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Segue: Il Reinsediamento nella prassi degli Stati membri dell’UE

L'adozione di una base giuridica per il reinsediamento non è mai stata considerata come necessaria dalle numerose parti interessate, dato che il programma è considerato come una pratica volontaria piuttosto che come un dovere legale. Numerosi soggetti, infatti, insistono sulla valenza politica, invece che legale, della decisione di reinsediamento. L'impatto avvenuto sulle politiche e sulla partecipazione dei vari Stati conferma la natura politica della decisione. Inoltre, è giusto considerare che, in nessun caso, il reinsediamento e la ricollocazione possono essere visti come strumenti di gestione della migrazione; sono, infatti, strumenti umanitari il cui scopo primario è il miglioramento duraturo della protezione dei rifugiati.

38 La ERN è una rete inclusiva che supporta lo sviluppo del programma di

reinsediamento in Europa collegando una varietà di attori coinvolti. I membri della rete devono avere un impegno comune per il reinsediamento dei rifugiati e la protezione di questi, in modo tale da offrire un servizio di lunga durata. Lo strumento centrale della ERN è il suo sito web, che fornisce una piattaforma per lo scambio di informazioni e competenze sulle priorità di reinsediamento, processi e pratiche.

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Oggigiorno sono tredici gli Stati membri dell'UE che si riferiscono al reinsediamento dei rifugiati nella legge in materia di stranieri e /o Asilo.

Nell'ultimo decennio, la maggior parte dei paesi di reinsediamento si sono impegnati a formalizzare la loro pratica o a preparare modelli per la futura adozione di un quadro formale. Il quadro giuridico è molto diverso da uno Stato membro dell'UE a un altro. Inoltre, l'esistenza di una base formale non implica la pratica efficace di reinsediamento. La partecipazione degli Stati a questo tipo di progetti e programmi spesso è motivata anche da incentivi finanziari introdotti dall’UE. Infatti, mentre la somma forfettaria concessa agli Stati per il reinsediamento di un rifugiato può sembrare bassa e insufficiente negli Stati membri con un alto costo della vita, essa è considerata importante nei paesi in cui la capacità di ricezione e integrazione è un work in progress. L'incentivo per il reinsediamento ha innanzitutto da svolgere una funzione umanitaria: l’'UE dà 6.000 € a testa per prendere da loro PPR e per altri gruppi vulnerabili. Gli incentivi economici non possono costituire l’unico motivo per unire ed esprimere solidarietà verso i soggetti bisognosi.

Solo un paio di altri Stati membri hanno adottato una disposizione specifica per preparare l'impegno di reinsediamento: questo è stato il caso del Regno Unito, che ha cambiato la sua legislazione nel 2002 e ha iniziato un programma nel 2004; lo stesso per l'Irlanda, che ha introdotto una disposizione nel 1996 ed ha iniziato un programma nel 1998. Nella maggioranza degli Stati europei la base legale per il reinsediamento può provenire dalle autorità esecutive confermando la natura politica del programma. Altri Stati membri, invece, non hanno alcuna base legale o formale per il reinsediamento invocando difficoltà socio-economiche (Paesi Baltici), o problemi strutturali nella ricezione degli stranieri (Grecia, Malta, Cipro, Italia). Questi paesi, oltre a dimostrare una chiara mancanza di volontà partecipativa ai programmi di reinsediamento, richiedono il trasferimento dei rifugiati dal loro territorio ad altri Stati membri dell’UE attraverso una delocalizzazione (o ricollocamento).

La Francia e l’Italia sono interessanti esempi di mancanza di una base legislativa per la concessione di asilo al di fuori del territorio; in entrambi i

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paesi, la procedura di reinsediamento deve iniziare all'estero. La mancanza di una normativa nazionale spiega la necessità di un successivo processo di post-arrivo per rifugiati reinsediati al fine di ottenere uno status. In Italia, innanzitutto, il Ministero degli Interni deve accettare il progetto di reinsediamento, in seguito il Ministero degli Affari Esteri può rilasciare i visti ai profughi selezionati in modo che possano poi fare domanda per lo statuts di rifugiati una volta sul suolo italiano. In circostanze normali, il rilascio di un visto per qualcuno che sta proponendo richiesta d’asilo è vietato e considerato favoreggiamento alla migrazione irregolare.39

Mentre la base formale e legale del reinsediamento dei rifugiati e altri atti sono stati adottati da un numero in crescita di Stati membri dell'Unione europea, le diverse disposizioni in materia di reinsediamento sono specifiche secondo il paese. Non esiste un modello standard condiviso nell’UE. Queste disposizioni possono essere divisi tra quelli che menzionano la disciplina dell'UNHCR e quelli che non lo fanno; quelli che menzionano esplicitamente la parola 'Reinsediamento' e quelli che non lo fanno; quelli che affrontano la possibilità di reinsediamento senza soffermarsi su alcuni dettagli e quelli che specificano le procedure da seguire e i diritti concessi. La grande carenza legislativa a livello nazionale è sicuramente dovuta a una mancanza a livello europeo in tema di reinsediamento, dato che, l’UE non riesce ancora a sviluppare una procedura di selezione comune. Ancora più problematica è la diversità nello status e dei diritti concessi alle persone reinsediate e la capacità d’integrazione nazionale che si differenzia tra i vari Stati. Solo alcune delle iniziative UE hanno sostenuto gli standard di reinsediamento dell'UNHCR e delle sue politiche, quali, ad esempio, la Decisione 573/2007/CE e la successiva Decisione 281/2012/UE che prevedono il finanziamento per il reinsediamento di alcune categorie di gruppi vulnerabili (donne e bambini a rischio, minori non accompagnati, sopravvissuti alla violenza e /o la tortura, ecc).

Innanzitutto, come premessa iniziale è giusto affermare che ogni programma di tale tipo comporta dei rischi e degli ostacoli alla corretta applicazione, seppure la necessità di efficienza da parte di un sistema, cerchi

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di assottigliare la percentuale esistente di “difetti”. In primo luogo il rischio che viene a esistere è quello di creare un fattore di richiamo per migranti, caratterizzandosi come preoccupazione legittima degli Stati. Al fine di evitare la creazione di fattori di attrazione che indebitamente influenzano i flussi migratori, l'UNHCR dà la priorità, per quanto è possibile, a un approccio regionale per il reinsediamento al fine di dissuadere i movimenti in avanti. Si possono inoltre avere problemi di frode legati al desiderio di lucro, proprio della natura umana; la frode può avvenire in sostanza in ogni fase del processo (fase di registrazione, al momento della determinazione dello status, e durante valutazioni per soluzioni durevoli) ed è per questo che l’UNHCR ha elaborato un piano per la lotta antifrode. Un’essenziale priorità è la presenza di un quantitativo di posti disponibili per le persone che richiedono il reinsediamento; tuttavia affinché il programma funzioni in maniera efficace è importante che le procedure e i criteri, stabiliti dagli Stati membri di reinsediamento, non siano ingombranti e lenti.

Alcuni Stati membri di reinsediamento hanno adottato criteri particolarmente restrittivi sulla base dei cdd. “potenziali d’integrazione”, limitando così l’accesso a tutte quelle categorie più vulnerabili (persone con storie di droga, con problemi di salute mentale ecc), nel mancato rispetto dei principi di inclusioni, integrazione e flessibilità. Secondo l'UNHCR, il progetto è basato su un approccio umanitario e gli Stati membri dovrebbero astenersi dal limitare l'accettazione dei rifugiati con "alti bisogni" e concentrarsi invece sul "potenziale d’integrazione". L’integrazione è, infatti, un momento fondamentale e centrale sia per il programma, che per le capacità dei vari ordinamenti nazionali.

4. L’esperienza

EUREMA:

il

primo

approccio

al