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La tecnologia al servizio dell’arte: Nine Evenings: Theatre and Engineering, New York (1966)

La Performance Art mise in atto una nuova forma d’arte in cui l'azione di un individuo o di un gruppo, in un luogo particolare e in un momento particolare realizza l’opera d’arte. Soprattutto realizzò una profonda unione tra diverse discipline artistiche, quali la danza, il teatro, i film, il video, le arti visuali. L’evento estemporaneo che vede l’artista come protagonista o anche la partecipazione di altri soggetti, può svolgersi nei luoghi più disparati e può avere una durata di tempo qualsiasi a seconda del progetto dell’autore. Nel 1966 in particolare a New York si svolse un evento che dimostra in che modo i protagonisti della Performance Art di quegli anni fossero interessati a costruire un linguaggio diverso, anche attraverso la fusione con le nuove tecnologie: si trattava di Nine Evenings: Theatre and Engineering, tenutosi dal 13 al 23 ottobre 1966 presso l’edificio del Sixty- Ninth Regiment Armory.75 Un’occasione di incontro tra artisti e ingegneri per realizzare

nove eventi performativi nei quali arte e tecnologia trovavano lo stesso campo d’interazione, che oggi rappresenta un evento di grandissimo valore storico artistico per comprendere il clima di collaborazione che si era creato nel circuito newyorkese artistico della metà degli anni Sessanta. Il 14 ottobre del 1966 la performance Open Score (Bong) coinvolse approssimativamente cinquecento volontari che, all’interno di un campo totalmente oscurato, simulavano la gestualità del tennis. Il tutto era ripreso da una telecamera ad infrarossi che proiettava poi le immagini su tre grandi schermi. Le racchette utilizzate dai due giocatori erano collegate in modo da produrre dei segnali sonori diffusi via radio.76

Alla fine due colpi di campana segnalano la fine della performance e non ci sarà nessun applauso. Mentre John Cage incoraggiava il pubblico a partecipare con l’intento di cedere il controllo autoriale dell’opera, negli happenings di Kaprow gli spettatori si trasformano in vero e proprio materiale attraverso il quale l’artista può rappresentare la propria visione dell’arte e del mondo. Le composizioni musicali di John Cage erano realizzate attraverso la registrazione di rumori ambientali, come il frastuono di una strada trafficata, il tamburellare sui tasti di un pianoforte o semplicemente una “azione silenziosa”, come la ben nota performance in cui Cage stava immobile davanti al pianoforte (l’opera aveva il titolo 4’ 33”, 1952) senza produrre nessun suono se non quello risultante dalla presenza e dall’azione (negata) dell’artista.

75 Nel 1966 l’ingegnere e organizzatore di eventi Billy Kluver chiese all’artista australiano Alfons Schilling di

filmare nove performance artistiche che si sarebbero svolti in altrettante serate. Shilling utilizzò una telecamera Ariflex con una pellicola di 16 mm, che alla fine raggiunse un montato di cinque ore di filmato. In mancanza della possibilità di sincronizzare una traccia sonora, Thelma Schoonmacher insieme ad un gruppo di ingegneri della Bell Telephone Laboratories (Murray Hills, N.J., U.S.) registrò il suono su nastro magnetico. Le cinque ore di pellicola contengono anche le Variations VI di John Cage. Qualche mese dopo l’evento di New York venne presentato il film di 24 minuti dal titolo 9 Evenings: Theatre and Engineering, accompagnato da una selezione di interviste con gli artisti e gli ingegneri.

Robert Rauschenberg, Open Score, 1966. Performance presentata a 9 Evenings: Theatre and Engineering, The 69th

Regiment Armory, New York, 14-23 Ottobre, 1966.

Artisti e ingegneri lavorano insieme per Nine Evenings: Theatre and Engineering, 1966, New York

Negli stessi anni operavano negli Stati Uniti artisti come Michael Snow, Robert Whitman, Joan Jonas. Quest’ultima ha sempre lavorato con le nuove tecnologie e con la performance.”.77 La nuova condizione di ibridazione tra arte e tecnologia, l’estemporaneità

dell’atto artistico che trova completezza nell’uso del video e nella registrazione dell’evento

77 In un’intervista del 1995 Jonas afferma: “Ciò che mi ha affascinato della performance era la possibilità di

mischiare suono, movimento, immagine, elementi completamente differenti tra loro per realizzare un rapporto complesso. Ciò che non volevo era produrre un rapporto singolo, semplice – come una scultura”. Per ottenere questi risultati di molteplicità, Joan Jonas nelle sue performance utilizzava sia la videocamera che il monitor. Come Nam June Paik comprò la sua Sony Portapak nel 1970 con la quale realizzò nel 1972 la performance Organic Honey’s Visual Telepathy, in cui i movimenti del video della camera seguivano il riflesso dell’azione teatrale su uno specchio, alterando la percezione del pubblico. Ibidem, pp. 42-43.

dimostra che gli artisti che operavano tra gli anni Sessanta e i Settanta erano profondamente interessati a creare un rapporto interattivo (tra artista, spettatore e opera) in una forma che il critico francese Nicolas Bourriaud ha definito “relazionale”. Nell’ambito della Performance Art dunque l’uso del video, di apparati tecnologici e soprattutto della registrazione dell’evento sono tutti fattori di grande importanza poiché intrecciano lo sviluppo delle tecnologie con i nuovi linguaggi artistici, ponendo la questione dell’uso del dispositivo elettronico nell’arte nei termini di un dibattito più ampio.

Tra i movimenti più significativi appartenenti alla Seconda Avanguardia, nel 1961 nasce il movimento Fluxus, gruppo dichiaratamente neodadaista che svolge la maggior parte della sua attività in Germania. Al movimento aderirono numerosi artisti americani.78 I

componenti si identificavano sia con la musica e la poesia sperimentale sia con le arti visive. La parola “Fluxus” comparve stampata per la prima volta sugli inviti delle tre conferenze musicali "Musica Antiqua et Nova" organizzate nel 1961 da Maciunas, cui avrebbero aderito in anni successivi anche Ken Friedman, Ben Patterson, Charlotte Moorman, Benjamin Vautier. In Italia, tra gli altri, Giuseppe Chiari e Gianni Emilio Simonetti. Fluxus ebbe un’enorme diffusione internazionale, e una delle principali caratteristiche fu la nuova dimensione relazionale tra opera e pubblico e il libero uso dei nuovi dispositivi tecnologici.

1.7 Gli anni Settanta. Le esperienze italiane più significative: art/tapes/22, il