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snq-i m mwt-i Ast dp-i bni-s Traduzione

Io succhio (il seno di) mia madre Iside, e gusto le sue dolcezze”377.

376 DE BUCK 1951, pp. IV 179 – IV 183 377 BARGUET 1986, p. 503-506

Interpretazione

Nelle formule dei Testi dei Sarcofagi vediamo che sono le dee Iside e Neftis a comparire maggiormente nel ruolo di nutrici.

Nella formula CT 255 intitolata “Rendere preminente per lui il ka di qualcuno nel regno dei morti”, il defunto, dopo essere ritornato in vita con le sembianze di un piccolo Horus, afferma di aver attinto al seno della dea Iside e di essere stato cullato dalla dea Nefti.

La formula CT 66 “Presentare le glorificazioni” descrive il momento della giustificazione del defunto che prelude la sua deposizione nella tomba. In questa sono elencate alcune delle cure rivolte dalle nutrici al defunto, al fine di soddisfarne per soddisfare i bisogni.

Nella formula CT 334378, da titolo “Trasformarsi in Ihy”, nonostante Hathor sia più

volte nominata con l’appellativo di madre, se ritrova comunque la dea Iside chiamata anch’essa con l’appellativo di madre ad assurgere al ruolo di nutrice e pertanto ad allattare il defunto.

Da un’attenta lettura di queste formule, potremmo dedurre che l’allattamento nella fase tra Primo Periodo Intermedio e Medio Regno sembra essere legato più al compimento di un rito di passaggio a favore del defunto, piuttosto che, come si evinceva dai Testi delle Piramidi, al riconoscimento del faraone come unico discendente divino e come regnante legittimo del doppio paese 379.

Da un punto di vista iconografico invece le scene di allattamento, legate ad Horus e al ciclo osiriano, cominceranno a diffondersi maggiormente a partire dalla XVIII dinastia380.

Durante il Medio Regno si trovano, invece, numerose descrizioni o raffigurazioni di scene di allattamento che hanno per protagonisti i sovrani.

Sulla parete ovest della cappella di Montuhotep II a Dendera vi è una raffigurazione381 su due registri.

La scena incisa sul registro inferiore è quasi completamente distrutta: dai copricapi si evince innanzitutto che la figura del re, che indossa la corona bianca, doveva trovarsi tra due divinità femminili. Una di esse è facilmente identificabile con la dea Hathor, sia per la tipica corona con disco solare tra due corna, solitamente indossata da questa divinità, che

378 La formula verrà analizzata ampiamente in seguito 379 FORGEAU 2010, pp. 75-76

380 FORGEAU 2010, p. 77 381 HABACHI 1963, p. 26, fig.8

per l’iscrizione posta sopra di essa. La seconda divinità, posta alle spalle del faraone, indossa una doppia corona e porta la mano sinistra verso la corona del sovrano. L’iscrizione che la dovrebbe identificare è andata perduta; tuttavia secondo M. G. Daressy dovrebbe trattarsi verosimilmente di Mut382. Lo studioso, infatti, pur rilevando che l’iscrizione posta sopra la figura recita: “(Parole dette da Hathor), signora di Dendera: io ti allatto di vita ogni giorno”, e in considerazione della quasi inesistente differenza tra le altezze dei copricapi indossati dal re e dalle dee, dubita che la dea Hathor possa allattare il sovrano; inoltre M. G. Daressy sottolinea che i volti dei personaggi raffigurati erano posti allo stesso livello383.

Nel registro superiore troviamo invece il re di fronte alla dea Hathor, Harakhti alle spalle del sovrano, e una divinità itifallica identificata con Min o Kamutef alla spalle della dea. In questa scena la dea Hathor con una mano abbraccia il sovrano avvicinandolo a sé, e con l’altra gli porge un seno. Il faraone, con indosso un corto kilt e sul capo la corona bianca dell’Alto Egitto, è rappresentato di statura inferiore, quasi come un bambino, e sembra avvicinare le sue labbra al seno della dea. La scena è sormontata da una iscrizione: “Parole dette dalla Signora di Dendera: io ti proteggo, le mie braccia ti uniscono con vita. Io ti ringiovanisco con il latte, (affinché) i tuoi nemici possano cadere sotto di te” 384. In tal senso il dato testuale sembra piuttosto esplicito: Montuhotep attingendo al seno della dea Hathor sembra aver acquisito, non solo la capacità di ringiovanire e vivere per sempre, ma anche le qualità morali necessarie per regnare con giustizia385.

Un altro esempio proviene da una iscrizione incisa nello Wadi Hammamat, luogo dal quale Montuhotep IV recuperò la pietra destinata alla lavorazione del suo sarcofago. Il sovrintendente ai lavori Amenemhet, a nome del faraone, lascia una testimonianza dell’impresa su una parete di roccia386. “… erede di Horus nel suo doppio paese, che Iside,

la divina, la madre di Min, la grande, di magia ha allattato, affinché egli eserciti il governo reale (regalità) di Horus delle due rive”387.

Il termine geroglifico “rnn”, solitamente determinato da un bambino sulle ginocchia della madre, che ricorre in entrambe le iscrizioni, è stato tradotto sia da M. G. Daressy che

382 DARESSY 1917 b, p. 230 383 DARESSY 1917 b, p. 230 384 HABACHI 1963, pp. 25-27; pl. VIII 385 DARESSY 1917 b, pp. 226-236 386 KUENTZ 1920, pp. 121-139; GUNDLACH 1980, pp. 103-106

da W. Schenkel con il significato di “allattare”. Il verbo come ricorda J. Leclant388, in realtà, ha un significato più generale e più ampio traducibile semplicemente con “allevare”389.

Questa disamina dei dati testuali e iconografici può suggerirci alcune osservazioni. Dai testi riportati si evince una sostanziale evoluzione, dall’Antico al Medio Regno, nel significato della pratica dell’allattamento divino.

Nei Testi delle Piramidi l’attingere al latte proveniente dal seno di Iside portava, oltre che al possesso di proprietà efficaci e benevole, anche al riconoscimento della figura del sovrano, identificato con Horus, come legittimo figlio della divinità avente il diritto di regnare sulla terra.

Le fonti del Medio Regno, tanto iconografiche che testuali, invece suggeriscono che alle scene di allattamento si prediligono quelle in cui le nutrici allevano o si prendono cura del defunto, tornato bambino, assicurandogli tutte quelle virtù legate al concetto di ringiovanimento, di rinvigorimento e di rinascita perpetua del defunto nell’aldilà390.

388 LECLANT 1961, p. 275, n. 3 389 Wb II, 436 (2-4)

L’infanzia di Horus

Infine, all’interno del corpus dei Testi dei Sarcofagi, si ritrovano diverse formule che illustrano, anche in maniera dettagliata, eventi legati alla prima infanzia del dio Horus. Alcune di esse probabilmente ci descrivono il momento in cui viene tagliato il cordone ombelicale; altre mostrano uno stato di ansia della madre Iside evidentemente preoccupata e inquieta per la salvaguardia del dio.

Si analizzeranno di seguito le formule CT 474391, CT 477392, CT 480393, CT 982394 e CT 157395. 391 CT VI, 18 e – f; 24 j – l 392 CT VI, 35 k 393 CT VI, 44 k – l 394 CT VII, 191 h – i 395 CT II, 344b; 345 a – b

Formula CT 474

La formula seguente è riportata sul sarcofago B1Bo396.

VI 18 e VI 18 f … VI 24 j VI 24 k VI 24 l

Traslitterazione

n nt.t iw N pn rx rn n iSa.t im-s

Hsb.t tw pw nt As.t Sa.t n-s npA.w im-s n Hr

iw N pn rx nwH-s itH-s

npA.w pw nw Hr

hrw ms n sw mw.t-f im

Traduzione

Dunque questo N conosce il nome della mannaia che si trova qui

questo è coltello di Iside con il quale ella taglia il cordone ombelicale di Horus.

N. conosce le sue corde e il suo cavo di trazione: è il cordone omelicale di Horus,

il giorno che sua madre lo ha messo al mondo.397