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Seconda categoria di teorie che ambiscono a superare l’assenza di volontà del

CAPITOLO I NATURA GIURIDICA DELLA VENDITA

2. TEORIE DOTTRINALI COSTRUITE RIGUARDO ALLA NATURA

2.1.1. Formulazione

2.1.1.2. Seconda categoria di teorie che ambiscono a superare l’assenza di volontà del

Come già abbiamo avvisato introducendo l’esposizione delle posizioni definite «contrattualistiche», la difficoltà essenziale che queste presentano non è altro che la giustificazione dell’assenza di volontà del debitore esecutato. Dicevamo, seguendo su questo punto il ragionamento sistematico di TRAMONTANO, che gli autori pensano di salvare questo ostacolo tentando di identificare la figura del venditore nell’organo esecutivo (posizioni analizzate nel paragrafo precedente) o nello stesso creditore istante77. Ebbene, questo

di imparzialità, e, dunque senza che abbia senso ipotizzare l’esproprio del potere di alienare, che viceversa nel caso di specie non serve, né si combina con l’accettazione dell’offerente».

76 In senso analogo, GUTIÉRREZ DE CABIEDES, E., La enajenación forzosa…, cit., p. 78 afferma: «Si la facultad de disposición forma parte del derecho es artificial hablar de enajenación de la misma y no de la enajenación del derecho como un todo. Por otra parte si se habla de enajenación del derecho como tal, habrá que justificar de nuevo en virtud de qué poder se hace y la teoría «chiovendiana» quedaría sin fundamento».

77 TRAMONTANO, R., «La natura giuridica della vendita forzata»..., cit., p. 1131: «La difficoltà che incontra tale concezione consiste nel fatto che la vendita forzata avviene senza, o contro, la volontà del debitore esecutato, proprietario del bene oggetto dell’espropriazione. Gli espedienti volti a superare tale incongruenza

secondo gruppo di teorie dottrinali, ovvero quelle che intendono salvare l’assenza di volontà del debitore esecutante identificando la figura del venditore nel creditore istante, è quello di cui ci occuperemo nel presente paragrafo.

In base a quanto abbiamo appena esposto, dobbiamo partire dalla cosiddetta «teoria

del mandato volontario» sostenuta da MIRABELLI78 e successivamente da TENDI79, in base alla quale si considera che il debitore, obbligandosi, affida implicitamente la sua volontà per la costituzione di un contratto di mandato speciale di vendita a favore del creditore sul suo intero patrimonio e quest’ultimo è autorizzato a esercitare su di esso il ius vendendi (sul patrimonio nel suo insieme) e al compimento di tale obbligazione. Ossia, con l’obbligazione, implicitamente, ogni debitore assume l’eventualità che in caso di inadempimento dell’obbligazione assunta e in base al principio di responsabilità patrimoniale universale, il creditore sarà autorizzato alla vendita di qualsiasi elemento attivo del suo matrimonio; e l’azione del creditore è legittimata in base a un contratto di mandato speciale volontariamente celebrato dallo stesso debitore a suo favore, sebbene tale volontà non sia esplicita o ad hoc nella celebrazione del contratto, ma si deduca implicitamente dalla volontà prestata inizialmente con l’assunzione dell’obbligazione80.

Tale teoria ci risulta veramente insostenibile da molti punti di vista. In primo luogo, perché nella spiegazione dell’assenza di volontà del venditore, che ha le sue radici nell’azione in qualità di mandatario da parte del creditore, si trascura l’intervento e il ruolo dell’organo esecutivo. Come si spiega la spinta processuale a carico dell’organo esecutivo senza il quale non si realizza la trasmissione del bene oggetto della vendita giudiziale?

In secondo luogo, la teoria dottrinale si oppone a una serie di principi fondamentali che costituiscono l’essenza del contratto di mandato. Effettivamente, come giustamente indica DÍEZ-PICAZO in sintonia con il resto della dottrina, la relazione giuridica che nasce dal contratto di mandato «trova la sua base e il suo fondamento nel vincolo di fiducia e di fedeltà tra mandante e mandatario»81. Allo stesso modo, il contratto di mandato può essere

(l’incongruenza si riferisce all’inesistenza di volontà da parte del debitore esecutato, proprietario del bene oggetto di esecuzione, N.d.A.) possono raggrupparsi in due categorie, secondo che propendano per individuare la figura del venditore nel creditore istante, oppure nello stesso organo esecutivo».

78 MIRABELLI, G., Del diritto dei terzi, Torino, 1889, p. 308.

79 TENDI, G. B., Trattato teorico pratico della compravendita, II, Firenze, 1906, p. 73.

80 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., p. 272, descrive la «teoria del mandato volontario», che rifiuterà in seguito, nei seguenti termini: «Altri (...) semplificano la costruzione, affermando che, data la volontarietà dell’assunzione dell’obbligazione il diritto di vendere i beni del debitore, nel fine di rendere fruttuosa la garanzia, acquistata per legge dal creditore, deve riputarsi concessogli dallo stesso debitore. Il creditore dunque, che vende la cosa del suo debitore all’asta... vende jure creditoris, procuratio nomine. Si avrebbe qui, anzichè un negotiorum gestio, un vero e proprio mandato implicito».

81 DÍEZ-PICAZO, L., Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV, 1ª Edizione, Navarra, 2010, p. 475. Nello stesso senso, nella dottrina italiana vid. per tutti GALGANO, F., Trattato di Diritto Civile, Vol. 2…, cit., p. 699: «Il mandato è un contratto intuitu personae, basato sulla fiducia del mandante nella persona del mandatario, ed è al tempo stesso un contratto personale (...)».

celebrato, d’accordo con l’art. 1710 del CC spagnolo (non esiste un articolo corrispondente nel CC italiano) in modo esplicito o tacito; è tacito ogni mandato «che deriva da facta

concludentia, vale a dire, da azioni del mandante e del mandatario che presuppongano

necessariamente la volontà di celebrare il contratto»82. In tal caso, come può essere dedotta

una tacita volontà di obbligazione da parte di ogni debitore allo scopo di costituire un contratto che comporta una relazione giuridica basata sulla fiducia e la fedeltà? Non sembra fattibile da nessun punto di vista. Non solo, questo vincolo di fiducia e fedeltà che è alla base del contratto di mandato assume una tale importanza che si ripercuote potentemente su tutto il regime giuridico dell’istituto in questione; tra altri aspetti, influenza ciò che si riferisce alla cause della fine della relazione: in generale, ogni perdita di fiducia deve provocare una possibile fine della relazione, e ne risulta la possibilità, come particolarità di questa figura contrattuale, che il mandante possa revocare il mandato unilateralmente in qualsiasi momento83 (ex artt. 1732. 1º e 1733 del CC spagnolo84; e 1722. 2º e 1723. 1º del CC

italiano85). In base a ciò e riprendendo la critica alla «teoria del mandato volontario», come

82 DÍEZ-PICAZO, L., Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 473.

83 Sono concordi nel sottolineare il peso che riveste la fiducia alla base del contratto di mandato come fondamento della sua possibile revoca unilaterale in qualsiasi momento da parte del mandante: DÍEZ-PICAZO,

L., Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 475: «La relación de mandato encuentra su base y su fundamento en un vínculo de confianza y de fidelidad entre mandante y mandatario. Se sigue de ello, ante todo, que la relación descrita posee un carácter marcadamente personal, que, a su vez, va a influir poderosamente en el régimen jurídico de la institución. (…) La modificación sobrevenida o la desaparición de las circunstancias o cualidades personales sobre las cuales se basó la confianza de las partes tiene que tener un cauce para repercutir en la suerte de la relación. La Ley contempla algunos de estos cambios como causas especiales de terminación de la relación (…), pero, en general, toda pérdida de la confianza debe generar una posible terminación de la relación: esencial revocabilidad y renunciabilidad (…)». Ugualmente, PUIG BRUTAU,

J., Fundamentos de Derecho Civil, Tomo II, Vol. II, Barcellona, 1956, p. 375: «Nuestra doctrina subraya especialmente que la regla del art. 1733 –la de la revocabilidad- se explica por estar fundado el mandato en la confianza que el mandante deposita en el mandatario, por lo que al desparecer esta base del contrato debe desaparecer igualmente la relación jurídica».

84 L’art. 1732. 1º del CC spagnolo afferma: «El mandato se acaba: 1º. Por su revocación».

D’altro canto, l’art. 1733 del CC spagnolo afferma: «El mandante puede revocar el mandato a su voluntad, y compeler al mandatario a la devolución del documento en que conste el mandato».

85 L’art. 1722. 2º del CC italiano dispone: «Il mandato si estingue: 2º. Per revoca da parte del mandante». Mentre l’art. 1723. 1º del CC italiano stabilisce: «Il mandante può revocare il mandato; ma, se era stata pattuita l'irrevocabilità, risponde dei danni, salvo che ricorra una giusta causa». Da notare che il CC italiano contiene un’importante variante in sede positiva rispetto al CC spagnolo, ossia, contempla espressamente la possibilità che il mandato sia irrevocabile, unicamente quando sia quanto stabilito tra mandante e mandatario. Vale a dire, è permessa la possibilità di rinunciare alla revocabilità di cui, per sua essenza e regola generale, dispone il mandante. In tal caso, come si può vedere dal testo del precetto in questione, il mandato non sarà revocabile, a meno che vi sia una causa che lo giustifichi. Con ciò si dimostra che il mandato è naturalmente ed essenzialmente revocabile, sebbene possa essere accordata la sua irrevocabilità, anche se è frutto del suo carattere naturale la possibilità, anche in questo caso, che si revochi in caso di giusta causa.

Nell’ordinamento giuridico spagnolo, il patto di irrevocabilità del mandato non è contemplato positivamente nel CC, anche se la maggior parte della dottrina e della giurisprudenza (è stato un tema oggetto di una relativa polemica, la cui esposizione fuoriesce dai contorni della nostra critica alla «teoria del mandato volontario» riguardo alla natura giuridica della vendita giudiziale) considera che «es posible pactar expresamente su irrevocabilidad, pues se alega que la revocación es un derecho del mandante que puede ser renunciado conforme al art. 4 del CC español» (ESPÍN CÁNOVAS, D., Derecho Civil Español, Vol. III, Obligaciones y

si può concepire l’esistenza di un contratto di mandato che non risulti revocabile da parte del mandante –nel caso di vendita giudiziale, del debitore esecutato–, quando il mandato deve essere revocabile per sua natura? È vero che si può patteggiare l’irrevocabilità del mandato (possibilità ammessa in Spagna dalla dottrina e dalla giurisprudenza, e in Italia in sede di diritto positivo–ex art. 1723. 1º del CC italiano-), sebbene nel caso di vendita giudiziale sia evidente che tale patto è inesistente, in modo tale che si giungerebbe a una sorta di mandato irrevocabile imposto forzatamente, e ciò si oppone radicalmente all’essenza propria della figura contrattuale in questione.

Proseguendo con le questioni essenziali del mandato che si ridelineano completamente se lo si incastra in modo «artificioso e forzato» negli schemi della vendita giudiziale, può essere segnalata anche una evidente carenza per quanto riguarda gli le obbligazioni assunte dal mandatario. Sicuramente, la nostra dottrina concorda all’unanimità sul fatto che esiste un dovere di fedeltà del mandatario nell’adempimento della sua azione, il quale dovere, pur non essendo espressamente contemplato né dal CC spagnolo né da quello italiano, come indica giustamente Díez-Picazo «non vi è dubbio che si tratti in ogni caso di qualcosa di imposto dal gioco del principio generale di buona fede»86. Questo dovere generico di fedeltà si concretizza in una serie di doveri, tra i quali risulta fondamentale che «la cura dell’interesse gestito acquisisce la precedenza perfino sugli interessi stessi del gestore»87. Vale a dire, il mandatario deve, nella sua gestione, tutelare in ogni momento l’interesse del mandante, fino al punto di anteporlo sempre al proprio interesse. In tal caso, come si può sostenere l’esistenza di un mandato nella vendita giudiziale, nella quale l’azione del mandatario istante persegue, prima e sopra ogni cosa, il proprio interesse e vede soddisfatto il suo credito inadempiuto? Il «presunto» mandatario nella vendita giudiziale non solo è che non anteponga l’interesse del debitore esecutato al proprio, ma che va perfino contro esso, non tiene in considerazione la sua volontà88.

Infine, seguendo la «teoria del mandato volontario», andrebbero in conflitto la regolazione processuale e sostanziale della vendita giudiziale (sia in Spagna che in Italia, come avremmo occasione di vedere), per quanto riguarda la possibilità che l’aggiudicatario, «presunto» compratore in conformità con lo schema contrattualistico che abbiamo confutato,

Contratos, 3ª Edizione, Madrid, 1969, p. 572; che a sua volta cita, per sostenere la posizione in questione,

CASTÁN, segnalando come oppositore della posizione maggioritaria –vale a dire, contraria alla possibilità di accordare l’irrevocabilità del mandato-, SÁNCHEZ ROMÁN y MANRESA).

86 DÍEZ-PICAZO, L., Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 476. 87 DÍEZ-PICAZO, L., Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 476.

88 Il conflitto di interessi evidente tra creditore mandatario e debitore mandante che deriva dalla «teoria del mandato volontario» è segnalato da PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., p. 272, il

quale, come già abbiamo anticipato, si oppone pienamente a questa costruzione artificiosa: «Le difficoltà però permangono: il conflitto d’interessi fra il creditore istante, come creditore, e l’espropriando debitore, è ineliminabile, tanto più se la procura al creditore venga necessariamente attribuita, per la tutela di un suo interesse (…)».

sia lo stesso creditore istante (ricordiamo che questi occuperebbe la posizione di «mandatario»). Su un piano processuale, sia in Spagna che in Italia, può agire come offerente ed eventuale aggiudicatario del bene oggetto della vendita giudiziale il corrispondente creditore istante89. Invece, sul piano sostanziale e ricorrendo alla regolazione

del contratto di mandato esiste sia in Spagna che in Italia una proibizione generica imposta al mandatario di ottenere con l’acquisto i beni di proprietà del mandante90. Se il creditore istante deve essere il mandatario in base alla «teoria del mandato volontario» del debitore esecutante (proprietario e mandante), come si concilia il caso ammesso processualmente con la proibizione sostanziale menzionata? Si tratta di una contraddizione definitivamente insuperabile, soprattutto per quanto riguarda le vendite giudiziali, come vedremo tra poco. Effettivamente, nonostante l’aspetto polémico dell’interpretazione della proibizione di vendere alla quale ci stiamo riferendo91, non esiste alcun dubbio sul fatto che la proibizione

89 Nell’ordinamento giuridico spagnolo, la possibilità che il creditore istante agisca come offerente nell’asta giudiziale e possa divenire aggiudicatario si deduce dagli artt. 647. 2º; 650. 2º, 3º e 4º; 65; 670. 2º, 3º e 4º; e 671 del Codice di Procedura Civile. Nell’ordinamento giuridico italiano tale possibilità è stabilita in maniera ancora più chiara dall’art. 579. 1º del CPC, che citiamo proprio per il suo carattere illuminante al riguardo: «Salvo quanto è disposto nell’articolo seguente, ognuno, eccetto il debitore, è ammesso a fare offerte all’incanto».

90 Il divieto di comprare beni di proprietà del mandante che è a carico del mandatario è stabilito, in Spagna, nell’art. 1459. 2º CC spagnolo: «No podrán adquirir por compra, aunque sea en subasta pública o judicial, por sí ni por persona alguna intermedia: 2º. Los mandatarios, los bienes de cuya administración o enajenación estuviesen encargados». In Italia, la proibizione di cui sopra è contenuta nell’art. 1471. 4º CC italiano, che afferma: «Non possono essere compratori nemmeno all'asta pubblica, né direttamente né per interposta persona: 4º. I mandatari, rispetto ai beni che sono stati incaricati di vendere, salvo il disposto dell'articolo 1395».

91 L’art. 1459 CC spagnolo è stato oggetto di un’accesa polemica nella dottrina e nella giurisprudenza, sulla quale si sono incentrate interpretazioni opposte ed estreme che DÍEZ-PICAZO, L., Fundamentos de Derecho

Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 484, ha esposto in una maniera molto chiarificatrice e nei termini che seguono:

«En los más antiguos y clásicos comentaristas de nuestro Código Civil se dibujaban, pues, dos corrientes o líneas de pensamiento que con perfecta nitidez divergen fundamentalmente en orden a la interpretación del alcance y del sentido del art. 1459. 1º CC. De acuerdo con la primera de ellas, el Código contiene una incapacidad; se funda en una “razón de moralidad”; alcanza tanto al mandatario encargado de la enajenación de la cosa como al mandatario encargado simplemente de su administración; entre en juego cuando el vendedor es personalmente el propio mandante dueño de los bienes; la sanción que la infracción del precepto acarrea es la nulidad radical y absoluta del negocio. Con arreglo a la segunda de las mencionadas direcciones doctrinales, en cambio, el precepto contiene una prohibición que puede calificarse como “prohibición de autocontratar”; alcanza sólo al mandatario que tiene facultad para enajenar los bienes; no entra en juego cuando vende el propio mandante o cuando el mandante autoriza expresamente la autocontratación; la sanción que el precepto conlleva, cuando es infringido, no es una nulidad radical y absoluta, porque el mandante puede ratificar a posteriori, expresa o tácitamente, lo hecho por el mandatario; se trata por ende de una nulidad relativa o de una impugnabilidad». Nonostante si tratti di una questione ancora aperta, DÍEZ-PICAZO, L, Fundamentos de

Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., p. 487, considera che entrambe le tesi classiche «resultan

insatisfactorias»; dunque, «para poner un poco de orden en la cuestión» el referido autor propone como necesario «deslindar los posibles conflictos de intereses a que cabe hacer aplicación de la norma» (DÍEZ- PICAZO, L, Fundamentos de Derecho Civil Patrimonial, IV…, cit., pp. 487 e ss.). DÍEZ-PICAZO conclude sintetizzando i risultati dell’analisi del polemico precetto, fissando le seguenti premesse: «1ª. La venta realizada directa y personalmente por el dueño de los bienes a un mandatario suyo no está comprendida en la prohibición. 2ª. La compra que el mandatario realice por autocontratación sólo es válida si el mandante la ha autorizado o la ratifica posteriormente. 3ª. El administrador de los bienes subastados y el mandatario encargado de su venta no pueden concurrir a la subasta de los bienes. 4ª. El mandatario no puede comprar los bienes que

domina con tutta la sua forza (così come la intende la dottrina in maniera uniforme e pacifica) nell’ambito delle vendite giudiziali o vendite all’asta; ne è il frutto lo stesso testo dell’art. 1459. 2º del CC spagnolo e del corrispondente art. 1471. 4º del CC italiano, nei quali si menziona esplicitamente la proibizione del mandatario di acquisire beni del mandante, specialmente in sede di vendita all’asta pubblica o giudiziale. Ugualmente, una breve occhiata al diritto comparato conferma quanto accennato, in particular modo per quanto riguarda i Codici francese e olandese, nei quali si proibisce esplicitamente al mandatario di «risultare aggiudicatario», sotto pena di nullità. In definitiva, in Spagna e in Italia esiste una chiara e radicale proibizione nei confronti del mandatario di risultare aggiudicatario nella vendita giudiziale di beni di proprietà del mandante e questo risulta in netto contrasto con la parallela possibilità, sulla quale può contare il creditore istante («presunto» mandatario), di rilanciare e diventare aggiudicatario in tali vendite.

Descritta e rifiutata la teoria contrattualistica del «mandato volontario», passiamo ora ad analizzare la seconda delle celebri tesi contrattualistiche che tentano di salvare l’assenza di volontà del debitore esecutato, individuando la figura del venditore nel creditore istante, la cosiddetta «teoria del pegno del creditore» sul patrimonio del debitore di ROCCO92. In base a questa teoria, l’azione giudiziale, tramite la quale si realizza la vendita forzata del bene oggetto di pignoramento, si spiega «come la realizzazione del diritto di pegno generale del creditore, acquisito sui beni del debitore»93. L’idea che sostiene questa posizione sarebbe la seguente: il debitore, inadempiendo l’obbligazione volontariamente assunta, concede al creditore un’azione esecutiva e con essa un ius vendendi su tutti i beni del debitore; e come si configura tecnicamente questo diritto di vendita sui beni del debitore? Come un sorta di diritto di pegno del creditore su tali beni. Diritto di pegno che, come diritto reale di garanzia, concede un diritto alla realizzazione la cui esecuzione è nelle mani dell’organo esecutivo in virtù della sua potestà giurisdizionale. In tal modo si giustifica l’azione dell’organo esecutivo, che esercita il diritto alla realizzazione sul patrimonio del debitore del quale è titolare il creditore in virtù di un diritto di pegno generale su di esso. Come indica GUTIÉRREZ DE CABIEDES esponendo il pensiero del quale ci stiamo occupando, «la vendita del giudice si basa su questo diritto di vendita del creditore che costituisce un autentico pegno generale»94. Ricorrendo alla spiegazione di PUGLIATTI, ««la vendita dei beni del

pertenezcan a su mandante a través de otro mandatario de éste sin conocimiento de aquél. 5ª. Para comprar los bienes de su mandante un mandatario no puede servirse nunca de una persona interpuesta» (DÍEZ-PICAZO, L,