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Traduzione

Io sarò lo scriba di Hathor,

il primo, il terzo, il quinto, il settimo, di Ihy, Ihy nel Nefert e nel Nun …491

Interpretazione

Dalle raffigurazioni descritte e dalle formule dei Testi dei Sarcofagi esposte si possono individuare alcune delle caratteristiche principali del dio Ihy.

Si può affermare innanzitutto con certezza che Ihy è una divinità bambina. Il piccolo dio, infatti, nelle illustrazioni è sempre rappresentato di dimensione inferiori rispetto agli altri personaggi, e porta sempre i capelli acconciati con la tipica treccia caratteristica dell’infanzia. Inoltre numerosi sono i passi dei testi funerari che affermano la sua condizione di infante (““Bambino” è nella bocca di coloro che comandano le musiciste.”492; “io sono il Bambino”493; “Io sono il Bambino di sua madre; io sono il piccolo, figlio di Hathor; io sono il fragile che è dentro il Nun”494) o lo descrivono in

atteggiamenti propri dei bambini (“Io succio mia madre Iside e assaggio le sue dolcezze”495; “il suo Ihy è sulle sue ginocchia”496).

Se da un lato è abbastanza semplice attribuire al dio Ihy le caratteristiche di un bambino dall’altro è più problematico riuscire a identificare in maniera univoca l’identità di entrambi i genitori. Il ruolo di madre è solitamente attribuito alla dea Hathor, confermato in diverse formule dei Testi dei Sarcofagi, come la formula CT 563, dove Ihy è esplicitamente detto “figlio di Hathor”497, o la formula CT 146, intitolata “Riunire la

famiglia”, nella quale il piccolo è definito “il musicista di Hathor”498. Nella formula CT 334 però, oltre ad Hathor499 sono nominate in veste di madre anche le dee Nefti500 e Iside501. Quest’ultima, come si è già visto, compare, nella stessa formula, anche nel ruolo di dea nutrice502.

Per quel che riguarda, invece, la funzione di padre, questa potrebbe essere ricoperta o dal dio sole Ra, più volte citato come tale sempre nella formula CT 334 (“Io sono questo seme primo di Ra”503, “mio padre Ra”504, “Io sono il figlio primo di Ra”505), oppure dal dio Horus che nella formula CT 51 compare come creatore di Ihy, per mezzo di Hu506.

492 CT 334, IV 179 s – t 493 CT 334, IV 180 a 494 CT 334, IV 182 i – k 495 CT 334, IV 182 f 496 CT 484, VI 61 g 497 CT 563, VI 162 v 498 CT 146, II 199 b 499 CT 334, IV 179 i; 180 k; 181 d; 183 b-j; 500 CT 334, IV 180 b 501 CT 334, IV 179 d; 181 j 502 CT 334, IV 182 f 503 CT 334, IV 179 c

Un’altra caratteristica del dio Ihy, facilmente deducibile dai testi funerari, dalle raffigurazioni e probabilmente anche dal significato stesso del suo stesso nome, che ricordiamo può significare “colui che suona il sistro”, è la funzione di musicante. La presenza del dio tra l’entourage della dea Hathor è confermata dalla formula CT 588507. Egli infatti è solitamente rappresentato nell’atto di scuotere questo strumento musicale idiofono, sacro alla dea Hathor, durante i cortei o le processioni svolti in occasione delle feste in onore della madre. Proprio grazie a questa mansione è possibile considerare il piccolo Ihy, al pari della madre, dio della musica. H. Altenmüller, prendendo in considerazione il passo della formula CT 334 “le mie braccia sono il sistro che mia madre Hathor si dà per calmarsi”508, afferma che, a partire dal Medio Regno, la musica prodotta dal piccolo dio avrebbe avuto un effetto catartico capace di placare la madre Hathor, spesso in collera, oppure il sovrano stesso509.

Anche se non strettamente connessa alla funzione di Ihy come musicante, la formula CT 545 sottolinea l’esistenza di un profondo legame tra il dio Ihy e la dea Hathor. Più specificamente, in questa formula, il defunto, in quanto Ihy, afferma che diverrà scriba personale della dea Hathor510.

Solo attraverso uno studio approfondito dei Testi dei Sarcofagi si percepiscono i diversi aspetti e le capacità che hanno reso grande e importante questo piccolo dio agli occhi del popolo egizio. Ihy, probabilmente in virtù di essere un infante, disponeva, come si evince dalla formula CT 51, della facoltà di riportare a nuova vita il defunto511. La medesima connotazione può essere rintracciata anche nella formula CT 36. Secondo J. R. Ogdon questa formula appartiene al gruppo di formule (dalla CT 30 alla CT 37) che ci presenterebbe la recita delle liturgie che i sacerdoti recitano durante il giorno dei funerali per consentire al defunto di rincontrare i propri cari nell’aldilà512. Per contro, W. Harco

504 CT 334, IV 179 f 505 CT 334, IV 180 a 506 CT 51, I 236 h – 237 a 507 CT 588, VI, 209 j – m 508 CT 334, IV 183 h 509 ALTENMÜLLER 1991 a, p. 20

510 Questa formula, purtroppo ci è giunta molto frammentaria, inoltre non sembra esistere una coerenza logica

tra i vari elementi superstiti. (Faulkner 1977, pp. 160-161, n. 12)

511 CT 51 I 236 h – 237 e 512 OGDON 1982, pp. 37-43

precisa che tali liturgie non venivano recitate il giorno del funerale bensì con una maggiore regolarità e in contesti differenti come all’interno della tomba, in casa o nei santuari513.

Altro aspetto importante è che Ihy viene menzionato anche come detentore dell’acqua della vita che il defunto aveva utilizzato per curare le ferite di Osiride, al fine di essere ammesso a vivere con gli dei. Grazie alla presenza di Ihy, come si può vedere nelle formule CT 495 e CT 563, il defunto che ritornava in vita, riconquistava il suo antico vigore e allo stesso tempo acquisiva anche la capacità di potersi muovere liberamente. Più specificamente nella formula CT 495, il figlio di Hathor permette al defunto di raggiungere l’orizzonte514, mentre nella formula CT 563, insieme ad altre due divinità bambine

Nefertem, figlio di Ptah e di Sekhmet, e Khonsu, figlio di Amon e Mut, consente di camminare sulle proprie gambe, di tornare a respirare con il proprio naso e di guardare con i propri occhi515. S. Allam reputa le tre divinità bambine adiacenti al dio sole e proprio in virtù di questo loro stato garantirebbero al defunto la giovinezza propria di un dio primordiale516. Il defunto, quindi, libero di viaggiare per l’aldilà e di ritornare in questo

mondo, viene accompagnato da Ihy che non è solo un semplice compagno di viaggio, ma svolge il compito di salvaguardia del defunto, promettendogli il suo aiuto e assicurandogli una protezione efficace e confortevole dai numerosi pericoli a cui è esposto nell’aldilà.

Ad esempio nella formula CT 495, Ihy accompagna il defunto verso l’orizzonte salvandolo dai demoni criminali massacratori e forti di braccia517.

E ancora, nella formula CT 698 intitolata “Opporsi nella necropoli a colui che viene per chiudere la bocca dell’uomo” Ihy, aiutato dal popolo di Ra e dallo stesso Ra, costringe “l’Arciere dello Spazio” ad indietreggiare affinché non chiuda la bocca al defunto518.

Secondo H. Altenmüller questo demone infastidirebbe il defunto durante la caccia agli uccelli in un boschetto di papiro519.

Nella formula CT 146 intitolata “Riunire la “famiglia”” il defunto compie diverse azioni atte a ricongiungersi con la sua famiglia, non solo con i genitori, figli, fratelli o congiunti, ma anche per rincontrare gli amici, i servitori e le concubine. Il ruolo di Ihy è

513 HARCO 2001, pp. 253-254 514 CT 495, VI 76 i 515 CT 563, VI 162 s – v 516 ALLAM 1963, p. 135 517 CT 495, VI 76 i – 77 a 518 CT 698, VI 332 e – f 519 ALTENMÜLLER 1991 a, p. 22

quello di accompagnatore al fine di proteggere la vita del defunto520. A tal proposito, il compito stesso di proteggere è stato valutato come avente due differenti fini: H. Altenmüller crede, infatti, che il compito di Ihy sia quello di proteggere il defunto da coloro che sono vivi521; mentre secondo S. Allam, consiste nello scongiurare il pericolo che i familiari e gli amici potessero essere separati dal defunto522. In particolare, secondo questa ultima teoria l’assistenza al defunto non è limitata alla sola protezione contro gli esseri mostruosi che popolano l’oltretomba, ma come si evince dalla formula CT 368, comprenderebbe anche un controllo sulla qualità del cibo che circola nell’aldilà523.

Riuscire a risorgere nell’aldilà ottenendo la vita eterna, avere la capacità di muoversi liberamente per l’oltretomba avendo garantita la protezione da qualsiasi pericolo, avere la possibilità di tornare nella propria tomba per partecipare al banchetto delle offerte funerarie e infine riuscire a ricongiungersi con i propri cari, sono indubbiamente i desideri più intimi di ogni defunto. Proprio per questi motivi il morto desiderava avere Ihy al suo fianco o addirittura preferiva assumerne le sembianze. Un esempio di questo desiderio è la formula CT 334, un incantesimo da recitare per trasformare il defunto Ihy. In questa stessa formula si nota anche, la grande popolarità di Ihy tra la popolazione:

“Esse mi adorano, (essi) fraternizzano con me, … le loro mani (alzate) verso di me, essi mi chiamano, essi aprono le loro porte, essi aprono i (loro) lucchetti, essi (esaltano) questo mio bel nome di Ihy ogni giorno… Io sono esaltato in questo mio nome di Ihy, mi si fanno acclamazioni in questo mio nome di Khonsu… Essi mi piangono quando essi non mi vedono, essi mi deplorano quando essi non mi sentono”.

520 CT 146, II 198 c – 199 b 521 ALTENMÜLLER 1991 a, p. 22 522 ALLAM 1963, p. 137