Il comma 3 del d.l. 201/2011 stabilisce la soppressione della pensione di anzianità. Da adesso in avanti la pensione di vecchiaia, anch'essa profondamente rinnovata, sarà affiancata dalla pensione anticipata (prima denominata pensione di vecchiaia anticipata).
La pensione di vecchiaia è conseguibile soddisfacendo una serie di requisiti differenziati tra uomini e donne e, per queste ultime, tra dipendenti e autonome. Le lavoratrici dipendenti dovranno avere 62 anni che diverranno 63 anni e sei mesi dal 1° Gennaio 2014, 65 anni dal 1° Gennaio 2016 e 66 anni a decorrere dal 1° Gennaio 2018. Anche le altre categorie seguiranno la medesima tendenza. Le lavoratrici autonome per il ritiro nell'anno 2012 dovranno avere 63 anni e sei mesi (64 anni e sei mesi nel 2014, 65 anni e sei mesi nel 2016, 66 anni nel 2018). Per i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi l'età pensionabile è fissata da subito a 66 anni.
Riepilogando: nel 2018 per tutti l'età pensionabile sarà 66 anni. Inoltre confermata la previsione secondo cui l'età pensionabile sarà periodicamente aggiornata (prevista cadenza triennale a partire dal 2013) tenendo conto delle mutate condizioni riguardanti l'aspettativa di vita. A prescindere dai calcoli fatti, la riforma Fornero prevede che a partire dal 2022 l'età pensionabile non possa essere minore di 67 anni.
70 anni infatti, sia gli uomini che le donne, avranno incentivi alla prosecuzione del rapporto di lavoro. Il calcolo del tasso di sostituzione terrà conto dei contributi versati in più negli anni non obbligatori e dei conseguenti anni in meno di percezione della pensione.
La pensione di anzianità, come detto, scompare. Per quanti non volessero aspettare il raggiungimento dell'età pensionabile rimane comunque la pensione anticipata, con dei limiti più stringenti e dei benefici più penalizzanti rispetto alla disciplina precedente. La pensione di vecchiaia anticipata è concessa agli uomini che abbiano maturato 42 anni e un mese di contributi e alle donne con 41 anni e un mese di contributi nell'anno 2012. Quanti si ritireranno nel 2013 dovranno avere un altro mese di contributi, per arrivare nel 2014 a dover avere 42 anni e tre mesi gli uomini e 41 anni e tre mesi le donne. Inoltre “sulla quota di trattamento
relativa alle anzianità contributive maturate antecedentemente il 1° gennaio 2012 (pari alla quota di pensione calcolata con il metodo retributivo, ndr), è applicata una riduzione percentuale pari a 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni. Nel caso in cui l'età al pensionamento non sia intera la riduzione percentuale è proporzionale al numero di mesi”.
Soffermiamoci ora sulle modifiche della pensione di vecchiaia. L'innalzamento dell'età pensionabile delle donne, con una sostanziale convergenza agli uomini, è una misura che l'Unione Europea aveva da tempo chiesto ai governanti italiani. Il volano era stata una sentenza di condanna dell'Italia da parte della Corte di
Giustizia dell'Unione Europea, in data 13 Novembre 2008. La Corte aveva accolto il ricorso della Commissione Europea, la quale chiedeva che l'Italia eliminasse la disparità tra uomini e donne nell'età che consentiva l'accesso alla pensione di vecchiaia, limitatamente al settore dei dipendenti pubblici. L'Italia ha ottemperato alla sentenza dell'organo di giustizia dell'UE. È evidente che questo portasse come conseguenza un innalzamento dell'età pensionabile anche per le donne impiegate nel privato.13
Per gli uomini non cambiano le cose al momento, rispetto alla legislazione precedente.
Altra nota di rilievo, comune a uomini e donne, è la cancellazione del bizantinismo creato di recente dal legislatore italiano che andava sotto il nome di finestra di pensionamento. Il d.l. 201/2011 ha incorporato l'anno che bisognava aspettare per andare in pensione dopo aver maturato i requisiti pensionistici, tant'è che gli uomini prima potevano andare in pensione a 65 anni più uno, ora portati appunto a 66, e le donne (dipendenti presso privati) a 61 anni più uno di finestra, mentre ora possono ritirarsi a 62 anni, fatte salve le già considerate correzioni dei prossimi anni.
Guardando nel complesso le misure della riforma Fornero attinenti la flessibilità in uscita, con incentivi economici adeguati a lavorare fino ai 70 anni, e le correzioni sulla pensione di vecchiaia anticipata prima dei 62 anni, disincentivanti al ritiro prematuro, ci troviamo di fronte un quadro di previdenza
13 Sulle conseguenze della fine della disparità uomo-donna ci si soffermerà più diffusamente nel capitolo 4.
ben congegnato e perfettamente in coerenza con metodo di calcolo contributivo. Il messaggio che un lavoratore in età avanzata riceve non potrebbe essere più chiaro di così: tu puoi decidere di andare in pensione quando vuoi, ovviamente con un limite minimo e uno massimo, ma le conseguenze della tua scelta ricadranno sul tuo reddito futuro.
Prima un individuo appena ne aveva la possibilità, a prescindere dalle sue reali condizioni di salute, pur non soffrendo di logorio fisico che ne condizionasse la prosecuzione in attività, usciva dal mondo del lavoro per mettere mano a guadagni che aveva solo in parte contribuito ad accumulare.
Dal d.l. 201/2011 in avanti un individuo ancora in forze difficilmente sceglierà di ritirarsi; semplicemente non gli converrà più.
Si è così passati dal trionfo dell'asimmetria informativa alla massima trasparenza nelle azioni degli individui da parte dello Stato, in qualità qui di assicuratore del rischio vecchiaia. L'egoismo dell'individuo teorizzato dalla scienza economica non ha a mio avviso una reale constatazione che superi o eguagli questo caso. Porvi un freno era un dovere morale prima ancora che finanziario.
Le critiche sul punto non sono mancate, anche se non hanno assunto dimensioni tali da far fare un passo indietro al Governo Monti. Tutte sono riassumibili con la constatazione-supposizione che alzare così tanto l'età pensionabile non permetterà a nessuno di godere della pensione, semplicemente perché si muore ad un'età che quasi coincide con l'età pensionabile.
periodo. E, secondo una celebre frase attribuita a John Maynard Keynes, nel lungo periodo siamo tutti morti.
Ma è proprio così? Le statistiche attuali e le proiezioni future danno ragione a quanti avrebbero voluto la cristallizzazione del sistema ad età pensionabili così basse? Nel prosieguo del capitolo cercherò di dare una risposta a questo quesito. Seguirà un excursus per scoprire meglio la pensione di anzianità che per tanto tempo è stata l'anomalia italiana per eccellenza in tema di pensioni. Verranno poi esaminati gli effetti concreti di una flessibilità in uscita così come si è palesata. Il capitolo si chiuderà con una disamina su un tema tanto discusso quanto poco chiaro: una bassa età di pensionamento libera posti di lavoro per i giovani.