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Verifica dell’andamento dell’impresa nel tempo

CAPITOLO 3 – IMPATTO DELLA CRISI SULLE PICCOLE E MEDIE IMPRESE E

3.4 Verifica dell’andamento dell’impresa nel tempo

Per la verifica dell’andamento dell’azienda nel tempo è necessaria la presenza al suo interno di un adeguato sistema informativo74 che permetta di studiare approfonditamente l’intero processo produttivo.

Una volta stabiliti quali erano gli obiettivi da raggiungere si andrà a fare il confronto con i risultati conseguiti.

Gli eventuali scostamenti andranno giustificati e la prima cosa da fare sarà chiedersi se gli obiettivi erano o meno raggiungibili o se invece si era puntato troppo in alto senza considerare le reali possibilità dell’impresa.

Si risolverà il problema o con un adeguamento della pianificazione aziendale ad obiettivi fattibili o con una azione correttiva mirata ad apportare le modifiche necessarie nella sottofase del processo responsabile dello scostamento.

Si determineranno dei parametri necessari per la verifica costituiti da indicatori di performance e di risultato sulla base dei quali verificare quali siano stati i risultati raggiunti.

Si tratta di indicatori standard definiti a priori.

Un buon sistema di controllo evidenzia gli eventuali scostamenti consentendo di far partire da questi un’azione di miglioramento del risultato ottenuto se non soddisfacente o un’azione correttiva se non si è proprio giunti ad alcun risultato.

Si dovranno quindi indagare le cause chiedendosi se gli scostamenti sono dovuti a previsioni esageratamente ottimistiche o a problemi emersi nel funzionamento dell’unità produttiva ad esempio di tipo organizzativo o al singolo individuo che non ha svolto in modo appropriato la sua mansione, magari per carenza di competenze o conoscenze o semplicemente perché non sufficientemente motivato nello svolgimento del suo lavoro.

74

L’uso di metodologie informatiche aiuta tantissimo i sistemi informativi fino a divenire indispensabile per il loro adeguato funzionamento.

Accanto a quello appena visto che è un controllo di tipo organizzativo ve n’è uno di tipo strategico consistente nel verificare l’adeguatezza delle scelte strategiche dell’impresa nei confronti delle richieste dei mercati e delle caratteristiche dei competitors.

Chiaramente quanto più il controllo è esteso su un numero ampio di persone tanto più sarà possibile che sia meno efficace di quanto sperato.

Nel caso del controllo sul personale è fondamentale non eccedere con rigidità e pesantezza perché altrimenti si rischia che il lavoratore lo percepisca con un non sentirsi apprezzato e demotivato da ciò svolga la sua funzione con ancora minore attenzione. Con le giuste caratteristiche invece il controllo può portare a rasserenare il dipendente meno sicuro che sarà tranquillizzato dal fatto che la sua azione passerà al vaglio di un altro soggetto ed eventuali errori saranno messi in evidenza e corretti in tempo.

Altro metodo per verificare quale sia l’andamento dell’azienda nel tempo è dato dallo studio del bilancio75.

Tale indagine permette di estrapolare degli importantissimi indicatori che forniscono informazioni utilissime a stabilire quanto il complesso aziendale possa definirsi sano. L’analisi di bilancio ha l’obiettivo di valutare l’andamento di singoli elementi contenuti all’interno dei bilanci riclassificati, al fine di esaminarne le relazioni ed interpretare quindi la realtà aziendale esprimendo dei giudizi retrospettivi e o prospettici sull’andamento della redditività aziendale, della struttura patrimoniale, della situazione finanziaria e della produttività.

L’analisi di bilancio può essere condotta per indici o per flussi.

Nel primo caso si attua calcolando il rapporto tra valori ed altre quantità tratte dal conto economico e dalla nota integrativa o dallo stato patrimoniale, precedentemente rielaborati, nel secondo si procede evidenziando le variazioni di natura finanziaria intervenute nelle fonti e negli impieghi, non illustrate direttamente nei prospetti di bilancio.

Tale tipo di verifica si avvale di indici calcolati sotto forma percentuale e si suddivide in analisi economica, patrimoniale, finanziaria e della produttività.

L’analisi economica esamina la redditività aziendale, cioè la capacità dell’apparato produttivo di coprire i costi ed ottenere anche un surplus.

Gli indici presi in considerazione sono i seguenti:

75

Le definizioni e gli indici sono tratti da Astolfi & Negri, Ragioneria applicata e professionale, casa editrice Tramontana, Milano 1998, parte I, capitolo 10, paragrafi 5, 6, 7, 8, 9 e 10.

tasso di redditività del capitale sociale rappresentato dal rapporto tra il risultato economico e il capitale sociale, si tratta di un indice scarsamente significativo perché spesso esiste un notevole divario fra l’importo del capitale sociale e il totale dei mezzi propri. E’ dato da:

utile d’esercizio ⁄ capitale sociale × 100

tasso di redditività del capitale proprio76 rappresentato dal rapporto fra utile

d’esercizio e capitale proprio. Esprime la capacità della gestione di remunerare il capitale di rischio investito nell’azienda dal proprietario o dai soci. Per dare un giudizio sul ROE è necessario confrontarlo con il rendimento di altri investimenti alternativi, ad esempio in altri settori di imprese o in altri impieghi finanziari quali BOT, CCT. E’ dato da:

utile d’esercizio ⁄ capitale proprio × 100

tasso di redditività del capitale investito77 rappresentato dal rapporto tra il

risultato operativo della gestione caratteristica e il capitale investito nell’attività tipica svolta. Il ROI non è influenzato dall’indebitamento poiché nel suo calcolo non incide il risultato della gestione finanziaria. Per giudicarne la congruità è necessario confrontarlo con il costo medio del denaro dato ad esempio dal tasso di indebitamento bancario. Se il ROI supera il tasso da pagare, indebitarsi per effettuare investimenti in azienda risulta conveniente, in caso contrario invece è bene desistere. E’ dato da:

risultato operativo ⁄ totale impieghi × 100

redditività lorda delle vendite78 rappresentata dal rapporto tra i risultati operativi e i ricavi netti di vendita. Il tasso rappresenta una sintesi delle relazioni esistenti tra volumi, costi e prezzi in quanto è influenzato sia dall’efficienza interna che dalle situazioni di mercato. E’ dato da:

risultato operativo ⁄ ricavi di vendita × 100

76

Noto anche come return on equity (ROE).

77

Noto anche come return on investment (ROI).

indice di rotazione degli impieghi rappresentato dal rapporto fra ricavi netti di vendita e totale degli impieghi effettuati nell’attività tipica svolta. Esprime il numero di volte in cui il capitale investito si rinnova. Più tale indice è elevato tanto maggiore è il grado di efficienza dell’impresa che presenta un più rapido ciclo investimenti-disinvestimenti influenzato a sua volta dalla lunghezza dei cicli produttivi, dalle caratteristiche tecnologiche di impianti e macchinari, dalle quantità prodotte e vendute, dal complesso degli impieghi effettuati. E’ dato da:

ricavi di vendita ⁄ totale impieghi × 100

indice di indebitamento79 rappresentato dal rapporto fra il totale impieghi e il

capitale proprio. Quando l’azienda finanzia tutti i suoi impieghi con il capitale proprio (ipotesi assai rara) è pari ad 1, se invece fa ricorso anche all’indebitamento è superiore ad 1. Un indice non superiore a 2 indica un soddisfacente equilibrio fra capitale proprio e di terzi, un quoziente maggiore di 2 segnala il ricorso ad un notevole indebitamento. Più l’azienda è sottocapitalizzata più l’indice aumenta. E’ dato da:

totale impieghi ⁄ capitale proprio

tasso di incidenza della gestione non caratteristica rappresentato dal rapporto fra utile d’esercizio riferito alla gestione patrimoniale, finanziaria, straordinaria e dal carico fiscale e risultato operativo. Tale tasso aumenta se vi è il concorso in senso positivo delle altre gestioni del reddito, si ipotizza cioè un risultato positivo di gestione finanziaria, patrimoniale e straordinaria. Diminuisce nel caso di risultato negativo di tali gestioni le quali concorrono quindi negativamente nella definizione del risultato d’esercizio. E’ dato da:

utile d’esercizio ⁄ risultato operativo × 100

incidenza fiscale rappresentata dal rapporto percentuale tra le imposte dell’esercizio e il reddito al lordo delle imposte. E’ data da:

imposte dell’esercizio ⁄ reddito al lordo delle imposte × 100

79

L’analisi patrimoniale esamina la struttura del patrimonio, al fine di accertare le condizioni di equilibrio nella composizione degli impieghi e delle fonti di finanziamento.

Si parte dallo studio della composizione degli impieghi per mettere in evidenza il grado di rigidità o di elasticità del patrimonio attraverso il calcolo di rapporti tra classi di valori dell’attivo e il totale degli impieghi. Si usano i seguenti indici:

rigidità degli impieghi rappresentata dal rapporto percentuale fra immobilizzazioni e totale impieghi. E’ data da:

immobilizzazioni ⁄ totale impieghi × 100

elasticità degli impieghi rappresentata dal rapporto percentuale tra attivo circolante e totale impieghi. E’ data da:

attivo circolante ⁄ totale impieghi × 100

indice di elasticità rappresentato dal rapporto percentuale tra attivo circolante e immobilizzazioni. E’ più elevato nelle aziende mercantili in quanto queste sono dotate di una struttura meno rigida mentre è minore in quelle industriali e di servizi le quali presentano forti investimenti in impianti e macchinari. E’ dato da:

attivo circolante ⁄ immobilizzazioni × 100

Si prosegue con l’analisi della composizione delle fonti per evidenziare il peso delle diverse fonti di finanziamento tramite il calcolo dei rapporti fra passività correnti, cioè debiti a breve termine, passività consolidate cioè debiti a medio/lungo termine, capitale proprio, nonché capitale di rischio, e il totale degli impieghi corrispondente al totale dei finanziamenti. Generalmente le fonti di finanziamento a breve sono più elastiche di quelle corrispondenti al capitale permanente dato dalle passività consolidate e dal capitale proprio. Ci si avvale dei seguenti indici:

incidenza dei debiti a breve termine rappresentata dal rapporto percentuale fra passività a breve termine e totale impieghi. E’ data da:

incidenza dei debiti a medio lungo termine rappresentata dal rapporto percentuale fra passività consolidate e totale impieghi. E’ data da:

passività consolidate ⁄ totale impieghi × 100

incidenza del patrimonio proprio rappresentante l’autonomia finanziaria dell’azienda e costituita dal rapporto percentuale fra capitale proprio e totale impieghi. Se superiore al 66% indica una struttura finanziaria molto buona grazie alla forte incidenza del capitale proprio, se compreso tra il 33% e il 66% segnala una struttura finanziaria normale ovviamente tanto più buona quanto più si avvicina al limite superiore e tanto più tendente ad una situazione di difficoltà quanto più si avvicina al limite inferiore, se inferiore al 33% evidenzia una struttura finanziaria critica. E’ data da:

capitale proprio ⁄ totale impieghi × 100

incidenza di dipendenza finanziaria che segnala l’incidenza del capitale di terzi ed evidenzia il grado di dipendenza della struttura finanziaria dai finanziamenti ottenuti a titolo di credito. L’indice è pari a zero se non vi sono debiti, è pari ad 1 se i debiti sono uguali ai mezzi propri e rappresenta una situazione buona ma poco diffusa tenuto conto che in molte aziende si è in presenza di un sensibile indebitamento, è superiore ad 1 se i debiti sono di importo più elevato del capitale di rischio. E’ data da:

capitale di terzi ⁄ totale impieghi

incidenza del ricorso al capitale di terzi rappresentato dal rapporto fra capitale di terzi e capitale proprio. E’ data da:

capitale di terzi ⁄ capitale proprio

L’analisi finanziaria esamina invece l’attitudine dell’azienda a fronteggiare i fabbisogni finanziari, ovviamente senza compromettere l’andamento economico.

Gli indici utilizzati sono quelli relativi alla solidità patrimoniale dell’azienda che mettono in evidenza l’utilizzo delle fonti di finanziamento per effettuare i diversi tipi di impieghi e nello specifico ci riferiamo ai seguenti:

indice di autocopertura delle immobilizzazioni dato dal rapporto fra capitale proprio e immobilizzazioni. E’ dato da:

capitale proprio ⁄ immobilizzazioni

indice di copertura delle immobilizzazioni con le passività consolidate dato dal rapporto fra passività consolidate e immobilizzazioni. Nella situazione ideale in cui tutti gli investimenti a medio/lungo termine sono finanziati con capitale di rischio l’indice è uguale o superiore a 1, sovente però l’azienda è costretta a integrare i mezzi propri con finanziamenti a medio/lungo termine. Per rimanere in una situazione sana l’indice non deve essere superiore ad 1 e quindi le passività consolidate non devono superare l’importo delle immobilizzazioni. E’ dato da:

passività consolidate ⁄ immobilizzazioni

incidenza di copertura globale delle immobilizzazioni data dal rapporto fra capitale permanente e cioè l’insieme di capitale proprio e debiti a medio lungo termine e immobilizzazioni. Questa volta l’indice deve essere maggiore di 1 e quindi il capitale permanente deve superare l’importo delle immobilizzazioni perché in caso contrario si evidenzia come l’azienda abbia fatto un uso scorretto delle fonti di finanziamento in quanto le immobilizzazioni sono state finanziate anche con debiti a breve. E’ data da:

capitale permanente ⁄ immobilizzazioni

Si passa quindi a valutare la solvibilità dell’azienda e cioè la sua capacità di far fronte agli impegni finanziari di prossima scadenza tramite l’indice di disponibilità e gli indici

di liquidità che nello specifico sono i seguenti:

indice di disponibilità80 dato dal rapporto fra attivo circolante e passività correnti. Per avere una situazione sana l’indice deve essere compreso fra 1 e 2 perché se inferiore a 1 vuol dire che il patrimonio circolante netto è negativo e che quindi l’azienda ha difficoltà a far fronte nei modi ordinari alle scadenze dei propri impegni a breve. E’ dato da:

attivo circolante ⁄ passività correnti

80

incidenza di liquidità primaria che esprime l’immediata capacità dell’azienda di far fronte alle passività correnti ed è data dal rapporto fra disponibilità liquide in cassa e nei c/c e passività correnti. E’ poco significativo perché le passività correnti non hanno una scadenza immediata ma ripartita nel tempo sia pure nel breve periodo. Ha più senso quindi se calcolato rapportando le disponibilità liquide ai debiti di prossima scadenza. Per aversi una situazione sana dovrebbe essere inferiore a 1. L’indice secco di liquidità è dato da:

disponibilità liquide ⁄debiti di prossima scadenza

incidenza di liquidità secondaria81 che esprime la capacità dell’azienda di

affrontare in un breve arco di tempo i pagamenti in scadenza. Deve risultare maggiore di 1. E’ dato dal rapporto fra disponibilità finanziarie differite costituite da crediti a breve e attività finanziarie non immobilizzate e disponibilità immediate cioè liquide fratto le passività a breve. Via via che ci si allontana da 1 per avvicinarsi allo zero l’azienda presenta delle difficoltà nel far fronte puntualmente ai suoi debitori. Non è però positivo nemmeno un indice troppo elevato perché è rappresentativo di un eccesso di liquidità non investita nell’attività produttiva. E’ dato da:

disponibilità finanziarie e liquide ⁄passività a breve

Si passa quindi agli indici di rotazione che esprimono la velocità di rigiro del complesso

degli impieghi o di singoli elementi del patrimonio. Tale velocità varia da settore a

settore. Maggiore è il valore di tali indici, minore è il fabbisogno finanziario dell’azienda a parità di condizioni. Sono rappresentati dai seguenti indicatori:

incidenza di rotazione dell’attivo circolante che esprime il numero di volte in cui ruotano le risorse impiegate a breve per effetto delle vendite ed è rappresentato dal rapporto fra ricavi di vendita e attivo circolante. E’ dato da:

ricavi di vendita ⁄attivo circolante

incidenza di rotazione delle scorte che esprime il rapporto fra costo del venduto e valore delle rimanenze. E’ dato da:

81

costo del venduto ⁄rimanenze

incidenza di rotazione dei crediti verso clienti dato dal rapporto fra ricavi di vendita a cui va sommata l’IVA perché le fatture di vendita tengono conto di tale imposta e i crediti verso clienti. E’ dato da:

ricavi di vendita + IVA ⁄crediti verso clienti

Si studiano poi le dilazioni medie di pagamento ottenute dai fornitori o concesse ai clienti perché modificano i fabbisogni finanziari dell’azienda. Più è elevata la dilazione media concessa dai fornitori, minori è la necessità di altre forme di finanziamento, maggiore è la dilazione media concessa ai clienti, maggiori sono le esigenze di disporre di mezzi finanziari, in quanto l’azienda vendendo a credito è come se finanziasse i clienti. Si utilizzano i seguenti indicatori:

giorni di dilazione media sugli acquisti espresso dal rapporto fra debiti verso fornitori e totale debiti verso fornitori sorti nell’anno rapportato ai 365 giorni. E’ dato da:

debiti verso fornitori ⁄totale debiti verso fornitori sorti nell’anno × 365

giorni di dilazione media sulle vendite espresso dal rapporto fra crediti verso clienti e totale crediti verso clienti sorti nell’anno rapportato ai 365 giorni. E’ dato da:

crediti verso clienti ⁄totale crediti verso clienti sorti nell’anno × 365

Si effettua infine l’analisi della produttività e poiché questa è influenzata oltre che dagli investimenti effettuati in tecnologia anche dal fattore umano si fa riferimento al fattore produttivo lavoro, cioè al numero di dipendenti che figura nella nota integrativa.

Gli indicatori più interessanti sono i seguenti:

fatturato medio per addetto espresso dal rapporto fra ricavi di vendita e numero di dipendenti. E’ dato da:

valore della produzione per addetto espresso dal rapporto fra valore della produzione e numero di dipendenti. E’ dato da:

valore della produzione ⁄numero di dipendenti

valore aggiunto per addetto espresso dal rapporto fra valore aggiunto e numero di dipendenti che esprime la produttività dei dipendenti. Tale rapporto tende a crescere col passare del tempo in quanto lo sviluppo dell’automazione nel comparto industriale comporta un aumento delle immobilizzazioni ed una diminuzione degli occupati. E’ dato da:

valore aggiunto ⁄numero di dipendenti

impieghi per addetto espresso dal rapporto fra immobilizzazioni tecniche e numero di dipendenti. E’ dato da:

immobilizzazioni tecniche ⁄numero di dipendenti.

Dato che il costo per la manodopera è uno dei più elevati all’interno del complesso aziendale si prosegue poi l’analisi calcolando l’incidenza del fattore produttivo lavoro tramite il rapporto percentuale tra costi del personale e costi della produzione e tra costi del personale e ricavi di vendita e il costo medio per dipendente dato dal rapporto fra costi del personale dipendente e numero dei dipendenti. Quest’ultimo varia non solo da settore a settore e da azienda ad azienda ma anche nel tempo in funzione degli andamenti retributivi, dell’anzianità media dei lavoratori occupati e della composizione del personale. Gli indici sono i seguenti:

costi del personale ⁄costi della produzione × 100 costi del personale ⁄ricavi di vendita × 100

costi del personale dipendente ⁄numero dei dipendenti × 100

Questi indicatori forniscono delle importantissime informazioni sull’andamento dell’azienda e possono mettere in guardia su un suo eventuale trand negativo prima di arrivare ad una vera e propria crisi. Affinché l’analisi sia significativa occorre però che sia comparata nel tempo e quindi è necessario disporre di bilanci redatti con criteri

sufficientemente omogenei82 al fine di calcolare gli indici nei diversi anni e confrontare gli scostamenti indagandone le cause.

82

Affinché l’analisi si riveli realmente utile occorre che sia effettuata tenendo conto delle finalità dell’impresa e andando ad indagare le cause alla base degli eventuali squilibri che essa evidenzi.