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La tematica dell’oggetto sociale e le principali questioni emerse anteriormente alla riforma del

I quesiti sull’oggetto sociale delle società all’interno del gruppo in realtà non erano stati assenti nel periodo antecedente la riforma. Nel dibattito in questione ci si domandava se l'influenza di un ente “superiore” sull'oggetto sociale potesse far sì che venisse pressoché equiparato il programma imprenditoriale della capogruppo e delle sue controllate. Se la risposta a tale quesito fosse stata positiva, la conseguenza che ne sarebbe dovuta derivare era ammettere la possibilità che l’organo amministrativo della holding potesse compiere tutti gli atti necessari o utili al perseguimento dell'oggetto sociale della holding stessa nonché delle stesse società controllate e/o partecipate dalla prima.

246 Art. 2359 c.c.

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Una tale teoria si sarebbe potuta sostenere facendo riferimento ad alcune norme, come quella sull’assunzione di partecipazioni in altre imprese di cui all'art. 2361 c.c. e quella sui consorzi contenuta nell’art. 2602 c.c. (ma anche quella relativa alla relazione degli amministratori disciplinata dall’ormai abrogato art. 2429-bis c.c.). In questo senso, l'oggetto della capogruppo sarebbe stato rappresentato dall'esercizio mediato e indiretto dell'impresa di gruppo, considerata del tutto unitariamente. Ciò si sarebbe tradotto in un concetto di omogeneità in primo luogo dell’oggetto del gruppo (una sorta di oggetto sociale di gruppo) e in secondo luogo dell'interesse sociale complessivo del gruppo: in tale ottica, vi sarebbe stato un medesimo interesse e un medesimo oggetto all’interno del gruppo e l’attività svolta per il raggiungimento di essi sarebbe stata svolta in modo mediato dalla capogruppo, mentre sarebbe stato appannaggio delle singole controllate e/o partecipate il conseguimento diretto e immediato dell’oggetto e dell’interesse sociale247.

Una siffatta impostazione sarebbe potuta però risultare eccessiva dal momento che avrebbe potuto portare anche a paradossi difficilmente condivisibili. Basti pensare a quale sarebbe potuta essere la determinabilità dell'oggetto sociale di una società partecipante, direttamente od indirettamente, a centinaia di controllate che sono attive in settori merceologici eterogenei e completamente differenti tra loro, e a come sarebbe stato necessario, in questi casi, modificare spesso e volentieri il proprio oggetto sociale in occasione dell'assunzione o della dismissione – spesso frequentissime - di taluna di quelle partecipazioni dirette od indirette.

247 È questa la tesi sostenuta da F. Galgano, La società per azioni, le altre società di capitali, le

cooperative, Bologna, 1973, 97 ss., tesi poi confermata in Id., Qual è l'oggetto della società holding?, in Contr. e impr., 1986, 327 ss., Id., L'oggetto della holding è dunque, l'esercizio mediato e

indiretto dell'impresa di gruppo, ivi, 1990, 401 ss.; Id., Il punto sulla giurisprudenza in materia di gruppi di società, ivi, 1991, 897 ss.). Secondo tale teoria, l'art. 2361 c.c. non consente l'assunzione

di partecipazioni che, per la misura e per l'oggetto, comporti la sostanziale modificazione dell'oggetto sociale della partecipante, modifica per la cui configurazione sarebbe necessario che l'attività della società partecipata diventi, essa stessa, oggetto della società partecipante. Il che significa che una data attività di produzione o di scambio può essere dedotta quale oggetto sociale secondo una duplice modalità: come oggetto immediato (società operante) ed, inoltre, come oggetto mediato (società holding). Per ulteriori riferimenti nella giurisprudenza di merito, si veda Trib. Como 11 febbraio 1999, in Giur. it., 1999, 1881, con nota critica di G. Cottino,

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Una diversa impostazione avrebbe allora potuto prevedere di intendere il concetto di oggetto sociale in un'accezione molto ampia, tanto da ricomprendere le modalità organizzative e l'articolazione dei poteri gestori prescelti nello svolgimento dell'attività economica248. Da ciò, ne sarebbe derivata l’assoluta impossibilità di analizzare in

concreto e verificarne l’attinenza al relativo oggetto sociale di tutte le operazioni infragruppo, in particolare delle garanzie infragruppo249: dette operazioni sarebbero

infatti dovute essere considerate di per sé ricomprese tra quelle attuabili, visto che erano in se stesse strumentali all'attività economica prescelta da ciascuna consociata. E’ però importante precisare che se essere parte di un gruppo di fatto avrebbe reso effettuabili - e quindi intra vires - tutte le operazioni infragruppo, certo non si sarebbe potuto escludere l’irrilevanza dalla disciplina sul conflitto di interessi, per quanto l’interesse sociale delle affiliate avrebbe dovuto valutarsi in coerenza con l'attività di direzione e coordinamento. Ultimo corollario sarebbe stato quello secondo il quale entrare o uscire da un gruppo avrebbe attribuito ai soci dissenzienti la facoltà di recesso, implicando nei fatti una sostanziale modifica dell'oggetto sociale.

248 Così sostiene U. Tombari, Il gruppo di società, Torino, 1997, 176 ss., per il quale il "settore

economico" in cui la società intende svolgere la propria attività non coinciderebbe puntualmente con l'oggetto sociale, dovendo esso specificare anche se l'attività viene svolta in modo autonomo ovvero secondo una comune strategia di gruppo. Lo scopo di tale teoria è evidentemente quello di tutelare i soci in un'ipotesi di variazione qualitativa e quantitativa del rischio d'impresa, generata dai mutati criteri di svolgimento dell'attività operativa, visto che, dopo l’entrata nel gruppo, risulterebbe esercitata in modo non più autonomo, bensì coordinato con altre società secondo una strategia unitaria elaborata dalla capogruppo. Riferimenti ulteriori possono rinvenirsi anche in G. Rossi, Il fenomeno dei gruppi di società ed il diritto societario: un nodo

da risolvere, in Aa. Vv., I gruppi di società, Atti del convegno internazionale di studi (Venezia,

16-17-18 novembre 1995), I, Milano, 1996, 37, che suggeriva l'introduzione di un vincolo per le società di rendere "statutariamente chiara" la loro "sovranità limitata", con la conseguenza che all'acquisizione ed alla perdita di un regime siffatto fosse collegato il diritto di recesso per i soci dissenzienti.

249 In una risalente ma notissima pronuncia della Suprema Corte (Cass. 15 giugno 2000, n. 8159,

in Giur. comm., 2002, II, 34, con nota di D. Monaci, Una nuova pronuncia della Cassazione in tema di

limiti alla validità delle garanzie infragruppo), si evidenziava che la prestazione di garanzia per

debiti altrui, anche se prevista espressamente in statuto, è estranea all'oggetto sociale se non è idonea in concreto a soddisfare un interesse economico, anche mediato o indiretto, ma giuridicamente rilevante della società garante. Tra l’altro la prestazione di garanzie infragruppo ha sempre rivestito un’importanza fondamentale in ambito fallimentare: per una disamina della materia, soprattutto riguardo agli aspetti connessi all’applicabilità dell’azione revocatoria fallimentare, si veda L. Benedetti, Gratuità e onerosità delle garanzie per debiti altrui a seguito della

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Le ipotesi sopra presentate non convincono, anche per le criticità precedentemente indicate. Una soluzione che invece può spiegare meglio la problematica in oggetto è quella secondo cui l’oggetto sociale della holding non possa ritenersi traslato e mutuato dalle società controllate, trattandosi di un oggetto sociale proprio, del tutto autonomo e caratteristico, consistente nell’attività economica di indirizzo, coordinamento, programmazione e vigilanza sulle società del gruppo: ogni ente risulterebbe dunque dotato del proprio oggetto sociale, non potendo ravvisarsi un’identità di oggetto comune a tutte le società del gruppo250.

3. Gruppi di società e oggetto sociale a seguito della riforma del 2003: il ruolo

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