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L’INNOVAZIONE MEDIATA VERSO UN APPROCCIO SISTEMICO ALLA “SCIENZA NEI MEDIA”

4.1 UN TENTATIVO DI COMPARAZIONE DEI DAT

Durante la fase di progettazione del nostro lavoro sono state formulate tre ipotesi, correlate al concetto di emerging technologies . Le prime due sono state mutuate dallo studio più simile al nostro nell’impianto teorico-metodologico in vista di una

possibile comparazione dei risultati (Gorss e Lewenstein, 2005). La seconda ipotesi trae origine dai risultati di studi su altre innovazioni, come le biotecnologie,

considerate gli anelli precedenti delle “tecnologie emergenti” (Nisbet e Lewenstein, 2002) .

Ipotesi 1. L'attenzione della stampa sarà mediamente bassa con picchi di attenzione in corrispondenza di determinati framing events

• Ipotesi 2. Il tono della copertura sarà prevalentemente positivo

• Ipotesi 3. Gli attori sociali presenti nel coverage saranno ristretti a pochi gruppi sociali

La prima ipotesi risulta essere, sostanzialmente, confermata, il numero di articoli è relativamente basso, sopratutto durante i primi tre anni del periodo di rilevazione. La copertura sembra aumentare, infatti, durante il biennio 2003-2004 in corrispondenza di alcuni eventi nelle arene scientifiche ed istituzionali. La differenza tra i periodi in analisi non permette eccessive generalizzazioni, tuttavia, è significativo rilevare che,

anche nel caso della stampa americana, il picco del coverage avviene nello stesso lasso temporale. Tra il 2000 ed il 2002 Gorss e Lewenstein individuano circa cinquanta articoli all'anno dedicati al tema, una cifra che nel biennio successivo raggiunge le 170 unità (Gorss e Lewenstein 2005). I due autori spiegano l'aumento di salienza del tema con la vasta risonanza che i quotidiani americani hanno concesso alle posizioni di Billy Joy e di Micheal Chrichton sui possibili effetti imprevisti delle nanotecnologie mentre, nel nostro caso, si è visto che gli aspetti legati ai rischi ed alle implicazioni sociali pesano relativamente poco nell’economia generale della

copertura. Piuttosto, ad innalzare il livello di coverage sembra essere stata la possibilità, per i giornalisti, di legare il tema ad altre issue già circolanti nella sfera mediale. Data la natura parzialmente esplorativa di questa ricerca, il carattere event centered del tema dovrà essere confermato da ulteriori studi, i quali prevedano analisi degli eventi collegati alla issue presso arene della sfera pubblica diverse dai media. Sarà, quindi, importante ricostruire nel medio-lungo periodo, in relazione al

cambiamento nella rappresentazione dei media, la “storia di vita” delle

nanotecnologie, i passaggi cruciali, gli eventi determinanti, le iniziative dei gruppi coinvolti.

I dati confermano anche la seconda ipotesi: il tono della copertura è prevalentemente “positivo” con aree di opposizione estremamente limitate e frame connotati da una spiccata enfasi sul progresso scientifico/economico assicurato dalle nanoscienze o sugli aspetti prettamente tecnici. I risultati mostrano una discreta analogia con i dati di Gorss e Lewenstein che segnalano come frame più diffusi nella stampa americana “progress” ed “economic prospects” (gli autori non prevedevano nella scheda di rilevazione una cornice di senso esclusivamente “tecnico-divulgativa”). Inoltre, in modo simile ad ambedue i casi di studio, gli articoli che offrono un valutazione sui rischi ed i benefici (risks/benefits assessments), sono presenti in percentuale molto ridotta. Tuttavia, se nella ricerca di Gorss e Lewenstein le news con esplicita valutazione “rischi/benefici” esprimono posizioni chiaramente negative, nei

quotidiani italiani prevale un orientamento largamente positivo (soltanto sei articoli su 95 con un preciso assessment menzionano la possibilità di rischi legati alle nanotecnologie)

Articles about risk associated with nanotechnology are clearly negative in tone, but such articles are still a small part of the overall mix. The key observation from these data is that positive stories tend to be much more positive than the negative stories are negative. (Id. p.23)

Un altro, importante, punto di contatto che si registra le due ricerche è l’adesione dei quotidiani italiani ed americani ad una immagine dell’innovazione influenzata da una concezione “diffusionista” della tecnologia: “scatola nera” di cui sono indagabili solo gli input e gli output, non modificabile dai profani (lay people) i quali devono

accettarla, passivamente, in nome di un progresso generalizzato ed inarrestabile. Diventa irrilevante la partecipazione di saperi altri rispetto alla expertise scientifica in quanto l'oggetto sussume tutti i valori d'uso possibile: la “pura” tecnica istituisce a priori il contesto e le pratiche di utilizzo. La ricerca sociale ha senso, nel quadro della teoria diffusionista, soltanto come meccanismo acceleratore dell’adozione da parte degli attori recalcitranti, ma non influenza il processo di costruzione dell'oggetto. Con l'accettazione, presso il forum della stampa, del “diffusionismo”si spiega, in parte, la marginalità riservata ad attori diversi dalle tre categorie dominanti, oggetto della nostra ipotesi (scienziati, soggetti istituzionali, appartenenti al mondo economico- industriale) La relazione tra orientamento valoriale del coverage e visione

diffusionista sembra essere un pattern comune a tutte le “tecnologie emergenti” almeno nella fase iniziale del loro percorso nella arena mediale.

Il breve periodo di analisi scelto e la natura in fieri della issue non permettono di affermare che il “ciclo di vita” delle nanotecnologie all'interno dell'arena dei media sia perfettamente identico a quello di altre innovazioni. La mancanza di un corpus di ricerche sistematico sulle “tecnologie emergenti” nella sfera pubblica italiana, in generale, nei media, in particolare, rende ancora più difficile formulare un'ipotesi del genere, a meno che non si annullino forzatamente le differenze tra i vari contesti nazionali. Tuttavia, rilevare determinati stadi di evoluzione simili tra issue tecnoscientifiche concepite come emerging technologies permette di passare dall'analisi dei dati alla definizione di un quadro teorico che vada al di là del caso singolo di studio.

Matthew Nisbet e Mike Huge, studiosi di comunicazione politica della Ohio State University, propongono un modello di sviluppo delle issue tecnologiche

particolarmente utile per inquadrare il nostro lavoro fuori dagli schemi classici della comunicazione scientifica. Il nostro intento sarà abbracciare un approccio che integri agenda building e, in parte, la Teoria dei Sistemi per fornire degli strumenti teorici in grado di illuminare, almeno parzialmente, il meccanismo che soggiace alla

primo passo, obbligato, è la ridiscussione critica del modello della continuità, già incontrato nel corso del secondo capitolo.