• Non ci sono risultati.

In cucina. Storie di uno spazio domestico tra pratiche quotidiane e oggetti ordinari

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "In cucina. Storie di uno spazio domestico tra pratiche quotidiane e oggetti ordinari"

Copied!
140
0
0

Testo completo

(1)

1

Indice

Introduzione p.4

1. La cucina, i suoi oggetti e i suoi abitanti. Un’analisi storico-sociale p.4

1.1 La razionalizzazione dell'ambiente domestico: la nascita della cucina moderna. 1.2 Trasformazioni del dopoguerra: nuovi percorsi di domesticità in un nuovo panorama di cultura materiale.

1.3 Consumismo e anticonsumismo. Spazi superaccessoriati, spazi rifiutati. 1.4 Trasformazioni di fine secolo. Cucine dell‟essere

2. Caratteri della ricerca etnografica p.28

2.1 La prospettiva teorica 2.2 terreno di ricerca

2.3 Schede di presentazione dei partecipanti al video tour

3. Mobili di famiglia, magnetini e altri ninnoli: oggetti e significati simbolici p. 43

3.1 Mobili di famiglia e gingilli della mamma: il lignaggio 3.2. Identità, memoria, affezione, reti di alleanza

4.Strategie di selezione, conservazione, esposizione p.78

4.1. Selezionare relazioni e memorie

4.2. Sapori e dissapori: negoziazioni intorno agli oggetti 4.3 Potere femminile sugli oggetti domestici

3.5 Strategie di distinzione

5. Fare la spesa, cucinare, mangiare, pulire p. 107

5.1. Routine e abitudini domestiche 5.2. Uno spazio diviso

5.3. Uno spazio condiviso

(2)

2

Introduzione

Questo lavoro rientra nell‟ambito del recente dibattito antropologico sulla cultura materiale che pone al centro dell‟attenzione gli aspetti materiali che caratterizzano la vita quotidiana della società contemporanea.

Nello specifico il lavoro si basa su una ricerca etnografica volta a documentare, attraverso interviste videoregistrate, il modo in cui famiglie di classe media che abitano a Livorno si rapportano agli oggetti e agli spazi delle loro case, prendendo come particolare punto di osservazione l‟ambiente della cucina e le pratiche che ad esso sono legate. I risultati di questa ricerca sono stati analizzati alla luce di tutta una letteratura nazionale ed internazionale che considera gli oggetti come la parte più concreta e visibile di una cultura e focalizza la propria attenzione sulle valenze simboliche di oggetti ordinari e pratiche quotidiane.

Dopo una ricostruzione storica dell‟evoluzione della cucina nel contesto socioculturale italiano degli ultimi sessanta anni saranno ripercorse le tappe principali che hanno portato le discipline umane e sociali all‟attuale interesse per la cultura materiale.

Nella seconda parte verranno illustrati e interpretati alcuni aspetti emersi dall‟indagine etnografica, in particolare saranno indagati temi quali il ruolo della materialità nel mediare le relazioni familiari e sociali, la memoria e l‟affezione, le strategie che stanno alla base dell‟allestimento dello spazio domestico e le pratiche che avvengono quotidianamente nella cucina, pratiche routinarie legate al cibo e al suo consumo, così come al ripristino dell‟ordine della casa.

(3)

3

La mia riflessione dunque si focalizza sulle forme attuali della vita quotidiana che caratterizzano uno spazio pensato come utilitario, ma che presenta, al pari degli altri ambienti domestici, elementi che vanno oltre il suo aspetto funzionale.

(4)

4

Capitolo 1

La cucina, i suoi oggetti e i suoi abitanti. Un‟analisi storico-sociale

“Se la cucina, intesa come arte culinaria, è stata ed è oggetto di ricerche e riflessioni - basti pensare alla vastità e varietà della letteratura prodotta a riguardo - non si può dire altrettanto per la cucina intesa come stanza. Difficile è scriverne la storia, ancora più difficile raccontare del mondo che vi è racchiuso” 1

. Quella della cucina infatti è una storia che attraversa i secoli e tocca molteplici aspetti, che necessariamente si intrecciano in un complesso groviglio, offrendo differenti prospettive di analisi.

Innanzitutto è una storia di vissuti individuali: per questo, forse, sarebbe meglio parlare di storie anziché di storia, per dare maggior rilievo alle diverse sfumature delle soggettività che la abitano. Questo presupposto vuole ricordare la necessità di distinguere il piano della realtà delle esperienze da quello della rappresentazione ideologica:

Quest‟ultima [la rappresentazione ideologica], straordinariamente ricca e potente per tutto l‟Ottocento e per parte del Novecento, era dominata da un automatismo tanto semplicistico quanto duro a morire, che identificava nella casa il luogo per eccellenza dell‟espressione femminile e, per converso, nella sfera pubblica, della politica, ma anche del lavoro, lo spazio di una proiezione altrettanto “naturale” del soggetto maschile. L‟assunzione acritica di un simile sistema di rappresentazione “discorsiva” della realtà […] rinnova nel tempo la tendenza ad attribuire esclusivamente e indistintamente a tutte le donne un innato sentimento di affezione

1

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose. Lineamenti di storia dello spazio cucina, in Gisella Bassanini (a cura di), Architetture del quotidiano, Napoli, Liguori, 1995, p. 2.Oggi, poi, il tema della cucina, in particolare dell‟alta cucina, è diventato oggetto di numerose trasmissioni televisive, libri e film.

(5)

5 alla casa, con la conseguenza […] di avvalorare un‟arbitraria generalizzazione di modi di abitare in realtà a lungo differenziati per ceti sociali 2.

Dunque quella della cucina è anche una storia di classe. “A lungo, sin dentro il XX secolo, riti, spazi, e tempi del quotidiano si sono intrecciati con vissuti separati, oltre che dall‟irriducibilità delle esistenze individuali, dal peso condizionante delle differenze sociali” 3

. La condizione socio-economica rappresenta da sempre la cesura tra chi possiede una vera cucina e chi no, tra chi è costretto a vivere nella ristrettezza degli spazi e chi può praticare una separazione dei luoghi e delle funzioni.

Infine è una storia di oggetti: oggetti nuovi che sostituiscono oggetti obsoleti; oggetti da tempo in disuso che tornano alla ribalta; oggetti che diventano degli status symbol. Ci si può soffermare sull‟evoluzione tecnica, ma anche focalizzare l‟attenzione sul contesto culturale e sociale nel quale essi vengono inventati e diffusi, e sulle conseguenze, le reazioni, le trasformazioni da essi apportate sul piano della ricezione sociale e culturale 4.

Dunque, se da un lato la cultura dell‟abitare è specchio della sensibilità e delle tendenze individuali, dall‟altro lato rappresenta un segnale significativo ed evidente di sentimenti e bisogni collettivi, testimoniando, di volta in volta, tempi, culture, stili di vita e gusti differenti: “la casa è vetrina, set, palcoscenico, non solo di merci, performances e commedie umane, ma anche - e soprattutto - di una società che cambia”

2

Enrica Asquer, La rivoluzione candida. Storia sociale della lavatrice in Italia (1945- 1970), Roma, Il Mulino, 2007, p. 40.

3

Ibidem, p. 39.

4

Ma la prospettiva di studio potrebbe essere ribaltata assumendo il punto di vista dell‟oggetto stesso. Anche gli oggetti hanno una biografia e possono essere presi in considerazione come dei soggetti agenti, con una storia fatta di fasi e cambiamenti: passaggi di status, processi di mercificazione e demercificazione.Alcuni aspetti della teoria di Kopytoff vengono argomentati nella parte di analisi del materiale etnografico. Igor Kopytoff, The cultural biography

of things: commoditization as process in Arjun Appadurai, The social life of things: commodities in cultural perspective, Cambridge, Cambridge University press, 1986, pp. 64-93.

(6)

6 5

. Nei modi in cui gli spazi della domesticità prendono forma, si rintracciano, tra mutamenti e resistenze, un insieme di saperi e di pratiche. Sono progettualità differenti che, di volta in volta, sembrano privilegiare la relazione o la separazione, la tradizione o l‟innovazione. E anche lo spazio cucina, come gli altri spazi della casa, vive di questo moto dai tratti per nulla lineari e costanti.

Non potendo approfondire qui i molteplici mutamenti che hanno interessato la cucina nel corso dei secoli, l‟analisi riguarderà solo una parte di questa storia, quella contemporanea, proprio a partire dagli anni del dibattito sulla cucina razionale che ha segnato il passaggio di questo spazio da una struttura tradizionale ad una moderna. In questo modo si cercherà di contestualizzare i vissuti abitativi delle persone intervistate.

1.1. La razionalizzazione dell'ambiente domestico: la nascita della cucina moderna

Nell‟ultimo scorcio dell‟Ottocento, negli Stati Uniti, era in atto un dibattito per la riorganizzazione degli spazi abitativi, fondato sulla gestione razionale della casa 6 e sulla questione femminile 7. All‟interno del dibattito occupava un posto fondamentale il rinnovamento della cucina, la cui struttura era rimasta per secoli invariata: un grande tavolo al centro per la preparazione dei cibi, un angolo destinato alla cottura, una credenza isolata per le stoviglie e per la conservazione delle provviste. Riviste femminili e manuali di economia domestica, dal notissimo The American Women’s

5

Laura Minestroni, Casa dolce casa, Milano, Franco Angeli, 1996, p.19. Il libro di Laura Minestroni compie una sorta di lettura a ritroso dei nostri modi di vivere e di abitare, usando come fonte i documenti della pubblicità, dai commercials americani degli anni‟50, passando per i Caroselli, fino agli spot degli anni‟90.

6 Razionalità e produttività sarebbero dovute diventare i pilastri dell‟organizzazione domestica, per favorire il minimo

dispendio di tempo e fatica, secondo i principi dell‟organizzazione tayloristica del lavoro di fabbrica teorizzati nel primo decennio del Novecento.

7

È proprio nella seconda metà dell‟Ottocento che i primi movimenti femministi rivalutano il gesto del nutrimento e dell‟accudimento quotidiano, affermando la valenza sociale dell‟attività del cucinare.

(7)

7

Home di Catherine Beecher (1869) al testo culto degli anni Venti, The New Housekeeping: Efficiency Studies in Home Management di Christine Frederick (1913), rivelano la portata della tendenza ad alleggerire le fatiche domestiche 8 e a razionalizzare gli sforzi della casalinga americana, attraverso la ricerca di soluzioni spaziali più funzionali e la diffusione di strumenti meccanici per il disbrigo delle faccende: tra le idee proposte ricordiamo la riduzione dello spazio della cucina, l‟unificazione dell‟altezza dei piani di lavoro, la sospensione in alto dei mobili per le stoviglie e la taratura delle attrezzature sui parametri fisici della massaia 9.

Dall‟America, la filosofia del rational household approdò in Europa nel corso degli anni venti e trenta, inserendosi nel più vasto tema dell‟organizzazione dell‟alloggio popolare. In Germania i principi della Beecher e della Frederick vennero rielaborati nel testo di successo di Erna Meyer Der neue Haushalt, ein Wegweiser zu wirtschaftlicher Hausaltfürung 10, a cui si deve la diffusione del modello americano di cucina razionale.

È un momento di grande fermento sul piano della progettazione dello spazio cucina: il punto di arrivo della ricerca razionalista europea è la cosiddetta “cucina di Francoforte” 11, ideata nel 1926 dall‟architetta viennese Grete Schütte-Lihotzky e

fabbricata in serie per essere inserita nei nuovi alloggi popolari di Francoforte. La Frankfurter Küche, con uno spazio ridotto ai minimi termini ed un‟organizzazione scientifica delle funzioni, era posta a servizio della vicina zona pranzo-soggiorno, separata da essa in modo da assicurare il comfort e l‟igiene richiesti in quegli anni.

8

Consentendo anche una progressiva riduzione del personale di servizio, ritenuto sempre più come un‟istituzione anacronistica che contraddiceva i principi della democrazia americana.

9

Sulle figure di C. Beecher e C. Frederick, cfr. Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., pp. 45-54; Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., pp. 57-58.

10

Trad. it.: Il nuovo governo della casa, manuale che insegna la conduzione scientifica della casa. Pubblicato nel 1926. Sulla figura di Erna Meyer cfr. Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., pp. 64-68.

11

(8)

8

Anche in Italia il dibattito sulla cucina razionale e sulle tematiche tayloriste applicate all‟abitare è fecondo12

, ma sono assenti iniziative residenziali ad ampio raggio che, come in Germania, Austria e Olanda, permettano realizzazioni su larga scala. Una proposta è costituita dalla “Casa elettrica”, esposta nel 1930 a Monza in occasione della IV Triennale. Questo esemplare è concepito come casa per le vacanze: appare chiaro che il comfort domestico fosse concepito ancora come privilegio esclusivo dei ceti borghesi più abbienti.

È bene sottolineare a questo proposito che le nuove tendenze dell‟abitare si inserivano in un momento particolare: ogni tentativo di concreta modernizzazione della casa si scontrava con l‟irrigidimento del clima culturale, e con i limiti di ordine economico imposti dal regime fascista 13. La propaganda di regime promuoveva la donna a “regina del focolare” attribuendole il compito di “provvedere lei stessa ai lavori domestici, seguire i figli nei compiti, cucire e rammendare, preparare marmellate autarchiche e assistere il marito nell‟inevitabile lavoro extra-ufficio” 14, e negandole ogni tentativo di emancipazione che si realizzasse all‟esterno delle mura domestiche. I servizi che nelle realtà sociali americane e tedesche consentivano di trasferire all‟esterno alcune operazioni domestiche e che permettevano la contrazione dello spazio cucina, in Italia non erano possibili. La donna di regime doveva ingegnarsi a confezionare da sola il maggior numero di beni e servizi nella sua grande cucina, che rimaneva anche luogo di relazione della famiglia.

Per quanto riguarda poi le scelte italiane di ordine economico, l‟autarchia vietava l‟uso di materiali di importazione e del ferro - limitandolo all‟uso militare - necessari per le nuove tipologie abitative.

12

La divulgazione di questi temi è attuata da Maria Diez Gasca, traduttrice del testo della Frederick.

13

Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., p.62; Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture

radiose, cit., pp. 60-63.

14

(9)

9

Bisognerà aspettare il secondo dopoguerra perché, anche in Italia, prenda avvio quel processo di modernizzazione della casa che in altri paesi era già in atto prima del conflitto. Con lo scoppio della guerra, comunque, tutto in Europa si ferma. In America invece l‟elaborazione della cucina progredisce ulteriormente nella assembled kitchen, che “oltre a rispettare i parametri della razionalità, era soprattutto spaziosa e super attrezzata, meccanizzata all‟ennesima potenza, ma al tempo stesso esteticamente gradevole” 15. La “cucina all‟americana”, come verrà da noi chiamata, proiettava attorno

a sé, al di là dell‟oceano, il fascino brillante e irresistibile di un mito.

1.2. Trasformazioni del dopoguerra: nuovi percorsi di domesticità in un nuovo panorama di cultura materiale

All‟indomani della seconda guerra mondiale, “in un‟Europa alle prese con la ricostruzione e con una struttura industriale arretrata, la standardizzazione e la meccanizzazione degli elementi da cucina si manifesta con quasi un decennio di ritardo” 16. Le prime pellicole hollywoodiane, sbarcate con le truppe alleate, rivelavano agli italiani di allora un panorama domestico di luccicanti novità: splendenti cucine-living, enormi frigoriferi, forni doppi, efficientissime lavatrici 17. In Italia si doveva invece far fronte all‟urgente questione del diritto alla casa, il problema quindi non era tanto quello di arredare e attrezzare il proprio alloggio, quanto di averne uno. Mancavano materie prime, elettricità e mezzi economici. Per il nostro paese, impoverito dalla guerra, quelle immagini costituivano un mito per il momento irraggiungibile.

15

Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., p.59.

16

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 86.

17

(10)

10

Le case dotate di riscaldamento erano assai rare e la cucina, con la “stufa economica”, era il luogo che consentiva la maggior vivibilità. Qui si mangiava, si studiava, si cuciva e ci si ritrovava per dialogare o ascoltare la radio. Solo poche famiglie consumavano i pasti in sala da pranzo o in tinello e ancora meno famiglie potevano concedersi il lusso di un frigorifero elettrico:

Per tenere in fresco il burro, d‟estate, lo si metteva nell‟“acquaio”, sotto il filo d‟acqua del rubinetto. Per il resto delle derrate deperibili c‟era la dispensa in un luogo fresco, oppure la “ghiacciaia” […] Eppure la ricostruzione, il piano americano Marshall di aiuti per l‟Europa e le ottimistiche energie del dopoguerra generarono, nel giro di pochissimi anni, una crescente domanda di attrezzature per la casa. Domanda limitata, inizialmente, alla cucina a legna per chi abitava in campagna, ai fornelli e alla cucina elettrica per chi risiedeva nelle città18.

A poco a poco, a partire dalle fasce di reddito più elevate, le case si modernizzavano, si cambiava il vecchio con il nuovo e si cominciava a coltivare il sogno di un‟abitazione più comoda e funzionale. Dalla cucina tradizionale formata da pochi elementi d‟arredo distinti e separati, si era passati gradualmente alla cucina ad elementi modulari componibili, che si popolava man mano di nuovi oggetti d‟uso quotidiano come gli elettrodomestici bianchi 19. Oltre lo spazio della cucina, emblema di questo processo di modernizzazione, anche il salotto subiva le prime, minimali trasformazioni con l‟introduzione di materiali differenti da quelli classici. Così la vecchia madia di legno robusto e il tavolo alla fratina venivano sostituiti dal mobilio in alluminio e formica.

18

Ibidem, p. 20-21. Un altro lusso di cui poter fare a meno, nell‟indigenza dell‟immediato dopoguerra, era il personale di servizio: nasce proprio in quegli anni il concetto di “domestica ad ore”, che aiuta la padrona di casa nei lavori più faticosi, prestando i propri servizi occasionalmente.

19

Nella terminologia comune del settore, si usa il termine “bianco” ad indicare frigoriferi, lavabiancheria, lavastoviglie ed altri piccoli elettrodomestici, mentre televisori, videoregistratori, impianti hi-fi ed altri appartengono alla gamma dei cosiddetti elettrodomestici “bruni”. Sembra che il termine, entrato in uso in Italia negli anni Cinquanta, sia stato coniato prima dell‟ultima guerra dalla moglie del presidente dell‟industria statunitense Maytag, la quale, vedendo per la prima volta frigoriferi e lavatrici smaltati di bianco, avrebbe esclamato: «White is so beautiful !». Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., p. 150, nota 1.

(11)

11

Con la seconda metà degli anni cinquanta la “cucina all‟americana” diventa un segno di distinzione sociale, simbolo dello status raggiunto da un gruppo familiare, proprio come l‟automobile ed il televisore, e “disporre di tutti i nuovi elettrodomestici e accessori offerti dal mercato, rappresenta l‟accesso a un modello di vita proposto come moderno e raffinato” 20

. I piccoli elettrodomestici, come il tostapane e il frullatore, diventano il dono più di moda.

È l‟Italia del “miracolo economico”, teatro di straordinarie trasformazioni degli stili di vita, dei consumi e dei costumi degli italiani. Tra i nuovi oggetti che entrano nelle case, e che rispondono alle esigenze della nuova società italiana, gli elettrodomestici modificano alcune abitudini quotidiane, sconvolgendo le ritualità domestiche tradizionali. “Nel corso di tutti gli anni cinquanta molti prodotti, oltre all‟auto, sembrano - a detta della pubblicità - essere nati per sollevare la donna dalle fatiche domestiche, mutàndone le aspirazioni ed i rapporti con la vita quotidiana e con il mondo” 21. Il messaggio dei media non mentiva sulle potenzialità “liberatorie” ed

“emancipatorie” dei nuovi “servi meccanici”: avere una cucina fornita di tutti i ritrovati della moderna tecnologia in fatto di elettrodomestici comportava una riduzione dei tempi di pulizia, di preparazione e di cottura dei cibi, con la conseguenza di permettere un minor stazionamento entro le mura di casa. In altre parole, alleggerire il lavoro domestico significava che la donna poteva disporre di maggior tempo libero, impiegabile nel lavoro extradomestico, e aveva così la possibilità di raggiungere una nuova condizione sociale. Il valore di questi nuovi beni di consumo, quindi, non era circoscritto alla semplice funzione materiale, ma si estendeva alla sfera del sociale. Tuttavia, come afferma Enrica Asquer nella sua riflessione sulle trasformazioni apportate dalla modernizzazione domestica, in particolare dall‟ingresso della lavatrice

20

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 87.

21

(12)

12

nelle case delle famiglie italiane, nei vissuti delle donne di quegli anni non si riscontra una reale liberazione ed emancipazione, piuttosto prende avvio un processo che àncora le donne ad una “casalinghitudine” totalizzante 22

.

Nell‟analizzare questo processo va considerata l‟influenza esercitata su di esso dall‟immagine della casalinga-consumatrice americana, nata nell‟ambito del dibattito culturale americano nei primi decenni del Novecento 23. In una società, la cui struttura economica faceva sempre più perno sul consumo di massa, la figura dell‟“angelo del focolare” veniva ripresa e, elevata a ruolo di consumatrice, assumeva una rilevanza “pubblica” e “politica”: attraverso i suoi gesti privati, quali la pianificazione dei consumi familiari e la razionale gestione della casa, diventava virtuosa mediatrice tra microcosmo familiare e macrocosmo sociale, esercitando un‟importante funzione per il benessere della società. Negli anni cinquanta questo modello di genere viene riproposto dal discorso pubblico, che enfatizza il valore sociale e nazionale della domesticità femminile. Nel clima di Guerra Fredda, la costruzione di un forte senso di coesione nazionale si inseriva nelle logiche della contrapposizione al sistema sovietico. “In tale scenario, il mito dell‟abbondanza e l‟ideale della casalinga felice nelle villette superaccessoriate dei sobborghi vennero esaltati dal discorso pubblico come icone della superiorità del modello di sviluppo americano” 24

. In quegli anni la casalinga felice è protagonista di un gran numero di spot pubblicitari americani e la cucina, sede primaria del consumo e luogo in cui si concentrava la maggior parte del lavoro femminile, è lo spazio privilegiato delle ambientazioni di tantissimi prodotti. Così, ad esempio, il commercial televisivo del 1958 dal titolo American Look, che faceva parte di una serie realizzata dalla General Motors, mostrava le meraviglie di una cucina moderna: la tipica cucina-living ad elementi modulari componibili, inclusiva del forno, del lavello e del

22

Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., p. 6.

23

Ibidem, pp. 53-56.

24

(13)

13

frigorifero, inglobati nella composizione dei mobili, bianchi e splendenti, studiati per dividere la zona cottura dalla zona pranzo. In essa si ammirava un vasto repertorio della tecnologia domestica: dal bollitore, al forno elettrico, al frullatore, fino a una sorta di girarrosto su cui cuocevano tre invitanti polletti e ad un tostapane che sfornava toast dorati e fragranti. Nella scena compariva anche una figura femminile che, liberata dalle incombenze domestiche, leggeva beatamente un libro. Una voce fuori campo spiegava come la casa esprimesse, così, non solo il culto americano della bellezza, ma anche la libertà fondamentale del popolo americano: la libertà di scelta individuale. Più che sponsorizzare dei prodotti, questi commercials sembravano proporre modelli per una nuova società americana libera, democratica e consumista. Le campagne pubblicitarie divenivano, così, indirettamente, delle vere e proprie campagne sociali, nelle quali l‟idea di domesticità, associata al consumo, si fondeva con i valori di democrazia, di identità nazionale e di status 25.

Nell‟Italia del “miracolo economico”, dove erano ancora presenti sentimenti di estraneità verso lo Stato e la società, e dove si faceva sentire l‟influenza del modello cattolico, il discorso pubblico non carica la domesticità di valenze sociali e nazionali, come era successo in America, ma rimane attaccato ad un‟accezione più tradizionale. Il processo di costruzione del modello italiano della casalinga a tempo pieno va messo in connessione, oltre che con l‟influenza esercitata dall‟attraente stereotipo americano, con una molteplicità di fattori:

Un andamento del mercato del lavoro fortemente penalizzante per l‟occupazione femminile, che per tutti gli anni sessanta continuò a decrescere, confermandosi ai livelli più bassi in Europa; delle politiche sociali altamente deficitarie in termini di servizi alla famiglia e tali, conseguentemente, da far ricadere sulle donne il peso di un lavoro “di cura” reso sempre più sofisticato dalle nuove esigenze della moderna

25

(14)

14 vita urbana, con mariti impegnati fuori casa per molte ore al giorno e figli da seguire nella più lunga carriera scolastica; lo sviluppo dei consumi e l‟insinuante efficacia della propaganda dei media, che battevano pesantemente su un innalzamento degli standard auspicabili nelle prestazioni domestiche 26.

Dunque le potenzialità “emancipatorie” degli elettrodomestici erano fortemente ambigue: indubbiamente la modernizzazione rendeva meno faticoso e degradante il lavoro domestico e liberava, in parte, il tempo delle donne, ma era una liberazione che avveniva pur sempre entro le mura di casa. L‟emancipazione femminile mediante il lavoro extradomestico diveniva sempre più un obiettivo da rivendicare.

Perlomeno fino all‟intervento decisivo del movimento delle donne negli anni Settanta, continua a prevalere una visione maternocentrica dei ruoli e delle responsabilità familiari, che comportava un impegno a tempo pieno in casa, eccetto per coloro che, oltre a caricarsi interamente degli oneri domestici, dovevano contribuire al reddito familiare con un lavoro extradomestico, esercitando di fatto un “doppio lavoro”.

1.3. Consumismo e anticonsumismo. Spazi superaccessoriati, spazi rifiutati

Anche in Italia, così come era avvenuto per gli Stati Uniti, la famiglia diventa la pedina fondamentale nel sistema dei consumi e la casa, luogo di fruizione dei prodotti e sede del nucleo familiare, è palcoscenico di numerose ambientazioni pubblicitarie. Sono i tempi di Carosello 27, i cui cortometraggi ci forniscono un quadro abbastanza veritiero della cultura dell‟abitare di quegli anni, riflesso di un‟Italia complessa ed in mutamento, proiettata verso il moderno, verso quell‟ideologia del comfort e del consumismo che si andava diffondendo nel paese, ma radicata a valori e stilemi

26

Enrica Asquer, La rivoluzione candida, cit., p. 65-66.

27

(15)

15

tradizionali, ancora tipici dello spirito del dopoguerra. I Caroselli, nella loro estrema sintesi contestuale, dipingevano fondamentalmente due tipologie abitative 28: da un lato tipici interni borghesi - improntati ad un gusto classico e ai concetti di decoro domestico, ordine e rigore - rappresentati dal “salotto buono” e dalla “sala da pranzo”, con la carta da parati floreale, la specchiera, le vetrinette per l‟argenteria, e le poltroncine e i divanetti in stile Luigi Filippo distribuiti attorno al tavolino in noce rotondo, dove ricorreva la presenza del maggiordomo o della cameriera; dall‟altro lato, interni dove era arrivata quella cultura tipicamente americana orientata a parametri di funzionalità e di comfort, ad un gusto più moderno, dove non mancavano le nuove attrezzature tecnologiche - la nuova lavatrice, il più recente frigorifero e, ultima arrivata, la lavastoviglie - il tutto, naturalmente, inserito nella “cucina all‟americana”.

Negli anni sessanta le aziende che producevano cucine, come Naonis, Pozzi, Rex, Siltal, sponsorizzavano un gran numero di Caroselli, permettendo agli italiani di allora di ammirare un vasto repertorio di interni domestici alla moda: i mobili in formica, i pensili bianchi, il pavimento a scacchiera bianco e nero, il tavolo e le sedie in laminati di formica e alluminio ed i piatti di ceramica ad ornamento delle pareti entravano a far parte del gusto comune. Un nuovo senso estetico, che propendeva per un design inedito, funzionale e lineare, caratterizzava le ambientazioni pubblicitarie di tanti altri prodotti - bibite, generi alimentari, saponi e detersivi - dall‟Idrolitina al Certosino Galbani, dai Pavesini alla margarina Flavina. Siamo agli inizi del consumismo. Una progressiva diffusione del benessere a livello di massa porta ad una rapida diffusione dei nuovi beni di consumo in tutte le classi sociali 29: gli elettrodomestici, ad esempio, nel corso degli anni sessanta hanno nel nostro paese un‟incredibile espansione. Se nel 1958 solo 6 famiglie italiane su 100 avevano il frigorifero, che rappresentava uno status symbol

28

Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p. 42-49.

29

Negli anni sessanta si assiste ad un enorme sviluppo della produzione industriale europea, sostenuto da una forte domanda di consumo.

(16)

16

ambìto e desiderato, nel 1960 erano quasi il doppio e soltanto sette anni più tardi la percentuale era salita oltre il 60%. La lavastoviglie, accolta al suo esordio come un bene voluttuario - nel 1967 in Italia soltanto il 3% delle famiglie ne possedeva una, contro il 65% negli Stati Uniti - acquista lentamente un posto di fondamentale importanza nella casa. La lavatrice invece si diffonde rapidamente, tanto che nel 1967 circa il 40% delle famiglie ne era in possesso 30. Attraverso un totale ridimensionamento della struttura economica e sociale del paese si andava costruendo una moderna nazione democratica e industrializzata, e avere uno dei nuovi elettrodomestici significava appartenere a questa realtà. In pratica il consumo diventa “un mezzo di integrazione e di relazione che risponde ad una ideologia unificante ed acquisitiva, ad una mitologia - ereditata dagli States - fondata sul possesso e sull‟eterodirezione. L‟universo delle merci assume una valenza nuova: “beni di cittadinanza”, oggetti necessari per sentirsi parte di un presente vivo e moderno” 31

.

L‟italiano degli anni sessanta si apre verso la civiltà industriale, verso una dimensione europea, si “sprovincializza”. Ma a quale prezzo? Pasolini parla di “mutazione antropologica dell‟italiano medio” 32

, una mutazione avvenuta attraverso la diffusione della televisione e dei consumi di massa, oltre che per effetto dell‟urbanizzazione e di una crescente scolarizzazione media e superiore. A suo parere, a seguito di tale processo di modernizzazione, il popolo avrebbe subito un‟omologazione, una massificazione, perdendo i propri valori culturali. Questo approccio critico alla cultura di massa proveniva dalla Scuola di Francoforte, che in

30

Dati tratti da TersiliaFaravelli Giacobone, Paola Guidi, Anty Pansera, Dalla casa elettrica alla casa elettronica.

Storia e significati degli elettrodomestici, Milano, Arcadia, 1989, p. 65.

31

Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p. 38.

32

(17)

17

quegli anni aveva condizionato il pensiero di molti intellettuali, essendo stata la prima importante corrente ad aver messo i consumi di massa al centro dell‟analisi 33

.

In questi anni di trasformazioni rimane comunque abitudine diffusa, assai difficile da sradicare, mangiare e ritrovarsi in cucina, che rimane il luogo privilegiato dei rapporti quotidiani. Succede spesso che la cucina si prolunghi in una stanza attigua, il “tinello”, dove viene messo il tavolo da pranzo e la televisione, mentre il salotto continua ad essere riservato alle visite, mantenendosi nella sfera di rappresentanza. È la “rivoluzione culturale” verificatasi alla fine degli anni sessanta, che, con la rottura di alcuni schemi di vita e di comportamento, influenzerà anche il modo di pensare e di strutturare la casa 34. Il concetto del salotto buono, ad esempio, tende a svanire 35. Il soggiorno adesso viene vissuto di più nella quotidianità e tende ad aprirsi non solo ai parenti, ma a proporsi anche come luogo delle feste tra amici.

In questi anni anche la cucina acquista un valore nuovo: “le evoluzioni del costume e delle abitudini di vita familiare conferiscono allo “spazio del cibo e dei pasti” un significato più ampio, più elastico, più aperto e integrato rispetto al resto della casa”

36. Dopo il boom della “cucina all‟americana”, candida ed iperfunzionale, ma anonima e

isolata, si vuole tornare ad uno spazio più “a misura d‟uomo”, più accogliente ed ospitale. Riappare timidamente il legno, le linee e le forme si ammorbidiscono e si introduce il colore. È un‟epoca, poi, all‟insegna del risparmio energetico, dell‟antimoda dell‟usato e del recupero e della smitizzazione degli status symbols. Al consumismo si contrappone l‟anticonsumismo. A ciò si aggiunge il rifiuto della cucina come atto

33

A questa corrente si contrappone un altro filone di studi, quello dei Cultural Studies, che, al contrario, non sostiene che il consumo di massa possa annientare le individualità. L‟idea di fondo è che i consumi vengano modificati, adattati, riletti dalle persone in base alla propria condizione socio-antropologica.

34

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 90.

35 Secondo Mariuccia Salvati già il fascismo aveva decretato la fine della tradizione del salotto come luogo di

rappresentanza riservato quasi esclusivamente ad accogliere gli ospiti. In una retorica che enfatizzava la casa come luogo di salvaguardia dell‟unità del nucleo familiare, il salotto diveniva uno spazio nel quale la famiglia svolgeva una socialità fortemente limitata al suo interno. Mariuccia Salvati, L’inutile salotto, cit.

36

(18)

18

politico da parte del movimento femminista 37. In linea con queste nuove tendenze vengono proposte nuove soluzioni che si differenziano, appunto, dal modello ormai comunemente accettato della cucina componibile con basi e pensili in un locale apposito, e che si orientano verso una contrazione degli spazi. La cucina ritorna minima: una paretina attrezzata, talvolta affacciata direttamente sul soggiorno, che diventa così uno spazio più vissuto, dove si pranza se manca il tinello, e dove si sta insieme nella quotidianità. In pratica uno spazio al tempo stesso di servizio e di rappresentanza. In linea con queste determinanti sociali il messaggio pubblicitario si fa più sobrio e misurato. Colpisce in questo senso la riduzione delle pagine pubblicitarie dedicate all‟arredo della cucina, che negli anni sessanta occupavano quasi il 70% degli spazi nelle riviste specializzate 38.

Bisogna comunque chiarire che, accanto alle proposte più innovative, “il panorama dell‟abitare, e più in generale, del consumo, appare ancora legato, in linea di massima, a modelli integrativi e eterodiretti. Le case conservano l‟impronta del gusto coordinato e tradizionale, con una certa coerenza interna in termini d‟arredo” 39

. Così, accanto alla nuova denuncia della cucina come simbolo della fatica e dell‟isolamento femminili, e agli atteggiamenti anticonsumistici e “di rottura” praticati da alcune minoranze, nelle case dei più si manifestano gli effetti dell‟immissione sul mercato di materiali, prodotti e attrezzature meccaniche che facilitano i lavori domestici. Un‟ossessiva mania del pulito e dell‟ostentazione domestica inducono “la cosiddetta

37 Sul finire degli anni Settanta lo stesso movimento compirà un attento riesame della cucina, e la contrazione degli

spazi sarà oggetto di critica in quanto, se permette un minor isolamento della donna, spesso però comporta un sovraccarico di lavoro per riordinare e riporre.

38

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 90.

39

(19)

19

casalinga razionale [che ormai] si è trasformata in un efficiente strumento di consumo capitalistico” 40

a dedicare più attenzione e più tempo alla casa.

La cucina fornisce un ottimo esempio di questo processo. Dall‟esperienza di Francoforte in poi questa stanza si era trasformata in uno spazio sempre più funzionale ed igienico, dove tutto era organizzato in modo da consentire economie di percorsi e gesti: pareti lavabili, piani di lavoro dalle superfici continue, utensili collocati in specifici contenitori a portata di mano, elettrodomestici in grado di ridurre la fatica e di migliorare le prestazioni, e infine nuovi prodotti, come super detergenti per pavimenti che non fanno schiuma, cere autolucidanti che brillano senza strofinare, spray che spolverano e detersivi per i piatti che sciolgono l‟unto più unto 41

. Tutto ciò ha però dei risvolti paradossali. Consentire un facile e rapido svolgimento delle operazioni incita a moltiplicarle, “in una sorta d‟innamoramento paranoico per l‟ordine e l‟igiene” 42

. La pubblicità intanto mostra piastrelle brillanti e fornelli splendenti. Il bianco, se non è candido, e l‟acciaio, se non è lucido e brillante, sono per gli occhi un‟accusa continua. Insomma, quella degli anni settanta è una cucina lustra ed ordinatissima, essenziale e sterilizzata. Ulteriore paradosso: questo atteggiamento di perfezionismo domestico si manifesta proprio in un periodo in cui l‟andamento dell‟occupazione femminile comincia a segnalare un trend positivo:

A partire dalla metà degli anni settanta le giovani generazioni, cresciute col modello della casalinga a tempo pieno, cominciavano a non rinunciare alla realizzazione professionale neanche dopo il matrimonio e dinanzi all‟esperienza della maternità, tentando così la complicata strada della “doppia presenza”, nella sfera del lavoro remunerato e in quella, sempre confermata, del lavoro familiare 43.

40 Marco Romanelli, Marta Laudani, Luca Vercelloni, Gli spazi del cucinare: appunti per una storia italiana

1928-1957, Milano, Electa, 1990, p. 15.

41

Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p. 64.

42

Ibidem, p. 67.

43

(20)

20

Mentre cresce la mania per ordine e pulizia, gli atti veloci consentiti dalla funzionalità della cucina e richiesti dagli impegni extradomestici, il decadimento della cultura del cibo - inscatolato, surgelato, preimpastato - e la negazione del gesto del nutrimento, sostenuta dal movimento femminista, annientano la ritualità del cucinare e del mangiare. Il “cucinino”, anche se pulito e ordinato, è uno spazio che fondamentalmente ha perso la sua centralità nella vita quotidiana.

1.4. Trasformazioni di fine secolo. Cucine dell’essere

Nei decenni successivi, quando il gesto del nutrimento non viene più vissuto solo come obbligo, ma anche come scelta, emerge l‟esigenza di riappropriarsi della cucina, dove riscoprire rituali casalinghi perduti e rivalutare i piatti della tradizione. La cucina torna ad assumere un ruolo privilegiato nella domesticità. In un rinnovato rapporto con la preparazione dei cibi, stare in cucina non significa solo cercare di risparmiare fatica, ma provare il piacere di allestire un pasto, “piacere […] condiviso ora non solo dalle donne, ma anche dagli uomini. Cucinare come attività che mette in moto i sensi, cucina come ambito di relazione e creazione” 44

. Tutto ciò sembrerebbe andare contro i ritmi del vivere quotidiano che si stavano imponendo, ma forse è un sentire nuovo che nasce proprio in risposta a questi nuovi ritmi. Il clima, poi, è quello di libertà che si afferma a partire dagli anni ottanta: “la voglia di uscire e la voglia di stare in casa, la riappropriazione della cucina e la sua negazione. Tutto si può integrare o annullare in un‟atmosfera di contraddizioni, di ibridazioni dei linguaggi e dei comportamenti” 45

.

44

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 96-97.

45

(21)

21

La revisione culturale dello spazio cucina e l‟esigenza di cancellarne l‟aspetto di laboratorio funzionale, rendendo l‟ambiente più intimo e piacevole, comportano la creazione di una nuova tipologia estetica, improntata ad un gusto più classico che si allontana dai mobili in formica e dal design lineare. Bisogna però considerare un altro fattore per spiegare questa nuova moda: in una logica sociale che presiede ai consumi caratterizzata da strategie di distinzione messe in atto dalla classe borghese per differenziarsi dalle altre 46, si capisce che l‟abbandono di quel tipo di estetica che fin dagli anni sessanta si era imposta come dominante e che progressivamente si era diffusa alle classi popolari, rientra proprio in una ricerca, seppur non intenzionale, della distinzione attraverso la scelta di nuovi beni di consumo meno comuni e scontati. Allora, a partire dalla fascia borghese, si fa strada un‟immagine in prevalenza tradizionale, che rievoca il passato 47: la cucina si storicizza, si arricchisce di immagini evocative come le ante rivestite di legni pregiati, la cappa a campana del XV secolo, o il fornello del Settecento francese; oppure si recupera il tono delle cucine di campagna - il “bon style campagnarde” - attraverso mensole che lasciano in vista piatti di maiolica, barattoli e mestoli, si appendono alle pareti pentole di rame, si mette al centro un grande tavolo di legno massello e per terra il pavimento di cotto. Ricompaiono vecchie presenze, che si aggiungono alla necessaria ed irrinunciabile funzionalità. Dietro le ante di legno, infatti, si nascondono l‟ultimo tipo di lavastoviglie, il forno a microonde e un grande frigorifero. Al di fuori delle mode, che negli anni ottanta hanno dato avvio a questi arredi di tipo tradizionale, si riscopre il valore della cultura materiale. Gli oggetti tornano ad esprimersi con la loro individualità:

Diventano prodotti-codice, linguaggi, strumenti efficacissimi per tradurre e comunicare la propria identità. Anche l‟alloggio, il mobilio, l‟arredo si fanno

46

Secondo il pensiero di Pierre Bourdieu sviluppato nella sua fondamentale opera La distinzione. Critica sociale del

gusto, Bologna, Il Mulino, 2001. Il tema delle strategie di distinzione viene affrontato in modo più approfondito nella

parte di analisi del materiale etnografico.

47 Sono molteplici gli esempi di pubblicità italiane ispirate ad un recupero delle tradizioni. Prime fra tutte le

campagne pubblicitarie del Mulino Bianco e della Barilla. Il rievocare ingredienti e sapori semplici, riti e ricette del passato, trova un‟inequivocabile corrispondenza nelle ambientazioni: l‟interno della casa-mulino, ad esempio, era tra gli anni ottanta e novanta una babele di oggetti della memoria della migliore tradizione italiana e di materiali poveri di una volta. Cfr. Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., pp. 81-82 e 106-109.

(22)

22 interpreti di questa volontà espressiva, che va oltre il simbolismo di status economico, per assumere un orientamento esistenziale, socioculturale. […] più che una manifestazione di ciò che si ha, è una manifestazione di ciò che si è (o si vorrebbe essere). Il contesto domestico si trasforma così in un ricettacolo di icone private, uno spazio popolato da prodotti carichi di valenze simboliche ed estetiche

48

.

Allora la credenza della nonna, un bel tavolo vecchiotto, l‟orologio a parete del nonno, le sedie d‟epoca diventano presenze rassicuranti 49

, che si oppongono ad una dilagante cultura del consumo e dell‟effimero, e rispondono al bisogno di certezze e stabilità dell‟uomo contemporaneo, in un‟epoca di rapidi e profondi mutamenti che sconvolgono l‟assetto sociale, politico, economico e dei consumi.La società, a differenza di quanto era stato ipotizzato da tutta una serie di studi, che facevano capo alla scuola di Francoforte, è sempre meno omogenea e standardizzata. Gusti, aspirazioni e consumi hanno subito, soprattutto nel corso degli anni novanta, la massima frammentazione e individualizzazione. Così l‟uomo contemporaneo è diventato un soggetto sempre più autonomo, un consumatore via via più esigente, selettivo ed eclettico in un mercato degli oggetti sempre più variegato e complesso 50.

Dunque il gusto domestico inizia a frammentarsi, le scelte abitative sono più sentite e più intime di un tempo e le case coordinate ed in stile diventano ambienti più elastici e ricettivi. Anche la cucina deve potersi adattare a desideri differenti: il mercato offre una pluralità di scelte e modelli, propone il recupero di materiali naturali come legno e marmo, strutture superaccessoriate all‟americana o arredi minimalisti, e produce elettrodomestici di piccole dimensioni o molto grandi, a imitazione delle attrezzature professionali. In pratica si può “scegliere la propria cucina pezzo a pezzo, macchina dopo macchina, rinunciando al nuovo o scegliendo studiatamente il nuovo” 51

.

48

Ibidem, p.71.

49

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 100.

50

Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p. 85 e 132.

51

(23)

23

Se un tempo si spendeva principalmente per il “salotto buono”, per le stanze di rappresentanza, oggi la cucina rappresenta una delle voci di spesa più pesanti nel bilancio familiare dell‟arredo per la casa italiana 52

. È un ambiente per il quale si investe molto perché deve essere un bene duraturo e ben attrezzato. Si distingue quindi da quella parte del mobilio che, invece, rappresenta una sorta di arredo provvisorio che assolve alle più immediate esigenze pratiche, aderendo ad un discreto standard estetico, senza, tuttavia, contenere valori monetari ed emotivi particolarmente coinvolgenti. Con tutta probabilità, questi mobili non sopravviveranno al tempo, ai traslochi, al cambiamento di gusto e di abitudini, anche perché il rapporto con la dimensione abitativa, oggi, viene vissuto in maniera aperta e diversificata. Una tendenza che spiegherebbe il successo di fenomeni come quello dell‟Ikea e delle altre catene di negozi specializzati in arredi a basso costo e di buon livello formale-qualitativo 53. Si tratta di una realtà nuova, una conseguenza del carattere di transitorietà e precarietà del lavoro e della famiglia. La casa perde il suo valore di monumento costante e definitivo, per divenire habitat provvisorio e di passaggio.

Oltre ai mobili che compongono la cucina, si spende di più e più volentieri per apparecchi e accessori, che si moltiplicano e si fanno sempre più tecnologicamente raffinati. Negli ultimi tempi, la consuetudine di ritrovarsi nelle case tra amici, il nuovo interesse per l‟alimentazione sana e per il benessere, la crescente differenziazione delle diete e degli orari dei pasti tra i vari membri della famiglia e il diffondersi della vita da single, uniti ad inevitabili esigenze di ridurre i tempi di preparazione ed allungare quelli di conservazione dei cibi, hanno generato mutate necessità di spazio, di attrezzature e di prodotti per la cucina 54. Forni a microonde, vaporiere, yogurtiere, tritatutto, centrifughe, friggitrici, macchine per fare il pane, caffettiere elettriche programmabili,

52

Ibidem, p. 98.

53

Aa.Vv., I nuovi boom, Milano, Sperling & Kupfer, 1993, p.100.

54

(24)

24

ecc.: insomma, si presenta un vasto repertorio di robot da cucina alla portata di tutti. L‟abitudine comune alle scorte alimentari, ad esempio gli acquisti settimanali nei supermercati, ha indotto, poi, la necessità di dispense più grandi, di armadiature, frigoriferi e congelatori sempre più capienti.

Sono oggetti che rispondono a necessità di tipo individuale e relazionale, relative alla sfera dell‟essere più che a quella dell‟avere. L‟uomo contemporaneo ama circondarsi di elementi dalla spiccata “funzione totemica”, oggetti che rappresentano una sorta di segno del sé. La pubblicità sembra cogliere queste nuove tendenze: ora, al consumatore bisogna trasmettere valori e concetti per conquistarsi un posto nel suo frigorifero 55. Non è più solo una questione di possesso. “In tutte le società del benessere si è passati infatti da un consumismo di quantità, quello degli anni ‟60, caratterizzato da aspirazioni puramente materiali ed accumulative, ad un consumismo di qualità, orientato verso parametri di socialità, autorealizzazione ed ecologismo” 56.

Un approccio diverso al sistema degli oggetti si manifesta oggi: la fase di profondo mutamento e di crisi economica che stiamo attraversando investe automaticamente tutto il settore dei consumi. È un periodo in cui il consumatore osserva ed analizza i prodotti, cercando di identificarne il valore qualitativo e reale, per compiere una selezione mirata, personale e consapevole di ciò che il mercato propone

57

. Nel settore del mobile si riscontra un sensibile calo delle vendite 58. Si spende meno per la propria casa e soprattutto si fanno acquisti pensati e meno superficiali di un tempo. 55 Ibidem, p. 94. 56 Ibidem, p. 96. 57

Aa.Vv., I nuovi boom, cit., p.17.

58 Giorgio Bersano, Parola d’ordine rinnovarsi, «Interni Annual Cucina 2010»,allegato a «Interni», settembre 2010,

9, pp. 16-17. Il 2009 è stato un anno difficile per il settore della cucina, conseguenza della crisi e del calo dei consumi. Il mercato medio alto ha sostenuto le maggiori difficoltà. Il lusso “tiene” seppur con qualche flessione, mentre la cucina low cost è lievemente cresciuta. Le nuove strategie puntano sull‟innovazione, le proposte low cost, la sostenibilità, le soluzioni tecnologiche.

(25)

25

In un contesto di riflessione sui consumi, l‟ecologia e il risparmio energetico acquistano un ruolo preponderante, stimolando la ricerca di soluzioni coerenti con queste tematiche 59. Finita la necessità di opulenza, si avverte l‟esigenza di un certo “poverismo” ed “ecologismo” anche negli interni domestici. Si spiegherebbe così il recupero di materiali poveri e naturali - legno, ferro battuto, pietra, canapa, bambù - nonché la moda dei mobili tribali ed etnici 60. L‟analisi delle tendenze effettuata da Interni Annual Cucina 2010 descrive così gli effetti sulla cucina:

La crescente attenzione per i nodi della sostenibilità sollecita la richiesta di prodotti ecologici, di elettrodomestici ad elevato risparmio energetico, di materiali dall‟aspetto naturale. In via di estinzione le laccature lucide sostituite da finiture in legno opaco e ripiani in marmo o pietra, mentre regrediscono sullo sfondo i colori vistosi a cui si preferiscono quelli più tradizionali, i bianchi, le sfumature di grigio, gli argentei riflessi dell‟acciaio. Insomma, un rinnovato interesse per cucine destinate a una più lunga durata del gusto 61.

Dunque anche le apparecchiature per la cucina si adattano alla cultura del nostro tempo, attenta alla tutela ambientale, attraverso le applicazioni della cosiddetta green technology.

La tecnologia è di aiuto ad altre nuove tendenze. Loft e monolocali propongono un ambiente-cucina che, “pur contaminato con altri ambienti, garantisce l‟efficienza e la salubrità necessarie: senza la paura degli odori e della materialità dei cibi” 62

. Queste tipologie abitative estremizzano l‟attuale modo di vivere lo spazio domestico, caratterizzato da una sovrapposizione ed un intreccio di funzioni un tempo rigidamente distinte. La cucina, ad esempio, “non è più soltanto sede della nutrizione e della preparazione dei cibi, ma anche luogo di svago (per la presenza del televisore, fino a

59Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, cit., p. 99. 60

Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p. 92.

61

Giorgio Bersano, Parola d’ordine rinnovarsi, cit., p. 17.

62

Giovanna Brancato, Lorenza Medici, La stanza delle sculture radiose, p. 101. Basti pensare ai potenti impianti di areazione, alle lavastoviglie silenziose, ai mobili trasportabili e trasformabili, ecc.

(26)

26

qualche decennio fa unicamente prerogativa del salotto, e del computer, non più inchiodato ad una postazione fissa, ma portatile), luogo di cura della propria salute e, indirettamente, delle strategie estetiche” 63

e talvolta anche luogo di studio e di lavoro. Questo sovrapporsi di funzioni, all‟interno della struttura abitativa, è anche un riflesso della limitatezza dello spazio domestico. La casa media della famiglia contemporanea - ingresso, soggiorno, due camere più servizi - convenzionalmente prodotta dall‟industria edilizia a partire dagli anni cinquanta, inizia ad apparire inadeguata: non solo per il comprimersi degli ambienti a causa dell‟accresciuto costo degli immobili, ma anche perché spazialmente e funzionalmente inadeguata 64. Pensata e progettata per gusti, aspirazioni e consumi di milioni di ipotetiche famiglie “uniformi”, essa risulta inadatta alle rinnovate necessità della società contemporanea. In un‟inchiesta di Repubblica 65

, il giornalista Michele Smargiassi e l‟antropologo Marino Niola affermano la necessità di abitazioni più flessibili e multifunzionali per una società che è mobilissima. Cambia la struttura delle famiglie, cambiano le nostre abitudini, la modernità liquida 66 impone a tutti mobilità e flessibilità: “economia e società si condizionano a vicenda e il risultato è una nuova mutazione antropologica” 67. La famiglia mononucleare - la famiglia media Istat formata da una coppia più 1,2 figli - non è più la sovrana assoluta del mercato. I single hanno toccato quota sei milioni, i divorziati e le famiglie monoparentali crescono impetuosamente. Poi c‟è il problema degli affollamenti generazionali tra figli precari che restano a lungo nella casa dei genitori e nonni a carico. O la questione delle badanti da alloggiare nelle case degli anziani. Infine i frequenti casi di coabitazione tra colleghi, amici, studenti, lavoratori immigrati.

63 Laura Minestroni, Casa dolce casa, cit., p.115-116. 64

Ibidem, p. 96.

65

Marino Niola, Michele Smargiassi, La casa che verrà, «La Repubblica», 2 giugno 2009, pp. 29-31.

66

Secondo la nota definizione di Zygmunt Bauman.

67

(27)

27

In una “continua ridefinizione/rinegoziazione sia degli spazi che dei ruoli familiari […] la cucina, oscillante tra un massimo di compressione […] e viceversa un massimo di «socializzazione»” 68

, cerca di adattarsi a questo panorama di estrema dinamicità del tessuto sociale, mantenendosi, ad ogni modo, il crocevia del vivere familiare. Un universo culturale in cui si esprime il vissuto individuale e collettivo.

68

Chiara Saraceno, La famiglia: i paradossi della costruzione del privato, in P. Ariès, J. Duby (a cura di), La vita

(28)

28

Capitolo 2

Caratteri della ricerca etnografica

2.1. La prospettiva teorica

Lo studio degli oggetti ordinari che popolano la casa, l‟attenzione verso gli spazi domestici e le pratiche routinarie che vi avvengono prende avvio da un recente dibattito internazionale delle scienze umane e sociali focalizzato intorno alle tematiche della cultura materiale e delle pratiche del consumo. Si tratta di un campo di ricerca interdisciplinare che si sta sviluppando ad un ritmo accelerato coinvolgendo non solo etnografi, antropologi ed archeologi - che tradizionalmente hanno privilegiato lo studio degli oggetti materiali quali fonte di informazioni su popoli designati come primitivi gli uni e su società scomparse gli altri - ma anche storici, sociologi, storici dell‟arte, geografi, museologi, letterati, architetti e perfino filosofi e psicanalisti 69.

La nostra società è caratterizzata da uno straordinario sviluppo della cultura materiale: ogni giorno ci serviamo di una varietà elevata di merci, e siamo circondati da un‟altrettanto vasta quantità di oggetti che anche se non utilizziamo fanno comunque da sfondo al nostro panorama quotidiano. Come ci ricorda Raffaella Sarti nella sua ricostruzione della vita materiale delle famiglie del passato, in Età moderna le case si arricchiscono progressivamente di oggetti e mobili: la tendenza alla moltiplicazione degli oggetti presenti nelle abitazioni rimanda a nuovi usi, consumi e costumi – ad esempio come prendere il tè o il caffè – alla comparsa di materie e prodotti nuovi, più

69

Laurier Turgeon, La memoria della cultura materiale e la cultura materiale della memoria, in Silvia Bernardi, Fabio Dei, Pietro Meloni (a cura di), La materia del quotidiano. Per un’antropologia degli oggetti ordinari, Pisa, Pacini Editore, 2011, pp. 103-124.

(29)

29

economici, che tutti o quasi possono acquistare, alla diffusione del gusto per un certo comfort fatto anche di soprammobili, orologi, tappezzerie e nuovi mobili che permettono di organizzare in modo più razionale la massa crescente degli oggetti domestici 70. Nonostante gli oggetti ordinari godano di una certa importanza nel nostro quotidiano, il loro studio si è sviluppato solo recentemente, o meglio: proprio perché ordinari e facenti parte della quotidianità, gli oggetti della società contemporanea, in particolare quelli che popolano i nostri spazi domestici, per lungo tempo non hanno incontrato l‟interesse degli studiosi.

La storia presenta importanti tradizioni di studio della cultura materiale, l‟oggetto infatti è usato dagli storici, soprattutto medievisti e modernisti, come mezzo per integrare e verificare le fonti scritte nella ricostruzione storica del passato, Turgeon a questo proposito parla di oggetto come testimone. In particolare per uno studio delle forme della vita quotidiana delle epoche passate sono indagati i tre grandi ambiti del vestiario, del cibo e della casa 71. Per l‟epoca contemporanea la ricostruzione storica attraverso fonti materiali è meno necessaria. Tanto che Avvicinandosi alla contemporaneità le analisi storiche di cultura materiale si fanno più rare.

Anche l‟antropologia ha sempre operato a contatto con gli oggetti materiali, quali forme di testimonianza dei popoli senza scrittura, conducendo inchieste etnografiche sul campo al fine di raccogliere gli oggetti ancora in uso presso i popoli in via di scomparsa, per poi classificarli e riversarli nelle istituzioni museali 72. L‟idea di base è che “gli oggetti costituiscono la parte più concreta e visibile di una cultura, in essi, e nei saperi tecnici che incorporano, si manifesta il rapporto essenziale tra l‟uomo e il

70 Raffaella Sarti, Vita di casa. Abitare,mangiare, vestire nell’Europa moderna, Roma- Bari, Laterza, 2003 (1a

ed.1999).

71

Un riferimento fondamentale per gli storici dell‟epoca moderna è stato Fernand Braudel, che ha sviluppato alla fine degli anni settanta la nozione di “civiltà materiale”.

72

(30)

30

mondo” 73, dunque la conservazione dei reperti materiali rappresenta l‟unico modo per

preservare gli elementi che possono essere considerati come espressione di culture tradizionali. Gli oggetti tradizionalmente valorizzati dall‟antropologia sono dunque quelli artigianali e autentici, mentre gli oggetti ordinari della quotidianità contemporanea, inautentici e prodotti serialmente, diventano oggetto di studio solo a partire dagli anni ottanta.

Fabio Dei, nel sintetizzare le cornici teoriche che stanno alla base della ricerca «Vita quotidiana e cultura materiale nell‟Italia del dopoguerra: storia e antropologia degli oggetti ordinari», afferma che “solo di recente si cominciano a delineare i contorni di una antropologia della cultura materiale nelle società basate sulla produzione industriale e sul consumo di massa” 74. L‟interesse per gli oggetti non autentici, per le

merci, per le produzioni seriali, hanno caratterizzato i nuovi studi di cultura materiale soprattutto dagli anni ottanta, sotto l‟influenza degli studi sul quotidiano e della grande espansione delle teorie del consumo elaborate negli anni sessanta, teorie che hanno spostato l‟attenzione dai processi di produzione alle pratiche di consumo, avviando una serie di analisi etnografiche che si introducono nelle case per osservare i comportamenti delle famiglie.

In questo nuovo interesse per la cultura materiale l‟oggetto è stato analizzato soprattutto in una prospettiva simbolica e semiotica: come ricorda Orvar Löfgren l‟intento era quello di “leggervi” la cultura 75

. Dunque valore simbolico e culturale degli oggetti è al centro, soprattutto in Francia e nei paesi anglofoni, di lavori quali quelli di Mary Douglas, Pierre Bourdieu, e il filone di ricerca inaugurato da Arjun Appadurai e

73

Fabio Dei, Oggetti domestici e stili familiari. Una ricerca sulla cultura materiale tra le famiglie toscane di classe

media, «Etnografia e Ricerca Qualitativa», 2, 2009, 2, pp. 280.

74

Ibidem, p. 281.

75

Orvar Löfgren, Il ritorno degli oggetti? Gli studi di cultura materiale nell’etnologia svedese, in Silvia Bernardi, Fabio Dei, Pietro Meloni (a cura di), La materia del quotidiano. Per un’antropologia degli oggetti ordinari, Pisa, Pacini Editore, 2011, p. 88.

(31)

31

Igor Kopytoff, che possono essere considerati i caposaldi dei nuovi studi di cultura materiale.

L‟attenzione di questi studi si è poi spostata sull‟ambito domestico, attraverso indagini maggiormente calate nella varietà dei casi empirici. Ricordiamo a questo proposito i lavori di Daniel Miller,Sophie Chevalier e Véronique Dassié, autori a cui spesso verrà fatto riferimento nel corso della trattazione dei dati etnografici a sostegno delle riflessioni sulle famiglie intervistate.

2.2. Terreno di ricerca e metodologia

Prima di entrare nel vivo dell‟analisi dei dati etnografici occorre presentare il terreno di ricerca e le metodologie utilizzate durante questa prima fase di lavoro incentrata sulla raccolta di materiale empirico attraverso interviste.

La tesi si pone nell‟ambito di un progetto di ricerca promosso dall‟Università di Pisa negli anni 2008-2010, intitolato “Vita quotidiana e cultura materiale nell‟Italia del dopoguerra: storia e antropologia degli oggetti ordinari”, coordinato da Fabio Dei, Daniela Lombardi e Laura Savelli, progetto che si è concretizzato in lavori di tesi di laurea. Il nucleo storiografico della ricerca si è concentrato sullo studio di riviste femminili edite tra gli anni cinquanta e sessanta al fine di ricostruire l‟evoluzione degli oggetti di casa avvenuta durante quegli anni. Il versante etnografico della ricerca invece si è interessato di documentare gli interni domestici attraverso delle riprese video, con il fine di analizzare l‟organizzazione dello spazio domestico e gli oggetti e arredi che lo popolano. In totale, ad oggi, sono state oggetto di ricerca circa quaranta abitazioni di

(32)

32

classe media, localizzate in alcune città toscane 76. L‟idea di riflettere sulle culture domestiche e sugli oggetti, rivolgendo una particolare attenzione ai significati che questi possono rivestire per le persone, porta ad un confronto diretto con i lavori prodotti nell‟ambito dei nuovi studi di cultura materiale.

Nello specifico il materiale etnografico che viene presentato in questa tesi è stato raccolto in occasione di una ricerca da me condotta tra giugno e settembre 2009 su diciannove abitazioni situate in diverse zone di Livorno. La ricerca è partita concentrandosi su un primo campione di intervistati relativamente uniforme: si tratta infatti per la maggior parte di famiglie di insegnanti di ceto medio con alto capitale culturale. Prevalentemente queste famiglie sono formate da coppie ultracinquantenni con figli ormai adulti, molti dei quali vivono fuori casa da qualche anno. Come ha osservato Dei in un suo primo resoconto della ricerca d‟Ateneo “nonostante la comunanza professionale si è trattato di casi eterogenei: il capitale culturale corrispondente alla professione si è combinato con gradi assai diversi di capitale economico, con diverse tipologie di famiglia e di abitazioni, con diverse origini socioculturali e variegati rapporti con il consumo e gli oggetti” 77

.

Questo primo corpo di interviste è stato poi affiancato da una piccola serie di indagini etnografiche che si differenziano dalle prime per motivi generazionali, e socio-culturali: tre interviste hanno coinvolto coppie giovani di età compresa tra i trenta e quaranta anni; altre tre interviste hanno riguardato soggetti che abitano in case popolari. L‟esiguità e l‟eterogeneità di questo corpo documentario non permette certo di formulare generalizzazioni, ma quello che interessa sono i ricchi spunti tematici che

76

L‟indagine etnografica è stata condotta da un gruppo comprendente Matteo Aria, Federica Bedini, Silvia Bernardi, Cinzia Ciardiello, Linda Cafarelli, Fabio Dei, Giovanni Luca Mancini, Micaela Morcaldo, Susanna Renzini.

77

Fabio Dei, Oggetti domestici e stili familiari.Una ricerca sulla cultura materiale tra le famiglie toscane di classe media,cit., p.283.

(33)

33

emergono dal materiale raccolto, spunti che si inseriscono nel panorama internazionale di studi di cultura materiale.

Un‟altra importante osservazione da fare riguardo ai soggetti intervistati è la netta prevalenza di partecipanti di sesso femminile. Anche se le persone intervistate vivevano in coppia non ho sempre incontrato entrambi i membri, ma solo uno dei due, che, ad eccezione di un solo caso, erano donne. Inoltre in alcuni casi è capitato che nonostante in casa fossero presenti entrambi i coniugi, il grosso dell‟intervista veniva condotta dalla donna.

La raccolta delle testimonianze è avvenuta attraverso il metodo del videotour, che consiste in una visita della casa guidata dalla padrona di casa, o da entrambi i coniugi, che viene videoregistrata dal ricercatore. Si tratta dunque di un‟intervista semi-strutturata, nel senso che durante l‟incontro non sono state poste domande precise, ma gli interlocutori sono stati lasciati liberi di esprimersi presentando spazi, arredi e oggetti, a loro piacimento. Dunque rispettando il corso della conversazione delle persone intervistate si è cercato comunque di toccare le più significative per la ricerca, secondo una griglia di domande di riferimento precedentemente elaborata. La documentazione etnografica degli oggetti è stata realizzata anche attraverso foto che sono state inserite nel testo per rendere più chiaro il contenuto dei dialoghi riportati. Il materiale raccolto è stato infine consegnato al professor Dei per costituire una raccolta di fonti orali e una sorta di archivio della cultura materiale domestica.

Nel corso di questa ricerca su campo si è rivelato un interesse da parte delle persone nel condividere le proprie storie legate agli oggetti e alla casa: sono state fatte descrizioni partecipate e molto spontanee per lo più senza bisogno di sollecitazioni, tanto che gli incontri sono stati molto lunghi e densi di contenuti su cui riflettere.

Riferimenti

Documenti correlati

Liao: The IEEE ComSoc Asia/Pacific Board (APB) is a well-orga- nized and highly respected organization in ComSoc. The reputa- tion results from the hard work of APB officers

Borrelia burgdorferi sensu lato in Ixodes ricinus ticks collected from migratory birds in Southern Norway.. Differential transmission of the genospecies of Borrelia burg- dorferi

No changes were observed in amplitude and latency of distal motor and sensory action potential and of late responses, excluding a significant effect of shock wave therapy on

This process is seen in the choice of the Isti- tuto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV; Italian National Institute of Geophysics and Volcanology) to pub- lish two

Widstrom also described diagnostic criteria 10: a the carcinoma should be in the wall of the TDR; b the TDCa must be differentiated from a cystic lymph node metastasis by

The BESIII Collaboration thanks the staff of BEPCII, the Institute of High Energy Physics (IHEP) computing center and the supercomputing center of University of Science and

Le lezioni sono tenute da Giovanni Allegro, chef specializzato in cucina naturale che insegna anche presso la. Cascina Rosa, la scuola di cucina preventiva della Fondazione