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Gli smartphone e la portabilità del network di relazioni

Internet oggigiorno è fruita sempre più attraverso smartphone e tablet, strumenti tascabili che permettono agli utenti di avere sempre con sé, a portata di mano e a portata di click, la possibilità di navigare in rete. Secondo l'edizione del 2016 del Mobility Report di Ericsson, lo studio che delinea lo stato dell'arte delle reti mobili nel modo, il traffico dati da smartphone cresce del 23% su base annua.87 Restringendo l’obiettivo sull’Italia i dati dell’Osservatorio Mobile Marketing & Service della School of Management del Politecnico di Milano rivelano che la navigazione mobile da smartphone ha superato quella

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desktop da pc: 15 milioni e 90 minuti al giorno vs 13 milioni con 70 minuti al giorno. Se si

considera anche l’utilizzo del Tablet, il numero di coloro che accedono alla rete da device mobili raggiunge i 16,4 milioni.88

Jenna Wortham, una giornalista del New York Times che si occupa di cultura digitale e tecnologia, recentemente ha scritto alcuni articoli sull’utilizzo degli smartphone89 da cui emerge che questi sono diventati un’estensione del nostro cervello a cui affidiamo funzioni cognitive basilari come la memoria. A loro infatti deleghiamo il compito di ricordarci ciò che dobbiamo fare e ciò che abbiamo fatto. Di conseguenza i nostri dispositivi mobile assorbono più informazioni di quante crediamo. Definire gli smartphone le estensioni del nostro cervello è un chiaro riferimento a Marshall McLuhan che per primo ha parlato di tecnologie in quanto estensioni dell’uomo: “Nelle ere della meccanica, avevamo operato un'estensione del nostro corpo in senso spaziale. Oggi, dopo oltre un secolo di impiego tecnologico dell'elettricità, abbiamo esteso il nostro stesso sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che, almeno per quanto concerne il nostro pianeta, abolisce tanto il tempo quanto lo spazio".90 Dunque il nostro sistema nervoso centrale trova nelle tecnologie elettriche una sorta di continuum, un ausilio che permette appunto di abolire il tempo e lo spazio. Se ciò era possibile ai tempi di McLuhan lo è maggiormente adesso che possiamo comunicare in tempo reale ovunque ci troviamo e con chiunque, attraverso messaggi vocali o messaggi di testo, a costi contenuti. E tutto grazie ai nostri smartphone che, come evidenzia Wortham, non sono semplicemente la nostra porta di accesso al mondo, ma sono le nostre agende, i nostri diari, i nostri promemoria. Le applicazioni scaricabili gratuitamente o a pagamento sui nostri dispositivi mobile hanno le funzioni più variegate e alcune possono persino fornirci un valido aiuto nel controllare il nostro stato di salute. A questo proposito è d’uopo citare Clue, un’app dedicata al pubblico femminile e volendo anche ai partner particolarmente premurosi. La sua funzione è quella di monitorare il ciclo mestruale di una donna registrando stati d’animo, dolori, livelli di energia, attività sessuale. In base ai dati registrati l’app stima l’arrivo del ciclo avvisando l’utente con due giorni di anticipo. Una modalità 2.0 per controllarne la regolarità. Ma come ci ricorda Wortham “la salute delle donne non è l’unico ambito di raccolta dati via app”. Grindr, un’applicazione

88 Menichini S., 31/01/2015. 89 Wortham J.,16/06/2016. 90 McLuhan M.,1967, p. 9.

58 per incontri che si rivolge al pubblico gay, conduce abitualmente sondaggi tra i suoi utenti su varie questioni legate alla salute, come la profilassi pre-espositiva (PrEP), una terapia farmacologica usata per evitare la trasmissione dell’hiv”.91

Dunque i dispositivi digitali tramite cui usufruiamo di questi servizi contengono sempre più informazioni sensibili, diventano mappe del nostro corpo e testimoni della nostra vita. Dando loro accesso alla nostra intimità li rendiamo estremamente preziosi e imprescindibili al punto che sentiamo l’esigenza di essere costantemente connessi o meglio di potere accedere al web ovunque e in qualsiasi momento. Per questo motivo il tema della dipendenza da smartphone è diventato oggetto di studio e di ricerca.

La Kent University92 e la University of Worcester93 hanno dimostrato in due differenti ricerche che sussiste una correlazione tra i livelli di ansia e la frequenza di utilizzo degli smartphone. Il vignettista statunitense Liam Francis Walsh ha parodiato in più di un'occasione le constanti interazioni delle persone con i loro dispositivi elettronici. Queste che seguono sono alcune delle sue vignette pubblicate sul New Yorker.94

91 Wortham J., 16/06/2016. 92 Kent University, 06/12/2013.

93 The British Psychological Society, 12/01/2012. 94 Mazzucchelli C., 26/11/2015.

60 Per fare fronte a questa situazione Wortham segnala che ci sono applicazioni nate di recente per consapevolizzare gli utenti riguardo ai loro tempi di utilizzo degli smartphone. Si tratta di strumenti che servono per monitorare anche altri aspetti della nostra quotidianità quali le ore di sonno, i chilometri corsi, le calorie consumate, ecc. Moment, ad esempio, calcola quante ore al giorno viene utilizzato lo smartphone e lo segnala con delle notifiche a intervalli regolari. L'app è a pagamento ed è stata creata da Kevin Holesh il quale sostiene che secondo le statistiche da lui stesso riportate gli utenti di Moment tendono a utilizzare lo smartphone circa 25 minuti di meno rispetto a quanto facevano prima di scaricare l'app.

Sulla stessa scia Checky, un'applicazione gratuita creata da un gruppo di San Francisco, che segnala quante volte nell'arco di una giornata viene attivato lo smartphone passando dalla modalità stand-by. Sia Moment sia Checky sono applicazioni che misurano la quantità del tempo passato utilizzando lo smartphone, ma non ne misurano la qualità. Ovvero non è possibile per ora gestire il “cosa” si fa: scrivere messaggi piuttosto che fare spese online o usare il navigatore. Ad ogni modo queste app servono per renderci fruitori più consapevoli delle tecnologie smart e frenarci da un uso famelico e sconsiderato dei nostri dispositivi.

Wortham dichiara di utilizzare abbastanza frequentemente il suo smartphone e ne mette in evidenza anche i lati postivi pur non tralasciando l’effetto dipendenza di cui lei stessa è vittima: “Il telefono ha migliorato la mia vita. Mi ha reso una lavoratrice migliore, mi ha

61 permesso di avere un rapporto d’amore a distanza, sano e durevole, e di tenermi in contatto con gli amici. Tuttavia, riconosco di aver usato anche io il telefono come “stampella”, per evitare di parlare con persone che non conoscevo a una festa, o di annoiarmi in attesa di un amico al bar. Sono facilmente distratta dai vari suoni e vibrazioni che provengono dal mio iPhone, e spesso mi ritrovo a controllare le notifiche in un ciclo interminabile, leggere la timeline dei miei social media e rispondere a e-mail e sms non urgenti. Spesso non riesco a resistere alla tentazione di dare un’occhiata allo schermo dello smartphone durante un film al cinema o anche in altre occasioni. E per quanto detesti ammetterlo, riconosco di essere stata a volte talmente presa con un messaggio di testo da quasi scontrarmi con una persona per strada”.95

Ciò che emerge dunque è la necessità di essere consapevoli dei propri comportamenti digitali. Una volta appurato che lo smartphone non è solo un ausilio, ma uno strumento che può creare dipendenza dobbiamo tenere il più possibile sotto controllo l’uso che ne facciamo. Non si tratta di avere un atteggiamento da apocalittici o integrati, per dirla alla Eco, il punto non è scegliere se demonizzare le tecnologie smart o idolatrarle. Il nuovo ha sempre spaventato ed è sempre stato foriero di sconvolgimenti non solo positivi, ma anche spiazzanti. “Ogni tecnologia crea nuove tensioni e nuovi bisogni negli esseri umani che l’hanno generata. Il nuovo bisogno e la nuova risposta tecnologica nascono dal fatto che ci siamo impadroniti della tecnologia già esistente: è un processo ininterrotto”.96 Dunque non possiamo prescindere dal fare i conti con il nuovo, possiamo però e dobbiamo mantenere intatto sempre il nostro senso critico di modo che sia la tecnologia a essere al nostro servizio e non noi a esserne schiavi. Allo stesso tempo dobbiamo essere consapevoli del fatto che le novità tecniche alterano inevitabilmente le nostre abitudini di vita e i nostri stessi schemi di pensiero. "I principali elementi d’impatto dei media sulle forme sociali esistenti sono l’accelerazione e lo sconvolgimento. L’accelerazione tende oggi alla totalità e di conseguenza a distruggere l’idea dello spazio come fattore principale delle organizzazioni sociali”.97 Questo è ben dimostrato dai social media dove il formarsi di gruppi e di comunità è completamente svincolato dalla geografia spaziale e questo

95 Il Post, 19/10/2014. 96 McLuhan M, 1967, p. 174. 97 Ibid., p. 101.

62 processo ha avuto inizio con l’avvento del telegrafo che per primo ha permesso ai messaggi di potere viaggiare più in fretta dei messaggeri.

Ora non solo i nostri messaggi viaggiano molto più velocemente di noi, ma attraverso i dispositivi mobile abbiamo a disposizione la portabilità del nostro network di relazioni che ci consente di mettere in atto virtualmente le nostre pratiche sociali e di avere costantemente uno spazio per esprimerci. Questo per il linguaggio degli studiosi della comunicazione annovera Internet non solo tra i mezzi di comunicazione, ma anche tra gli spazi di comunicazione98. Tom Standage però, nel suo recente libro Writing on the wall, social media the first 2.000 years, ci mostra che i social media non sono un’invenzione del web 2.0. Tanti sono i sistemi sociali che possiamo individuare come antecedenti degli attuali social media. L’autore parte dai tempi di Cicerone, in cui già c’era un’organizzata rete di scambi epistolari attraverso la quale i lettori si mantenevano aggiornati riguardo alle politiche di Roma. Le lettere, sotto forma di papiro, venivano copiate, scambiate e citate in altre lettere. Alcune erano indirizzate a più persone ed erano scritte per essere lette ad alta voce o per essere esposte in pubblico di modo che chiunque potesse fruirne. All’epoca non c’era il servizio postale perciò le missive dovevano essere portate da messaggeri, amici o viaggiatori. Cicerone e come lui altri membri dell’élite romana facevano parte di una rete di contatti i quali condividevano, filtravano e si scambiavano le informazioni. Partecipava quindi a un social media system, molto simile a quelli che oggigiorno si formano attraverso Facebook, Twitter e gli altri Internet tools, ovvero un sistema in cui le informazioni vengono scambiate orizzontalmente da una persona a un’altra e non verticalmente da un’impersonale fonte centralizzata che ne detiene il monopolio.

In seguito al collasso dell’Impero Romano la circolazione di materiale scritto nell’Europa occidentale diminuì notevolmente. Standage racconta che durante la cosiddetta età buia, tra il VI e il XII secolo, la chiesa fu l’unica a tenere accesa la fiamma del sapere letterario. La trascrizione dei testi assunse un aspetto devozionale, dai papiri si passò alle pergamene, elaboratissimi manoscritti illustrati di incredibile bellezza e complessità, ognuno dei quali richiedeva anni di lavoro per essere prodotto negli scriptoria dei monasteri. La pelle di un vitello o di un ovino forniva materiale sufficiente per qualche foglio di pergamena, quindi scrivere un intero manoscritto poteva richiedere le pelli di un’intera mandria o di un intero

63 gregge. Per questo motivo le spese di realizzazione erano altissime e solamente i monasteri e l’aristocrazia potevano permettersi il lusso di possedere manoscritti.

Le cose iniziarono a cambiare nel XII secolo con l’avvento delle Università e con l’introduzione in Europa della carta, un’invenzione cinese importata dagli arabi. Iniziò così a svilupparsi il sistema delle peciae, un tentativo per velocizzare i tempi della trascrizione dei manoscritti. Questi venivano suddivisi in sezioni, chiamate appunto peciae, assegnate singolarmente a uno studente o a uno scriba che aveva il compito di trascriverle. Così facendo i tempi di realizzazione di un manoscritto si riducevano notevolmente. Inoltre gli studenti si prestavano a vicenda le peciae per ricopiarle in modo da avere ognuno una copia intera di un dato manoscritto e quindi iniziò ad ampliarsi il numero di esemplari di uno stesso testo. Standage riflette sul fatto che questa è la stessa architettura usata da alcuni sistemi di trasferimento dati peer-to-peer odierni: più utenti che stanno scaricando lo stesso file contemporaneamente si scambiano anche pezzi di questo tra loro. Il web 2.0 quindi sembra avere semplicemente trasposto in ambiente virtuale un sistema sociale che già c’era e funzionava.