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Strategie di selezione, conservazione ed esposizione

4.1. Selezionare relazioni e memorie

Come si è detto nel precedente capitolo, “gli oggetti domestici […] sono fatti, oltre che di materia, anche di significati, ossia di ciò che le persone vi imprimono attraverso il gesto del saper esporre, o vi depositano come memoria, come valore affettivo, come

116

Pietro Meloni, La cultura materiale nella sfera domestica, in Silvia Bernardi, Fabio Dei, Pietro Meloni (a cura di), cit., p. 197.

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proiezione di rapporti sociali” 117

. Dunque dietro alla disposizione delle nostre cose nello spazio domestico esiste innanzitutto un processo di attribuzione di significati che carica gli oggetti di un certo grado di importanza: in questa fase attiviamo la memoria per ricostruire la storia di una cosa e la classifichiamo. Segue quindi una pratica di selezione degli oggetti, che necessariamente corrisponde ad una selezione di quella porzione di passato che ci interessa ricordare e cristallizzare attraverso la conservazione di alcuni beni materiali; infine, mettendo in mostra quello che si è deciso di conservare, esprimiamo il significato simbolico dell‟oggetto, anche se gli altri possono non essere in grado di comprenderlo. In questo modo si costruisce una rappresentazione del proprio sé e lo spazio domestico diviene un contenitore simbolico della propria identità.

Si tratta di forme di agire strategico che ci rendono dei demiurghi casalinghi in grado di trasformare uno spazio in un cosmo ordinato, collocando ogni cosa al posto giusto 118. I significati e le funzioni che stanno dietro a queste strategie rimandano alla serie di saggi raccolti nel testo curato da Daniel Miller, Home Possessions, Material Culture behind Closed Doors, che si basano sull‟osservazione diretta dei processi attraverso i quali uno spazio domestico e i suoi abitanti si influenzano e si trasformano a vicenda. Per Miller la casa è un processo, più che un luogo, ha una natura dinamica, ed insieme ai suoi contenuti è fonte e scenario di cambiamenti 119. Il saggio di Marcoux 120 in particolare, sottolinea quanto le azioni finalizzate a cambiare aspetti materiali della casa siano dettate dalla volontà di riorganizzare la propria vita e le proprie relazioni.Nel momento in cui ci confrontiamo con i nostri possessi domestici – l‟autore prende in esame il caso estremo del trasloco – si crea un‟opportunità per riscrivere il racconto

117

Ibidem, p. 196.

118

Carla Pasquinelli, La vertigine dell’ordine. Il rapporto tra Sé e la casa, Milano, Baldini Castoldi Dalai editore, 2004, p. 53-57.

119

Daniel Miller, Behind Closed Doors, in Id. (edited by), Home Possessions: Material Culture Behind Closed

Doors, Oxford, Berg, 2001, pp. 1-23.

120

Jean-Sebastien Marcoux, The Refurbishment of Memory, in Daniel Miller (edited by), Home Possessions, cit., pp. 69-86.

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della nostra storia e per riconsiderare l‟importanza delle relazioni con gli altri. Infatti, come già affermato, gli oggetti della casa sono frammenti e ricordi del passato, così la decisione di scartare alcuni oggetti e di conservarne altri diventa un modo per gestire attivamente la propria memoria: “considerando che le cose sono espressioni di relazioni e memoria e che la memoria è selettiva, ne segue quasi logicamente che selezionare le cose diventa una metafora del selezionare le relazioni e le memorie” 121. Marcoux, ad esempio, nota che gli oggetti che vengono scartati sono spesso associati a relazioni che non sono più intatte o che comunque hanno perso importanza.

In ogni caso conservare o scartare diventano atti estremamente carichi di significato, e nel momento in cui ci mettiamo di fronte alle nostre cose con l‟intento di selezionarle, nel caso di un trasloco o semplicemente quando vogliamo dare un ordine diverso alla nostra stanza, siamo portati a compiere un‟analisi profonda per capire se siamo pronti o meno a disfarci di un oggetto e di quello che rappresenta.

Dunque ci rapportiamo agli oggetti classificandoli e organizzandoli in maniera gerarchica sulla base del loro valore, che appunto può mutare nel tempo comportando spostamenti, sostituzioni, esclusioni. Ad esempio Franca, spiegando i motivi per cui ha deciso di togliere delle cose da una mensola, dice:

«Effettivamente… è un po’ l’uno e l’altro, un discorso di pulizia, e di oggetti che in certi momenti sono per me significativi, e altre volte… vengono tolti, sostituiti»

Seguendo il processo di risignificazione che gli viene attribuito, un oggetto solitamente compie un percorso a più fasi: ad esempio si cerca di trovargli un‟altra collocazione nello spazio domestico prima di destinarlo al cassonetto dei rifiuti. Questo

121

“Considering that things embody relations and memory and that memory is selective, it follows almost logically that the sorting out of things becomes a metaphor for the sorting out of relations and memories” (Ibidem, p. 83).

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succede nella casa di Angela e Mamo, e una testimonianza analoga proviene da Antonella:

«[Le cose] un pochino le tengo in giro… Ogni tanto butti. Si fa una scelta e butti. Di solito funziona così, che prima porti in garage e poi butti via. Ora c’abbiamo anche lo sfogo della casa di montagna: “Questo lo portiamo in montagna”. E poi si butta»

Una strategia simile è quella adottata da Serena e Gianni:

«Poi ogni tanto c’è il gioco del bussolotto, cioè si sposta il soprammobile dalla mensola al ripiano per rimetterla poi sul comodino, per riportarla sulla mensola. E quindi in questo modo prende vita nuova, no?»

Mettere in atto strategie di selezione, conservazione ed esposizione degli oggetti domestici significa dunque concorrere alla formazione del valore delle cose, riconoscere quale importanza hanno e agire conformemente assegnando loro un determinato posto nello spazio. Ma nella casistica delle interviste effettuate queste operazioni non sembrano così semplici ed automatiche: per la maggior parte delle persone disfarsi delle proprie cose è un gesto doloroso, tanto che se abbiamo un po‟ di spazio a disposizione tendiamo a conservare tutto, o quasi. Il disagio si risolve quindi in una tendenza all‟accumulo, che si manifesta apertamente in molte delle interviste. Alba scherza su questa sua tendenza, come d‟altra parte fanno tutte le persone che ammettono di avere un debole per la conservazione degli oggetti:

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«Io conservo tutto, anche lo spillo! Ah, ah! Non butto via niente! […]. [Gli oggetti] Li espongo se mi piacciono, se non mi piacciono mi è comunque difficile buttare via, perché comunque dico: vabbè la persona me l’ha regalato, quindi vuol dire che gli faceva piacere […]. Si tiene un po’ da una parte, un po’ da un’altra. E poi con grosso sacrificio si butta via, ma è proprio difficile, eh? Perché mi dispiace, mi dispiace. Comunque come qualsiasi altro oggetto, anche vestiario, queste cose qui, buttarle via… c’è sempre un legame con le cose»

Lo stesso argomento è affrontato da Luciana:

«C’è la tendenza all’accumulo! All’accumulo soprattutto perché io mi riempio di cose di cui non riesco a liberarmi perché mi piace tenermele. […] Mi piace averle sott’occhio. Così con le mie collezioni, le mie fotografie, i miei dischi… mi piace anche vederli, mi piace sapere che sono vicino a me… e non me le metto via, non me le metto rinchiuse. […] Ci sono […] un sacco di cose che negli anni vanno sempre aumentando… sempre aumentando. Io sinceramente ogni tanto guardo… dico: “questo forse ne potrei fare a meno”, ma poi resta lì. Non ce la faccio! Non ce la faccio ad allontanarmene»

Come afferma Carla Pasquinelli nel suo studio sui significati dell‟ordine e del disordine domestico:

“La cosa più difficile è risolversi a buttare via tutto quello che non serve più, o perchè è rotto, o perché nel caso di vestiti e giornali è ormai invecchiato oppure perché più semplicemente non ci piace più. Una delle condizioni dell‟ordine è infatti scegliere e scartare. Ma questa filosofia dell‟usa e getta si scontra con gli oscuri retaggi di una mentalità educata ad un‟etica ascetica del risparmio che

83 bizzarramente sopravvive anche alla pressione consumistica sui più giovani, per la difficoltà a ignorare il ricatto silenzioso delle nostre proiezioni affettive sugli oggetti che trattengono una piccola parte delle nostre vite” 122

.

Anche Mauro, parlando del rapporto che la moglie ha con gli oggetti, esprime il significato che sta dietro alla conservazione delle cose e alla difficoltà ad operare una selezione:

«Guarda, normalmente non si butta via nulla, perché Daniela c’ha un… proprio è un odio quello di dover buttare via. Non le riesce, perché è roba sua e le dispiace darla via. Quindi ci sono anche tantissime cose inutili che è tanto che sono lì e nessuno l’ha più… l’ha più usate, ecco. […] Lei è attaccata a tutto. Tutte le cose che c’ha, gli dà lo stesso valore. Sono cose sue e le dispiace perderle. Secondo me la sua storia è proprio legata agli oggetti… e di conseguenza se butti via un oggetto butti via una parte di te… è un po’ questo il rapporto»

A volte rinunciare a ogni opera di selezione e accumulare dissennatamente oggetti che hanno smarrito ogni funzione può degenerare fino a farci ritrovare nel caos e nella decadenza. Avere dei criteri di collocazione e disposizione delle cose è dunque fondamentale per mantenere la capacità di dominare gli oggetti 123.