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Verifica dell’andamento dell’azienda nel tempo tramite l’analisi di bilancio

CAPITOLO 4 – ANALISI DI UN CASO REALE: DESIO & ROBÈ SRL

4.2 Verifica dell’andamento dell’azienda nel tempo tramite l’analisi di bilancio

Si andrà ora ad analizzare quali siano stati gli andamenti economici, patrimoniali e finanziari del caso in esame.

Un validissimo strumento di verifica è fornito dall’analisi di bilancio che sarà condotta sulla base dei dati che emergono dai bilanci del 2010, del 2011 e del 2012.

Non è stato preso in considerazione il bilancio del 2013 in quanto l’azienda versava già in una grave situazione di crisi, gli indici calcolati sulla base di tale esercizio non sarebbero quindi rappresentativi dell’andamento generale della gestione e si potrebbero trarre delle conclusioni errate confrontandoli con quelli relativi ai tre precedenti85. Il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31/12/2010 rileva una perdita pari a euro 1.200.207, nel 2011 la perdita cresce ed è pari a euro 1.694.283 per divenire nel 2012 addirittura 2.416.161 euro.

Notiamo subito quindi un’incapacità dell’azienda di portare avanti una gestione economica, che permetta cioè la copertura dei costi con i ricavi per il raggiungimento del pareggio di bilancio.

Tale tendenza non solo non è un evento occasionale bensì protratto nel tempo ma tende a peggiorare nel corso dei tre esercizi presi in esame.

Nel corso di tutti e tre i periodi, la società ha continuato a svolgere la sua attività di commercio al dettaglio della grande distribuzione con vendita di mobili e arredamenti, complementi d’arredamento, TV, Hi-Fi, grandi e piccoli elettrodomestici, lampadari ed illuminazioni, articoli di ferramenta, giocattoli, casalinghi, liste nozze, prodotti tessili e alimentari.

Nel 2010 è stata potenziata l’attività di importazione dalla Cina e dai paesi Asiatici con estensione anche alla Turchia ed alla Romania. Tale attività si è protratta anche nel 2011 e nel 2012 ma con una riduzione dei flussi.

Nel 2010 la gestione caratteristica86 presentava una perdita pari a euro 1.427.895 che è andata a crescere negli anni successivi divenendo nel 2011 euro 1.529.644 quindi di poco superiore a quella dell’esercizio precedente e incrementandosi in modo consistente nel 2012 con un importo pari a euro 2.595.654.

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L’analisi è svolta sulla base dei bilanci e delle relazioni sulla gestione disponibili presso l’Archivio ufficiale delle C.C.I.A.A.

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La gestione caratteristica o gestione tipica è collegata alle attività svolte dall’azienda al fine di realizzare l’oggetto sociale.

Nel 2010 in realtà c’è però da mettere in evidenza come le vendite siano aumentate del 3.96% rispetto all’anno precedente, questo grazie all’apertura del punto vendita di Livorno.

Si riteneva che negli anni successivi l’apporto sarebbe stato ancora maggiore visto che l’apertura nell’esercizio in corso era avvenuta solo nel mese ottobre.

In realtà però l’azienda probabilmente non è riuscita a sfruttare appieno il nuovo punto vendita e i risultati sono stati al di sotto delle aspettative e delle potenzialità del negozio, nonostante la validità dell’investimento effettuato in linea con la concorrenza se non addirittura superiore.

Nel 2011 infatti le vendite si sono ridotte del 5,65% rispetto all’anno precedente e rispetto a questo nel 2012 sono calate ancora del 36,51%.

Quali le reali cause?

Come si diceva, sorge il dubbio che l’azienda non sia stata in grado di sfruttare pienamente l’investimento effettuato e che quindi la colpa non sia solo della crisi economica in atto.

Nella relazione sulla gestione si cerca di dare una spiegazione a tale trand negativo affermando che le cause sono da ricercare nella congiuntura economica avversa che ha colpito tutta l’economia e nello specifico il settore del commercio al dettaglio.

La relazione sulla gestione analizza anche i costi sostenuti nei tre esercizi.

L’incidenza degli acquisti di merci sia nazionali che estere e del magazzino sui ricavi di vendita è del 68.9% nel 2010, del 66.3% nel 2011 e del 65.6% nel 2012.

Vediamo quindi una diminuzione del costo del venduto con un incremento del margine lordo per la copertura di altri oneri e la produzione di un utile che va dal 31.1% del 2010, al 33.7% del 2011, al 34.4% del 2012.

Si tratta però di percentuali largamente insufficienti per un’impresa che voglia definirsi sana.

Nel 2010, a causa della cessione del punto vendita di Livorno, sito in Via Garibaldi n.216, tramite i noti sottocosto, i prodotti presenti in magazzino sono stati svenduti e in più durante tale operazione, nel corso di un solo mese, si sono verificati ben 4 furti. L’assicurazione ha rimborsato tali prodotti ad un valore decisamente inferiore a quello reale e al netto della franchigia, lasciando fra l’altro i danni alla vecchia filiale a carico dell’azienda. Tutto ciò ovviamente ha avuto ripercussioni negative sul risultato d’esercizio.

La voce spese per prestazioni di servizi vede un incremento dell’8,77% nel 2010 rispetto all’esercizio precedente, ciò è dovuto all’apertura del nuovo punto vendita di Livorno, non solo per l’aumento nelle spese di carburante e costi energetici ma soprattutto per i costi di pubblicità necessari a farlo conoscere alla potenziale clientela. Con il ritorno alla normalità si assisterà ad un decremento di tale voce nella misura di 5,65 punti percentuali nel 2011 e ad un abbassamento di quasi il 20% nel 2012 durante il quale i costi di pubblicità sono quasi azzerati.

Se la diminuzione di tali costi può essere vista come fonte di aumento di ricavi bisogna però evidenziare come in realtà la pubblicità è fondamentale per far conoscere l’azienda quindi probabilmente la scelta di farla divenire quasi nulla non si può ritenere strategicamente corretta.

Nel 2010 si è sviluppata una politica di approvvigionamento improntata all’importazione di prodotti con prezzi di acquisto molto bassi rispetto a quelli normalmente praticati sul mercato.

Questo ha dato vita all’esigenza di stoccaggio delle merci e di scarico di containers presso locali presi in locazione, con il conseguente spostamento di personale e di mezzi. Gli aumenti contrattuali di salari e stipendi e il passaggio di dipendenti verso qualifiche superiori, con ruoli e funzioni di responsabilità maggiori e con contratti e retribuzioni mirati al raggiungimento di budget importanti inoltre hanno fatto sì che la voce salari e stipendi87 fosse pari in valore assoluto a euro 4.468.029, con un incidenza percentuale rispetto ai ricavi di vendita pari al 23.5%.

I costi del personale si sono incrementati anche per via della maggiore forza lavoro resasi necessaria allo smantellamento del vecchio punto vendita di via Garibaldi e soprattutto alla pulizia, all’allestimento, all’esposizione mirata, al nuovo layout aziendale necessari per l’apertura del punto vendita di via Fabio Filzi n.31.

Nel 2011 si assiste già ad una diminuzione nella forza lavoro rispetto all’anno precedente dello 0,47%, il suo costo in valore assoluto sarà ora pari ad euro 4.446.884,53 ma l’incidenza sulle vendite sarà del 24,7% rispetto al 23,5% del 2010. L’incidenza aumenterà comunque nonostante la riduzione delle uscite visto anche il decremento nelle vendite che si rilevava precedentemente nel corso di questa analisi.

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La voce salari e stipendi è formata da retribuzioni, contributi previdenziali e assicurativi, quote TFR e altri costi del personale.

Vista l’ulteriore contrazione nelle vendite nell’esercizio precedente, nel 2012 assistiamo ad una ulteriore riduzione nel costo del personale pari al 22% che in valore assoluto diviene euro 3.444.958 ma l’incidenza su di esse aumenta ancora e diviene del 30,2%. La riduzione in tali costi infatti non rappresenta un trend positivo dell’azienda, bensì è dovuta ad una fase già critica che si concretizza da agosto del 2012 in contratti di solidarietà, nel non rinnovo dei contratti a termine e nell’incentivazione alla mobilità volontaria.

Nel 2010 vediamo una diminuzione del 9.83% nella voce ammortamenti e svalutazioni ma in realtà bisogna considerare che per effetto della rivalutazione monetaria decisa nel 2008 sugli immobili in uso, il valore degli ammortamenti comprende un importo pari euro 887.000 riguardanti gli edifici. Tale valore quindi comprende anche la quota di rivalutazione monetaria che di fatto da vita a delle riserve occulte e svaluta gli immobili quando il loro valore di mercato è di gran lunga superiore.

Tale importo quindi incide sul risultato economico ma in realtà è un costo che va quindi a creare delle riserve occulte.

Queste riserve occulte saranno presenti anche nel 2011 che vede un incremento nella voce di riferimento del 32,7% dovuto all’utilizzo del fabbricato di Livorno resosi intanto disponibile ed operativo.

Ad esso viene applicata un’aliquota di ammortamento pari al 3% e non quella del 6% propria della tabella ministeriale per i fabbricati della grande distribuzione.

Nel 2012 il decremento rispetto al periodo precedente sarà del 2,4% non essendo stati fatti altri investimenti e continuando ad applicare sempre l’aliquota del 3% e non quella del 6%.

Anche in tale esercizio la rivalutazione monetaria andrà a creare delle riserve occulte. Si passa quindi ad esaminare le voci più significative del conto economico.

Per valutare il finanziamento dell’azienda si studia la voce interessi ed altri oneri finanziari che nel 2010 vede un incremento del 61,97%, con un valore assoluto di euro 266.395 dovuto ad investimenti aziendali concretizzatisi nell’acquisto di terreni acquisiti a prezzi altamente concorrenziali al fine di realizzare importanti plusvalenze patrimoniali.

L’aumento degli interessi quindi è legato ad un maggiore indebitamento a breve verso gli istituti bancari al fine di acquisire tali terreni, avere le risorse per un maggiore approvvigionamento di materie prime e sostenere i costi di costruzione e dei permessi a

costruire, delle licenze commerciali e dei disegni esecutivi dei lavori per i comparti 3 e 4 del punto vendita di Visignano, i quali hanno richiesto oltre 5 milioni di euro.

Sono stati sfruttati i fidi dei c/c ordinari. Grave errore questo perché non è finanziariamente corretto sostenere investimenti a medio lungo termine con prestiti a breve.

L’incremento diviene del 50% nel 2011 e di ben l’87% nel 2012 per via di un indebitamento quasi massimo dei fidi e di un aumento percentuale dei tassi di scoperto e di quelli sui mutui ipotecari.

Si ritiene quindi che l’azienda abbia fatto un ricorso esagerato all’indebitamento e probabilmente anche l’operazione speculativa legata all’acquisto dei terreni, seppur potenzialmente altamente remunerativa, può esser vista come troppo azzardata.

Per ciò che riguarda le imposte, pur essendo tutti e tre gli esercizi in perdita, l’IRAP sarà comunque dovuta88 mentre l’IRES graverà solo sull’esercizio 2011 perché nei successivi due la perdita sarà tale da non tramutarsi in una base imponibile nemmeno con l’applicazione della normativa fiscale89

.

Nel 2010 sarà sostenuto anche il costo legato alle imposte differite calcolate sulle plusvalenze sui terreni e le imposte anticipate sulle spese di rappresentanza, sul risparmio energetico per i lavori di risanamento del tetto del fabbricato di Grumolo delle Abbadesse (VI) e sulle rivalutazioni monetarie degli immobili deducibili fiscalmente a partire dal 2012.

Andiamo quindi ad analizzare gli investimenti effettuati nell’azienda.

In tutti e tre gli esercizi presi in esame non sono stati effettuati investimenti in immobilizzazioni immateriali come know how, brevetti, marchi, pubblicità, ricerca, dimostrazione chiara del fatto che l’azienda non dava il giusto peso all’innovazione e rimaneva statica nel tempo, errore che può risultare fatale.

Per le immobilizzazioni materiali invece ci troviamo di fronte ad investimenti molto importanti legati prevalentemente al completamento e all’arredamento del nuovo punto vendita di Livorno.

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L’IRAP è l’Imposta sul Reddito delle Attività Produttive, colpisce anche le imprese in perdita perché la sua base imponibile è data dal valore della produzione netto, cioè al lordo dei costi per il personale e degli oneri e dei proventi di natura finanziaria, entrambi oneri di elevata entità. L’imposta è stata più volte portata al vaglio della Corte Costituzionale per presunti vizi di incostituzionalità ma la Corte ha rigettato tutte le argomentazioni dei ricorrenti non ritenendola in contrasto col principio di capacità contributiva.

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Il reddito civilistico e il reddito fiscale non coincidono in quanto dal punto di vista fiscale vanno seguite regole di determinazione molto rigide che possono spesso portare a risultati eclatanti quali il trasformare una perdita civilistica in un utile dal punto di vista fiscale che farà da base imponibile per l’applicazione dell’imposta.

Si ha inoltre l’acquisizione di nuove aree edificabili ed il sostenimento di costi di costruzione, permessi a costruire, disegni, licenze commerciali verso il comune di Cascina, legati ai comparti 3 e 4.

Tali acquisizioni non sono state volontarie ma necessarie per via dell’entrata in vigore della nuova legge della regione Toscana che modifica le distanze minime delle aree edificabili da 60 a 120 mt, obbligando così all’acquisizione di nuove aree, alla presentazione di disegni e progetti di costruzione, permessi a costruire e oneri connessi. La relativa posta di bilancio passa da euro 18.975.953 a euro 26.260.098 con un incremento del 38.38%.

Tali investimenti si bloccano nel 2011 e nel 2012 per via anche della congiuntura economica negativa che non ha permesso nemmeno di completare e continuare gli investimenti già in essere.

In tal modo quindi gli ingenti investimenti del 2010 non essendo giunti a compimento hanno comportato un costo che non ha poi portato al ritorno economico sperato.

Per quanto riguarda gli investimenti finanziari, mentre nel 2010 non si rileva la loro presenza, nel 2011 e nel 2012 vi è un’acquisizione di 20.000 euro di partecipazioni nelle banche di credito cooperativo di Cascina e di Fornacette, acquisendo così lo status di socio.

Da tale analisi quindi emerge come l’azienda abbia sostenuto investimenti più di tipo speculativo che non legati alla normale gestione aziendale e forse anche questo può essere rilevato come un errore gestionale. Probabilmente quindi non ha dato il giusto peso alla gestione caratteristica che rappresenta il suo core business.

Passiamo ora ad analizzare i principali indicatori di risultato finanziario partendo da quelli economici.

Nel 2010 il ROE era pari a -14,5%, nel 2011 a -25,7% e nel 2012 a -38,8%.

La gestione quindi già nel primo esercizio preso in considerazione non era in grado di remunerare il capitale di rischio investito in azienda e questa incapacità è andata crescendo nel tempo.

Il ROI invece era pari a -4,4% nel 2010, a -5,2% nel 2011 per divenire addirittura quasi il doppio e cioè il -10,3% nel 2012. La gestione caratteristica quindi era sempre meno in grado di remunerare il capitale di rischio.

Il ROS era pari a -7,5% nel 2010, a -8,5% nel 2011 e addirittura a -21,7% nel 2012. Si evidenzia quindi una sempre minore redditività delle vendite con il passare del tempo.

Per quanto riguarda gli indicatori patrimoniali, il margine di struttura primario era dato da -20.477.022 euro nel 2010, da -21.783.057 euro nel 2011 e da -20.136.614 euro nel 2012. L’azienda quindi non era in grado di finanziare le attività immobilizzate con il capitale proprio.

Il rapporto fra mezzi propri e capitale investito era dello 0,26 nel 2010, dello 0,22 nel 2011 e nuovamente dello 0,26 nel 2012. Anche in questo caso vediamo quindi una bassa remunerazione del capitale investito tramite i mezzi propri.

Il rapporto di indebitamento dell’azienda rappresentante la percentuale di debiti contratti dalla stessa al fine di reperire le fonti necessarie a coprire l’attivo dello stato patrimoniale era pari a 0,73 nel 2010, a 0,77 nel 2011 e a 0,73 nel 2012.

L’azienda versava quindi in una situazione di forte sottocapitalizzazione molto rischiosa perché dipendeva in larghissima parte da capitale reperito presso terzi. Tale situazione inoltre generava ingenti costi di finanziamento.

Si va quindi ad analizzare l’incidenza del personale sull’azienda tramite gli indici di produttività.

Il rapporto fra costo del lavoro e ricavi permette di evidenziare quanta parte dei ricavi è assorbita dai costi del personale. Si tratta del 23,5 nel 2010, del 24,7 nel 2011 e del 30,3 nel 2012.

Anche in questo caso si parla di fette di ricavi piuttosto elevate specie se si evidenzia che in nessuno degli esercizi presi in esame spiccano ruoli di rilievo vista la totale mancanza di dirigenti, gli impiegati sono invece 20 nel 2010, 19 nel 2011 e 18 nel 2012, gli operai 110 nel 2010, 101 nel 2011 e 93 nel 2012 e i ricoprenti altri ruoli sono 5 sia nel 2010 che nel 2011 e 0 nel 2012. L’organico è pari a 135 unità nel 2010, 125 nel 2011 e 111 nel 2012.

La maggiore incidenza del costo del personale sui ricavi è data dalla contrazione degli stessi nel corso dei tre esercizi.

Il valore aggiunto operativo per dipendente permette di valutare la produttività dell’azienda sulla base del valore aggiunto pro capite e anche in questo caso si assiste ad un trend negativo legato molto probabilmente al brutto clima interno instauratosi con l’inizio della cassa integrazione, la spinta verso la mobilità volontaria e i contratti di solidarietà che demotivano i dipendenti.

Di certo inoltre non aiutava la scarsa attenzione verso la formazione costituita solo da corsi all’interno del punto vendita.

Il valore aggiunto pro capite era pari a 131.088 euro nel 2010, a 143.739 euro nel 2011 e a 99.189 euro nel 2012.

Netto calo quindi nel 2012, anno in cui gli interventi sulla riduzione dei costi del personale divengono consistenti demotivando la forza lavoro.

L’azienda non era soggetta a rischi finanziari se non a quelli legati alle variazioni nei cambi viste le importazioni dalla Cina e dagli altri paesi asiatici.

Per quanto riguarda le vendite invece il pagamento tipico nel commercio al dettaglio è quello in contanti e gli assegni bancari vengono accettati solo da clienti conosciuti come solvibili, altrimenti viene richiesto il rilascio di assegni circolari90.

L’azienda quindi non era nemmeno soggetta al rischio di insolvenza in quanto la riscossione del prezzo avveniva immediatamente.

L’attività di ricerca e sviluppo risultava molto sviluppata nel 2010 perché legata alla ricerca di mercato prevalentemente per il bacino di utenza e la tipologia di prodotti per il nuovo punto vendita di Livorno.

Negli anni successivi invece era molto più limitata ed era rivolta solo allo studio del bacino di utenza dell’azienda e dell’impatto della concorrenza sullo stesso.

La società non faceva parte di un gruppo e quindi non erano presenti imprese controllate, collegate e controllanti. Situazione comunque tipica delle entità di piccole dimensioni quindi il dato non crea particolare stupore.

Nella relazione sulla gestione per gli anni 2010 e 2011 non venivano evidenziati fatti di rilievo, nel 2012 invece si metteva in evidenza lo stato di criticità nel quale versava l’azienda.

Si deliberava infatti la chiusura dei punti vendita di Castelnovo di Sotto (RE) e di Grumolo delle Abbadesse (VI), prevista per il 31 gennaio 2013.

La stessa sorte è toccata poi nel corso del 2013 ai punti vendita di Livorno e Navacchio. L’analisi di bilancio ha messo in evidenza come l’azienda versasse in uno stato di profonda criticità fin dall’esercizio 2010.

Scelte inadeguate e forse una mancanza di competenze da parte del piccolo imprenditore che è solito accentrare in sé tutti i poteri e le responsabilità, hanno fatto sì che tale situazione non venisse rilevata per tempo.

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L’assegno circolare è un particolare tipo di assegno bancario che viene emesso dalla banca solo a fronte delle relativa disponibilità sul c/c. Contestualmente all’emissione dell’assegno, viene bloccato sul conto il denaro corrispondente al suo importo.

Sono stati effettuati investimenti quali l’acquisto dei terreni al solo fine speculativo e l’apertura del punto vendita di Livorno che non hanno dato i risultati sperati. I costi che fra l’altro erano di notevole entità non sono quindi stati compensati da adeguati ricavi e non hanno permesso così di raggiungere il pareggio di bilancio.

Le scelte di investimento a mio parere non sono state le più adeguate perché sarebbe forse stato più opportuno sfruttare le risorse disponibili per rivolgersi a consulenti esterni, i quali indagando la situazione aziendale avrebbero magari trovato delle soluzioni alternative.

Il piccolo imprenditore però purtroppo molto spesso è restio a rivolgersi a consulenti esterni, sia perché non vuole mettere in mano ad estranei i segreti aziendali e sia perché non lo ritiene necessario.

I titolari hanno quindi preferito scegliere da soli la strada percorribile per venire fuori dalla crisi ma purtroppo i risultati non sono stati quelli sperati visto che nel 2013 siamo arrivati all’apertura della procedura di concordato preventivo.

Prendere invece in considerazione da subito quelli che erano i segnali forniti dai diversi indicatori di bilancio avrebbe magari permesso di intervenire prontamente per cercare di arginare la situazione di crisi che l’azienda viveva.

D’altronde il panorama economico è pieno di piccole e medie imprese che riescono ancora a sopravvivere alla profonda depressione economica in atto e questo ci porta a pensare che probabilmente siano state proprio scelte di gestione inadeguate a portare alla chiusura dell’azienda, la quale operava da più di 50 anni e non poteva quindi che essere considerata solida.

Probabilmente però questa solidità era solo apparente e si è protratta esclusivamente fino a quando la congiuntura economica permetteva di fare errori senza arrivare a conseguenze drastiche.

Nell’attuale contesto purtroppo l’imprenditore non può assolutamente permettersi di