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Strategia missionaria salesiana

Nel documento DON BOSCO (pagine 88-91)

Don Bosco dovette rendersi conto di tutto questo. Da Torino non fece alcuna pressione perché i suoi s'impegnassero in azioni rischiose, le quali avessero soltanto lo scopo di sostenere in Europa l'ardore missionario dei gio- vani, la propaganda e la beneficenza. Non esita tuttavia a far leva sui selvaggi nelle circolari propagandistiche e nell'architettare la tattica missionaria. I1 piano fu così disposto: aprire collegi nelle citti confinanti con le terre degli Indi, accogliervi figli di selvaggi, avvicinare per loro mezzo gli adulti. Era una tattica analoga a quella che nella lunga esperienza di educatore e dirigente di opere educative aveva trovato efficace nei paesi civili:

«Aperte queste case - scriveva in una circolare dell'ottobre 1876

-

attivati questi ricoveri, si assicura la moralità e la religione fra gl'indigeni, si pu6 dare una educazione scientifica e cristiana ai fanciulli di ogni classe, e intanto si colti- vano quelle vocazioni ecdesiasticbe, che per avventura si manifestano tra gli allievi.

In questa guisa si spera di preparare dei missionari pei Pampas e pei Patagoni, quindi i selvaggi diventerebbero evangelizzatori dei medesimi selvaggi senza pericolo di vedere rinnovati i massacri dei tempi andati » (33).

Progetto tattico ingegnoso, ma per sé ancora assai evanescente e non rispondente a una conoscenza adeguata dei fatti, sia per quanto riguardava l'avere alunni indii, sia per quel che riguardava le vocazioni religiose ed eccle- siastiche, sia infine perché bisognava che confluissero altre circostanze pro- pizie se si voleva che non si verificassero i temuti massacri. Don Bosco tuttavia

0')

BARBERIS, La rep. Argentina, p. 175s: lettera da Buenos Aires, 10 maizo 1876.

(32) Museo delle Missioni catt., 16 (1873) p. 63.

(33) CHIALA, Da Torino alla rep. Argentina, p. 251.

ama far balenare il suo progetto agli occhi dei suoi figli, farlo apparire quasi già una realtà, palesando loro le fasi che trasformavano il progetto tattico in piano strategico, ormai che i Salesiani si erano attestati a Buenos Aires e a S. Nicolis:

«Ora trattasi di effettuare un novello istituto nella città di Doiores, altro a Carmen, ultimo paese della Repubblica Argentina tra l'Atlantico e la Patagonia.

Da lettere ricevute in questo momento dai Missionari ci viene data la grande consolazione che in tre parti i selvaggi dimandano Missionari che vadano tra loro ad annunziare il regno de' cieli. Altre case, altri ricoveri dello stesso genere sono progettati nella Repubblica del Chili. Colà ci è offerto di aprire in Santiago, che n'è la capitale, un ricovero per le moltitudini di fanciulli abbandonati, che vivono senza istruzione, affatto privi di mezzi per conoscere Dio Creatore, un collegio a Valparaiso, seconda città di quella Repubblica, un piccolo seminario nella città di Concezione, ultima Diocesi al sud e confinante coi selvaggi della Patagonia » (%).

Sembra quasi che da ogni parte stia diventando imminente l'accerchia- mento dei selvaggi Patagoni, sui quali avrehhero puntato, pacifici conquistatori, i Salesiani.

Come accennano le lettere dei missionari, tentativi sporadici di penetra- zione nella Pampa centrale e nella Patagonia erano stati fatti in passato, ma propriamente da un cinquantennio non era più stata possibile un'attività orga- nizzata a largo raggio. A sud, sulla foce del Rio Negro, avamposti militari che avevano dato origine a piccoli centri di gauchos a Carmen di Patagones (o sem- plicemente detta Patagones, ovvero Carmen) e a Viedma, erano religiosamente assistiti dai padri Lazzaristi, i quali avvicinavano, quando era possibile, rag- gruppamenti di Indi non lontani dai forti, come a Carhué, a nord di Bahia Blanca (35).

Azioni coraggiose di evangelizzazione e pacificazione nel 1872 erano state fatte presso tribù Ranqueles dai Francescani Minori che avevano avuto affidate da Propaganda Fide le missioni della Pampa e avevano come centro di aiione il convento di Rio Cuarto, considerato ancora nel 1876 avamposto di fron- tiera

P).

Ma la situazione tesa tra Argentini e Indi in quegli anni rendeva quanto mai difficile e precaria ogni attività che avesse voluto presumere di organizzarsi sul tipo delle antiche riduzioni del Paraguay, descritte dal visconte di Chateaubriand o dal Muratori.

Da tempo gli Argentini avevano costruito una serie di fortini, che veni- vano impiantati sempre più addentro, man mano che coloni osavano collocarsi in mezzo alla Pampa, esponendosi agli assalti e alle razzie dei guerrieri indiani (i malones). Ma il sistema dei fortini dava una protezione davvero precaria,

(3) CHIALA, Da Torino alla rep. Argentina, p. 250.

P5)

R. TAVELLA, Las Misiones Salesianas de la Pampn . .

. ,

Buenos Aires 1924 (infor- mato, serio, attinge a documenti d'archivio); A. PALMIERI, Argentine in DHGE, 1, Paris 1930, CI. 41.61 (con ricca bibliogr.).

(39 TAVELLA, Las Misiones Salerianas, pc. 14, p. 178-188.

«Appena essi videro scomparso il pericolo di essere massacrati, animati da grassi stipendi, si recarono a piantare le loro tende nelle colonie cattoliche. Qui sotto alla apparenza di esercitar la medicina, la chirurgia, la farmacia, prodigando ogni sorta di mezzi, riescono a cagionare grave imbarazzo ai Missionari cattolici » (").

Espressioni che potevano avere ( e nel caso, avevano) un fondamento reale, ma lasciavano nell'ombra sinceri moventi religiosi anche di Protestanti, la cui opera poneva a confronto, oltre che vari tipi di credenze, anche diversi sistemi missionari, diversa preparazione tecnica, diverse attrezzature, diverse possibilità finanziarie.

Uno degli ideali più cari a Don Bosco era di potere mostrare un giorno Indi divenuti missionari. Già nel 1876 ne scriveva come se fosse qualcosa già in atto:

« I1 progetto di formare dei missionari indigeni, pare sia quello benedetto dal Signore, poiché vi son già dei giovani grandicelli indigeni i quali fecero richiesta e vennero ammessi tra i Missionari. Vivo desiderio di costoro è di farsi ecclesiastici e andar a predicare il Vangelo tra i selvaggi ~ ( 4 7 ) .

Era un sogno che all'atto pratico, in quelle circostanze si dimostrava asso- lutamente irrealizzabile. Alle insistenze di Don Bosco i suoi figli d'America opponevano la realtà. Non solo era impossibile avere Indi in noviziato, ma era estremamente difficile ottenere che giungessero a buon compimento le vocazioni di nativi.

Don Tomatis, missionario aduso alle grandi fatiche e che poteva vantare un discreto successo tra gl'indigeni, scriveva a chiare lettere il

5

novembre 1885 che le vocazioni purtroppo si coltivavano con pochissimo esito:

« È raro che un padre permetta a suo figlio di farsi sacerdote; ragione per cui, malgrado i fiorentissimi collegi dei Gesuiti, Francescani, Baionesi, Lazzaristi e altri, i sacerdoti che lavorano in queste terre sono quasi tutti stranieri.

. .

Ogni anno entrano in Seminario venti giovani ed escono diciotto o diciannove»(*).

I

dieci indigeni che Don Bosco aveva annunziato sulla via del Sacerdozio nel 1876, futuri missionari dei propri fratelli di razza, erano una sua otti- mistica speranza giacché erano con molta probabilità dieci nativi argentini, o figli di emigrati, che sotto la sua penna, scrivendo ai benefattori, erano diven- tati indigeni selvaggi (").

Quanto alle vocazioni, scriveva Don Tomatis, « stiamo peggio che in terre d'infedeli »: « Da San Nicolis sono usciti finora quattro o cinque Sale-

(") CERI*, Epistolario 2297.

i") Circolare edita in CHIALA. Da Solino alla reo. Argentina. o. 251

. .

.

,

(&) MB 17, p. 631.

( q ) Dali'elenco generale della Società salesiana degli anni 1876 e '77 non risulta infatti alcun indio come ascritto; ma che i primi novizi non fossero indigeni è un fatto risaputo nei mondo saiesiano argentino.

siani, e sono in Buenos Aires, novizi o professi triennali. Al presente però abbiamo molte speranze » (").

Di fatto l'antico tronco spagnolo, i nuovi apporti di emigrati europei non mancarono in seguito di corrispondere ai generosi entusiasmi, ai sudori e aUe preghiere dei Salesiani, permettendo di costituire una casa di Noviziato a Bernal, dove fu trasferito da Buenos Aires quello ch'era stato appena un desiderio o un embrione.

I1 sogno di contare Indi ira le proprie file, vivente Don Bosco rimase solo un sogno. Unico filo di speranza fu proprio un figlio del terribile cacico Manuel Namuncuri, Zefirino, di cui oggi è in corso a Roma il processo di beatificazione.

Altre difficoltà provenivano daUa situazione politica tesa, creatasi dopo l'assunzione di Julio Roca nel 1880 a presidente della Repubblica, tra Governo, opinione pubblica della classe dirigente e i cattolici(").

In Roca e nella sua politica si trovano elementi contrastanti che sono stati, e sono ancora oggi, oggetto di attenzione e discussione degli stessi storici argentini: atti di forza, quasi brutale, ispirati all'antico giurisdizionalismo rega- lista spagnolo, si alternano a gesti liberali, di longanimità verso i cattolici, soprattutto quando interferiscono moventi di amicizia o

di

reale utilità pub- blica della nazione.

Reazioni violente della stampa anticlericale suscitb nel 1880 una lettera pastorale di mons. Aneyros. Non meno violenta fu la tensione nel 1884, quando venne soppresso nelle pubbliche scuole l'insegnamento della Religione (come del resto avveniva in paesi liberali d'Europa) con la clausola cb'era autoriz- zato dove i genitori lo avessero richiesto per i propri figli. Proteste cattoliche suscitarono misure repressive e l'espulsione entri ventiquattro ore del delegato apostolico, mons. Luigi Matera, uomo dal temperamento alquanto diffide(%).

Ai Salesiani in tempi più vicini

ai

nostri venne rimproverato che nell'opera di civilizzazione non si siano ispirati ai metodi dei Gesuiti del Paraguay. Ma, oltre alle difficoltà etniche, climatiche, sociali, altre ve ne erano di ordine poli- tico. Alla fase militare venne fatta seguire in Patagonia quella della « pacifica- zione per mezzo della conversione dei selvaggi a1 cristianesimo con alcune limitazioni. I1 presidente Roca, scrive il Du Boys, « dichiarò che avrebbe dato appoggio manifesto ai Salesiani, ma non vorrebbe che fossero create in Patagonia, come si fece dai Gesuiti al Paraguay, delie riduzioni, cioè delie colonie poste intieramente sotto la direzione d'una società di preti o di re- ligiosi »

t5').

("1 MB 17, p. 631.

( 4 9 ) B. GALINDEZ, La revolucidn del 80. Historia politico argentino, Buenos Aires

1945: L. B. Kn~ss, Arrentine Liberalism and the Church under Julio Roca, in Amhicas 30 (1973-74), p. 319-346.

(3) M. J. SANGUINETTI, Reprexentacibn diplomdtica del Vaticano en los paises del Piate, Buenos Aires 1954; PALMIERI, a. C,, cl. 54.

(51) Du Bous, Don Bosco e la Pia Soc. Salesiana, p. 201.

(52) Du Bous, Don Bosco e la Pia Soc. Salesiana, p. 201: traduzione di lettera ael 20 dicembre 1880.

Forse fu il timore che i Salesiani creassero uno Stato dentro lo Stato, che trovò avverso il presidente argentino non soltanto al progetto di riduzioni, ma anche a quello di un Vicariato della Patagonia per il quale nel 1880, ancora in tempi di precaria amicizia tra Governo argentino

e

S. Sede, Leone XIII

- come scriveva Don Bosco - desiderava vivamente il consenso del generale Roca, senza il quale, soggiuiige Don Bosco

«

la Propagazione della Fede ci dà niente e le nostre Missioni e la stessa autorità governativa nella Provincia Patagonica sono sempre incertissime

» (").

Precipitate le relazioni diplomatiche tra Governo argentino e S. Sede, Propaganda Fide si decise a un'azione unilaterale, in base solo ai suggerimenti dati dai Salesiani

e

dalla Curia vescovile di Buenos Aircs. Smcmbrati da questa diocesi alcuni territori, il 16 novembre 1883 furono eretti il Vicariato apo- stolico della Patagonia settentrionale e centrale, e la Prefettura apostolica della Patagonia meridionale e Serra del Fuoco. Primo vicario apostolico fu mons. Cagliero; primo prefetto apostolico, Don Fagnano. Una lettera di Don Bosco del 31 ottobre 1883 al generale Roca che informava sulle imminenti decisioni e tendeva a strapparne il consenso, fu un tentativo disperato, che non ottenne risposta

(").

Mons. Cagliero, preconizzato il 13 novembre vescovo titolare di Magida, fu consacrato a Torino nel santuario di Maria Ausiliatrice il 17 dicembre 1884. Sbarcò a Montevideo il 12 marzo 1885 e il

23

si arri- schiò a passare a Buenos Aires. Poggiando quindi sull'amicizia personale di Don Costamagna con il generale e sulla simpatia che questi manifestava di avere per l'abilità e la carità di Don Bosco, riuscì a ottenere il benestare alla situazione di fatto. L'8 luglio fece il suo ingresso a Patagones, ottenne di riavere al fianco Don Milanesio, che nel 1883 era stato espulso dal governatore;

iniziò la riorganizzazione dei centri missionari, potenziò l'attività dei suoi col- laboratori, esercitando un valido influsso su indi e civili

(").

Solo allora poté dirsi su basi sicure e promettenti l'opera di civiltà e di evangelizzazione.

.

Don Bosco seguì per le missioni della Patagonia una traiettoria analoga a quella che percorse nel creare la Società Salesiana. Poggiando su complesse necessità civili e religiose dell'Argentina, s'introdusse nel paese col favore e i'aiuto delle autorità ecclesiastiche e politiche, con la simpatia del popolo e delle congregazioni religiose, con i sussidi della beneficenza internazionale. Poi

(")

DB

a Don

Giacomo Costamagna, Torino, 12

novembre

1880,

Epistolario, 3,

n. 2108.

~~ ~~~

P') MB 16,

p.

379 s;

Epistolario, 4, n.

2439.

(9

J.

e

F.

AVEI~À,

Mons. Dr. Mariano A. Espinosu,

Buenos Aires 1945;

L.

CARBAJAL,

Le rnissio>ri salesiane nella Patagonia e regioni rnagellaniche studio storico-statistico, S .

Benigno Canavese 1900,

p.

16s;

L.

MASSA, S.D.B.,

Monogrufa de Maguilunes. Sescntn ufios de uccidn salesiuna en e1 Sur. 1886-1946,

Punta Arenas 1945

(opera

dei missionari francescani

e

poi dei Salesiani, specialm. di mons. Fagnano);

R.

ENTRAIGAS,

Monsc>jor Fagnano . . .

, Buenos Aires 1945;

ID., E1 apostol de lu Patagonia,

Rosario 1955

(biografia documentata del card.

Giovanni Cadiero).

volse tutto in modo da ottenere l'autonomia giuridica ai suoi, sia come reli-

Nel documento DON BOSCO (pagine 88-91)