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Teorie processualistiche che assegnano una certa rilevanza agli aspett

CAPITOLO I NATURA GIURIDICA DELLA VENDITA

2. TEORIE DOTTRINALI COSTRUITE RIGUARDO ALLA NATURA

2.2. TEORIE PUBBLICISTICHE

2.2.3. Teorie processualistiche che assegnano una certa rilevanza agli aspett

principale carenza delle posizioni puramente pubblicistiche (la spiegazione della posizione del terzo offerente e la natura dell’offerta)

In questa terza categoria di posizioni pubblicistiche o processualistiche sulla natura giuridica della vendita giudiziale troviamo a PUGLIATTI e la sua innovativa e famosa teoria del

«trasferimento coattivo». Prova dell’accoglienza della teoria in questione è che oggiogiorno

essa continua a costituire un riferimento per molti autori per quanto concerne la categorizzazione della vendita giudiziale. Ci addentriamo ora nella spiegazione della teoria in questione, analizando le sue virtù e le sue insanabili difficoltà.

Intorno agli anni Trenta, alla discussione in Italia riguardo alla natura giuridica della vendita giudiziale sono dedicati fiumi di inchiostro, come abbiamo già avuto occasione di verificare riguardo alle teorie «privatistiche o contrattualistiche». Effettivamente, la maggior parte dei più rinomati maestri processualisti (CARNELUTTI, CHIOVENDA) si sforzano nel giustificare l’assenza di volontà del «presunto venditore» nella vendita giudiziale, mossi dall’impegno di adattare l’istituzione agli schemi del contratto, concretamente del contratto di compravendita volontario. Ebbene, è proprio PUGLIATTI uno dei primi a rifiutare tale idea, abbandonando decisamente ogni concezione privatistica della vendita giudiziale e

139 MORAL MORO, M. J., La subasta judicial de bienes inmuebles…, cit., p. 88. All’interno della dottrina processualistica, si può includere come sostenitore della posizione pubblicistica, nonostante l’ammissione dell’applicazione del regime di compravendita volontaria per analogia, MORENO CATENA, V., e altri, Derecho Procesal, Tomo I (vol. II) Proceso Civil (2), Valencia, 1992, p. 26; secondo la citazione della stessa MORAL

accogliendo, così, una posizione pubblicistica che comincia a spiegare la figura sotto la prospettiva del processo di esecuzione e, in definitiva, sotto il dominio della pubblica potestà giurisdizionale che giustifica l’azione dell’organo esecutivo140. L’aspetto originale dell’autore non è solamente che egli si decide per l’esclusione di ogni posizione privatistica o contrattualistica (come anche SATTA nel suo pensiero iniziale, abbiamo visto), ma che lo fa senza negare (o solo in parte, come vedremo) la sua complessa natura prevalentemente processuale, ma anche sostanziale. Ciò lo porta a costruire una categoria generale ad hoc, ossia quella del cosiddetto «trasferimento coattivo»141, nella quale è accolta non solamente la vendita giudiziale, ma tutti sino quei casi in cui si produce il trasferimento di un diritto senza tener conto della volontà del suo titolare, in virtù dell’azione di un organo che dispone della potestà pubblica di realizzarla. Vediamo quali sono gli elementi o i fondamenti sui

quali PUGLIATTI costruisce la sua teoria.

In primo luogo, il punto di partenza è l’assenza di volontà da parte del «proprietario

espropriato» nella vendita giudiziale. A tale proposito, l’autore afferma che il debitore non

manifesta la sua volontà nel trasferimento del suo diritto a un terzo, e ogni volontà implicita da parte sua è completamente inesistente. Inoltre, non manca solamente la sua volontà, ma il debitore si trova obbligato a sottomettersi al processo esecutivo con tutte le sue conseguenze, tra le quali la perdita del suo diritto di proprietà sulla cosa, che gli viene espropriato e attribuito a un terzo142.

Il secondo elemento è costituito dalla spiegazione o giustificazione dell’azione

dell’organo esecutivo nel trasferimento del diritto che non gli appartiene. In effetti,

normalmente i diritti si trasmettono da parte dei loro rispettivi titolari in virtù di una manifestazione idonea di volontà, anche se, quando ciò è richiesto da un fine pubblico, tale trasmissione può essere realizzata senza tener conto di tale volontà o andando contro ad essa,

140 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., p. 298: «Da quanto precede risulta chiaramente (PUGLIATTI fa riferimento a quanto detto anteriormente, poiché nelle pagine precedenti analiza e

confuta dettagliatamente tutte le costruzioni privatistiche elaborate a proposito della natura giuridica della vendita giudiziale, N.d.A.) che ogni concezione privatistica della vendita forzata deve essere messa da parte. (…) Nel processo di esecuzione forzata immobiliare tutto si svolge sotto l’impulso e il predominio della pubblica potestà, muoventesi entro le ferree barriere e secondo i precetti delle più gelose e minuziose norme legali».

141 Da notare che la «teoria del trasferimento coattivo» si sviluppa e costruisce solidamente nella sua opera

Esecuzione forzata e diritto sostanziale, ma è stata coniata anteriormente seguendo la critica della tesi

carneluttiana della rappresentazione e in altri lavori: «Vendita forzata e rappresentanza legale»…, cit.; «Ancora sulla rappresentanza nella vendita forzata»... cit.; Teoria dei trasferimenti coattivi, Messina, 1931.

142 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., pp. 301 e 302: «Un primo elemento (...) è questo: il proprietario espropriato, cioè il debitore, non manifesta la sua volotà nel senso di trasferire il diritto sulla cosa ad altri, come avviene nella vendita volontaria; ed ogni volontà implicita di lui manca completamente (...). Il debitore è costretto a subire il processo esecutivo, con tutte le sue conseguenze, tra le quali è da comprendere la perdita del diritto di proprietà sulla cosa, che gli viene tolto e attribuito ad altri».

in virtù della manifestazione di volontà di un organo del potere pubblico143. Ossia, la manifestazione di volontà del titolare del diritto trasferito è sostituita da un procedimento complesso, che risulta da una serie di atti coordinati; procedimento che nel suo insieme dà luogo al trasferimento di un diritto realizzato forzatamente.

Da questo secondo elemento deriva il fatto che l’aggiudicazione che si realizza tramite la vendita giudiziale non è un negozio giuridico iusprivatista, ma piuttosto un atto di natura

iuspublicista, nella misura in cui proviene da un organo pubblico che, in rappresentanza

dello Stato e nell’esercizio dei poteri che gli sono proprii, realizza un trasferimento forzato di diritti appartenenti al debitore144.

Il terzo e ultimo elemento è il carattere derivativo del trasferimento forzato che si realizza attraverso la vendita giudiziale. Esso è derivativo, poiché il diritto in questione si trasferisce integralmente, con tutti i limiti e gravami che gravano su esso: al terzo si trasmette esattamente ciò che è del debitore espropriato145.

Questi sono gli elementi fondamentali sui quali si costruisce la teoria del

«trasferimento coattivo», che in sintesi e in consonanza con GUTIÉRREZ DE CABIEDES, può essere definito «come un trasferimento di diritti tra vivi, normalmente a titolo oneroso, realizzato senza il concorso di volontà del diritto e forse contro essa». Tale figura non comprende solamente la vendita forzata che si realizza tramite la vendita giudiziale, ma anche i trasferimenti a favore dell’amministrazione in virtù dell’espropriazione forzata146.

A questo punto, passiamo a esaminare le autorevoli voci della dottrina che sostengono questa teoria; ci addentreremo nelle principali critiche che vi si oppongono; e infine svilupperemo la costruzione teorica addizionale (la cosiddetta «teoria dell’atto- procedimiento») con la quale PUGLIATTI affronta la principale difficoltà delle tesi pubblicistiche, ossia, la spiegazione della posizione giuridica dell’offerente aggiudicatario (e da questa risposta ricaviamo la maggior rilevanza attribuita da Pugliatti agli aspetti sostanziali della vendita giudiziale).

Cominciando con la dottrina autorevole che aderisce alla teoria del «trasferimento

coattivo», si può citare in primo luogo MICHELI, uno dei commentatori più riconosciuti dei

143 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., p. 302: «(...) Normalmente i diritti vengono trasferiti dal soggetto titolare, mercè una idonea manifestazione di volontà; ma quando un fine pubblico richiede, come mezzo per la propria attuazione questo traspasso, esso può aver luogo senza o contro la volontà di un organo del potere pubblico a ciò destinato».

144 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., pp. 303 e 304.

145 PUGLIATTI, S., Esecuzione forzata e diritto sostanziale..., cit., p. 312: «Si può senz’altro parlare di acquisto derivativo: il diritto trapassa nella sua integrità, cum omni causa, e con tutte le limitazioni che lo riguardano; al terzo offerente viene trasmesso quanto spetta al debitore espropriato (...)». Segnaliamo che ci occuperemo con maggior dettaglio del carattere derivativo o costitutivo del trasferimento in capitoli posteriori del presente lavoro.

precetti del Codice Civile italiano del 1942 che hanno come oggetto la regolazione sostanziale della vendita forzata. L’autore considera che tramite la vendita giudiziale si produce un trasferimento realizzato dall’organo esecutivo di un diritto appartenente al debitore, in virtù di un potere autonomo e proprio che deriva dalla sua funzione giurisdizionale. Il trasferimento forzato si produce, a suo avviso, non mediante una dichiarazione di volontà, ma attraverso un provvedimento nel quale prevale il potere supremo che spetta all’organo esecutivo. Orbene, la difficoltà, secondo MICHELI, consiste nel classificare il tipo di trasferimento in questione, per cui ricorre alla teoria del

«trasferimento coattivo» di PUGLIATTI; a suo parere, le critiche ricevute da quest’ultimo (tutte esposte da MICHELI) non diminuiscono il valore della categoria in questione, che egli considera di enorme utilità costruttiva147.

In questo stesso senso, TRAVI afferma che tutte le teorie contrattualistiche tendono a

sottovalutare ingiustamente la funzione e l’azione dell’organo giurisdizionale esecutivo, il quale gode in tutto il procedimento contenzioso di una posizione di supremazia rispetto agli altri soggetti che vi intervengono (parti e terzi intervenienti). In base a ciò, risulta opportuno rinunciare all’uso dello schema del contratto, e concepire la vendita giudiziale come un atto unilaterale dell’organo esecutivo, attraverso il quale si produce il «trasferimento coattivo» di un diritto del debitore. Trasferimento coattivo che l’organo giudiziale non svolge in virtù dell’esercizio di un diritto o potere di altri (del debitore o del creditore), bensì mediante l’esercizio di un potere proprio, per conto proprio o nel proprio nome148.

Nell’ambito della dottrina spagnola più recente, è rimarchevole la posizione già analizzata di MONTERO AROCA e FLOR MATÍES, i quali considerano che la vendita

giudiziale non è solamente un’azione «pura di diritto pubblico emanata da un organo dello

147 MICHELI, G. A., «Esecuzione Forzata»..., cit., pp. 107-109: «Che se è vero che l’organo esecutivo vende in luogo del debitore (la cui volontà di alienare o meno è del tutto indifferente in questo stadio) esso vende non già perché eserciti un potere (sostanziale) spettante originariamente al debitore stesso od al creditore, ma in virtù di un potere autonomo, proprio da ravvisare nella stessa essenza della funzione giurisdizionale. (...) Con il trasferimento del bene, quindi, l’organo esecutivo esercita solo ed esclusivamente il suo potere (pubblico) che nulla ha a che fare con gli eventuali poteri sostanziali che i soggetti privati del processo hanno sul bene medesimo. Il trasferimento, infatti, si attua non già attraverso una manifestazione di volontà, ma mediante un provvedimento che attua la sanzione esecutiva nel quale prevale l’elemento d’imperio, quale manifestazione del potere di supremazia spettante all’organo giurisdizionale. (...) Più difficile, però, è classificare di qual tipo di trasferimento si tratti (...),che è stato qualificato come un tipo di “trasferimento coattivo”, di trasferimento che avviene senza la volontà del titolare. (...) Le critiche stesse (alla teoria menzionata) non giovano, però, a mio avviso, a scalzare il concetto di trasferimento coattivo e ad escludere l’utilità costruttiva del concetto medesimo (...)».

148 TRAVI, A., «Vendita dei beni pignorati»..., cit., p. 637: «Ogni teoria contrattualistica tende –comunque- a svalutare ingiustificatamente la funzione e l’opera dell’ufficio giurisdizionale: ufficio che in ogni processo (contenzioso) ha –necessariamente- una posizione di supremazia non solo rispetto alle parti, ma anche rispetto ai terzi che entrano in rapporto con esso. Tenuto conto di ciò sembra opportuno rinunciare ad avvalersi dello schema del contratto, e concepire la vendita forzata come un atto unilaterale dell’ufficio esecutivo, un suo provvedimento, con cui avviene un trasferimento coattivo; dando vita a questo trasferimento l’ufficio non agisce in esercizio di diritti o poteri altrui (del debitore o dei creditori), ma in esercizio di un suo proprio potere; non agisce in nome o per conto di altri ma in suo proprio nome e per suo proprio conto».

Stato che agisce in quanto tale»; ma che sia necessario andare oltre per spiegare la vera essenza della figura, precisando che si tratta di un «trasferimento coattivo», cioè «di un trasferimento di diritti inter vivos onerosa che si realizza senza tener conto (o perfino contro) il titolare del diritto, e che è unilaterale del giudice, sebbene sia condizionata dall’esistenza di un altro atto unilaterale, come la dichiarazione di volontà dell’acquirente»149. Questa

posizione sembra concordare pienamente con l’idea di PUGLIATTI, eppure non ciò è del tutto vero, come già abbiamo precisato e come avremo occasione di verificare, poiché essa non coincide nella spiegazione della teoria di PUGLIATTI sulla posizione del terzo offerente e della sua offerta di acquisto.

Analizzati i sostenitori della teoria del «trasferimento coattivo», passiamo a enunciare le critiche di cui questa posizione è oggetto.

La prima cosa che occorre affermare a questo proposito è che tutte le critiche che attaccano la posizione di PUGLIATTI sono incentrate su un solo e unico elemento, vale a dire quello della inclusione nella categoria del «trasferimento coattivo» dell’espropriazione per pubblica utilità insieme alla stessa vendita giudiziale. Effettivamente, PUGLIATTI cerca di spiegare la natura giuridica della vendita giudiziale tramite la creazione di una categoria ad

hoc, quella del «trasferimento coattivo», nella quale rientrerebbero tutti i casi nei quali esiste

il trasferimento coattivo di un diritto, in virtù di una potestà pubblica e senza tener conto della volontà del titolare di tale diritto (o perfino andando contro ad essa). In tal caso, partendo dal modello della nuova categoria si assimilano figure sicuramente eterogenee, come la vendita giudiziale e l’espropriazione per pubblica utilità. Ebbene, è proprio questo accorpamento di figure eterogenee il puntoi di partenza della teoria di PUGLIATTI e ciò che diversi autori rifiutano fortemente. Svilupperemo maggiormente tali critiche, tramite le quali si dà rilievo alla grande distanza insanabile che esiste tra una figura giuridica e l’altra (vendita giudiziale e espropriazione per pubblica utilità).

In primo luogo, come sostengono SATTA150, ZANZUCCHI, e VOCINO151, la teoria del

«trasferimento coattivo» deve essere scartata nella misura in cui non si possono raccogliere

nella stessa categoria due figure sicuramente distinte, la vendita giudiziale e l’espropriazione per pubblica utilità; nella prima esiste un vero e proprio esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti, realizzata mediante l’intervento degli organi giurisdizionali, mentre la seconda ipotesi consiste in un’attività esclusivamente amministrativa. In altri termini, la prima grande differenza esistente tra vendita giudiziale ed espropriazione per pubblica utilità è data dall’ambito nel quale esse hanno luogo: nel caso di vendita giudiziale, quello strettamente

149 MONTERO AROCA, J., e FLORS MATÍES, J., Tratado de proceso de ejecución civil…, cit., pp. 1725-1727. 150 SATTA, S., La rivendita forzata..., cit., pp. 76 e ss.

processuale; e per quanto riguarda l’espropriazione per pubblica utilità, quello amministrativo.

In secondo luogo, come sostiene CERINO-CANOVA, neppure la vendita giudiziale e l’espropriazione per pubblica utilità possono essere incluse nella stessa categoria, poiché perseguono funzioni totalmente distinte. La vendita giudiziale è diretta a conseguire una determinata somma di denaro con il fine di soddisfare il creditore istante, mentre lo scopo dell’espropriazione per pubblica utilità è di procurare un determinato bene»152.

A nostro avviso, la presente critica dovrebbe precisarsi in questo senso: la distinzione tra vendita giudiziale ed espropriazione per pubblica utilità consiste piuttosto nella diversa finalità a cui ambisce in un instituto o nell’altro, vale a dire, nella vendita giudiziale la soddisfazione dell’interesse del creditore che vede il proprio credito inadempiuto; nell’espropriazione per pubblica utilità, invece, il conseguimento di un’utilità pubblica o interesse sociale, in consonanza con l’art. 33. 3 della Costituzione spagnola.

In terzo luogo, riportando la posizione di CERINO-CANOVA, i procedimenti attraverso i quali si realizzano la vendita giudiziale e l’espropriazione per pubblica utilità sono totalmente distinti. Tra gli altri aspetti si può segnalare in particolare la completa differenza esistente tra la determinazione del prezzo (vendita giudiziale) e il giustiprezzo (espropriazione per pubblica utilità)153.

152 CERINO-CANOVA, A., «Vendita forzata ed effetto traslativo»..., cit., p. 151, nota n. 54: «La categoria servirebbe a riunire la vendita forzata ed altri numerosi istituti, i quali hanno come prototipo l’espropriazione per pubblica utilità. Ebbene, vendita forzata ed espropriazione svolgono una funzione diametralmente opposta: scopo della prima è di conseguire una somma di denaro; scopo della seconda è di procurare un bene». La critica all’inclusione nella stessa figura di due figure che tra loro non hanno nulla a che vedere, basando tale discrepanza sulla diversa funzione che perseguono, è sottolineata anche da MAZZARELLA, F., «Vendita forzata»..., cit., p. 556: «(...) Volendo estremamente sintetizzare, nella espropriazione per pubblica utilità lo Stato è interessato ai beni dei privati, e interviene togliendoglieli, per quella utilità specifica che questi sono per loro natura capaci di dare (eventualmente anche mediante trasformazione). Se si vuole, si può dire che nell’espropriazione per pubblica utilità lo Stato è interessato al valore d’uso dei beni; anche quando espropria a vantaggio di altro privato, è sempre l’uso del bene che viene in rilievo, nel senso che, anche nelle mani di un privato, esso è avvertito come di rilevanza pubblica. Nulla di tutto ciò nella espropriazione dei beni del debitore. Non il loro valore d’uso interessa, bensì il valore di scambio, la loro capacità di essere rapportati al danaro ed essere scambiati con esso; l’utilità concreta che l’acquirente realizza col bene acquistato è fuori dell’orizzonte della espropriazione forzata per crediti e delle finalità che vi si perseguono». Nello stesso senso MAZZAMUTO, S., «L’esecuzione forzata» (2ª Edizione)... cit., p. 268: «Ciò che suscita perplessità è la decisa

sussunzione della vendita forzata nella categoría dei trasferimenti coattivi accanto a fattispecie eterogenee, quale l’espropriazione per pubblica utilità. (...) Vendita forzata ed espropriazione per pubblica utilità svolgono una funzione diametralmente opposta: scopo della prima è di conseguire una somma di denaro; scopo della secondo di procurare un bene» (ribadisce le parole pronunciate da CERINO-CANOVA che abbiamo riportato

poc’anzi).

153 CERINO-CANOVA, A., «Vendita forzata ed effetto traslativo»..., cit., p. 151, nota n. 54: «Evidentemente diversa è la struttura dei due procedimenti: e basta considerare la vincolabilità dell’offerta nella vendita contrapposta ai molteplici giudizi attraverso cui la determinazione dell’indennità può passare. In definitiva, la categoria dei “trasferimenti coattivi” suggerisce il fondato dubbio che l’accostamento di fenomeni eterogenei non offra un valido sostegno all’indagine di ciascuno di essi». Questa diversità di struttura tra la vendita giudiziale e l’espropriazione forzata è sottolineata anche da MAZZARELLA, F., «Vendita forzata»..., cit., p. 556:

Infine, ricorrendo ancora una volta a CERINO-CANOVA, si può affermare che il tipo di trasferimento operato nella vendita giudiziale e nell’espropriazione per pubblica utilità presenta una natura totalmente opposta: derivativa nella vendita giudiziale e originale nell’espropriazione per pubblica utilità154. Effettivamente, al fine di constatare questa

evidente differenza tra una figura e l’altra, sarà sufficiente ricorrere alla diversa forma in cui opera il cosiddetto «effetto purgativo» (la cancellazione di carichi che gravano sul bene una volta prodotto il trasferimento) in un caso e nell’altro. Nella vendita giudiziale esiste un’acquisizione derivativa del diritto oggetto di vendita, nella misura in cui l’effetto purgativo ad essa attribuibile si riferisce solamente ai diritti e ai pignoramenti che si sono svolti posteriormente alla costituzione del credito il cui inadempimento iniziale dà luogo all’esecuzione (nel caso di Spagna); nell’espropriazione per pubblica utilità, invece, l’acquisizione del diritto è originaria, poiché l’effetto purgativo è assoluto (il bene si acquisisce da parte dell’amministrazione senza alcun carico), come è previsto dall’art. 8 della Ley de Expropiación Forzosa (“Legge di espropriazione forzata”)155 e dall’art. 25 (L), Titolo I del «Testo unico sulle espropiazioni per pubblica utilità (D.P.R. 327/2001)»156. Ciò dimostra chiaramente che la natura del trasferimento nella vendita giudiziale segue la massima nemo plus iuris transferre potest, (l’offerente non può acquisire altri diritti nel processo di esecuzione di quelli di cui disponeva lo stesso esecutato); mentre nell’espropriazione per pubblica utilità si produce una sorta di acquisizione originaria, in cui il diritto entra intonso nelle mani dell’Amministrazione pubblica.

Infine, occorre sottolineare BONSIGNORI, il quale, esponendo con dovizia di particolari ognuna delle critiche anteriormente esposte, si mostra tuttavia sostenitore della teoria del

«trasferimento coattivo» di Pugliatti, pur circoscrivendo la categoria alle vendite giudiziali e

assegnazione forzata157; certamente, escludendo dalla stessa le altre figure, in particular «(...) Non pare però che due fenomeni –l’espropriazione per crediti di denaro e quella per pubblica utilità- abbiano qualcosa in comune, avendo anzi struttura antitetica».

154 CERINO-CANOVA, A., «Vendita forzata ed effetto traslativo»..., cit., p. 151, nota n. 55: «Pugliatti sosteneva che la vendita forzata avesse, già nel vigore di codici 1865, carattere derivativo. Pertanto, la conseguenza