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Teorie che chiariscono il concetto di significato e significante 1 Teoria dell’equidistanziamento del significato della parola col suo

3. Il significato è un insieme di componenti o elementi:

Questa prospettiva di senso è compiuta attraverso una serie di

caratteristiche che formano la parola e la distinguono da altri vocaboli all'interno di un unico campo semantico1. Ad esempio, la parola: uomo

) ،لﺟر שׁיא ، až5ñu

( , che si compone di diversi attributi come (essere vivente, umano, maturo, maschio), denota tutte le caratteristiche ad essa inerenti, ma la parola: Donna (a)òóĆäña ،השא ،ةأرمإ), che consiste di (essere vivente, uomo, matura, femmina) è caratterizzata dalla sua vicinanza alla maggior parte degli attributi, ma ha perso la capacità da sola, di denotare alcuni dei significati del primo campo semantico [ad esempio l’umanità intera], ma per la parola:

Bambino (bžïÝ€ ،דֶלֶי ،دلو) e le sue componenti caratteristiche sono (Essere vivente, uomo, maschile, non maturo) si noti che comprende anche la maggior parte dei primi attributi campo semantico, ma ha perso la capacità di denotare alcuni degli attributi di uomo adulto, ed è la maggiore età, così come avviene per la parola: bambina (a)óïŞÝ€ ،הדלי ،تنﺑ) che perde due caratteristiche dai tratti semantici originali di uomo essendo questi uno, l’uomo, due l’essere maschio e tre l'essere in età adulta.

Attraverso quello che è stato detto circa la natura delle parole e il loro significato è chiaro per noi che la parola non è il mero enunciato composto dai foni che contribuiscono alla loro pronuncia, ma prima ancora una parola indica un significato, e qualsiasi altro mutamento della parola nell’insieme di foni che la compongono, anche minimo, la priva di valore semantico, così come ci è chiaro che la parola dotata di valore semantico se si mescola le lettere che la compongono prima o poi tende a tornare alla mancanza di valenza semantica, come ad esempio: la parola Mosè (bñ’íČà ،ה ֶש ֹמ ،ىسوم), che

indica il nome, se si manipolano le lettere che la compongono diventerà una parola priva di connotazione o significanza.

I grammatici hanno operato una distinzione fra le lettere che costituiscono la parola e la parola stessa, denominando con parola quell’insieme di lettere dotato di significato e dichiarando quelle lettere che non hanno che il carattere di denotare nulla come trascurabili e prive di valore semantico1.

Infatti la comprensione del significato dipende principalmente dalla comprensione della natura del linguaggio, da cui il significato ha un impatto fondamentale sul contesto linguistico a tutti i livelli, al fine di determinare nel atto il significato denotato dal verbo che si manifesta attraverso l'osservazione di suoni ed effetti acustici, e che risultano, nella loro composizione fonetica, fondamentali nella determinazione del significato e l'effetto dell’azione, e ciò che ne deriva di significato e intenzione, come ad esempio quella di porre una domanda o segnalare un pericolo o porre un'esclamazione o modulare emozioni come l’apatia o la sorpresa. È infatti attraverso la sostituzione dell’intonazione da una parte all’altra della parola morfologica che essa subisce l'impatto della dizione persino nel suo significato variandone o chiarendone il significato, e lasciando intendere il significato stesso in un modo piuttosto che in un altro, tenendo conto del lato grammaticale o della funzione grammaticale di ogni parola all’interno di una frase e variando la posizione di determinate parole all’interno di determinate frasi con ciò che comporta di cambiamento di intenzione e funzione grammaticale in relazione al significato inteso2.

La nostra ricerca di questo rapporto da una prospettiva storica ci porta attraverso i pensieri di Aristotele, Socrate e Platone e le speculazioni di questi

1- Bin Ya’iish, Bin Ya’iish, Muwafaq Addin, Sharh al-mufasal (Anatomia del connettivo), A cura

di: ’imeil Badi’a Ya’qub, Dar Al-kutub, edizione 1, Beirut, 2001, vol. 1, p. 18-19.

2- Aniis, Ibraahim, 1976, p. 48-46. E vedi: Omar, Ahmed Mukhtar, Scienza della semiotica, Mondo

scienziati greci relativamente a questo fenomeno. Così come il punto di vista degli antichi scienziati arabi e di altri indiani, siriani, e i linguisti occidentali e arabi moderni che conoscevano la questione, i quali intesero con significato, il significato che ricade su una parola da un lato senza considerare l’altro lato (altrettanto necessario), quindi, è legittimo chiedersi come possiamo noi giudicare se esista o meno una relazione che ci istruisce circa il significato di una parola, e improvvisamente si formuleranno domande come le seguenti:-

Primo: Quale tipo di rapporto è mai questo ed è forse possibile confermarlo

in tutti i livelli? Secondo: Qual è l'evidenza scientifica che ci guida nella determinazione della veridicità di questo rapporto in modo chiaro? Terzo: Si può forse generalizzare questo rapporto, preso così da solo, in tutti i linguaggi e le lingue oppure risulta specifico ad ognuna? Quarto: Come si è presentata questa relazione nelle prime fasi di vita del linguaggio primitivo e come si è evoluta? Quinto: Se accettiamo che la lingua in un processo di permanente scambio e mutamento, come è possibile giustificare questo rapporto in principio?

D’altra parte non si può affermare la mancanza di presenza di una relazione

fra l’enunciato e il significato e il significato ma è nostro dovere ricercare la modalità con cui questa relazione ha preso luogo e i limiti entro i quali si circoscrive e se non si è contenti delle precedenti interpretazioni di fronte a questo ostacolo ebbene la nostra modalità di operazione si può denominare modalità comparativa generale, poiché il metodo comparativo nella sua natura intrinseca non comprende tutto ciò che vogliamo e vediamo nella definizione del metodo comparativo, come dice il dottor Ali Abdel Wahid Wafi circa i principi sulla base dei quali si sorregge il metodo comparativo e sono “l’equiparazione fra i fenomeni linguistici di uno stesso ceppo linguistico per derivarne i tratti comuni e dunque la possibilità di determinare e fermarci in un quadro di concordia e discordia di alcuni e non di altri dei suoi fattori e i

suoi risultati, e al fine di raggiungere, aggirando tutto quanto ciò, l’analisi accurata dei principi generali a cui questa ricerca stessa sottosta nei più disparati dei suoi fenomeni” e da questa definizione completa di approccio comparato siamo in grado di concepire ciò che è importante e di conseguenza impostare il metodo di studio di modo da evitare i suddetti ostacoli senza deviare dai loro naturali confini, o errare nella loro comprensione ed applicazione. In primo luogo l’equiparazione non avviene fra due lingue appartenenti a due diverse famiglie linguistiche, per esempio come l'arabo semitico e italiano latino, ma tiene conto di due lingue che condividono una genitore unico quali ad esempio l’italiano e il francese entrambi latini, oppure l’arabo e l’ebraico. In secondo luogo, l’equiparazione non viene stipulata tra fenomeni linguistici che si sono evoluti fino a giungere ad una netta divisione e differenziazione disarmonica, ma solamente tra i fenomeni o le prime antiche formule che tendono a ricorrere ad un medesimo patrimonio comune proveniente della madre lingua niente meno che l’origine delle due lingue.

In terzo luogo, lo scopo della comparazione è quello del discernimento delle

proprietà comuni, e queste proprietà sono talmente profonde da andare oltre al mero processo di prestito. In quarto luogo, lo scopo del confronto è il raggiungimento delle somiglianze e le differenze tra le due lingue, e la determinazione dei fattori sociali, politici, religiosi e geografici che hanno operato lentamente e in maniera consistente fino a portare alla distinzione tra due lingue, grazie al confronto per la sua capacità di immergersi nei misteri della lingua e scoprire le loro radici comuni. In quinto luogo, per il raffinamento dei risultati che emergono dallo studio comparativo tra due lingue ramificate da una stessa famiglia permette all'orizzonte umano la capacità di tracciare il selciato per la scienza di lingua generale.

La ricerca di risposte alle domande di natura comparativa richiede una cultura ampia, così come una certa conoscenza delle lingue straniere legate al campo

della ricerca comparativa in questione e nei rami che sono emersi in questo secolo nel campo della ricerca linguistica quali la fonetica e la fonologia e l’ontologia in campo linguistico, scienza della modulazione della voce, circa i punti di vista grammaticali, morfologici, acustici e di altri aspetti.

Donde si presenta in tutte le lingue un rapporto fra parola e senso semantico di gruppo, ed è quest’ultima, la parola a collegarsi ad una ad una con un significato speciale relativa al ricevente ogni qual volta questo si immagina la pronuncia trasposta nella sua mente e nel suo pensiero in maniera simultanea, ed è visto da molti che la parola ha un significato intrinseco e soggettivo, non acquisito da qualsiasi causa esterna. Se ciò tuttavia fosse vero allora non esisterebbe persona non competente in una determinata linguistica che non sia in grado di trasferire la percezione della parola [acqua (bžïŽà ،םימ ،ءام)] cosi detta in lingua simitica, nella sua mente, per esempio. Gli si richiede infatti la conoscenza della lingua in questione per capire chiaramente il significato delle sue parole e dunque immaginarle. Alcuni altri invece credono che i legami linguistici tra parola e significato siano stati originati un individuo in tutte le lingue, e queste parole vennero pronunciate con chiarezza speciale e sono divenute pian piano, ogni parola, indicatori di un particolare significato, e questo fenomeno è quello che gli studiosi della linguna hanno designato con (Instillamento-Origine). Che questo sia possibile solo in alcuni casi come il prestito e la derivazione, per esempio, non è scontato, e ciò non si applica a tutte le parole e i significati e la prova di questo è la mancanza di relazione intrinseca o correlazione tra suono e significato, come hanno potuto dunque, i fondatori del linguaggio trovare una relazione causale tra due cose senza alcuna relazione tra di loro? E può bastare la specificazione del fondatore di

un determinato termine e la sua denominazione innescare un'immagine mentale del significato? 1.

Per questo avviene l’uso di un vocabolo durante la conversazione alla luce delle associazioni subite da più significati (Associazione) o idee che si desidera esprimere, quando si parla infatti avviene l’uso di termini che magari possono essere correlate ad altri sensi, o un termine particolare assume un significato diverso, precedentemente legato al significato centrale, durante al sperimentazione, e per questo motivo, e in base a tale prospettiva si sono suddivise le espressioni come segue:

1-Il termine specifico: È un termine privo di significato unico come: terra

)أ ،ضر ץרא ، bžÈŠa ( , cielo (bžï9 ،םימש ،ءامس).

2-Il termine condiviso: è un termine unico, ma mostra molti significati

diversi, una concordanza nella pronuncia corrisponde infatti a una differenza nel senso. Il fenomeno si dice di “Homonyme” [l’omonimità] ed è un fenomeno lessicale caratterizzata dalla molteplicità dei significati i quali non è

1- Al Sader, Muhammed Baqer, Nuove topologie dell’origine, Stamperie di Nu’uman, Najaf, 1975,

possibile comprendere con certezza se non tramite il contesto, in quanto è il contesto che nomina un significato comune al termine poiché esso non dipende da parola che evoca un unica e sola immagine nella mente dell’ascoltatore, mentre svolge una costruzione che lega fra loro le varie tra parti della frase, dando così il termine il significato appropriato1. È un fenomeno del linguaggio in cui le parole indicano due o più singnificati 2, come nella parola:- l'occhio (bžåïŽÈ ،ויע ،نيع).

3-Termine copiato: È una parola che mostra molti significati diversi, ma il

significato è stato immesso nella sua valenza denotativa in maniera posticipata, donde già era stato spostato verso un contesto o un senso differente, e a seconda delle adeguate combinazioni, presenta due tipi: il

primo è la cosiddetta trasposizione denotativa, poiché vi è avvenuta la

denotazione di un termine nei confronti di un significato senza l’intervento di una persona specifica ma per mediazione dell’intera comunità, come ad esempio: la parola preghiera (a)òí1Üc@،הליפת ،ةلاص) che essendo nata per bocca di un singolo indicando la preghiera, per poi significare l’esecuzione rituale obbligatoria connotato da inchini, genuflessioni e prostrazioni; altrettanto vale per la parola (pellegrinaggio) (جحلا [/Al Hajj/]), che è stato iniziata col senso di viaggio poi individuare il particolare atto di recarsi alla Mecca per eseguire il Hajj; e il termine (ةباد [/Al Dābah/]) era in origine usata per indicare tutto لا

ciò che si muove sul terreno per poi individuare solo i quadrupedi fra gli animali. E in lingua ebraica, troviamo la parola (לזמ [Mazāl]),che significa

buona o cattiva sorte, ma che nella stragrande maggioranza indica solo il primo senso, come ad esempio: 3(הכאלמ לכב אוה האור הכרב לזמ). Per questo i

verbi formulati in conformità a tale termine tendono a portare tale

1- Al Yasin, Muhammed Husain, Enantiosemia nella lingua, Stamperia Al Ma’arif, edizione 1,

Baghdad, 1974, p. 50.

2- Muhammed, Ragab Uthman, Concetto di contesto e le sue tipologie, rivista Scienze linguistiche,

numero 4, edizione di Dar Gharib, Cairo, 2003. P. 141-142.

3 - ןשוש ןבא ، א . ، שׁדחה ןולימה ، 1979 ، ךרכ 1 ، מע " 282 .

significato1: come: (ולזמל ،לזוממ לזמתה) che indica (ולזמ ול קחש ،חילצה) 2, ed entrambi intendono attribuire successo e buona fortuna.

Per quanto riguarda il secondo tipo si chiama trasposizione denotata, perché deriva da una particolare scelta della persona che copia il termine dandogli uno scopo e un senso preciso, come avviene per la maggior parte delle trasposizioni nel campo delle arti e delle scienze, nonché nei nomi delle persone, come nominare un neonato Giuseppe (ÒñŽíŽî ،ףסוי ،فِسوَي), indicatore che chi copia il nome intende un significante vecchio per un nuovo significato3.