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Teorie pubblicistiche o processualistiche che ammettono l’applicazione

CAPITOLO I NATURA GIURIDICA DELLA VENDITA

2. TEORIE DOTTRINALI COSTRUITE RIGUARDO ALLA NATURA

2.2. TEORIE PUBBLICISTICHE

2.2.2. Teorie pubblicistiche o processualistiche che ammettono l’applicazione

Insieme al primo grupo di teorie che abbiamo raccoltoo sotto la denominazione di «puramente pubblicistiche o processualistiche», esiste una seconda categoria, che sebbene possa essere definita pubblicistica, ammette una possibilità, a nostro avviso fondamentale per quanto riguarda l’effetto finale che se ne deriva, vale a dire l’applicazione analogica del regime di determinate figure sostanziali in base all’identità di funzione economica esistente tra queste. Effettivamente, si tratta di autori che, seppur concepiscano la vendita giudiziale in termini esclusivamente processuali, aprono una via alla possibile applicazione per analogia della normativa sostanziale, nei casi in cui esiste la regolazione processuale presenti una lacuna. Così, sebbene alcuni autori lo neghino, si sta affermando l’esistenza di un piano sostanziale nell’ambito della vendita giudiziale: altrimenti, non si potrebbe mai ammettere l’applicazione di una normativa di carattere sostanziale.

Il primo a rappresentare questa tendenza ad ammettere l’applicabilità per analogia del regime di figure sostanziale, specialmente di compravendita volontaria o contrattuale sulla

provvedimenti giurisdizionali (...). Il corollario di questa rigorosa impostazione processuale del problema è che si possono pienamente condividere quegli orientamenti giurisprudenziali, secondo i quali l’interpretazione della vendita forzata e dell’assegnazione non può essere condotta secondo le norme dell’interpretazione del contratto (...)».

135 MANDRIOLI, C., Corso di Diritto Processuale Civile, III, Torino, 2011, pp. 67 e 68: «Inanzitutto, la vendita forzata differisce nettamente dal comune contratto di compravendita, per il dato fondamentale che essa avviene prescindendo totalmente dalla volontà di colui che sarebbe il venditore. D’altra parte, l’acquirente non acquista di certo a titolo originario, ma a titolo derivativo; egli è veramente un acquirente; solo che colui che vende non è il proprietario, ma è lo Stato e, per esso, l’organo giurisdizionale (...). Il che fa sì che l’effetto traslativo non si riconduce allo scambio dei consensi, ma ad una serie di atti (incluso il pagamento del prezzo) che appartengono appunto al procedimento. C’è comunque, un acquisto a titolo derivativo per effetto di una vendita effettuata dall’organo giurisdizionale, con modalità che, oltre ad essere determinate dalla legge (come avviene nell’espropriazione per pubblica utilità) appartengono strettamente alla disciplina processuale».

Insieme agli autori menzionati, nell’ambito della dottrina italiana, si possono citare come puramente processualisti o pubblicisti i seguenti autori: MORTARA, L., Manuale della procedura civile, II, Torino, 1929, p. 364; ZANZUCCHI-VOCINO, Diritto Processuale Civile, III, Milano, 1964, pp. 82 e 83; citazione da CERINO- CANOVA, A., Offerte doppo l’incanto…, cit., p. 88, nota n. 49.

base della sua identità di funzione economica nella vendita giudiziale, è FRANCO ARIAS. L’autore, nella sua significativa opera su «il procedimento di ingiunzione», parte da una realtà innegabile, vale a dire che sia la vendita giudiziale che la compravendita volontaria o vendita contrattuale ambiscono a regolare un’attività umana fondamentalmente identica: lo scambio di beni. In tal caso, le differenze tra le due figure consistono nella diversità di circostanze che in ogni caso specifico riguardano questa attività comune. Come indica giustamente l’autore, sono molte le modalità di scambio a cui l’ordinamento giuridico spagnolo fa riferimento, sebbene il legislatore assegni una struttura normativa alle più rilevanti. Tuttavia sono, in ogni caso, modalità di scambio, che proprio per questo hanno necessariamente dei punti in comune: l’oggetto fondamentale, come si è detto, è lo stesso. Tali complessi normativi sono, tuttavia, indipendenti e autonomi tra loro, in base alle particolari circostanze che caratterizzano ciascuna delle modalità di scambio che essi regolano; ma il fatto che si tratti di distinti complessi normativi non significa che siano complessi «disgiunti», in modo tale che «possono esistere norme applicabili a tipi di ambiti differenti».

In altri termini, esistono distinte modalità di scambio, ognuna delle quali fa riferimento alla sua normativa specifica, ma il loro oggetto comune induce, secondo Franco Arias, a «ricorrere, in caso di lacuna legale in una di queste normative, all’analisi delle altre per trovare criteri che possano apportare soluzioni a casi tra loro analoghi».

Ciononostante, è innegabile che non tutte queste modalità di scambio siano oggetto di una regolazione normativa altrettanto ricca; piuttosto esistono determinate modalità che, per antichità e per un loro uso frequente nel traffico giuridico-economico, ricevono una maggiore attenzione da parte del legislatore. È proprio il caso della compravendita volontaria o contrattuale, alla quale è dedicata la regolazione più ampia dall’ordinamento giuridico, ossia un totale di più di ottanta articoli del Codice Civile spagnolo. Partendo da questo, sarà chiaramente questo il regime contrattuale al quale ricorreremo in maggior misura in caso di lacune nella regolazione della vendita giudiziale (sarà sicuramente necessario, nella misura in cui la normativa processuale lascia irrisolte molte lacune).

FRANCO ARIAS ribadisce più volte che la vendita giudiziale o vendita forzata è costituita da una rigida congiunzione di atti processuali che si inseriscono, per la loro stessa natura, in tutto il processo. Ma a nostro avviso sottolinea, con ragione, due elementi di estrema importanza: da un lato, la possibilità raccomandabile di ricorrere per analogia alla regolazione della compravendita volontaria per colmare le lacune legali della regolazione propria della vendita giudiziale, poiché si tratta di una modalità di scambio che persegue lo stesso obiettivo (scambio di bene per denaro) e che inoltre dispone di una regolazione più completa; e d’altro lato, la necessità di assegnare la stessa rilevanza a tutti gli atti processuali che costituiscono il procedimento di ingiunzione: l’attenzione non deve centrarsi solamente

sull’attività dell’organo esecutivo, poiché in tal modo si otterrebbe una visione solamente parziale della figura in questione136.

In senso análogo, ALONSO SÁNCHEZ definisce la vendita giudiziale come «un atto

processuale di esecuzione o realizzazione coattiva svolta dall’organo esecutore nell’esercizio della sua funzione giurisdizionale», ma che tuttavia produce gli stessi effetti di una compravendita privata: la trasferimento della proprietà di un bene; ma l’autrice ribadisce che è l’atto processuale corrispondente di aggiudicazione definitiva quello che realizza l’alienazione dei beni esecutati. Per questo effetto traslativo di dominio comune, «per gli aspetti sostanziali della stessa non previsti nella legislazione processuale» si potrà ricorrere a quanto previsto dalla legislazione civile riguardo alla compravendita volontaria137.

Di troviamo dunque, ancora una volta, di fronte a un’opinione che si dichiara processualistica (qualificando la vendita giudiziale inizialmente come atto esclusivo processuale svolto dall’organo esecutivo), che ciononostante ammette l’applicazione per analogia della normativa propria della compravendita contrattuale o volontaria. E infatti, come abbiamo appena visto, la stessa autrice fa riferimento all’esistenza di «aspetti sostanziali» della vendita giudiziale, che saranno quelli ai quali si dovrà applicare il regime sostanziale della compravendita volontaria. Applicazione analogica che si basa, come fa FRANCO ARIAS, sull’oggetto comune che perseguono le figure in questione: lo scambio di un bene per un prezzo.

MONTERO AROCA e FLOR MATÍES, d’altro lato, rifiutano allo stesso modo la teoria contrattualistica e apportano a tale proposito i classici argomenti già noti secondo i quali la vendita giudiziale «si realizzerebbe senza il consenso del propietario del bene, anzi, perfino contro la sua volontà»; certamente risulta difficile, se non impossibile, concludere che il giudice sia il venditore, tra altre ragioni perché egli non è il propietario, bensì lo è lo Stato. Escludendo spiegazioni di diritto privato, questi autori accolgono una posizione pubblicistica o processualistica, ma facendo un passo avanti. Effettivamente, come affermano, la spiegazione processualistica, nel suo senso più stretto, si limita a dire che «è un’operazione pura di Diritto pubblico emanata da un organo dello Stato che agisce in quanto tale»; ma con questo ragionamento, secondo gli autori, non si chiarisce ancora l’essenza di questa figura, e ne deriva che il passo successivo sia quello di specificare che si tratta di un «trasferimento coattivo», vale a dire, «di un trasferimento di diritti inter vivos onerosa che si realizza senza considerare (o contro) il titolare del diritto, che è unilaterale del giudice, sebbene condizionata dall’esistenza di un altro atto unilaterale, come la dichiarazione di volontà dell’acquirente». Specificando quanto riportato, MONTERO AROCA e FLOR MATÍES

136 FRANCO ARIAS, J., El procedimiento de apremio…, cit., pp. 46-49.

137 ALONSO SÁNCHEZ, B., Las adjudicaciones procesales de bienes en los procesos de ejecución, Madrid, 1999, pp. 190 e 191.

aderiscono alla celebre teoria del «trasferimento coattivo» formulata da Pugliatti, della quale ci occuperemo avanti con maggior profondità; sebbene essi non la accolgano pienamente, definiscono subito dopo la vendita giudiziale o vendita forzata riprendendo quanto affermato da GUTIÉRREZ DE CABIEDES, secondo la quale essa può essere definita come «l’atto processuale con il quale l’organo giurisdizionale trasmette a un terzo il bene esecutato in virtù della sua potestà giurisdizionale, come mezzo per ottenere il denaro con il quale soddisfare la pretesa del creditore istante». E possiamo dunque affermare che non accolgono pienamente la teoria di PUGLIATTI, poiché la definizione anteriore non coincide pienamente con l’idea dell’autore italiano intesa nel suo insieme: PUGLIATTI, come vedremo in seguito, intende la vendita giudiziale come una sorta di congiunzione tra un atto processuale da parte di un organo esecutivo e un negozio giuridico unilaterale da parte dell’aggiudicatario (in base al ragionamento della «teoria dell’atto-procedimiento»). MONTERO AROCA e FLOR MATÍES, come appena visto, non si pronunciano sull’esistenza di un negozio giuridico unilaterale da parte dell’aggiudicatario; anzi, d’accordo con GUTIÉRREZ DE CABIEDES, sembrano qualificare la posizione di questo terzo offerente come una «condizione» alla quale è sottoposta l’azione dell’organo giudiziale.

Tuttavia, MONTERO AROCA e FLOR MATÍES, non solo ribadiscono la natura meramente processuale della vendita giudiziale, e affermano la sua possibile inclusione «sfumata» (per le ragioni già indicate) nella categoria del «trasferimento coattivo», ma vanno oltre, a nostro avviso giustamente, ammettendo la possibile applicazione per analogia del regime giuridico di tutte quelle figure giuridiche che abbiano per oggetto lo scambio di un bene per un prezzo, laddove esistano lacune legali nel regime proprio della vendita giudiziale. In tal senso, essi affermano che nella vendita giudiziale «esiste l’uso di un bene per il suo valore di scambio, pertanto devono esistere delle somiglianze con gli altri casi nei quali si verifica lo stesso fenómeno economico (compravendita civile e mercantile, espropriazione forzata, contratto di compravendita amministrativa). Talvolta si può, dunque, ricorrere alle norme regolatrici di questi fenomeni per applicarle per analogia, soprattutto quando si considera che alcune di queste norme, così come la dottrina giuridica formata rispetto ad esse, siano ben sviluppate, sebbene, insistiamo, si tratti di un’attività processuale spiegabile solo in riferimento alla potestà giurisdizionale»138.

Infine si può citare anche MORAL MORO, che nuovamente definisce la vendita

giudiziale come «un atto processuale all’interno del processo di esecuzione, di trasferimento

138 MONTERO AROCA, J., e FLORS MATÍES, J., Tratado de proceso de ejecución civil…, cit., pp. 1725-1727. In tempi più recenti e secondo una parte della migliore dottrina civilistica, alcune voci aderiscono al ragionamento di MONTERO AROCA e FLOR MATÍES, in quanto considerano che non si possa spiegare la vendita giudiziale sulla base di concetti del diritto civile, che al massimo potranno essere impiegati a titolo di semplice affinità o analogia: vid. in tal senso DOMÍNGUEZ LUELMO, A., «Transmisión y adquisición de la propiedad en la

compraventa: el problema de la adquisición en los procesos de ejecución», in Cuestiones sobre la compraventa

en el Código Civil.

coattivo dei diritti a un terzo, che non è parte nel processo». Come atto processuale, si deve cercare la sua regolazione innanzitutto nelle norme processuali e, solamente in caso di lacuna esistente in tali norme, si ricorrerà all’applicazione per analogia di altre norme simili di altri ambiti (non solamente processuali)139. Dunque, parte da una spiegazione della vendita

giudiziale nei termini esclusivi del processo, ma ammette l’applicazione della normativa sostanziale in caso di lacune presenti nella regolazione legale processuale.

Questa apertura verso l’applicazione per analogia del regime giuridico sostanziale di figure affini, tra le quali risalta sicuramente la compravendita, è il denominatore comune che soggiace alla posizione di tutti gli autori citati. E vedremo, esponendo la nostra posizione, che il risultato finale raggiunto è praticamente lo stesso: dobbiamo ricorrere necessariamente al regime sostanziale della compravendita, ma non per il semplice fatto che esista una lacuna da colmare, bensì perché esistono aspetti materiali incontrovertibili riguardanti la vendita giudiziale che, proprio per questo, sfuggono alla normativa puramente processuale, come avremo occasione di dimostrare nelle pagine seguenti.

2.2.3. Teorie processualistiche che assegnano una certa rilevanza agli aspetti