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Scrivere sulla soglia del Passage, aux confins de la réalité Rifondazione ontologica e itinerario gnoseologico.

I motivi dell'insufficienza dell'intelletto, della conoscenza “disvelante”, del “di fuori”, della ennui per il referente, dell’amplificazione della soggettività e dell'hasard costituiscono il bagaglio concettuale e culturale di gran parte della letteratura degli anni ‘20 e ‘30, che li indaga a partire dalle loro manifestazioni all'interno della Città. La molteplicità cangiante ed eteroclita del tessuto urbano rappresenta una possibilità unica di indagine epistemica e di risoluzione metonimica dell'angoscia dell'uomo moderno. Il cortocircuito descrittivo, già scoperto alla base di Tropic of Cancer, si riscontra con maggior evidenza, e con una variazione significativa, ne Le Paysan de Paris di Louis Aragon, testo apparso per la prima volta nel 1926 e quindi nella piena temperie surrealista degli années folles. Se il paradosso gnoseologico cui va incontro la conoscenza sembra lo stesso, diversa ne è però l'interpretazione. Nella prima parte del romanzo, opera eccentrica e isolata rispetto agli altri testi surrealisti e lasciata in margine dal suo stesso autore, Aragon si pone il problema della fondazione di una mitologia moderna, chiarendone da subito i presupposti epistemologici. Si legge:

Au vrai je commence à éprouver en moi la conscience que ni le sens ni la raison ne peuvent, que par un tour d'escamoteur, se concevoir séparés les uns de l'autre, que sans doute ils n'existent que fonctionnellement. (…) La lumière ne se comprend que par l'ombre, et la vérité suppose l'erreur. Ce sont ces contraires mêlés qui peuplent notre vie, qui lui donnent la saveur et l'enivrement. Nous n'existions qu'en fonction de ce conflit, dans la zone où se heurtent le blanc et le noir.51

La rivoluzione gnoseologica è premessa per una chiarificazione dello statuto ontologico dell'uomo che, figura della soglia, esiste solo in “funzione” del conflitto irriducibile dei contrari. La spazializzazione del processo conoscitivo è qui evidente e anticipa il percorso della voce narrante nei luoghi della Città. Il testo rappresenta una variazione “metropolitana” del Bildungsroman, sotto forma di viaggio iniziatico e mistico di formazione individuale nel tessuto collettivo urbano. In una moltiplicazione di livelli di fruizione, il brano contiene anche le linee poetiche dell'autore, definendone insieme lo statuto narrativo e descrittivo. Se la zone, parola cara a Apollinaire, è il luogo per eccellenza di manifestazione dei contrari, è anche lo spazio della pagina mallarmiana dove si “scontrano” il bianco del silenzio e il nero della parola. È da questa soglia che nasce la scrittura, come impegno di traduzione dell'irriducibile ambivalenza del reale. Il conflitto dei contrari, espressione che riecheggia da vicino il pólemos eracliteo, viene esemplificato in via

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metonimica dal Passage dell'Opéra il cui colore preferito è la "pénombre" e la cui verità è quella di essere luogo del “culte de l'éphémère”.

Se, come sosteneva il filosofo presocratico, la guerra è la madre di tutte le cose, il Passage in quanto “golfe hétéroclite des apparences”, diventa il medium per arrivare, attraverso lo spettacolo del conflitto ermeneutico delle differenze, alla comunicazione dell' invisible pattern. A un primo livello, il luogo urbano funziona come paradigma interpretativo di tutto ciò che è descrivibile, è “la méthode – scrive il Paesano- pour m'affranchir de certaines contraintes, un moyen d'accéder au delà de mes forces à un domaine encore interdit”52. La nuova conoscenza del mondo è appunto passage, cioè “itinerario verso le profondità dell'immaginazione”53 e il Paesano è “comme un homme qui se tient au bord de ses abimes, sollicité également par les courants d'objets et par le tourbillon de soi-même, dans cette zone étrange où tout est lapsus, lapsus de l'attention et de l'inattention (…) vertige”54.

Ancora una volta la Città, attraverso un suo luogo, si pone come flusso generatore di significati, “plexus of life”, come oggetto del discorso, funzionando nello stesso tempo come frontiera tra le due dimensioni gnoseologiche. Ma, se il Paesano, narratore e descrittore, riceve la definizione del proprio statuto ontologico dal bord fisico e metafisico nel quale “cammina”, è perché il luogo urbano è anche “tapis roulant” della sua coscienza e da ultimo proiezione della sua sostanza più intima. L'uomo all'interno di questo luogo di frontiera è anch'egli “un limite, un rapporto” che scopre nel divenire incessante del mondo la sua cifra più intima, la sua essenza paradossale. Sullo sfondo di questa “rivoluzione copernicana” di secondo grado, il personaggio-descrittore è colui che, osservando il reale che muta e cambiando per conseguenza egli stesso, può ormai parlare solo con il linguaggio dell'ibrido. Come osserva Franco Rella, “le sue parole dapprima obbediscono a una furia descrittiva da agrimensore, per squarciarsi in un'immane apertura, in un'immensa dilatazione verso una regione oscura in cui la natura si pone come una sorta di inconscio dello spirito, come il suo «cuore di tenebra»”.55

L'isotopia tra tessuto urbano e “domaine interdict” dell'immaginario costituisce quindi, non solo una reduplicazione metonimica dell'ambivalenza dell'uomo, ma anche, sul versante più propriamente letterario, il modulo organizzativo delle descrizioni. La scrittura vive di questo scarto e, sulla soglia di queste porte “mal fermées sur l'infini”, opera la trasfigurazione dell'oggettività delle merci esposte. Il transito dal reale all'immaginario è la verità o, meglio, la verità di quell'errore che feconda tutte le cose nel loro essere differenze. Il movimento della descrizione è appunto quello del dia-ferein, del portare l'oggetto oltre i suoi limiti estremi, di scoprirlo proprio nella sua natura diveniente. È lo stesso Aragon a svelare apertamente lo slittamento metaforico dello spazio e ad anticipare la sintesi mistico

52 Aragon, L., op. cit. (1926), p. 110.

53 Rella, F., Il Paesano di Parigi, in Moretti, F, a cura di, Il romanzo, Einaudi, Torino, 2001, Vol. I, p.

836.

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Aragon, L., op. cit. (1926), p.61.

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surrealistica della seconda parte del testo, quando, colpito da un “sentiment de l'étrange” e sotto “la lumière moderne de l'insolite”, prende coscienza di una “cohérence inexipliquée” e scrive:

toute la faune des imaginations, et leur végétation marine, comme par une chevelure d'ombre se perd et se perpétue dans les zones mal éclairées de l'activité humaine. c'est là qu'apparaissent les grands phares spirituels, voisins par la forme de signe moins purs. la porte du mystère et nous voilà dans les royaumes de l'ombre. 56

È proprio là, nella “zone mal éclairées” dell'agire umano, che il divino si annuncia. Ma per vederne il “segno” bisogna varcare “la porte du mystère”, ovvero la soglia del Passage, che, definito come “cercueil de verre”, rappresenta una sorta di inconscio collettivo57 dormiente, l'inferno indistinto del sogno. Illuminanti in proposito le interpretazioni che Walter Benjamin dà nel suo monumentale progetto dedicato allo studio dei passages parigini, considerati proprio come quelle “caverne [dove] la merce prolifera come una flora immemorabile intrecciando come un tessuto ulcerato i rapporti più sregolati” e quindi da ultimo come un “universo di affinità misteriose”.58

Le analisi del filosofo tedesco nate, secondo quanto dichiara egli stesso in una lettera del 1935 all'amico Adorno, dalla lettura del testo di Aragon, insistono sulla sostanza onirica del passage e, articolandosi intorno ai motivi della soglia e del confine, abbozzano una teoria dialettica dell'immagine e dell'immaginario che si rivela di estrema importanza per cogliere le intuizioni alla base del progetto di rifondazione di una Mitologia moderna quale emerge dalle righe del Paysan.

Il passage è per Benjamin il frutto più emblematico di una “architettura in cui, come in un sogno, riviviamo la vita dei nostri genitori e nonni, come il feto nel ventre materno rivive la vita animale”59. Se l'immagine dialettica “è ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l'ora”60, e se l'hic della merce esposta e il nunc effimero dell'uomo in transito contengono paradossalmente la negazione della certezza sensibile del qui/ora e l'apertura verso l'altro da sé, diventa evidente come il passage sia assunto in quanto paradigma descrittivo della modernità. Come nota Rella, Benjamin enuncia il paradosso di un'umanità radicata nella precarietà perché, nella considerazione del passage come quel luogo dove l'esistenza “scorre priva di accenti come l'accadere nei sogni”61 si costruisce un'analogia tra il da sempre stato onirico e l'ovunque metropolitano. La costruzione del XIX secolo, che “assume il

56 Aragon, L., op. cit. (1926), p. 21. 57

Come scrive il Paesano “l'inconscient personnel rencontre l'inconscient collectif exprimé par la ville, souvent à l'insu de ses habitants ” (Ibidem, p. 10).

58 Benjamin, W., op. cit., p. 604. 59 Ibidem, p. 113.

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Ibidem¸ p. 516.

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ruolo del subcosciente”62, si fa spazio dove “la collettività sognante (…) si sprofonda nel proprio interno”63 e dove la verità delle immagini dialettiche si manifesta “nell'istante” effimero “dell'indifferenza tra morte e significato”64. La natura paradossale dell'istante si traduce nell'immagine dialettica della soglia che, frontiera tra le figure del risveglio e del sogno, trova la sua proiezione metonimica nella porta d'ingresso del passage, in quella zone che, come suggerisce l'etimo della parola tedesca Schwelle (da Swellen: gonfiarsi), “racchiude i significati del mutamento, passaggio e straripamento”65. Il passage è la “casa di sogno della collettività” e il tragitto della moltitudine attraverso i suoi corridoi è il “cammino spettrale dinanzi al quale cedono le porte e si aprono le pareti”66, o anche il percorso di una nuova conoscenza che non mira più alla risoluzione idealistica dei contrari, all'aufhebung dialettico, quanto piuttosto all'istantanea della loro massima tensione67. Per questo il Paesano invita letteralmente il lettore a entrare in questa nuova dimensione: “entrez, entrez, c'est ici que commencent les royaumes de l'instantané”68.

Se la verità della nuova immagine dialettica non è nel “decorso” ma nella discontinuità e se “il luogo in cui si incontrano le vere immagini è il linguaggio”69, l'esperienza di questa frammentarietà epistemologica si dà però solo all'interno della Città e del sogno, là dove si manifesta con forza “il fenomeno del confine”, là dove si può esercitare il “vice” surrealista della “provocation sans controle de l'image pour elle même et pour ce qu'elle entraine dans le domaine de la représentation de perturbations imprévisibles et de métamorphoses”. Illuminante a proposito quanto osserva Benjamin:

Conoscerle [le città] significa avere un sapere di quelle linee che, con funzione di confini, corrono parallele ai cavalcavia, attraversano

62 Ibidem, p. 6. 63 Ibidem, p. 434. 64 Ibidem, p. 522. 65 Ibidem, p. 555. 66 Ibidem, p. 458.

67 Illuminanti al riguardo, le considerazioni che Marie Claire Bancquart fa nel suo studio sulla Parigi

dei surrealisti, fondamentale testo del quale il presente lavoro è debitore, e dove si legge: “Jardins et statues sont les pôles de recomposition sans cesse différente d'une réalité mutante. Ils s'interprètent aussitôt comme autant de microcosmes, grâce auxquels est facilité le déchiffrement de la ville: luxuriance et synthèse d'un tempérament. Aragon voit en elle une totalité dans la succession. C’est ce qui le porte à célébrer, dans la premier partie du Paysan de Paris, le Passage de l'Opéra : monde à part dans Paris, promis à une démolition prochaine permet à l’écrivain de fixer pour toujours (puisqu’elle va disparaître) sa physionomie faite d'instantanés. Nul lieu peut mieux figurer l'importance et la fragilité conjointes de l'homme. Des jardins il a l'artifice. Il réunit en effet des ambiguïtés qui se trouvent naturelles (…) et des commerces de paradoxe (…). Passage, il mérite littéralement son nom (…). Les descriptions photographiques auxquelles il se plaît dans Le Paysan sont autant de points de repère dans la métamorphose, et autant de départs nouveaux pour une métamorphose : elles prêtent à l’irrationnel non point sa raison, mais son sens ” (Bancquart, M.C., Le

Paris des surréalistes, Seghers, Paris, 1972, pp. 85-6).

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Aragon, L., op. cit. (1926), p. 82.

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caseggiati e parchi, lambiscono le rive del fiume, significa conoscere questi confini e le enclavi dei vari territori. Come soglia, il confine passa attraverso le strade; un nuovo territorio ha inizio come un passo nel vuoto…70

Il Paesano, nel suo tragitto all'interno del Passage de l'Opéra, fa un'autentica esperienza del confine, o, meglio, della soglia. Il tempo del suo discorso è l'effimero istante di arresto ove si manifesta il conflitto del divenire mentre lo spazio, zone dove gli opposti si scontrano, è la frontiera tra il reale e il dominio dell'immaginario. Le apparenze restituiscono quindi l'immagine del divenire colto paradossalmente nella sua immobilità. Due passi un po' distanti nel testo sembrano confermare tale ipotesi. Si legge:

Je reviens sur mes pas; la lumière à nouveau se décompose à travers le

prisme d'imagination, je me résigne à cet univers irisé. Qu'allais tu faire,

mon ami, aux confins de la réalité? 71

Qu'il plait à l'homme de se tenir sur le pas des portes de l'imagination! ce

prisonnier voudrait tant s'évader encore, il hésite au seuil des possibilités.

Il a peur de connaître déjà ce chemin de ronde qui revient à son casemate. On lui a enseigné le mécanisme de l'enchaînement des idées, et le malheureux a cru ses idées enchaînées72 .

Il conflitto ermeneutico delle immagini, indagato attraverso il “prisme” dell'immaginazione, produce un movimento genealogico tale per cui il Paesano, tornando letteralmente indietro sui suoi passi, si ritrova ai confini della realtà, in un universo “irisé” la cui più intima essenza, come suggerisce l'etimo dell'aggettivo scelto, è nell'ibridazione e nell'ambivalenza. L'espressione “prisme de l'imagination” può essere considerata come una variazione delle “subdvisions prismatiques de l'Idée” di Mallarmé. Nonostante la significativa differenza terminologica e se si considera che l'Idée mallarmiana è una trasfigurazione depotenziata della figura idealistica73, sembra lecito tracciare un'analogia tra le due concezioni poetiche. In Un coup de dés jamais n'abolira le hasard, che già nel titolo contiene il richiamo a

70 Ibidem, p. 94.

71 Aragon, L., op. cit., p. 63. 72

Ibidem, p. 77 (corsivi miei).

73 “Il semble que toute idée ait aujourd’hui dépassé sa phase critique. Il est communément reçu qu’un

examen général des notions abstraites de l’homme ait épuisé insensiblement celles-ci, que la lumière humaine se soit partout glissée et que rien n’ait ainsi échappé è ce procès universel, susceptible au plus de révision. (…) L’insuffisance des moyens dialectiques, leur inefficacité dans la voie de toute certitude, à tout moment il semble que ceux qui firent de la pensée leur domaine en aient pris passagèrement conscience” (Aragon, L., op. cit., p. 9). “Il ne put m’échapper bien longtemps que le propre de ma pensée, le propre de l’évolution de ma pensée était un mécanisme en tout point analogue à la genèse mythique, et que sans doute je ne pensais rien que du coup mon esprit ne se formât un dieu, si éphémère, si peu conscient qu’il fût” (Ibidem, p. 145).

un concetto cardine della poetica surrealista, la “descrizione” è descrizione quasi fenomenica delle molteplici e “prismatiques” suddivisioni dell'Idea “nell'istante in cui appaiono e in cui dura il loro concorso”. La Pagina si arrende a questa “successione” di immagini, costringendo la “fiction” a modellarsi secondo “la mobilité de l'écrit” che altro non è che lo stesso “emploi à nu de la pensée”. Ma se Mallarmé si propone di restituire l'immagine mobile dell'Idea e quindi di seguirne le varie “sfaccettature” o frammentazione prismatiche, lo fa pur sempre senza mettere apertamente in discussione la distinzione dialettica tra pensiero e pensato né la concezione classica della verità come adeguazione al concetto.

Nel Paysan, al contrario, l'errore “si mescola alla verità, il corpo alla ragione” e il pensiero ritrova il suo luogo nelle “metamorfosi spregiate, le mescolanze e gli ibridi che caratterizzano il moderno e che costituiscono, con la loro evidenza lo shock che spezza quella morfologia all'interno della quale, come in un museo o in un ossario, si depositavano le esperienze umane atrofizzate”74. La scienza di Aragon spezza il sistema di “corréspondances” tra immagine e cose e scopre attraverso l'osservazione dei dettagli più insignificanti un universo retto unicamente dalle “lois de divergence”, da quei “tyrans transitoires” o “agents de l'hasard” che nella loro essenza effimera e ambivalente rivelano la cifra del divino. Lo spettacolo dell'eteroclito porta il Paesano a meravigliarsi dell'immaginazione di Dio, “imagination attachée à des varaiations infimes et discordantes, comme si la grande affaire était de rapprocher un jour une orange et une ficelle, un mur et un renard”75. Dio si serve di tre “petits trucs” nei suoi strani “essais de nature morte”: “l'absurde, le bazar, le banal”, gli stessi “trucchi” che ispirano l'impianto visivo delle descrizioni del Paesano.

Il passo riportato sopra e qui analizzato impone un’ultima considerazione che permetterà di ritornare al testo di Miller con maggiore chiarezza ermeneutica e con più rigore comparativo. La chiave interpretativa è, come spesso accade, suggerita dal livello superficiale e linguistico. Se si legge il brano all’indietro ci si imbatte nella presenza del termine seuil, usato per indicare la soglia da varcare al fine di entrare nel dominio delle piene possibilità, e quindi nella scelta di un lessema come pas impiegato in senso chiaramente figurativo per individuare un’altra soglia, quella delle porte dell’immaginazione. Se si ammette la sostanziale relazione d’identità tra immaginazione e possibilità, sulla base di un rapporto metonimico per il quale l’immaginazione è lo strumento o la facoltà intellettiva e le possibilità ciò che quello strumento permette di cogliere, allora si deve anche inferire la sostanziale sinonimia dei due termini usati.

Una rapida ricognizione dell’area semantica ricoperta da seuil può confermare una simile interpretazione, dischiudendo quindi un ulteriore livello di significato. Il Dictionnaire de la langue française76 riporta come primo e letterale significato di

74 Aragon, L., op. cit., p.835. 75

Aragon, L., op. cit., p. 61.

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seuil quello di “dalle ou pièce qui forme la partie inférieure de la baie d’une porte (…)” mentre “par métaphore” il termine ha le seguenti valenze : “Entrée. au seuil de la vie (Début, aube aurore), de la mort (…). Commencement. Au seuil de son discours . Entrée (en matière) liminaire. Impressions qui ne franchissent (…) pas le seuil de la conscience (ci-dessous, 3.). Subliminal. L’impression d’une circulation aisée, et d’un très léger spasme viscéral, qu’un nerveux ne peut guère éviter quand il atteint le seuil de l’allégresse physique. J. Romains, les Hommes de bonne volonté, t. IV, xx, p. 215”. Andando oltre si scopre che par extension “[indica il] Passage à un niveau supérieur (dans une évolution). L’apparition de la vie, de la pensée… constituent des seuils (cf. Teilhard de Chardin, le Phénomène humain, p. 80, 189). Pas, passage”. Questi primi significati sembrano stabilire una stretta parentela tra seuil, pas e passage all’interno di un dominio astratto riferibile oltre che al livello meramente biologico alle facoltà propriamente cognitive. Se si ammette, secondo quando affermato sopra, che l’immaginazione del Paesano lungi dall’essere una semplice ancella della ragione o una, seppur importante, facoltà kantiana di mediazione tra noumeno e fenomeno, quanto piuttosto la facoltà che permette la conoscibilità del mondo perché ne ricrea i presupposti ontologici, non è arbitrario inserire tra i seuils citati nel dizionario il seuil des possibilités e quindi le pas- (seuil) des portes de l’imagination. Andando oltre al terzo dei significati registrati per il termine seuil si legge “(1865, seuil de la conscience in Année sc. et industr. 1866, p. 322 ; trad. all. Schwelle, Herbart). Physiol., psycho. Niveau d’intensité minimal d’un stimulus, au- dessus duquel une excitation n’est plus perçue. Limite. Au seuil.→ Liminaire. Seuil absolu: minimum de stimulation entrainant une sensation”. La presenza dell’equivalente tedesco riporta non solo alle già citate considerazioni di Benjamin sul significato quasi archetipico e subcosciente del passage e delle sue soglie, ma autorizza, percorrendo il livello linguistico, un paragone a distanza con il threshold di Tropic.

Il Websters Third New International Dictionary of the English language unabridged 77

ricostruisce per threshold un’area semantica non dissimile a quella riportata per seuil, in quanto, se il primo significato, esattamente come nel Dictionnaire de la langue française, dà conto del senso più letterale di threshold (“The plank, stone, piece of timber or metal that lies under a door”), mentre il secondo prevede due