tutte le parole hanno lo stesso peso, che in un testo esistono parole ricorrenti, e che raggruppare parole secondo diversi temi «aiuterà a stabilire il tema sviluppato da ogni determinato passaggio del ruolo»85. La preoccupazione dell’attore non deve quindi riguardare «cosa fa e in che modo agisce il personaggio, ma intorno a quale tema verte il suo discorso» (quando molte altre metodologia pongono al centro l’azione del personaggio). La domanda che accompagnerà l’attore sarà sempre: quale tema sto svolgendo? Il ruolo diverrà «come un intreccio di temi», si presenteranno quelli secondari e tra questi quello principale, ognuno sviluppato da un punto di partenza, una serie di tappe interme- die ed un punto d’arrivo. «Il compito dell’attore è stabilire come avviene il passaggio da un tema all’altro e come ne risente il ruolo», una lunga strada verso la scoperta, quella luce che apre in noi attori una nuova porta. Dopo aver definito e intitolato il tema (si noti che anche dare un titolo comporta un’esplorazione) inizia la ricerca del materiale: nel testo stesso (in altri personaggi della pièce che si offrono al medesi-

83 Jurij Alschitz, La matematica dell’attore, cit., p. 26 84Ivi, p. 28

mo tema); nelle opere dello stesso autore; in opere di ogni genere (articoli di gior- nale, libri di cucina, canzonette, opere pittoriche, e quant’altro...). Altra fonte fonda- mentale è l’attore, poiché i temi vivono in lui. Ci si richiama al Menone platonico, è un risveglio di ‘reminiscenze’ presenti nell’anima dell’attore. Maggiore sarà il mate- riale raccolto, maggiormente uscirà l’energia accumulata in scena. Ecco perché i temi dovranno essere ‘alti’, ‘nobili’, ‘eterni’, perché l’energia sviluppata da temi ‘alti’ sarà, molto più intensa, sostiene Alschitz, che quella svolta a partire da temi quoti- diani. L’attore è filosofo e creatore: il lavoro su ‘la verticale del ruolo’ si propone tale scoperta.

FEDELTÀ AL TESTO.

Sebbene sia un tipo di regia rigorosamente fedele al testo, il «discorso sulla ‘fedel- tà’, che l’attore dovrebbe osservare nei confronti dell’autore del testo, non è qui sostenibile. Le idee esistono aldilà della parola dell’autore. [...] Le idee [...] non ap- partengono a nessuno. L’attore deve essere fedele non tanto alla lettera, quanto allo spirito dell’autore»86. Per questo è utile e necessario scoprire la sorgente dell’opera. Lo Ione di Platone ci è d’aiuto. Più si è vicini alla sorgente, meno il senso è contaminato dalla trasmissione, l’energia passata dall’Idea risulta più viva. Le idee hanno una vita lunga, anche eterna, invece «le emozioni provate oggi, domani non si ripeteranno»: ‘la verticale del ruolo’ porta l’attore in contatto con il divino, ed ogni volta sarà una nuova scoperta. La strada porterebbe l’attore (o ‘noi’ attori) «verso la luce del ruolo, verso quell’attimo di felicità, sia in quanto artisti»87 sia in quanto uo- mini. È una felicità che si raggiunge con l’allenamento, la dedizione quotidiana, che significa anche rispetto per l’arte e per coloro, che vi impegnano loro stessi e verso i quali, il solo modo di restituire il rispetto concesso è di lavorare senza sosta: un giorno si arriverà a capire che quel lavoro è soprattutto rispetto verso noi stessi.