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Strategie di marketing per sopravvivere in un mercato in crisi

CAPITOLO 3 – IMPATTO DELLA CRISI SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E

3.2 Strategie di marketing per sopravvivere in un mercato in crisi

Uno dei filoni di studio di maggior interesse nelle discipline di management è quello sull’approfondimento delle cause che portano a diverse performances tra aziende potenzialmente simili.

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Il core business di un’impresa è dato dall’insieme delle attività che maggiormente contribuiscono a produrre il fatturato.

Si cerca cioè di indagare i motivi alla base del successo o dell’insuccesso dei diversi competitors63.

Si tratta di uno studio particolarmente interessante specie nell’attuale contesto di profonda crisi nel quale le imprese devono impegnarsi il più possibile nella scelta delle migliori strategie per non andare a fondo.

Questo paragrafo cercherà di mettere in evidenza quali possano essere le politiche gestionali più appropriate nel contesto attuale per cercare di sopravvivere alla depressione economica in atto.

Si ritiene che alla base dei diversi risultati aziendali vi siano scelte strategiche più o meno adeguate. Quelle meglio rispondenti alle esigenze del mercato permettono di ottenere un vantaggio competitivo64 che consiste nella capacità di un’impresa di superare la redditività delle altre.

Una strategia di marketing vincente punta al raggiungimento di questa situazione privilegiata che si può concretizzare in un vantaggio di differenziazione o in un vantaggio di costo.

Come Porter ci insegna un’impresa si differenzia dai propri concorrenti “quando offre qualcosa di unico che gli acquirenti valutano di più di una semplice offerta a basso prezzo”65

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Il vantaggio di differenziazione si concretizza però solo quando l’impresa, tramite un opportuno ricarico sul prezzo di vendita, è in grado di coprire il costo sostenuto per la produzione del nuovo output.

Fondamentale per l’impresa è essere la first mover, cioè la prima a creare un nuovo mercato, un nuovo modello di business e ad avere l’abilità di fare la cosa giusta al momento giusto.

Fondamentale infatti è anche la scelta del tempo e cioè del momento più appropriato per mettere in atto la differenziazione perché un’errata percezione del timing potrebbe rendere inutile il maggior costo sostenuto per ricercare il vantaggio competitivo.

La prima operazione da compiere è effettuare un’accurata analisi della domanda tramite ricerche di mercato al fine di determinare le possibilità di differenziazione, di capire se i

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Per un maggiore approfondimento sull’argomenti vedi Luca Anselsi – Luca Del Bene – Fabio Donato – Ludovico Marinò, Elementi per il management aziendale, materiale didattico per il corso di Economia Aziendale II, legatoria Il Borghetto, Pisa 2001.

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Il primo a fornire una definizione di vantaggio competitivo è stato Chamberlin nel 1939 con il suo scritto The theory of monopolistic competition. Il concetto sarà poi ripreso da Porter nel 1985 nella sua opera Competitive Advantage.

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Citazione tratta da M. E. Porter, Competitive Advantage, New York, Free Press, 1985. Traduzione italiana - Il vantaggio competitivo, Milano, Edizioni Comunità, 1987.

consumatori siano disposti a sostenere il premium price connesso e di individuare il segmento di mercato più adatto a reperire il nuovo output.

Occorrerà identificare i bisogni dei consumatori e segmentare il mercato aggregando i soggetti con caratteristiche omogenee all’interno di sottosistemi.

Definiti a quel punto dei target di riferimento per ogni segmento si punterà al raggiungimento di un vantaggio di differenziazione all’interno di quello o di quelli prescelti.

Chiaramente il first mover sostiene costi maggiori per l’innovazione rispetto a quelli che gravano sui concorrenti intenti solo in un’opera di imitazione. Si sobbarca inoltre il rischio di insuccesso legato ad esempio al fatto che abbia operato una scarsa differenziazione rispetto al prodotto concorrente, o che non abbia ben identificato il segmento di mercato nel quale inserirlo, o che la qualità non sia quella adeguata alle richieste dell’acquirente, o che magari il prodotto non abbia in realtà le caratteristiche promesse.

La contropartita a tutto ciò però è data dai profitti superiori alla media dei quali si beneficia se si riesce a soddisfare prima di altri un bisogno nuovo.

Il rischio è legato al fatto che affinché la differenziazione sia efficace occorre che il consumatore percepisca l’unicità del prodotto e attribuisca un valore a tali caratteristiche innovative essendo quindi disposto a sostenere un prezzo più elevato per il suo acquisto rispetto a quello praticato dai concorrenti.

L’estremizzazione della differenziazione sarà data dalla personalizzazione che diviene ancora più rischiosa nel caso in cui il bisogno da soddisfare non sia stato ben identificato o non sia di primaria importanza per il consumatore.

E’ chiaro che il vantaggio di differenziazione assume un grosso limite nel caso delle cosiddette commodity e cioè di quei prodotti altamente standardizzati quali il cemento, il cotone, l’acciaio, il grano, l’acqua ma in realtà il bravo manager riesce a differenziare anche questo tipo di output ad esempio con l’inserimento di servizi accessori.

Un esempio può essere fornito dalla nota catena di ristorazione Mc Donald’s la quale ha dotato i propri ristoranti di aree di gioco dove i bimbi possono trascorrere in allegria delle ore mentre i genitori cenano66.

Lo scopo della differenziazione deve essere quello di creare un valore per il consumatore aumentandone considerevolmente il livello di soddisfazione.

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Politica adottata anche da molti altri ristoranti che si sono dotati di vere e proprie aree attrezzate e talvolta anche di personale qualificato che si occupi dei bambini.

Analisi di mercato preventive permetteranno quindi di stimare quali siano i bisogni del cliente spesso inespressi al fine di soddisfarli prima di qualsiasi altro concorrente. La differenziazione porta all’unicità del prodotto che verrà scelto tra tanti proprio perché ritenuto diverso, a più alto valore aggiunto.

Tale operazione è tanto più difficile quanto più il prodotto è standard. In tali casi si potranno ad esempio attuare tecniche di packaging più accattivanti, che colpiscano maggiormente l’attenzione del consumatore o che rendeva il prodotto più “comodo” come nel caso dei contenitori del latte provvisti di un tappo per la conservazione una volta aperti o delle scatolette di tonno con la comoda apertura che non richiede l’uso dell’apriscatole.

Nel caso dei fast food, ad esempio facendo ancora una volta riferimento ai noti centri di ristorazione Mc Donald’s, notiamo come questi abbiamo inserito nel menù riservato ai più piccini regalini a basso costo per l’impresa ma che generano alta soddisfazione nel cliente finale.

La differenziazione ovviamente comporta dei costi aggiuntivi legati ad esempio all’acquisto di input di maggiore qualità, alla presenza di maggiori scorte in magazzino dovute alla necessità di soddisfare un incremento della domanda, alla spese pubblicitarie per far conoscere il proprio prodotto.

L’azienda dovrà ovviamente difendere il vantaggio di differenziazione ottenuto cercando di dissuadere i competitors dall’imitazione, facendo ritenere loro altamente difficile raggiungere una redditività simile e cercando di occupare il numero più elevato possibile di nicchie di mercato per lasciare sempre meno spazio al concorrente.

La maggiore o minore durata di tale vantaggio dipenderà dalla capacità dei concorrenti di imitare il nuovo prodotto o addirittura innovare nuovamente l’output.

Essere i primi ad aver differenziato il prodotto comporta però in ogni caso una fidelizzazione della clientela che identifica la soddisfazione di quel particolare bisogno, magari precedentemente inespresso, con quella specifica impresa.

Il first mover porta la differenziazione all’estremo fino a non essere solo il primo a fornire quel certo prodotto con quelle certe caratteristiche ma addirittura l’unico.

E’ chiaro però che per difendere la propria posizione dovrà avere un’elevata flessibilità nei confronti delle sollecitazioni esterne e della risposta dei concorrenti.

Per cercare di contenere i costi connessi a tale politica di marketing si dovrebbe cercare di operare la differenziazione nelle ultime fasi della produzione che solitamente corrispondono a quelle meno onerose per l’impresa.

Questo anche perché il vantaggio di differenziazione si ottiene quando l’impresa è in grado di conseguire un premio sul prezzo che ecceda il costo sostenuto per attuare tale politica67.

Occorre quindi analizzare la domanda al fine di determinare se i consumatori finali sono disposti a pagare un sovrapprezzo per quel determinato oggetto.

L’altra variante di vantaggio competitivo è quella basata sui costi, strategia fondamentale in un momento come quello attuale nel quale le risorse nelle mani dell’imprenditore sono ben limitate.

Il costo rappresenta un investimento che l’azienda reputa economicamente utile per lo svolgimento della sua attività e viene inquadrato in una visione dell’apparato produttivo orientata al futuro e non di tipo speculativo68.

Il vantaggio di costo è una delle principali fonti di vantaggio competitivo in qualsiasi settore d’attività e permette all’impresa di divenire leader di costo nel suo settore o nel suo segmento avendo così la possibilità di offrire un prodotto o un servizio identico a quello dei concorrenti ad un prezzo inferiore.

Sostenendo infatti un costo di produzione più contenuto potrà tranquillamente ottenere comunque un margine di ricavo ricaricando in modo inferiore il prezzo di vendita rispetto agli altri offerenti.

In particolare nei settori dei beni e dei servizi indifferenziati le opportunità di concorrenza basate su altri fattori sono ben poche.

L’efficienza di costo spesso diviene uno dei prerequisiti per la redditività aziendale. La prima operazione da compiere a tal fine è quella di scomporre il ciclo produttivo nelle sue diverse fasi al fine di evidenziare quali siano i costi relativi ad ognuna di esse e di distinguere quelli essenziali da quelli eliminabili.

Un utilissimo strumento di analisi è il diagramma tecnologico che si concretizza in una rappresentazione grafica delle varie operazioni attraverso le quali si realizza il ciclo produttivo evidenziandone la sequenza e la coordinazione69.

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Lo scopo dell’impresa infatti è l’economicità e cioè la copertura dei costi con i ricavi nella prospettiva però della creazione di un surplus nel medio lungo termine.

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Per un maggiore approfondimento vedi Egidio Giannessi, Il “kreislauf” tra costi e prezzi, Giuffrè, Varese 1982.

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Per un migliore approfondimento sullo sviluppo di tale modello di analisi vedi Giancarlo Santoprete, Il sistema produzione delle aziende industriali – lo stabilimento e i relativi servizi, Giappichelli Editore, Torino 1993.

L’orientamento dell’impresa deve essere verso l’adozione di cicli il più possibile flessibili in quanto in tal modo la produzione diviene prontamente adattabile alle esigenze e ai desideri della domanda.

Tutte le volte in cui si opera nella medesima categoria di prodotti vi è la possibilità di predisporre processi alternativi sostituendo gli output ottenuti con altri meglio rispondenti alle esigenze del mercato che mutano continuamente, permettendo così alla produzione di divenire dinamica e flessibile. Si accorcia così il time to market che rappresenta il tempo che intercorre fra la progettazione del prodotto e la sua immissione sul mercato.

Nel caso invece di cicli rigidi, ogni modifica nell’output impone revisioni gravose sia nell’hardware che nel software con un conseguente alto incremento dei costi.

E’ quanto accade a quelle imprese che operano in settori maturi quali ad esempio la chimica di base, la siderurgia o a quelle che vogliono sostituire la propria produzione con prodotti appartenenti a categorie diverse.

Un processo rigido però comporta anche dei vantaggi sia perché origina alti livelli di produzione associati a costi unitari relativamente bassi e sia perché permette adeguate economie di scala.

Nel caso di un processo flessibile invece a fronte di una risposta più rapida e maggiormente conforme alle mutate richieste del mercato si hanno costi di realizzazione più elevati.

Quello di cui ogni produzione ha bisogno è un adeguato compromesso tra processi produttivi rigidi e flessibili, la strategia dovrà essere quella del rigido finché possibile e flessibile per quanto necessario.

Il vantaggio di costo è ottenuto tramite le economie di scale e le economie di esperienza e cioè il riuscire a compiere il processo produttivo in modo sempre più efficiente e veloce grazie alle competenze accumulate nel tempo.

Le economie di scala sono fondamentali nella ricerca del contenimento dei costi ma portano ad una standardizzazione del prodotto che spesso si spinge fino alla creazione della catena di montaggio70. Si concretizzano in un aumento più che proporzionale degli output sulla base di un incremento delle risorse impiegate nel processo produttivo.

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Per creare una catena di montaggio occorre suddividere il processo produttivo in tantissime fasi da assegnare ognuna ad un soggetto diverso che ripeterà la stessa operazione per tutto le ore di lavoro con una conseguente alienazione dell’individuo che viene visto come una macchina e cioè solo come un ingranaggio dell’intero sistema.

Le attività produttive che utilizzano questi sistemi sono product oriented e non market oriented, progettano cioè il prodotto in base alle esigenze della produzione e non a quelle del mercato. Sono orientata a soddisfare i bisogni primari, nei quali quindi la domanda non è dinamica ma appare piuttosto statica. Il controllo della qualità è di tipo finale e l’obiettivo da raggiungere è quello del sufficientemente buono.

Nel contesto attuale però si ha bisogno di una sempre maggiore differenziazione del prodotto e di un passaggio verso una produzione orientata al mercato, cercando per quanto possibile di perseguire economie di scala magari in sottofasi del processo produttivo che rimangono standard anche nel caso di variazione dell’output.

Occorre puntare sulla soddisfazione del cliente (customer satisfaction) al fine di fidelizzare la clientela. E’ chiaro che le imprese di più grandi dimensioni saranno maggiormente in grado di mettere in atto strategie e politiche di marketing atte a studiare approfonditamente i concorrenti ed anche i consumatori al fine di meglio soddisfare le loro esigenze.

Le piccole e medie imprese che invece non possono sostenere ingenti investimenti in azioni di marketing strutturate sono spesso in balia del mercato e devono quindi fare leva sulla propria capacità adattativa data dalla loro struttura molto più snella e dinamica.

Il progresso tecnologico a cui le imprese non possono sottrarsi però fa lievitare i costi fissi legati all’acquisto di nuovi macchinari ed alla presenza di personale maggiormente qualificato atto all’utilizzo di macchine sempre più complesse.

Avremo inoltre la presenza di costi fissi d’esercizio come i costi di manutenzione e quelli che si devono sostenere per mantenere efficiente l’impianto che graveranno sul bilancio aziendale anche quando la produzione sarà bloccata da una carenza nella domanda.

Altro metodo atto alla diminuzione dei costi è quello di cercare di ridurre il più possibile il magazzino. Questo pur fungendo da polmone dell’attività produttiva perché permette l’elasticità nei tempi richiesti per le varie attività e la continuità dei processi produttivi e distributivi, è comunque un ingente costo per l’impresa.

Si suol dire che il migliore magazzino è quello che non esiste.

In realtà però è impossibile rinunciarvi totalmente, occorre quindi cercare di renderlo il meno oneroso possibile, utilizzando le migliori soluzioni tecniche legate ad esempio alla sua struttura, alle sue dimensioni, al suo layout e a quello dei suoi impianti,

organizzando al massimo le attività al fine di ridurre al minimo i volumi dei materiali e i tempi di deposito.

La risposta giapponese al tentativo di ridurre il magazzino si è spinta fino all’estrema conseguenza di lavorare senza scorte. Si fa riferimento alla nota tecnica del just in time consistente nell’acquistare gli input al momento dell’ordine e solo nell’effettiva quantità necessaria per alimentare il processo in quel momento. Non ritengo però che sia questa la soluzione ottimale, la giusta risposta a mio parere sta proprio in un adeguato compromesso fra assenza totale del magazzino e sua presenza nel limiti del necessario per evitare blocchi nella produzione.

Importantissimo per un’azienda è ridurre il proprio orizzonte di programmazione della produzione. Questo è fondamentale specialmente nell’attuale situazione di intensa crisi in cui la domanda di mercato si rivela difficilmente prevedibile e si rischia di produrre troppo alimentando in modo esagerato il magazzino o di produrre troppo poco non essendo quindi pronti a soddisfare un eventuale e imprevisto incremento della domanda con un incremento nei costi nel caso di prodotto non venduto o di perdita nei ricavi nella seconda ipotesi.

Nell’attuale contesto perdere una commessa potrebbe risultare un errore veramente gravissimo per un’azienda perché accanto alla perdita economica legata al mancato guadagno comporterebbe il rischio di una perdita nella fidelizzazione della clientela la quale rivolgendosi ad altri fornitori potrebbe scoprire soggetti con prodotti meglio rispondenti alle proprie esigenze.

Si passa quindi da un concetto di just in time ad uno di market oriented.

L’azienda inoltre ha bisogno di rivolgere la sua attenzione verso un concetto di prodotto allargato nel senso che deve essere in grado di fornire ai propri clienti anche tutta una serie di servizi accessori legati ad esso sui quali investire divenendo altamente competitiva e superando di gran lunga i concorrenti.

Un esempio può essere costituito dalla consegna a domicilio di prodotti ingombranti e dal ritiro dell’usato o dall’installazione e dalla manutenzione di apparecchiature elettroniche.

Un fondamentale strumento di analisi atto a definire quali siano i costi sui quali operare e quali invece risultino essenziali per la vita aziendale è costituito dall’analisi costi benefici utilizzata prevalentemente in ambito pubblico al fine di valutare l’opportunità e la redditività di decisioni alternative nelle quali investire le risorse limitate della

pubblica amministrazione ma che può essere utilmente impiegata anche in ambito aziendale.

Destinare una risorsa ad un uso piuttosto che ad un altro richiede scelte strategiche da parte dell’imprenditore il quale deve essere in grado di scegliere la migliore fra le alternative possibili.

L’analista deve puntare alla massimizzazione del profitto e per far ciò individua i costi ed i benefici depurandoli dagli effetti dell’inflazione.

Si va ad identificare il beneficio netto complessivo e se questo è positivo allora l’azione merita di trovare attuazione.

Il primo passo consiste nel capire se esiste un mercato atto ad assorbire i risultati ottenuti.

Strumento fondamentale alla base dell’analisi è un’adeguata contabilità dei costi tenuta con metodi informatici.

L’attività aziendale viene divisa in reparti operativi a ciascuno dei quali corrisponde un centro di costo, alcuni di essi hanno una valenza generale per l’impresa, altri sono legati alla produzione di uno specifico output.

I centri di costo collegati ad una produzione specifica di beni o servizi sono anche centri di ricavo poiché dalla loro commercializzazione derivano i ricavi per l’impresa che a loro volta costituiscono risorse per nuovi investimenti.

Il compito dell’analista sarà quello di valutare i benefici che l’investimento produce sul sistema aziendale monetizzando il risultato ottenuto. Dovrà tenere sempre presente che il valore creato dall’investimento sarà dato da quanto l’acquirente è disposto a pagare per quel prodotto o servizio.

Sulla base delle deduzioni così effettuate andrà a scegliere fra le varie alternative quella a maggiore remunerazione, destinando così le risorse nel modo più adeguato al fine del raggiungimento del pareggio di bilancio o ancor meglio del surplus.

I benefici saranno derivati se legati direttamente ai redditi netti formatisi nel processo di trasformazione del prodotto ottenuto e indotti se connessi invece a miglioramenti anche in altri settori dell’attività.

Per meglio chiarire il concetto si può fare riferimento all’acquisto di un macchinario che produca un prodotto differenziato rispetto a quello standard aziendale e che al contempo permetta di incrementare l’efficienza produttiva mediante tecniche di produzione di semilavorati, idonei alla produzione standard a costi maggiormente contenuti rispetto alle apparecchiature originariamente presenti in azienda.

Il vantaggio di costo può essere legato anche al diverso prezzo di approvvigionamento per le imprese legato sia alla loro forza contrattuale che alla localizzazione dei fornitori in ragione delle differenze esistenti a livello salariale nei diversi paesi.