• Non ci sono risultati.

all’interno di un gruppo può limitare gli interventi delle minoranze;

• Può subentrare un aspetto relativo alla ‘fatica’ nel-la consultazione, soprattutto se i portatori di inte-resse percepiscono che il loro coinvolgimento non porti a nessun risultato rispetto alle loro aspettati-ve, e soprattutto alle loro possibilità di influenzare le decisioni;

• I partecipanti possono non avere le competenze tecniche e l’esperienza per partecipare al processo decisionale per poter contribuire efficacemente al processo.

Il funzionamento dell’approccio partecipato nei PES si basa pertanto sulla capacità di individuare e coinvol-gere tutti i soggetti potenzialmente interessati dall’im-plementazione dei meccanismi. Per raggiungere questi obiettivi, nei casi studio di BIOΔ4 sono stati utilizzate l’analisi dei portatori di interesse, la tecnica dei Focus Group e la mappatura partecipata.

L’analisi dei portatori di interesse (in inglese Stakehol-der Analysis, SHA, dove stakeholStakehol-der significa portatori d’interesse), permette di individuare chi siano i porta-tori di interesse e quale sia il loro ruolo nell’area di implementazione del PES.

Dopo aver definito gli aspetti di un fenomeno sociale e naturale influenzato da una decisione o un’azione, la SHA è un processo che (Reed et al., 2009):

– Identifica gli individui, i gruppi, e le organizzazioni che possono influenzare il fenomeno o subirne gli effetti;

– Attribuisce priorità a questi soggetti per il loro coin-volgimento nel processo decisionale.

La SHA facilita l’attuazione trasparente di decisioni e il raggiungimento degli obiettivi, permette di compren-dere il contesto politico in cui si attuano e consente di stabilire la fattibilità di decisioni future (Brugha e Varvasovsky, 2000).

Per capire con quanta probabilità ogni gruppo impri-merà le sue aspettative sul progetto e con quali conse-guenze future, i portatori d’interesse vengono classifi-cati secondo la struttura di una matrice potere/interes-se. Il potere indica il livello di influenza che il portatore di interesse può avere sull’impostazione, sull’esecuzio-ne, sui risultati del progetto. L’interesse indica il livello di influenza che il progetto ha sull’ambito di business del portatore di interesse, in termini di obiettivi,

atti-vità, risultati (Reed et al., 2009). A seconda dei valori (basso/alto) assunti dalle due variabili, si individuano quattro quadranti di una matrice, a cui corrispondono quattro tipologie di portatori di interesse.

La fase successiva alla SHA è il vero e proprio coin-volgimento dei portatori di interesse nel processo de-cisionale. Questo può avvenire tramite diverse meto-dologie, tra cui le più diffuse sono i focus group e la mappatura partecipata.

Il focus group (FG) è una tecnica basata su una discus-sione, solo apparentemente informale, tra un piccolo gruppo di persone considerato il più idoneo a soddi-sfare gli obiettivi cognitivi preposti, alla presenza di un moderatore e di un osservatore, su un argomento sta-bilito dal ricercatore e dal gruppo di ricerca (Acocella, 2008). Questo strumento presenta due caratteristiche principali che lo differenziano da altri strumenti di rac-colta di informazioni nella ricerca sociale: in un FG la fonte informativa è un gruppo e il valore della ricerca è nel tipo di interazione che emerge durante il dibattito (Acocella, 2012). Invece di fare domande a turno a cia-scuna persona, questa tipologia di ricerca incoraggia i partecipanti a parlare tra loro, facendosi domande, scambiando aneddoti e commentando i punti di vista e le esperienze gli uni con gli altri. In questo modo si sottolinea come il valore aggiunto di questo metodo sia l’interazione che si instaura tra i partecipanti alla discussione, grazie alla quale si genera l’informazio-ne (Acocella, 2008). Ciò determina che questa sia una tecnica “non standardizzata” di rilevazione di informa-zione, dove non è stabilito a priori il testo e l’ordine delle domande, e non è previsto nessuno schema pre-ordinato di classificazione delle alternative di risposta (Acocella, 2008). Il FG presenta sia punti di forza che di debolezza: è in grado di fornire informazioni suffi-cientemente dettagliate in un breve lasso di tempo e a basso costo (Acocella, 2012), ma non sempre porta a condivisione piena delle conclusioni a cui giungono i differenti gruppi (Ambrose-Oji et al., 2011).

La mappatura partecipata è un’attività che può esse-re utilmente impiegata nella valutazione partecipata dei SE. Consiste nel rappresentare su una mappa le informazioni di interesse, ottenuta tramite il coinvolgi-mento delle comunità e attori locali. La mappatura dà quindi anche informazioni spaziali a varie scale, infor-mazioni che poi possono essere facilmente trasferite su modelli GIS per essere introdotte nel processo de-cisionale. Nel nostro caso, la mappatura partecipata, dopo aver individuato in via definitiva i SE prioritari su cui concentrare lo sviluppo dei meccanismi PES, può aiutare a mappare la distribuzione spaziale dei valori di biodiversità e dei possibili rischi di perdita a cui essi sono soggetti (Nahuelhual et al., 2016).

Nella figura 14.1 è riportato un esempio di mappatura partecipata dei SE.

14.2 Metodi di stima del valore dei servizi ecosistemici

Visti in una prospettiva strettamente economica, i SE sono in gran parte beni pubblici, con escludibilità e rivalità nulle, liberamente fruibili e caratterizzati dall’assenza di specifici mercati. Mancando il segnale del prezzo emergente dall’incontro tra domanda ed offerta, il loro valore risulta essere di difficile determi-nazione.

A livello internazionale, gli economisti hanno iniziato sin dagli anni ’50 ad occuparsi del problema; in Italia, i primi studi per la determinazione del valore dei beni pubblici ambientali sono degli anni ’80. Gli approcci più diffusi sono presentati nella figura 14.2.

I metodi che fanno riferimento al mercato cercano di collegare il valore dei beni ambientali al prezzo di beni privati correlati al SE di cui si vuole stimare il va-lore. Ad esempio, il SE può venire stimato in base ai redditi prodotti in usi alternativi della risorsa (costo opportunità), in funzione dei costi di produzione o ri-produzione delle risorse (costo di ricostruzione), alle spese attuate per rimediare o prevenire le conseguen-ze della cattiva gestione delle stesse (spese difensive o preventive).

I metodi che fanno riferimento alla curva di domanda riproducono una situazione di mercato dove far emer-gere tale domanda. Con le preferenze rivelate (costo del viaggio, prezzo edonico), il valore del bene si dedu-ce fadedu-cendo riferimento a comportamenti effettivi del consumatore nel mercato, da cui si deduce la funzione di domanda. Con le preferenze dichiarate (Valutazione Contingente, Esperimenti di Scelta) il valore del bene si ottiene attraverso la costruzione di mercati ipotetici, contingenti. Nella Valutazione Contingente al consu-matore viene chiesto di dichiarare direttamente la sua disponibilità a pagare per godere di un certo SE o ad accettare un compenso in caso di perdita del SE. Con gli Esperimenti di Scelta viene proposto al consumato-re di optaconsumato-re tra coppie di livelli di SE in diverse combi-nazioni, a ciascuna delle quali corrisponde un determi-nato valore monetario o variazione di utilità.

Ciò che guida nella scelta del metodo sono conside-razioni legate alle caratteristiche proprie dell’ogget-to della stima e la disponibilità di dati. In linea gene-rale, gli approcci che fanno riferimento a funzioni di domanda sono i soli in grado di cogliere anche valori d’opzione e di non uso. Il metodo della Valutazione Contingente risulta essere finora quello più impiega-to, ma, recentemente, gli economisti ambientali sono più orientati verso metodi basati sugli Esperimenti di Scelta, più flessibili nella stima di specifiche caratteri-stiche di un bene ambientale e meno soggetti ad errori di diversa natura.

Trasversale a tutti i metodi descritti è poi il Benefit Transfer (BT), attraverso cui valori secondari già

esi-Figura 14.1: risultati di un esercizio di mappatura partecipata (Nahuelhual et al., 2016).

Figura 14.2: metodi di stima dei SE.

Riferimento al mercato

Riferimento alla curva di domanda

Proxi: Benefici

Redditi in usi

alternativi Valutazione

contingente Esperimenti

di scelta Costo di

ricostruzione Metodo del

Costo del viaggio Prezzo edonico Spese difensive/

preventive Costi in capitale umano Metodo

dose-risposta

Benefit Transfer

Preferenze rivelate

Proxi: Costi Preferenze dichiarate

stenti in letteratura vengono adattati al contesto di riferimento tramite:

– Il trasferimento di un ‘beneficio’ unitario: il valore mediano della disponibilità a pagare per il SE a persona, o a famiglia, o per unità di superficie vie-ne trasferito direttamente al sito da valutare e poi moltiplicato per il numero di persone/famiglie/su-perficie nel sito oggetto di studio;

– Trasferimento di un ‘beneficio’ unitario adattato: il valore mediano della disponibilità a pagare per il SE a persona viene adattato in riferimento alle con-dizioni socioeconomiche del sito da valutare, con aggiustamenti in base al reddito e all’elasticità di reddito.

Dato che i valori SE sono altamente legati alle carat-teristiche ecologiche e sociali del sito che li ha gene-rati, il BT genera risultati di una certa affidabilità solo quando i siti da valutare sono geograficamente vicini, hanno scale comparabili e simile contesto socio-eco-nomico ed istituzionale.

Per la specificità dei dati prodotti dagli esercizi di va-lutazione dei SE risulta estremamente difficile dare dei valori di riferimento. Indicazioni più operative ai fini dell’implementazione dei PES verranno fornite nel ca-pitolo 18.

Per dare tuttavia un’idea del notevolissimo valore che i SE rivestono a livello economico a scala nazionale, si riportano nella tabella 14.1 i dati pubblicati recente-mente dal III Rapporto sul Capitale Naturale (Comitato Capitale Naturale, 2019), relativi a tutti gli ecosistemi forestali e non forestali presenti nel territorio italiano.

Tabella 14.1: valore dei SE in Italia in milioni di euro (Mod. da Comitato Capitale Naturale, 2019).

Servizi ecosistemici Anno*

Unità economiche beneficiarie

Agricoltura Foreste Industria Servizi Famiglie Società

globale Totale Generazione di

Biomassa agricola 2012 925,0 925,0

Generazione di

biomassa forestale 2012 648,0 648,0

Regolazione del clima 2012 897,0 897,0

Controllo del rischio

inondazioni 2012 799,1 2402,0 1348,0 11726 16311,1

Impollinazione

Disponibilità idrica 2018 87,9 1224,21 1321,08

Controllo del rischio

alluvioni 2018 7770 39070 46840

Totale 2012 1891,0 648,0 2402,0 1384,0 16975,0 897,0 24074,1

2018 2026,9 7770 48651,21 58448,08

*I dati 2012 provengono da stime del JRC, mentre i dati del 2018 sono di stime dell’ISPRA.

14.3 Sistemi Socio-Ecologici

L’approccio alla conservazione dell’ambiente e dei SE attraverso i Sistemi Socio Ecologici è da ricollegare ad una vasta letteratura interdisciplinare ispirata a principi di resilience thinking e degli studi di Elinor Ostrom e che sottolinea l’importanza di considerare il contesto eco-logico e sociale in cui le iniziative di conservazione e valorizzazione vengono implementate. Ostrom propo-ne pertanto un framework concettuale, detto appunto SES, che riconosce il ruolo di diverse variabili contestua-li e fornisce un approccio diagnostico per comprende-re le cause dei e le soluzioni ai problemi ambientali. Il framework SES si basa su cinque componenti di primo livello (fig. 14.3): i) il sistema delle risorse; ii) le risorse unitarie; iii) il sistema di governance; iv) gli attori; v) le azioni, in cui avvengono interazioni tra le altre compo-nenti, che a loro volta producono i risultati.

L’utilità di un approccio SES alla progettazione di PES sta nella sua capacità di analizzare come le iniziative PES si collochino all’interno di uno specifico contesto socio-economico ed ecologico. In questa prospettiva, un PES è un’interazione tra attori all’interno di uno specifico SES, dove i fruitori del SE investono in risorse unitarie (ad esempio un determinato tipo di ecosiste-ma forestale presente in un certo luogo) allo scopo di conservare od aumentare la produzione di SE dai siste-mi di risorse, L’interazione avviene entro uno specifico sistema di governance che dà un significato legale agli accordi tra attori e si occupa di monitorare i risultati (Bennet e Goswell, 2015).

14.4 Diritti di proprietà

Un meccanismo PES presume una chiara e ben defi-nita allocazione dei diritti di proprietà sul SE. Infatti, il percorso di sviluppo di un PES richiede un progres-sivo esercizio delle caratteristiche di escludibilità (e rivalità) che rendono il SE un bene con caratteristiche di bene privato almeno dal punto di vista dell’offerta.

In altre parole, è necessario che i produttori del SE ne posseggano il diritto di proprietà, che è la prerogativa per poter immettere il SE in un sistema di transazioni.

Il diritto di proprietà è definito come “Il diritto di go-dere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico” (Art. 842 del Codice Civile Italiano).

Gli economisti studiano e considerano il diritto di proprietà come uno strumento di regolamentazione dell’uso delle risorse, definendolo “un insieme di titoli che definiscono diritti, privilegi limiti nell’utilizzo delle risorse” (Tietenberg e Lewis, 2009). Secondo Bromley (1991), i diritti di proprietà presumono un mento sociale e un’autorità garante di tale riconosci-mento. Tuttavia, le diverse autorità con competenza sulle risorse naturali, le istituzioni internazionali, lo Stato, le Regioni, gli Enti locali, agiscono contempora-neamente nel definire privilegi e limiti degli individui nell’utilizzo delle risorse, appropriandosi al contempo,

nell’ottica di un interesse pubblico prevalente, di alcu-ni diritti, ad esempio le decisioalcu-ni in ambito piaalcu-nificato- pianificato-rio o di espropriazione.

Grazie alla teoria dei diritti di proprietà, è possibile quindi rileggere oggi il significato delle varie norme, leggi e regolamenti emanati per regolare l’uso delle ri-sorse in un certo territorio. Questa teoria mette in luce che i diritti di proprietà non sono monolitici, quanto piuttosto un insieme complesso e composto di diversi diritti, tutti coesistenti per la stessa risorsa, che posso-no essere attribuiti anche a diversi soggetti grazie al pluralismo legale-istituzionale (Meinzen-Dick et al., 2004) delle democrazie moderne. Si distinguono “di-ritti d’uso” e “di“di-ritti di controllo” (Schlager e Ostrom, 1992).

Dei diritti d’uso fanno parte:

– Il diritto di accesso (entrare in una certa proprietà):

definisce chi può accedere alla risorsa naturale (ad esempio il bosco) ed esercitarvi degli usi che non esauriscono il bene, come ad esempio effettuare una passeggiata al suo interno;

– Il diritto di raccolta/prelievo (raccogliere ed estrar-re/utilizzare i prodotti di una risorsa): definisce chi può usufruire in modo specifico dei prodotti legati alla risorsa. Esempi di questo diritto in ambito fo-restale sono la raccolta del legname e dei prodotti forestali non legnosi.

Figura 14.3: rappresentazione del Sistema Socio-ecologico (Bennet e Goswell, 2005).

Contesto sociale, politico ed economico

Sistemi di risorse

Risorse unitarie Attori

Legami diretti

Ecosistemi

Feedback Interazioni → risultati

Definiscono le condizioni per

Sono input a Partecipano a

Definiscono le condizioni per Sistemi di governance

Dei diritti di controllo fanno parte:

– Il diritto di gestione: definisce chi può regolamen-tare l’uso della risorsa, trasformarla e/o migliorarla (ad esempio decidere per una diversa forma di ge-stione forestale, o addirittura per un cambio d’uso del suolo);

– Il diritto di esclusione: definisce chi può decidere sul diritto di accedere alla risorsa, che requisiti gli individui devono soddisfare a tal fine e in che modo questo diritto possa essere trasferito;

– Il diritto di alienazione: definisce chi Il diritto di vendere o di allocare a un altro individuo o gruppo tutti gli altri diritti. In ambito forestale chi è in pos-sesso di questo diritto può decidere per esempio di vendere la proprietà di cui è il detentore.

Mentre i diritti d’uso sono generalmente posseduti da-gli individui, i diritti di controllo afferiscono ad azioni di scelta collettiva. La distinzione tra diritti d’uso e di-ritti di scelta collettiva (di decisione), è cruciale, perché riguarda la differenza tra l’esercizio di un diritto e la possibilità di partecipare alla definizione del modo in

cui i diritti potranno venire esercitati nel futuro, quindi di cambiare le regole di esercizio e trasferimento dei diritti stessi. L’autorità di concepire i futuri diritti è ciò che rende forti i diritti di scelta collettiva.

Schlager e Ostrom (1992) evidenziano poi un ulteriore aspetto riguardante i diritti di proprietà, ovvero la di-stinzione tra diritti de jure e diritti de facto. I primi sono acquisiti tramite atti formali legali o giuridici che con-cedono esplicitamente tali diritti agli utilizzatori delle risorse. I diritti de facto sono invece diritti informali ma consuetudinari che si originano direttamente tra gli utilizzatori delle risorse. Tali utilizzatori agiscono come se avessero diritti de jure, collaborando tra loro per definirli e rinforzarli, oppure entrando un conflitto se i diritti contrastano l’uno con l’altro. In alcuni conte-sti, i diritti de facto, vengono successivamente ricono-sciuti in sedi legali, ma finché questo non avviene, sono meno sicuri dei diritti de jure. In alcune situazioni o per una certa risorsa, i diritti de jure e de facto possono co-esistere, sovrapporsi, completarsi o addirittura avere relazioni conflittuali e competitive l’uno con l’altro.

Per la molteplicità di SE legati alla biodiversità che BIOΔ4 intende affrontare, si è ritenuto opportuno adot-tare un concetto ampio di PES, che comprenda al suo interno la maggior parte dei modelli presentati nella tabella 13.1. Un PES è stato quindi inteso come:

Una transazione volontaria tra fruitori e for-nitori di un determinato servizio ecosistemi-co. La transazione è subordinata al rispetto di condizioni e regole relative alla gestione di un ecosistema o una risorsa ambientale, accettate da ambo le parti e finalizzate ad accrescere la quantità di uno o più servizi ecosistemici pro-dotti o a impedirne la diminuzione rispetto ad uno scenario di rischio di degrado ambientale.

Dalla definizione emergono due aspetti importanti:

i. Si parla di transazioni e non strettamente di paga-menti. Ciò significa che le transazioni possono av-venire anche in forma diversa dalla moneta, e cioè come altri beni o altri servizi. Questa possibilità, che si riscontra in modelli già esistenti, è stata valu-tata essere un fattore di successo per i PES;

ii. lo scenario di baseline (o status quo) rispetto al quale si deve considerare l’addizionalità PES è sia quello che mira ad aumentare la quantità di ser-vizi ecosistemici forniti che quello che considera l’eventuale perdita o deterioramento di SE in caso di gestione che non riesca a salvaguardare la biodi-versità forestale.

BIOΔ4 ha due casi studio in Italia: la Foresta del Can-siglio e la Foresta di Ampezzo. Lavorare per singoli casi studio presume che ciascun caso venga utilizzato singolarmente per verificare o confutare la validità di ipotesi di ricerca, senza confronto tra situazioni con-cettualmente simili come nell’approccio multi-caso (Yin, 2003). I casi studio sono il laboratorio in cui i PES vengono testati e sviluppati. Dai casi studio si possono

15 LO SCHEMA METODOLOGICO ED OPERATIVO