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Strategie di selezione, conservazione ed esposizione

4.4. Strategie di distinzione

A conclusione del suo seminario sui rapporti di forza che si creano in una coppia di fronte all‟orchestrazione degli oggetti d‟affezione, Dassié ha accennato al fatto che, durante la sua ricerca su campo condotta in Francia, emergeva che le donne, organizzatrici dell‟ordine della casa, tendevano comunque a produrre uno spazio conforme allo statuto sociale del marito, usando la loro onnipotenza domestica a favore di un dovere sociale implicito. Quindi le scelte fatte in termini di disposizione degli oggetti e dei mobili, oltre che a espressioni della propria interiorità, corrispondevano a degli imperativi dettati dalla classe sociale e da un‟organizzazione di tipo patriarcale. Si capisce che i fattori sociali e le influenze culturali, così come il processo di socializzazione e i ruoli socialmente costruiti, costituiscono alcune delle più importanti componenti che contribuiscono a determinare il comportamento umano.

Ancora una volta è molto forte il riferimento a Bourdieu e al suo «strutturalismo genetico»: gli attori sociali godono di una certa libertà nell‟agire e nel pensare, ma sono comunque vincolati ad un‟ineludibile struttura che mai può essere rimossa. In altre parole il nostro agire, anche se non ne è totalmente determinato, è comunque fortemente condizionato da questi fatti sociali. Quindi anche l‟organizzazione della casa,

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l‟esposizione e la collocazione degli oggetti all‟interno di essa, non avvengono in maniera del tutto autonoma, proprio perché il gusto, il giudizio estetico, le preferenze espresse, che le persone possono manifestare attraverso le pratiche di consumo, hanno un fondamento radicalmente sociale, che viene però “negato e coperto con lo spesso manto dell‟idea (in effetti una vera e propria ideologia) del dono naturale e della disposizione estetica innata, al di là di ogni considerazione sulle condizioni sociali della loro possibilità” 134

. Le persone intervistate infatti spesso alludono al proprio gusto come una preferenza individuale, cosa che Bourdieu contesta, come contesta l‟idea che alcune persone abbiano naturalmente buon gusto. Dice Antonella:

«Una casa dove io mi possa sentire a mio agio deve essere una casa che mi piace, dove ci sono delle cose mie che rispondono al mio gusto, capito?»

Come Antonella anche gli altri parlano di oggetti che «sono di mio gusto» o al contrario «non corrispondono più di tanto al gusto nostro», o ancora «il mio gusto è cambiato». Il ruolo dei gusti e il loro rapporto con la struttura sociale è stato messo in luce da Bourdieu soprattutto nel volume La distinzione. Critica sociale del gusto 135, considerato uno dei testi fondamentali della sociologia. Attraverso una vasta ricerca empirica svolta in territorio francese, l‟autore conduce uno studio delle pratiche culturali di consumo, dimostrando che queste non solo riflettono le differenze di posizione sociale, ma contribuiscono a riprodurle: gli individui imparano a preferire certi oggetti a seconda della propria disponibilità di capitale - economico e culturale - e

134 Marco Santoro, in Presentazione di Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino,

2001, p. XII.

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Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Bologna, Il Mulino, 2001 (ed. or.1979). Le analisi presentate in questo libro si basano su un‟inchiesta con questionario condotta nel 1963 e nel 1967-68 tra Parigi e Lille su un campione di 1.217 persone di diversa collocazione socioculturale.

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allo stesso tempo, preferendo certi oggetti, testimoniano e riproducono la propria collocazione socioculturale 136.

Uno dei concetti di fondo dei i lavori di Bourdieu è quello di habitus, termine che indica il sistema di disposizioni, allo stesso tempo strutturate e strutturanti, che sono interiorizzate dagli individui durante i primi anni di socializzazione nella famiglia. L‟habitus è un meccanismo inconscio che appunto si iscrive nel corpo attraverso le esperienze passate, e una volta standardizzato determina le pratiche, gli atteggiamenti degli attori sociali, sia nei confronti degli oggetti, sia di se stessi e degli altri 137. È l‟habitus, in ultima analisi, a determinare il gusto, e con questo tutto un sistema di distinzioni che serve a riprodurre le relazioni di dominio e subordinazione tra i diversi raggruppamenti di classe: in particolare i membri della classe dominante, attraverso strategie di distinzione, segnano confini verso il basso, prendono le distanze nei confronti dei gruppi più vicini nello spazio sociale affermando la propria differenza, e lo fanno “a prescindere da qualsiasi ricerca intenzionale della rarità distintiva e della distinzione” 138. Quindi secondo Bourdieu non c‟è alcuna pretesa di distinguersi, infatti

tutto ciò che viene inculcato da un‟educazione borghese è sufficiente a orientare in modo del tutto naturale verso gli oggetti, i luoghi e le pratiche che in ogni momento sono più rare e meno scontate: basta affidarsi al proprio «senso della distinzione» e ai meccanismi che assicurano le proprietà distintive per allontanarsi da tutto quanto è «ordinario» e banale 139, in pratica basta affidarsi all‟habitus individuale, che è sempre in una relazione di omologia rispetto all‟habitus di classe.

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Roberta Sassatelli, Consumo,cultura e società, Bologna, Il Mulino, 2004, p.119.

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Ibidem, p. 121.

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Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, cit., p. 255.

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Queste dinamiche sembrerebbero giustificare la presenza di mobili d‟antiquariato, o comunque di arredi e oggetti dal cosiddetto gusto classico 140, in molte case da noi visitate appartenenti a famiglie di ceto medio - con capitale economico e culturale medio-alto - costituitesi tra gli anni settanta e gli anni ottanta. Le stesse cucine spesso mostrano un tavolo in legno antico, o una madia, una credenza, una piattaia prese da un antiquario, o recuperate in qualche mercatino d‟antiquariato. Questi beni, nell‟ottica bourdieuiana, verrebbero interpretati come scelte di consumo atte a soddisfare l‟esigenza di distinzione.

Un esempio che ci aiuta a capire questa interpretazione conforme alle teorie di Bourdieu è rappresentato dalla cucina di Antonella.

Lo stile che caratterizza la cucina è lo stesso del resto della casa, improntata ad un forte senso del gusto e alla cura dei particolari, dove gli oggetti esposti sono perlopiù di

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Jean Baudrillard dedica un intero capitolo all‟oggetto antico nel saggio Il sistema degli oggetti, Milano, Bompiani, 2004, pp. 95-109. Per Baudrillard l‟oggetto antico appartiene a quella categoria di oggetti che rispondono a un bisogno diverso rispetto al calcolo funzionale, assumendo piuttosto un significato di testimonianza, ricordo, nostalgia, evasione. In particolare ha una funzione specifica nel sistema: significa il tempo. La fascinazione dell‟oggetto artigianale, inoltre, deriva dal fatto che è passato per le mani di qualcuno che vi ha lasciato un segno con il suo lavoro: è la fascinazione di ciò che è stato creato e che per questo è unico, dal momento che il momento della creazione è irripetibile.

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pregio e in stile classico, e dove piace mescolare l‟antico con il moderno in un tutto armonico e ordinato. Antonella mi mostra una madia in legno antico dove è posta la classica bilancia a due piatti in ottone e numerosi stampi in rame che sono appesi alla parete:

«E quindi anche quello che vedi, non so i rami… gli oggetti che sono qui sopra… così… noi ce li siamo comprati volta volta, perché magari li abbiamo visti a un mercatino, ci piacevano… questo lo mettiamo in cucina… […] Questo qui [la madia] per esempio l’abbiamo comprato in un secondo tempo, perché l’abbiamo trovato e abbiamo detto, sì, smorza il bianco della cucina… e ce lo siamo comprato…»

Da parte di Antonella c‟è la consapevolezza di aver seguito una moda, un modello culturale, che si andava imponendo proprio nel periodo in cui lei metteva su casa. Infatti parlando a proposito dell‟arredamento Ikea dice:

«Ecco, sono cose che non si integrano con il mio ambiente. Magari se l’Ikea fosse andata di moda trent’anni fa, magari potevo anche pensarci! Ora come ora non ha più senso. […] Potrei mettere delle cose moderne, perché a me mi piace mescolare l’antico con il moderno. Però…cioè l’Ikea è troppo. Capito? Una cosa più soft, mescolerei in modo più soft»

Il modello di riferimento a cui Antonella ha aderito, come molti degli intervistati suoi coetanei con capitale economico e culturale medio-alto, è quello della casa più curata esteticamente, dove è posta una nuova attenzione ai mobili antichi e al recupero della tradizione. Si tratta di un modello borghese che, come abbiamo visto nel primo capitolo,

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si diffonde negli anni settanta in contrapposizione alla moda della cucina razionale con i mobili di formica, il design lineare e gli elettrodomestici a vista, passata anche nei ceti popolari: in una dinamica di distinzione sociale che porta a prendere le distanze da un gusto che ormai ha perso il suo valore di distinzione, divenendo comune e scontato, viene appunto riscoperta l‟estetica della tradizione, ovvero coloro che hanno un alto capitale culturale e un discreto capitale economico si orientano verso beni più distintivi, in questo caso mobili e oggetti antichi. Dunque il passaggio a questo tipo di estetica, che è ancora quella che si ritrova nella maggior parte delle interviste, va inquadrato all‟interno di questo meccanismo sociale di distinzione, proprio nel senso di presa di distanza dal gusto degli altri 141. Dice infatti Bourdieu:

ad ogni livello della distribuzione, quello che è raro e costituisce un lusso inaccessibile od una fantasia assurda per coloro che occupano il livello inferiore, diventa banale ed ordinario, e si ritrova relegato in ciò che è scontato, grazie alla comparsa di nuovi consumi, più rari e più distintivi, e questo ancora una volta a prescindere da qualsiasi ricerca intenzionale della rarità distintiva e della distinzione 142.

Il gusto di mescolare antico e moderno si ritrova anche nella cucina di Luciana, dove, oltre al tavolo e alla madia di legno antico, sono presenti vari oggetti che fanno parte della tradizione e che ricorrono in molte case, come la bilancia già vista nella cucina di Antonella, un vecchio macinino, un telefono antico appeso alla parete, vecchi tegami in rame.

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L‟evoluzione delle mode, degli stili, può essere letta in questa chiave. Cioè mode e stili diventanocomprensibili dal momento che sono inserite in un processo di forte mobilità sociale e di maggiore fluidità rispetto al passato nei rapporti tra le classi. Questo comporta il fatto che ciò che un tempo era differenza sociale, netta e ben percepibile, oggi si stempera in criteri di distinzione più sottili e sfumati.

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Luciana dice:

«Io ero iniziata con l’idea di una casa tutta moderna, eh, tutta moderna. Poi mi è piaciuto fare l’accostamento moderno antico perché avevo questi mobili, che erano di Alberto, allora ho detto: vabbè, mi dispiace buttarli via… mi piace un contrasto moderno antico. Poi qualche cosa è arrivata in più, tipo quadri, oggettini… man mano che i miei invecchiavano e dicevano: prendi, porta via… ecco, allora qualche cosa in più è arrivata»

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Un altro esempio è costituito da Marianna:

«Io adoro i mobili dell’Ottocento, però in un prossimo futuro bisognerà comprare qualcosa di più pratico, sennò rimane tutto a giro. Sempre d’impronta… diciamo come questi mobili che mi sono ritrovata in famiglia, eccetera […] Per esempio tutte le teiere, l’argenteria, queste cose qui, erano di mia suocera, non le voleva nessuno e le ho prese io. Io le amo, a me piacciono. A me le cose belle mi piacciono, le cose classiche mi piacciono, non so perché»

Per dirla con Bourdieu, posizionare nella propria cucina un mobile antico sarebbe un modo perpresentare il proprio sé attraverso forme di distinzione che legano scelte di gusto a posizioni di classe. Dietro alla presenza di questo tipo di oggetti ci sarebbe l‟adesione ad un‟estetica “dominante” caratterizzata dall‟interesse per le qualità formali degli oggetti e dalla contemplazione distaccata, tratti derivanti dalla disponibilità economica che consente di distanziarsi dalla necessità della sussistenza. All‟estetica dominante si contrapporrebbe un‟estetica “popolare” che, “con la sua tipica preferenza

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per l‟immediatezza, il piacere, la praticità e il concreto, è invece caratteristica dei gruppi sociali inferiori o dominati con scarso capitale economico e culturale” 143

.

Diverse case visitate hanno sollevato riflessioni su quanto le strategie di selezione, conservazione ed esposizione degli oggetti possano esprimere un gusto borghese piuttosto che popolare, anche se tra le interviste fatte sono poche quelle che riguardano persone con capitale medio-basso. In alcuni casi la contrapposizione appare in modo abbastanza netto. Ad esempio si potrebbe contrapporre la cucina della già citata Antonella, che si caratterizza per la valorizzazione della forma e la ricerca del piacere estetico, a quella di Maria, che pur presentando elementi decorativi scelti per il loro aspetto formale e le qualità estetiche, sembra piuttosto corrispondere a quel “gusto della necessità” che privilegia ciò che è utile e funzionale, di cui parla Bourdieu riferendosi all‟estetica popolare.

Molte volte però non è stato possibile riconoscere una precisa tipologia di gusto. Bisogna comunque dire che il contesto sociologico, rispetto al momento in cui Bourdieu conduceva le sue osservazioni empiriche, è cambiato: oggi è molto più difficile far corrispondere capitale economico e capitale culturale a precise classi sociali. Le appartenenze sociali, nella nostra società tardo-industriale, sono divenute più complesse

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Marco Santoro, Roberta Sassatelli, Introduzione a Id. (a cura di), Studiare la cultura. Nuove prospettive

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e frastagliate, il tessuto socioculturale contemporaneo è difficilmente riducibile a un modello gerarchico, dunque definire che cos‟è popolare e cosa non lo è risulta assai complicato.

Sussistono tuttavia delle differenze nel modo di organizzare gli spazi domestici in cui capitale economico e culturale giocano sicuramente un ruolo fondamentale. A questo proposito Fabio Dei, sulla base del materiale etnografico raccolto durante la ricerca su famiglie toscane di classe media, avrebbe individuato due diversi stili o progetti abitativi, che definisce di tipo ostensivo o utilitario. Nel primo modello “la disposizione degli oggetti è accuratamente gestita e controllata in una dimensione “espositiva”. Pur non rinunciando ovviamente alle funzioni pragmatiche di alcuni spazi, la scelta degli oggetti e la loro dislocazione è palesemente guidata da criteri di tipo estetico”, spesso accompagnati da “competenza intellettuale, amore per la storia e la memoria” 144

, aspetti che connotano tanto le stanze di rappresentanza quanto quelle più private o di servizio, cucina, bagni e camere. Il secondo modello, quello utilitario, si connota per un‟assenza di attenzione per i dettagli, per una disposizione piuttosto casuale degli oggetti, che possono essere di pregio, come di produzione seriale: “anche in questi casi si esprime un “gusto”: tuttavia non sembra presente la volontà di controllare integralmente lo spazio e di rendere l‟appartamento espressione fedele di una personalità e di una competenza socio-culturale” 145. Ovviamente nell‟organizzazione degli spazi domestici vi sono delle differenze, infatti diversi sono i mezzi e gli stili usati per costruire lo spazio: ad esempio ci sono spazi traboccanti di oggetti, e spazi più vuoti. Ma secondo Dei queste differenze più che disposte su un continuum di gradi intermedi sarebbero polarizzate verso due modelli nettamente diversi che, per certi versi, sembrerebbero

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Fabio Dei, Oggetti domestici e stili familiari. Una ricerca sulla cultura materiale tra famiglie toscane di classe

media, cit., p. 284-285.

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corrispondere proprio alla contrapposizione tra quelle due tipologie di estetica borghese e popolare delineate da Bourdieu.

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Capitolo 5