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Tema di approfondimento Quanto conta l’organizzazione scolastica per l’apprendimento dei nostri studenti?

Nel documento ECONOMIA DELLA SARDEGNA 19° Rapporto 2012 (pagine 140-144)

Grafico 5.10 Spesa privata in Ricerca e Sviluppo (in % del PIL), anno 2009 e tassi di variazione 2004-

5.5 Tema di approfondimento Quanto conta l’organizzazione scolastica per l’apprendimento dei nostri studenti?

Esiste oramai un’ampia letteratura che sottolinea quanto l’organizzazione ma- nageriale e l’uso di buone pratiche organizzative sia importante per la produtti- vità delle imprese. Le innovazioni organizzative o di processo vengono viste nella letteratura economica a tutti gli effetti come innovazioni tout court che, al pari delle innovazioni di prodotto, aumentano la produttività del luogo di lavoro e dell’intera economia. Sebbene la maggior parte dell’evidenza empirica sul te- ma riguardi le imprese manifatturiere o imprese che, comunque, operano nel settore privato, studi recenti evidenziano quanto, anche nel settore pubblico l’adozione di buone pratiche manageriali abbia effetti significativi su efficienza e produttività. Tuttavia, in questo caso bisogna tener presente alcune caratteri- stiche specifiche del settore pubblico non presenti in quello privato quali, ad e- sempio, la mancanza di disciplina di mercato e la presenza di particolari vincoli istituzionali.

L’immagine del Preside di scuola non viene di solito associata ai manager d’azienda e le famiglie, nel decidere la scuola per i propri figli, raramente si in- formano su chi dirige l’istituzione scolastica da loro scelta. Eppure, con l’auto-

91 Si veda anche il capitolo 1 del Rapporto dedicato alla struttura produttiva e all’analisi

dell’export nei settori a “domanda mondiale dinamica”.

92 Nel caso del Mezzogiorno circa il 52% dei prodotti high-tech esportati è relativo a medicinali e

preparati farmaceutici; mentre aeromobili, veicoli spaziali e relativi dispositivi si attestano a circa il 26%.

nomia scolastica la figura del Dirigente Scolastico (o Preside) ha ricevuto poteri sempre più ampi. La legislazione italiana lo inquadra nella dirigenza dello Stato e ne descrive i compiti come quelli di vero e proprio Preside-Manager “[...] re- sponsabile della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio”93.

Quanto contano dunque oggi i dirigenti e l’organizzazione scolastica nella determinazione dei risultati di una scuola? Questa è la domanda principale a cui cerca di rispondere un progetto di ricerca del CRENoS che vede la collabora- zione della Fondazione Giovanni Agnelli di Torino e di altri partners interna- zionali ancora in corso e di cui proponiamo qui i primi risultati.

Il primo problema che sorge in questo tipo di indagine è come misurare le

managerial practices in generale e dei dirigenti scolastici in particolare. Il no-

stro progetto utilizza la metodologia introdotta da Bloom e Van Reenen (2006) che sviluppa uno strumento innovativo di misurazione basato su questionario a risposta aperta. Questo approccio è stato applicato negli ultimi anni per misurare le pratiche manageriali in numerosi ambiti e paesi ed è quindi ampiamente testa- to94. Tra marzo e maggio 2011 sono state condotte numerose interviste ai presidi

di scuole secondarie di secondo grado italiane, che hanno consentito di ottenere un campione rappresentativo del contesto nazionale e risultati confrontabili con quelli ottenuti in altri paesi. Durante le interviste sono state poste ai presidi nu- merose domande relative alla loro attività di gestione nella scuola e a ciascuna risposta è stato poi attribuito un punteggio compreso tra 1 (worst managerial

practice) a 5 (best managerial practice), sulla base della qualità del processo

organizzativo descritta dall’intervistato.

Nel caso del questionario qui adottato le pratiche di gestione/management valutate sono principalmente relative a tre aree. La prima riguarda il monitorag- gio dei processi. Si è cercato di misurare se e come i presidi italiani effettuino attività di monitoraggio su ciò che accade all’interno della scuola, e di valutare se utilizzino queste informazioni per il miglioramento continuo. La seconda a- rea di management che si è indagata è quella degli obiettivi che determina se l’organizzazione scolastica stabilisca i giusti obiettivi, monitori poi i risultati, e agisca in modo efficace nel caso di discrepanza tra le due misure. Si è infine a- nalizzato se e come i presidi riescano a promuovere e premiare i “dipendenti” (docenti e personale tecnico-amministrativo) in base alle prestazioni, dando priorità di assunzione e cercando di mantenere i migliori.

Il Grafico 5.13 riporta il confronto tra il risultato ottenuto dai presidi italiani (dato medio su tutte le domande del questionario) e quello calcolato utilizzando

93Decreto legislativo n. 165/01, art.25.

94 In circa 10 anni sono state intervistate quasi 10000 organizzazioni comprendenti sia il settore

la medesima metodologia per i presidi delle scuole statunitensi, canadesi, tede- sche, svedesi e inglesi. Si osserva subito come il valore riferito alle pratiche manageriali dei presidi differisca nei vari paesi e come il dato sui presidi italiani risulti inferiore rispetto a quello calcolato per i presidi stranieri95.

Grafico 5.13 Pratiche manageriali dei dirigenti scolastici, scala da 1 a 5 (Canada,

Germania, Italia, Svezia, Gran Bretagna e USA) (valori medi)

Fonte: Elaborazioni CRENoS su dati Bloom et al. (2012)

Abbiamo dunque in Italia presidi incapaci? In realtà, il dato va letto con una certa cautela. Infatti, su questo risultato possono aver influito in modo significa- tivo alcuni fattori istituzionali. Un dato che suggerisce come questa possa essere almeno parte della spiegazione è quello relativo alle rilevazioni effettuate sui

manager del settore manifatturiero: anche in questo caso i numeri indicano per

l’Italia un valore più basso rispetto a questi Paesi. In particolare, su questo risul- tato può aver giocato un ruolo importante l’influenza delle differenze nella normativa sul mercato del lavoro, attualmente oggetto di proposte di riforma nel nostro Paese. Le possibilità di incentivazione e selezione del personale differi-

scono infatti in modo significativo tra paesi e manager che operano in realtà dif- ferenti e hanno dunque in mano strumenti diversi per operare e organizzare le loro attività. È dunque possibile che sul basso punteggio dei presidi italiani rispet- to a quelli di altre nazioni abbia inciso la mancanza di strumenti per poter incenti- vare il personale. I presidi italiani non possono infatti assumere/licenziare, né tra- sferire, né utilizzare leve finanziarie per incentivare i docenti come può, almeno in parte, fare un dirigente scolastico statunitense o di altri paesi europei.

Tuttavia, anche l’analisi dei soli dati italiani mostra un’ampia eterogeneità nella valutazione dell’attività manageriale dei presidi e, in questo caso, le diffe- renze osservate non possono essere spiegate da differenze istituzionali. Il Grafi- co 5.14 riporta le medie regionali della valutazione dei presidi ed evidenzia il consueto dualismo Nord-Sud. La Calabria ha il punteggio inferiore (1,59), men- tre la regione in cui l’attività manageriale dei presidi si avvicina di più alle best

practice è il Trentino Alto Adige. La Sardegna è nel gruppo delle regioni a bas-

so punteggio.

Grafico 5.14 Pratiche manageriali dei dirigenti scolastici, scala da 1 a 5, anno 2011

(valori medi)

Questa prima breve analisi non ci dice nulla sulle cause delle differenze os- servate di performance manageriale, né ci dice se quest’ultima sia poi un fattore rilevante per spiegare le differenze di performance scolastica. Questi temi sa- ranno oggetto di indagine nel prossimo futuro. Solo l’uso dei risultati dei test standardizzati INVALSI, non ancora in nostro possesso, ci consentirà di analiz- zare il ruolo dell’organizzazione, così misurata, sui risultati scolastici degli stu- denti. La disponibilità dei dati forniti dai test standardizzati permette infatti di ottenere indicatori di risultati scolastici confrontabili.

Tuttavia, non possiamo non rilevare come questo del management scolastico non sia, purtroppo, l’unico indicatore che riguarda la formazione del capitale umano su cui la Sardegna evidenzia un ritardo. Sottolineiamo questa realtà or- mai da diversi anni ripetendo che senza adeguati livelli di conoscenza non si può sperare di agganciare alcun processo virtuoso di sviluppo.

5.6 Tema di approfondimento. Le “Regioni della conoscenza” in Europa. E

Nel documento ECONOMIA DELLA SARDEGNA 19° Rapporto 2012 (pagine 140-144)