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Segue Buona fede come limite «interno» agli atti di autonomia negoziale

Prima di giungere alle conclusioni della ricerca svolta, si rende necessario illustrare la questione relativa al controllo degli atti di autonomia privata che la funzione integrativa (e

etero-correttiva488) della buona fede e correttezza invoca.

Invero, si ripete, tale funzione impone obblighi ulteriori, diretti a tutelare gli interessi della controparte fino a ricomprendere non solo l’obbligo di non porre ostacoli, ma «anche a fare tutto ed esattamente quanto la comune valutazione sociale considera necessario porre in essere il comportamento esigibile» fino al limite del proprio sacrificio489, in ragione del principio fondamentale di solidarietà (art. 2 cost.) dalla quale origina dal stessa regola490.

In questo senso, la configurabilità delle istanze sociali costituisce «limite interno» che imprime una subordinazione funzionale alle sue esplicazioni (la buona fede e correttezza, per esempio) e alle posizioni giuridiche, attive e passive, che ne scaturiscono491.

La soluzione qui prospettata non è da unanimamente accolta, avuto particolare riguardo a coloro che sostengono che la giustizia contrattuale debba essere affidata alle logiche del mercato: le uniche, queste, idonee a regolare gli squilibri e ricomporre gli interessi delle parti492. Di conseguenza, «tale canone generale non impone ai soggetti un comportamento a

488 G. A

LPA, La buona fede integrativa: note sull’andamento parabolico delle clausole generali, in L. GAROFALO (a cura di), Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea (Atti del convegno Internazionale di Studi in onore di A. Burdese, Padova-Venezia-Treviso, 14-15-16 giugno 2001), Padova, 2003, I, p. 158 e ss.; U. BRECCIA, Causa e consideration, in G. Vettori (a cura di), Remedies in Contract –

The Common Rules for a European Law, Persona e mercato, Padova, 2008, p. 47, ove si afferma espressamente

che le clausole generali hanno, oltre a una funzione «conformativa», una funzione «correttiva e invalidante, fino a governare direttamente la libertà contrattuale nei casi testualmente previsti dalla legge».

489 Così, precisamente, Cass., S.U., 2 novembre 1979, n. 5688, cit. 490

In tal senso, v. Cass. 18 luglio 1989, n. 3362, cit.; Cass. 9 marzo 1991, n. 2503, cit.; Cass. 13 gennaio 1993, n. 343, cit.; Cass. 20 aprile 1994, n. 3775, cit.; Cass. 26 ottobre 1995, n. 11151, cit.; Cass. 19 giugno 1997, n. 5481; Cass. 19 ottobre 1999, n. 11733, in Banca, borsa, tit. cred., 2001, II, p. 314; Trib. Napoli 8 gennaio 1999,

ivi, p. 315; Trib. Milano 11 marzo 1999, ivi, p. 319; Cass. 24 marzo 1999, n. 2788, in Giur. it., 1999, p. 1802; per

un esplicito richiamo all'art. 2 Cost., v. Cass., 13 gennaio 1993, n. 343, cit. e Cass. 20 aprile 1994, n. 3775, cit.; Cass. 22 maggio 1997, n. 4598, in Giur. comm., 1998, II, p. 321; Cass. 5 novembre 1999, n. 12310, in Foro pad., 2000, I, c. 351; Cass. 27 settembre 2001, n. 12093, in Giust. civ., 2001, I, p. 2324; Cass. 4 marzo 2003, n. 3185,

cit.

491 Per limitarsi ad alcune indicazioni che costituiscono momento di autorevolezza e di rappresentatività degli

orientamenti, anche per approfondimenti giurisprudenziale: M. GIORGIANNI, Le norme sull’affitto con canone in

cereali. Controllo di costituzionalità o di «ragionevolezza», in Giur. cost., 1962, I, p. 93 e ss.; P. RESCIGNO,

L’autonomia dei privati, in Iustitia, 196, p. 3 e ss.; S. RODOTÀ, Le fonti di integrazione, cit., p. 240 e ss.; G. ALPA,

Introduzione nella nuova giurisprudenza, in M. Bessone-G. Alpa (a cura di), I contratti in generale, I, Torino,

1991, p. 16 e ss.; L. MENGONI, Autonomia privata e costituzione, in Banca, borsa, tit. cred., 1997, I, p. 1 ss.

492 M. B

ARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, Milano, 2015, p. 612 e ss., e

più ampiamente, ID, Trattato delle responsabilità civile, Torino, 2011, p. 807, il quale indica quali limiti quelli desumibili dalla «logica interna (=mercantile)» e parla di «limite utilitario della causa mercantile». Nello stesso senso, M. BIANCHINI, La contrattazione d’impresa tra autonomia contrattuale ed iniziativa economica (Profili

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contenuto prestabilito ma rileva soltanto come limite esterno all’esercizio di una pretesa, essendo finalizzato al contemperamento degli opposti interessi»493.

A sostegno di tale orientamento, seppur parlando, non di limite esterno, ma di ratio sistemica che procede dall’incrocio tra la logica simbolica della volontà e la logica funzionale del mercato e seppur diretto a spiegare improponibilità del controllo generalizzato dell’esercizio di potere di autonomia secondo il paradigma dell’abuso del diritto, si riporta quanto sostenuto da una dottrina494, considerato che il discorso si adatta perfettamente al controllo dell’esercizio del potere per mezzo della clausola della buona fede e correttezza. Tale dottrina spiega, con argomentazioni alquanto complesse, che la clausola generale495 alla quale viene attribuita funzione integrativo-correttiva verrebbe ad assumere un senso esclusivamente «introverso», cioè un senso che interpella il sistema giuridico dal suo interno e si commisura essenzialmente alla sua mera efficienza sistemica. In altre parole, strutturando in tal senso la clausola generale si crea un’ambiguità sulla stessa, giacché si privilegerebbe l’efficienza sistemica sulla funzionalizzazione dei poteri privati (a finalità social-politiche). Invero, si sostiene che la funzionalizzazione dei diritti corrisponde ad una logica politico-giuridica che imputa allo Stato/Collettività la determinazione di fini sostantivi della società (i.e. il “bene” da raggiungere, il “giusto” da perseguire, la “distribuzione delle risorse” da realizzare, ecc.) e che, perciò concepisce i poteri conferiti ai privati come strumenti che in tali fini sostantivi trovano non solo la ragione ma anche la loro misura. In questo quadro, allora, il paradigma dell’abuso costituisce lo strumento di un interventismo giudiziale destinato ad implementare istanze di carattere politico, etico, ecc. e comunque strumento di sovrapposizione di una «logica

eteronoma» alle autonome determinazioni degli individui privati496. L’efficienza sistemica corrisponde invece ad una razionalità politico-giuridica meramente procedurale. Sicché, lo Stato/collettività rinuncia a determinare i fini della società e lascia ai privati la libertà perseguire i fini individuali che preferiscono. Ciò in ragione del fatto che solo attraverso il loro incondizionato perseguimento si perviene all’utile finale dell’intera collettività; logica, questa, secondo cui lo Stato/collettività si attribuisce solo il compito di conferire i poteri strumentali e di preordinare “procedure” nel rispetto delle quali ciascuno può ripromettersi il fine che crede. La sanzione, in caso di insuccesso del potere discrezionale, verrà affidata al mercato.

493 Così, espressamente, Cass., 18 settembre 2009, n. 20106, (Caso Renault), cit. riportando esattamente

l’obiter dictum pronunciato, in materia societaria proprio in tema di abuso della regola di maggioranza, in Cass. civ., 12 dicembre 2005, n. 27387, cit., p. 345,

494 M. B

ARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, cit., p. 612.

495 Qui l’A., fa riferimento all’abuso del diritto, ma si ritiene a tal punto che l’argomentazione sia estendibile

anche con riferimento alla clausola generale di buona fede e correttezza, v. M. BARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, cit., p. 612.

496 Letteralmente, in M. B

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I sostenitori di tale orientamento trovano conferma, sul piano costituzionale, nel dispositivo della «“riserva di legge” che puntualmente accompagna le clausole di socialità (ad es., degli artt. 41, 42, e 44 Cost.): ad essa corrisponde l’ordinaria immunità tanto dei poteri sull’uso della ricchezza che dell’equilibrio contrattuale convenuto dalle parti da qualsiasi giudizio che muova da istanze solidaristiche, le quali non abbiano trovato distinto e positivo riconoscimento nella “legge” (= art. 1341 comma 2, 1339, 1419 comma 2 e 2597 e discipline “speciali” dei contratti del consumatore e dei contratti di cd. subfornitura, ecc.) o da appelli etici che non si dissolvano nel (o innanzi al) “senso nucleare” dell’ordinamento (=positivamente incorporato nel sistema normativo)»497. Si sostiene, in generale, che la causa negoziale si dà ancora come causa mercantile e continua a rimanere cieca rispetto alle complessità relative all’equilibrio economico e normativo del contratto, che, piuttosto trovano ancora la loro sede nelle discipline del consenso e le loro soluzioni in un auspicabile loro intendimento evolutivo498.

In una diversa prospettiva, altra parte della dottrina considera il precetto di solidarietà sociale inespressivo di un parametro da cui si possa desumere la misura del sacrificio dell’interesse proprio che ciascun contraente, nella composizione negoziale, sia tenuto ad accettare per la salvaguardia dell’interesse estraneo ai contraenti o di quello della controparte. Di conseguenza, è impossibile comprendere a quali interessi ciascuno dei contraenti sia tenuto a subordinare il proprio interesse, o in che misura499. Per tale motivo si ritiene, quindi, corretta quell’opinione secondo cui i valori costituzionali «possono vincolare la libertà di contratto solo con la mediazione di legge e nella misura in cui sono specificati dalla disciplina legale degli atti di autonomia500.

In una logica assiologica e maggiormente conforme alla Costituzione, gli orientamenti esaminati non sembrano affatto convincenti.

Si ritiene, quindi, di convenire con quel diverso orientamento che considera la libertà negoziale uno dei principi fondamentali dell’ordinamento, in quanto diretta espressione della

497 Letteralmente in M. B

ARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, cit., p. 615

richiamando C. SALVI, Abuso del diritto, cit., p. 3; D. MESSINETTI, Abuso del diritto, cit., p. 8-9; L. NIVARRA, Un

dibattito palermitano su illeciti atipici, in Europa dir. priv., 2006, p. 1032 e ss.

498 M. B

ARCELLONA, Della causa. Il contratto e la circolazione della ricchezza, cit., p. 615.

499

D’ANGELO, La buona fede, cit., p. 235 e ss. Diversa osservazione, in P. G. MONATERI, Abuso del diritto e simmetria della proprietà (un saggio di comparative Law and Economics), in Diritto privato, 1997, III, L’abuso del diritto, Padova, 1998, p. 120, il quale rileva come, a volte, «i discorsi sulla socialità dei diritti […] nascondono in realtà riallocazioni tra i privati, in cui un privato guadagna ingiustificatamente un vantaggio non compensato. La compressione senza compensazione del diritto di una delle parti private coinvolte sarebbe giustificata solo se si mostrasse un guadagno sociale diverso dal vantaggio perseguito dalla controparte».

500 L. M

ENGONI, Autonomia privata e costituzione, cit., p. 4; e v. R. SACCO-G. DE NOVA, Il contratto, in

Trattato di diritto privato, in P. Rescigno (diretto da), II, XX, Torino, 1995, p. 11; N. IRTI, Persona e mercato, in

Riv. dir. civ., 1995, I, p. 87. In tal senso, ma con argomentazione differente, v. A. DI MAJO, La tutela civile dei

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libertà della persona. Tuttavia, riconosciutane la natura di principio fondamentale, questa deve essere collocata nella gerarchia dei valori espressamente designati dalla Costituzione che per definizione è orientata a declinare i diritti fondamentali in funzione della solidarietà sociale (art. 2 cost.). Sicché, l’obbligo di agire anche nell’interesse dell’altra parte e di salvaguardare gli stessi (che può esplicarsi nell’evitare di esercitare gli atti di autonomia negoziale con fine abusivo, ovvero di evitare di frapporre ostacoli alla realizzazione degli interessi, ovvero ancora nell’imporre obblighi positivi a tutela dell’altra parte) risulta perfettamente conforme ai dettami costituzionali. Soprattutto, tale obbligo di salvaguardia e libertà discendente dalla solidarietà sociale sarebbe anche pienamente rispettosa della libertà contrattuale, intesa correttamente come diritto della persona a collaborare con gli altri secondo le proprie scelte e non come diritto della parte più forte di sopraffare quella più debole. Ciò assume maggior rilevanza se si considera che tale disparità dovrebbe poter essere tutelata soprattutto in un rapporto societario, dove il contratto è strumento di realizzazione di scopi comuni.

Questo, tra l’altro, costituisce null’altro che una particolare espressione della regola basilare di ogni convivenza civile, secondo la quale la libertà di ognuno finisce là dove pregiudichi la libertà altrui501.

Come è stato correttamente evidenziato, in tale ottica procedere all’equilibrio degli opposti interessi attraverso il parametro della buona fede non significa introdurre forme di dirigismo statalistico volte a correggere le disfunzioni del liberismo economico. Il contratto rimane determinato nel proprio contenuto secondo quanto le parti hanno autonomamente voluto, in coerenza con l’esigenza di favorire il pieno sviluppo di tutte le potenzialità positive di un mercato libero, trasparente e concorrenziale.

Si deve, dunque, concludere che la buona fede opera come limite «interno» rispetto gli atti di autonomia privata.