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Sospetti elementi di incostituzionalità nel regime dei costi minimi

Oltre alla CGUE, anche la Corte Costituzionale è stata chiamata a pronunciarsi sulla vexata quaestio, in ordine a profili di sospetta illegittimità costituzionale dell’art. 83 bis.

Il Tribunale di Trento, con ordinanza del 26 luglio 2013 aveva sollevato dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 83 bis in violazione dell’art. 3 cost., in

42 Ordinanza del Tribunale di Salerno del 12 novembre 2014; per ulteriori pronunce del medesimo

avviso, si vedano: ordinanza del Tribunale di Mantova del 2 ottobre 2014, ordinanze emesse dal Tribunale di Parma rispettivamente del 26 novembre 2014 e del 15 dicembre 2014, ordinanza Tribunale di Milano del 2 febbraio 2015, ed ancora sentenza del Tribunale di Ravenna n. 425/2015 in cui il Giudice afferma che la CGUE ha concluso che «la determinazione dei costi minimi d’esercizio non può essere giustificata da un obiettivo legittimo».

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riferimento alla diversa disciplina applicata ai contratti stipulati in forma scritta rispetto a quella dei contratti conclusi verbalmente, in quanto non troverebbe giustificazione nella diversa modalità di conclusione del contratto.

Secondo il Giudice di Trento non risultano giustificati i differenti termini di prescrizione tra le due fattispecie, né tantomeno la diversa disciplina della quantificazione del corrispettivo, in riferimento, anzi, a quest’ultimo punto la disposizione non sembra idonea a tutelare né la posizione contrattuale del vettore, né la sicurezza della circolazione stradale.

Anche il Tribunale di Lucca, con ordinanza del 12 febbraio 201343, ha rilevato profili di illegittimità per contrasto con gli artt. 3 e 41 cost. relativamente alla parte dell’art. 83 bis d. l. n. 112/2008 che introduceva costi minimi per i trasporti sul territorio nazionale.

Nello specifico, l’art. 41 Cost. sancisce come fondamentale principio di libertà quello dell’iniziativa economica, stabilendone poi, al secondo comma, i possibili fattori limitativi quali la tutela dell’utilità sociale, l’assenza di pregiudizio alla sicurezza, alla libertà ed alla dignità umana: essendo questi gli unici fini che giustificano la compressione legislativa della situazione giuridica di vantaggio garantita dalla Carta costituzionale.

Si tratta, pertanto, di comprendere se nel caso in oggetto la libertà di iniziativa economica, di cui la libertà di concorrenza risulta la massima espressione, si ponga in contrasto con i beni costituzionali che ne costituiscono legittima limitazione.

Il legislatore, nel rubricare l’art. 83 bis, d. l. n. 112/2008, ha espressamente qualificato il suo intervento come mirato a tutelare la sicurezza stradale, finalizzando il sistema previsto a garantire agli autotrasportatori il recupero dei costi minimi, inclusi i costi riferibili alla sicurezza: «a sorreggere l’intervento

legislativo parrebbe dunque un sillogismo simile al seguente: se è garantito,

43 Cfr. Trib. Lucca 12 febbraio 2013, in Foro it., 2013, I, pp. 2643 ss., con nota di A.PALMIERI,

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attraverso una tariffa minima, il recupero dei costi di sicurezza, allora è ugualmente garantita la sicurezza stradale (…), perché sarebbe assicurata – all’unisono – la piena capacità (psicofisica) degli autisti e l’efficienza dei mezzi di trasporto»44.

La norma in esame si rivela, tuttavia, in una situazione di difficile conciliabilità con molteplici parametri costituzionali.

Non si discute che la sicurezza stradale sia un bene costituzionalmente apprezzabile e riconducibile all’art. 41, comma 2, cost.; il problema è che tale sicurezza non sembra essere garantita in tal modo, ma piuttosto lo sarebbe mediante il rispetto di altre disposizioni legislative, presenti nel codice della strada e nella normativa sulla sicurezza sul lavoro.

La prospettiva sembrerebbe, pertanto, da rovesciare: non è l’esistenza di tariffe minime a garantire il rispetto delle disposizioni in tema di sicurezza stradale, quanto piuttosto il rispetto di queste ultime, come, ad esempio, quelle statuite in materia di formazione dei conducenti, di pause e riposi dai tempi di guida, del controllo tecnico degli autoveicoli, e ancora quelle concernenti la durata massima settimanale del lavoro; tutte disposizioni, queste, integrate da un sistema di responsabilità, da periodici controlli ed eventuali sanzioni laddove necessarie.

In merito, invece, al contrasto del discusso art. 83 bis con l’art. 3 cost., il Tribunale di Lucca, nello specifico, riteneva di trovarsi di fronte ad una situazione di disuguaglianza data dal fatto che quanto stabilito dall’art. 83 bis fosse applicabile a tutte le imprese esercenti autotrasporto merci su strada in territorio nazionale, ma non ai trasporti di cabotaggio effettuati in territorio italiano da imprese di trasporto con sede in altro Stato: comportando così una discriminazione nei confronti degli autotrasportatori stabiliti in Italia e tenuti al rispetto di un prezzo

44 Così, L. VIGNUDELLI,Il trasporto di merci su strada: profili di contrasto fra normativa di

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minimo che non si applica, di contro, ai trasporti eseguiti in regime di cabotaggio sul medesimo territorio45.

La Corte cost. con ordinanza n. 80/201546, che giunge dopo la modifica dell’art. 83 bis apportata dalla legge n. 190/2014 e dopo la pronuncia della CGUE del settembre 2014, ha dichiarato «inammissibile la questione di legittimità

costituzionale dell’art. 83 bis, comma 8, del d. l. 25 giugno 2008, n. 112 (…) sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Trento (…)», ordinando, allo stesso tempo, «relativamente alle altre questioni, la restituzione degli atti al Tribunale ordinario di Trento e al Tribunale ordinario di Lucca».

La dichiarazione di inammissibilità della questione relativa alla disparità di trattamento in relazione alla disciplina della prescrizione, in riferimento all’art. 3 cost., è stata ritenuta tale per difetto di motivazione dell’ordinanza di rimessione. Secondo l’orientamento della Corte cost. «i princìpi enunciati dalla Corte di

Giustizia, riguardo a norme oggetto di giudizio di legittimità costituzionale, si inseriscono direttamente nell’ordinamento interno con il valore di ius superveniens, condizionando e determinando i limiti in cui quelle norme conservano efficacia e devono essere applicate anche da parte del giudice a quo»

proseguendo che «spetta ai rimettenti valutare l’incidenza della pronuncia della

Corte di Giustizia nonché delle modifiche normative sopravvenute sulla decisione del giudizio sottoposto al loro esame e sulla persistente rilevanza della questione di legittimità costituzionale», la Corte dispone così la restituzione degli atti ai

giudici rimettenti per un nuovo esame della non manifesta infondatezza della questione alla luce dello ius superveniens, non pronunciandosi, di fatto,

45 In riferimento al cabotaggio stradale di merci, cfr. infra, cap. VI, par. 6.2.

46 Corte cost. 13 maggio 2015, n. 80, in Dejure Giuffrè. In merito, si veda il commento di L.

VIGNUDELLI,Il trasporto di merci su strada: profili di contrasto fra normativa di settore, normativa comunitaria e Costituzione, op. cit., pp. 516 ss.

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sull’effettiva portata della decisione della Corte di giustizia e non apportando alcuna sostanziale variazione al quadro normativo preesistente.

La Corte Costituzionale, pur non pronunciandosi sulla reale ed effettiva portata della decisione della CGUE, nelle motivazioni della sua ordinanza ne richiama però alcuni passaggi chiave, osservando che «pur essendovi tra le finalità

perseguite da tale normativa quella della tutela della sicurezza stradale la quale costituisce un obiettivo legittimo astrattamente in grado di giustificare detta normativa, la Corte di Giustizia ha ritenuto che essa “vada al di là del necessario”47, non permettendo al vettore di provare che esso, benché offra prezzi

inferiori alle tariffe minime, si conforma alle disposizioni in materia di sicurezza»,

e che «la Corte di Lussemburgo ha affermato, inoltre, che detta normativa “si

limita a prendere in considerazione, in maniera generica, la tutela della sicurezza stradale, senza stabilire alcun nesso tra i costi minimi d’esercizio e il rafforzamento della sicurezza stradale”48 e che, conseguentemente, “la

determinazione dei costi minimi d’esercizio non può essere giustificata da un obiettivo legittimo”49»50.