• Non ci sono risultati.

Ulteriori sviluppi di settore: la riconosciuta legittimità dei costi minimi determinati dal

La conferma della giusta interpretazione della sentenza della C. giust. Ue, nel senso più restrittivo che sancisce l’incompatibilità del sistema dei costi minimi in riferimento all’organo emanatore degli stessi, arriva dalla stessa Corte di Giustizia per mezzo dell’ordinanza del 21 giugno 201658.

La Corte era stata adita con domanda di pronuncia pregiudiziale proposta in data 28 ottobre 2015 dal Tribunale di Cagliari, il quale chiedeva ai giudici europei di stabilire la legittimità non delle tabelle dei costi minimi, emanate dall’Osservatorio, in quanto organo composto maggiormente da rappresentanti degli operatori economici interessati, ma di quelle elaborate dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in quanto amministrazione nazionale e quindi organo di natura pubblica; nello specifico si chiedeva se «l’articolo 101 TFUE, in

combinato disposto con l’art. 4, par. 3, TUE, debba essere interpretato nel senso

57 Così Cass., sez. lav., 1° giugno 2012, n. 8834, in Dir. trasp., 2013, p. 591.

58 C. giust. Ue 21 giugno 2016 in causa C-121/16, Salumificio Murru c. Autotrasporti di Marongiu

Remigio, in G.U.U.E. 5 settembre 2016, C 326/5, in Dir. mar., 2018, pp. 380 ss., con nota di S.FADDA, Costi minimi: ultimo atto?

151

che osta a una normativa nazionale, quale quella prevista dal comma 10 dell’art. 83bis, del d. l. n. 112/2008, nella parte in cui il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio, elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e non venga demandato alla libera determinazione dei contraenti».

Gli stessi giudici chiedevano inoltre, in secondo quesito, «se in considerazione

della natura di autorità pubblica del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le regole della concorrenza nel mercato interno possano essere ristrette dalla normativa nazionale al fine di perseguire l’obiettivo della tutela della sicurezza stradale».

Il giudice comunitario ha sancito espressamente che «l’art. 101 TFUE, in

combinato disposto con l’art. 4, par. 3, TUE deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale, come quella di cui al procedimento principale, in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi d’esercizio determinati da un’amministrazione statale».

La Corte di Giustizia, nella sua pronuncia, si è limitata a richiamare la precedente sentenza del 4 settembre 201459 sui costi minimi, ribadendo che l’art. 101 TFUE, anche se principalmente orientato a regolare la condotta delle imprese, impone agli Stati membri di non attuare, o mantenere in vigore provvedimenti che possano risultare idonei ad eliminare l’effetto utile delle regole di concorrenza applicabili alle imprese: si avrebbe, quindi, violazione di quanto statuito dall’art. 101 TFUE, in combinato disposto con l’art. 4, par. 3, del TUE, soltanto nei casi in cui sia lo Stato stesso a concludere accordi in contrasto con la disciplina comunitaria, ovvero li rafforzi o agevoli; oppure quando revochi alla propria normativa la componente rappresentante il carattere pubblico delegando ad operatori privati la competenza ad adottare decisioni in materia economica.

152

Con riferimento ai costi minimi elaborati dal Ministero, la CGUE ha stabilito, in conclusione, che l’Italia non ha integrato alcuna delle ipotesi sopra previste, mantenendo il suo carattere pubblico nella determinazione dei costi in argomento e non attuando una condotta volta a imporre o favorire intese tra imprese di cui all’art. 101 TFUE: in forza di quanto statuito ha, quindi, ritenuto di non dover procedere al vaglio del secondo quesito, relativo alla sussistenza di obiettivi legittimi in forza dei quali poter restringere o limitare il gioco della concorrenza.

A consolidamento della tesi sopra descritta, ribadita per la seconda volta dalla C. giust. Ue, è intervenuta anche la Corte cost.60, a cui si è contrapposto però il Tar del Lazio inserendosi, a proposito dell’interpretazione dell’art. 83 bis con due pronunce depositate il 21 febbraio 201761.

Il Tar Lazio asserisce, infatti, che anche i costi minimi di esercizio emanati dal Ministero, e non da rappresentanti delle associazioni di categoria, sarebbero comunque illegittimi in quanto, successivamente alla soppressione dell’Osservatorio62, il Ministero si è limitato a recepire ed applicare in modo acritico i provvedimenti dello stesso Osservatorio e la formula matematica da esso seguita, integrando così uno dei profili fortemente criticato dalla CGUE: la modalità di funzionamento dell’Osservatorio.

60 Cfr. Corte cost. 2 marzo 2018, n. 47, in Dir. trasp., 2020, pp. 119 ss., con nota di B.BALDONI,

Costi minimi di esercizio: una questione senza tempo. (Anche in Riv. dir. nav., 2018, pp. 342 ss., con nota di G.BENELLI, La legittimità costituzionale dei costi minimi «ministeriali» nell’autotrasporto merci per conto di terzi, e in Dir. mar., 2019, pp. 311 ss., con nota di G.RIGHETTI, Costi minimi. Nuovi spunti di riflessione dalla Corte Costituzionale). Per ulteriore giurisprudenza in argomento, a seguito della sentenza della Corte giust. Ue 2014: Trib. Sassari, 18 febbraio 2016, in Dir. trasp., 2016, pp. 555 ss., con nota di L.ERBA, L’art. 83-bis d. l. 112/2008 nelle controversie precedenti alla sua abrogazione: dovere di disapplicazione per contrasto con i principi comunitari?, Trib. Cagliari 17 luglio 2018 e Trib. Ferrara 23 agosto 2018, in Dir. mar., 2019, pp. 181 ss., con nota di S.FADDA, Costi minimi: due pronunce di merito.

61 Tar del Lazio, sez. III, 21 febbraio 2017, n. 2655 e n. 2656, inedite, per mezzo delle quali

Confindustria e altre associazioni di committenti impugnavano tutti i provvedimenti di pubblicazione periodica dei costi di esercizio con motivi aggiuntivi, inclusi quelli che erano seguiti alla soppressione dell’Osservatorio e che quindi erano stati adottati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

153

La distinzione operata dal Tribunale amministrativo riguarda i periodi in cui il Ministero si è occupato della determinazione dei costi minimi, prima della costituzione dell’Osservatorio e successivamente alla sua soppressione, sottolineando come, nell’ordinanza del 21 giugno 2016, la C. giust. Ue si sia riferita alla «diversa fattispecie dei decreti ministeriali che, in forza della

normativa transitoria di cui al comma 10 dell’art. 83 bis del d. l. n. 112 del 2008, convertito il l. n. 133 del 2008, dovevano essere adottati dal Ministero in attesa che fossero disponibili le determinazioni dell’Osservatorio», non riferendosi né al

sistema dei costi minimi fissati dall’Osservatorio, né al regime che ha seguito la sua soppressione.

Pur ammettendo che nella sua ordinanza del 2016, la CGUE avesse preso in considerazione soltanto i costi elaborati dal Ministero nel primo periodo antecedente l’istituzione dell’Osservatorio sulle attività dell’autotrasporto, dal giugno 2009 al settembre 2011, non sussiste motivo alcuno per cui dubitare che la valutazione del giudice europeo sarebbe potuta potuta cambiare per il fatto che il Ministero fosse subentrato all’Osservatorio servendosi delle stesse formule matematiche63 utilizzate da quest’ultimo: ciò che infatti la Corte di Giustizia critica nella sua sentenza del settembre 2014, è la constatazione che ad emanare costi minimi sia un organo composto per la maggioranza da rappresentanti di operatori economici interessati del settore, quasi del tutto privo della componente a tutela dell’interesse pubblico.

Non era il contenuto delle delibere dell’Osservatorio che la Corte criticava, pertanto i costi stabiliti dal Ministero, anche quelli riguardanti il periodo post- Osservatorio, risultavano legittimi e non rientranti negli estremi di accordi tra privati o in delegazioni a privati a prendere decisioni in materia economica; nel momento, infatti, in cui il Ministero è subentrato all’attività svolta dall’Osservatorio riappropriandosi della potestà di determinare i costi minimi di

154

esercizio, ha connotato questi ultimi di legittimità e regolarità rendendoli conformi all’interesse pubblico.

Di fatto, il Tar Lazio si è discostato da quanto deciso dalla Corte di Giustizia nell’ordinanza del 21 giugno 2016, e dalle pronunce della consolidata giurisprudenza in materia «disattendendo il principio che riconosce la piena

conformità con la normativa antitrust europea della norma nazionale “in forza della quale il prezzo dei servizi di autotrasporto delle merci per conto di terzi non può essere inferiore a costi minimi di esercizio determinati da un’amministrazione statale»64.

La conseguenza che ne deriva è che qualsiasi giudice civile che sia chiamato a decidere in merito a controversie concernenti l’applicazione o meno dei costi minimi determinati dal Ministero, in seguito alla soppressione dell’Osservatorio, dovrà obbligatoriamente disapplicarli, a causa dell’annullamento dei provvedimenti di pubblicazione dei costi da parte del Tar Lazio, e rigettare le richieste di conguaglio espresse dagli autotrasportatori65.

In conclusione, secondo quanto appena delineato, gli unici provvedimenti che, di fatto, manterrebbero validità ed efficacia sarebbero soltanto i costi minimi elaborati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel periodo anteriore all’approvazione e alla pubblicazione degli stessi da parte dell’Osservatorio sulle attività dell’autotrasporto: quindi nell’arco temporale compreso tra giugno 2009 e novembre 2011, e purché non prescritti.

Soltanto in riferimento a questo periodo, pertanto, i giudici potrebbero riconoscere, in modo legittimo, il credito dell’impresa di autotrasporto per non aver applicato il sistema dei costi minimi di esercizio.

64 Così, G.BENELLI, La disciplina dell’autotrasporto merci tra autonomia negoziale e pubblico

interesse, op. cit., p. 194.

65 Cfr., tra le tante, Cons. St. 22 luglio 2016, n. 3307, in Dejure Giuffrè; Cons. St., sez. IV, 18

novembre 2013, n. 5459, in Dejure Giuffrè; Cons. St., sez. III, 20 aprile 2012, n. 2350, in Dejure Giuffrè.

155

CAPITOLO V

RIFORMA E «CONTRORIFORMA» DI SETTORE A

CONFRONTO

5.1 Autonomia contrattuale delle parti: il decreto legislativo n. 286/2005 vs la legge n. 190/2014. – 5.2 Ulteriori aspetti della legge di stabilità 2015 deputati alla tutela della sicurezza stradale e sociale: il regime della responsabilità solidale del committente. – 5.3.1 Il sub-trasporto: l’azione diretta del sub-vettore nei confronti del mittente. – 5.3.2 La fattispecie del sub-trasporto alla luce della legge n. 190/2014. – 5.4 Ulteriori novità proposte dalla legge di stabilità 2015: la soppressione della scheda di trasporto e l’introduzione della negoziazione assistita.

5.1 Autonomia contrattuale delle parti: il decreto legislativo n. 286/2005 vs la legge n. 190/2014

La riforma del settore dell’autotrasporto di merci su strada è iniziata per mano del d. lgs. n. 286/20051, resosi artefice dell’introduzione di numerose ed importanti novità in materia tra cui la promozione dell’uso della forma scritta nei contratti di trasporto, interpretata come forma privilegiata e consigliata dal legislatore; l’introduzione di norme intese a favorire lo sviluppo del settore attraverso un sistema di controllo e misure sanzionatorie a carico di tutti i soggetti coinvolti nell’operazione di trasferimento merci, ad opera dell’art. 7 dello stesso decreto; la previsione delle istruzioni scritte e fornite al vettore mediante la «scheda di trasporto» a connotazione di maggiore trasparenza nelle operazioni di filiera; e soprattutto la restituzione dell’autonomia negoziale alle parti grazie all’abrogazione delle tariffe a forcella, sistema tariffario obbligatorio istituito dalla l. n. 298/1974.

156

A perfezionamento del procedimento di riforma iniziato dal decreto sopra menzionato si aggiunge, a seguito di ulteriori normative intermedie, la l. n. 190/2014 che, apportando modifiche all’art. 83 bis, d. l. n. 112/2008, restituisce autonomia contrattuale alle parti rendendole libere di determinare il corrispettivo del contratto di trasporto che le vede coinvolte: essa prevede infatti l’abrogazione delle disposizioni concernenti la determinazione autoritativa del corrispettivo nelle prestazioni di autotrasporto di cose in conto terzi.

La l. n. 190/2014, nota anche come legge di stabilità 2015, riprende la maggior parte delle disposizioni previste dal d. lgs. n. 286/2005, modificandole o integrandole, dando vita ad una sorta di controriforma del settore, improntata però agli stessi principi di quella iniziata nel 2005, prestando particolare attenzione a quello della libertà negoziale ed alla tutela della sicurezza della circolazione stradale2.

In riferimento proprio a quest’ultima questione, il legislatore ha voluto reintrodurre la libertà contrattuale non tralasciando, però, la garanzia della tutela della sicurezza stradale, tentando anzi di coniugare i due principi nella determinazione del corrispettivo dei servizi di trasporto; ha, infatti, modificato il comma 4 dell’art. 83 bis ribadendo che «i prezzi e le condizioni sono rimessi

all’autonomia negoziale delle parti, tenuto conto dei principi di adeguatezza in materia di sicurezza stradale e sociale»3.

Cedere, però, alle pressioni liberalizzatrici del settore non significava ribadire il principio della libera determinazione del corrispettivo in modo assoluto e senza condizione alcuna: le parti, sono tenute al rispetto delle norme poste a tutela della sicurezza sociale e della sicurezza stradale, nell’esercizio della loro libertà contrattuale.

2 Cfr. A.ZAMPONE, Novità nell’autotrasporto di cose per conto terzi, op. cit., pp. 497 ss.

3 A.CLARONI, La riforma dell’autotrasporto nella legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di

157

Al fine di raggiungere questo scopo in modo concreto, il legislatore ha previsto l’obbligo, per il Ministero, di pubblicare sul proprio sito internet «i valori

indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi», con cadenza mensile4; discostandosi da quanto aveva attuato con la riforma del 2005, per mezzo della quale aveva introdotto il principio della libera determinazione del corrispettivo delle parti, in maniera invece assoluta, quindi senza prevedere condizioni che assicurassero e garantissero il rispetto delle norme poste a tutela della sicurezza stradale.

Così facendo si vedevano realizzati due fondamentali scopi nel settore: si garantiva, finalmente, l’autonomia delle parti, lasciandole libere sia nello stabilire le condizioni contrattuali, che nel fissare il prezzo della prestazione di trasporto come meglio ritenevano, e si condizionava il vettore al rispetto di tutte le disposizioni normative poste a tutela della sicurezza stradale e sociale, come stabilito dall’art. 7, d. lgs. n. 286/2005.

I valori indicativi di riferimento introdotti dal comma 250 dell’art. 1, l. n. 190/2014, e determinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono, a conferma di quanto sopra delineato, strettamente connessi al rispetto delle disposizioni sancite a garanzia del rispetto della sicurezza stradale e di quella sociale; principio confermato anche da un provvedimento del 24 febbraio 2015 del Ministero stesso5, in cui viene precisato che nella determinazione di tali valori di riferimento sono considerati due principali fattori: da una parte, i costi collegati ai profili di sicurezza, dettati dalle norme del Codice della strada; dall’altra il fattore tempo e le disposizioni comunitarie in materia di tempi di guida e di riposo, di cui al Reg. (CE) n. 561/20066.

4 Ai sensi dell’art. 1, comma 250, l. n. 190/2014.

5 Provvedimento recante «Pubblicazione valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio

dell’impresa di autotrasporto per conto di terzi (articolo 1, comma 250 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 – Legge di stabilità 2015)», in A. CLARONI, La riforma dell’autotrasporto nella legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), op. cit., pp. 70 ss.

158

È il Ministero stesso, pertanto, a dichiarare «l’abrogazione di qualsiasi sistema

tariffario obbligatorio o di “costi minimi di esercizio” […] ed il conseguente riemergere della libertà di negoziazione del corrispettivo del trasporto, con l’esigenza di garantire che le operazioni di trasporto si svolgano nel rispetto delle norme sulla sicurezza della circolazione stradale e sociale»7 tentando di utilizzare tutti gli strumenti normativamente a disposizione, per coniugare al meglio i due principi sopra enunciati.

In materia, sopraggiunge anche il parere dell’AGCM del 22 aprile 2015, nel quale l’Autorità avanzava il dubbio che la nuova disciplina dei valori di riferimento potesse, in qualche modo, ricordare il previgente sistema dei costi minimi di esercizio e quindi risultare contrario al principio della concorrenza, secondo quanto statuito dalla Corte di Giustizia; il Ministero, prendendo atto di tale disposizione dell’Autorità antitrust, ha deciso di inserire, nelle tabelle pubblicate successivamente, un elenco di voci di costo senza fornire indicazione dei valori numerici di riferimento, proprio al fine di evitare eventuali effetti negativi sulla concorrenza.

Dalla lettura dell’art. 4, comma 2, d. lgs. n. 286/2005, che sancisce la nullità delle clausole dei contratti di trasporto qualora comportino modalità e condizioni di esecuzione in contrasto con le norme sulla sicurezza della circolazione stradale, si può dedurre che siano altrettanto nulle quelle clausole contrattuali che stabiliscano prezzi del trasporto inferiori ai valori indicativi determinati dal Ministero, in quanto le stesse clausole potrebbero automaticamente essere in contrasto con le norme in materia di sicurezza stradale, dato che i valori indicativi sono strettamente connessi a queste ultime.

Nonostante il sopraggiungere della liberalizzazione del corrispettivo nel settore, il vettore vanta ancora un’arma a suo favore mirata a far valere i suoi diritti

7 Cfr. M.RIGUZZI, La nuova (ed ennesima) riforma dell’autotrasporto di cose per conto di terzi,

159

in caso di «inadeguatezza» del compenso pattuito anche dopo averlo inizialmente accettato.

Qualora, infatti, egli si renda conto che il compenso sancito con la controparte sia insufficiente a coprire i costi di esercizio, secondo gli standard individuati dal Ministero, può procedere con la richiesta di adeguamento adducendo quale motivazione la stessa inadeguatezza del corrispettivo stabilito, poiché al di sotto dei valori indicativi di riferimento previsti e quindi, di conseguenza, in contrasto con le norme in materia di sicurezza.

Il vettore, non è chiamato a dimostrare l’inadeguatezza dell’importo del corrispettivo pattuito, ma soltanto ad evidenziare la non sufficienza dello stesso a coprire i costi che è chiamato a sostenere per eseguire la prestazione di trasporto; l’onere della prova spetta, piuttosto, al mittente, a dimostrazione che il compenso pattuito era adeguato al tipo di servizio richiesto, ed all’altezza di coprire tutti gli standard richiesti in materia di sicurezza: il costo del lavoro, l’ammortamento dei mezzi, i bolli, l’assicurazione, la manutenzione e gli adempimenti contributivi ed assicurativi.

Importante menzione merita anche la modifica apportata al sistema della fuel

and toll surcharge, di cui all’art. 83 bis, comma 5, concernente l’adeguamento

della parte del corrispettivo destinata alla copertura del costo del carburante sostenuto dal vettore, in base alle variazioni del prezzo del gasolio e delle tariffe autostradali italiane.

Per mezzo della legge di stabilità 2015, infatti, questa norma viene considerata derogabile: qualora le parti decidano di omettere di indicare nel contratto, o nelle fatture, la parte di corrispettivo rispondente al costo del carburante, rinunciano, di conseguenza, a tale adeguamento del corrispettivo previsto8.

8 Cfr. M.RIGUZZI, La nuova (ed ennesima) riforma dell’autotrasporto di cose per conto di terzi,

160

5.2 Ulteriori aspetti della legge di stabilità 2015 deputati alla tutela della