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Terrorismo e Media: La comunicazione del terrore

3. CAPITOLO : “Come i media stanno influenzando la nostra

3.1 Terrorismo e Media: La comunicazione del terrore

“Terrorismo e comunicazione sono storicamente legati da un rapporto mutualmente

strumentale. Il terrorismo si avvale dei canali comunicativi per assolvere alla sua finalità strategica principale: sommare al danno materiale quello simbolico, attraverso il potere dell’immagine. L’effetto è quello di un gioco di specchi, in cui l’essenza ultima dell’atto terroristico emerge dall’interazione profonda e complessa tra realtà, immagini, narrazioni e modalità di recepimento delle stesse. Dall’altro lato, il principale requisito funzionale cui deve assolvere il sistema comunicativo massmediatico è quello di catturare l’attenzione dello spettatore in ottica di fidelizzazione. Obiettivo facilmente perseguibile grazie all’opportunità di sensazionalismo che offre l’atto terroristico, in grado di rompere lo schema di normalizzazione, quando non di desensibilizzazione (Cohen 2002) che inevitabilmente viene creato dal ciclo.” 129

Nel mondo contemporaneo, la principale risorsa comunicativa viene rappresentata dai news media, i quali offrono una pioggia di risorse simboliche, e vanno a costituire dei supporti tecnologici per i messaggi ed anche dei luoghi esperienziali e relazionali.130

La moltiplicazione dei luoghi e dello scambio di informazioni ha avuto come prima conseguenza un ampliamento dello spazio sociale rappresentato, all’interno del quale esistono più eventi e più soggetti visibili, sempre in competizione tra di loro per acquisire visibilità nell’arena pubblica. Questo è il motivo per il quale non ci si può limitare ad acquisire informazioni su quello che si può sperimentare direttamente, ma diventa indispensabile conoscere eventi distanti da un punto di vista spaziale, investendo le news di un ruolo di ponte con il mondo. I media selezionano quindi la realtà da rappresentare, creando un ordine nella significatività delle issues e raccontando porzioni della realtà con formati e linguaggi specifici.131

129 Premessa di Rivista Sicurezza e Scienze Sociali, Alessandro Bruttini, 2017, fascicolo n°2

130 Francesca Rizzuto, La società dell’orrore. Terrorismo e comunicazione nell’era del giornalismo emotivo,

Pisa University Press, 2018

131 Francesca Rizzuto, La società dell’orrore. Terrorismo e comunicazione nell’era del giornalismo emotivo,

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La quantità e la rapidità delle informazioni costringono i riceventi ad un’elaborazione parziale, frammentaria e in continuo aggiornamento, che non sempre si ricompone in una narrazione coerente e completa. Questo comporta uno stato di allerta perenne, privilegiando un’elaborazione cognitiva instabile di tipo fluido, prevalentemente emozionale, dove la ragione sembra non aver spazio. Questo sovraccarico simbolico ha come conseguenza principale un’interpretazione prevalentemente emozionale delle informazioni ricevute, che vengono quindi analizzate e interpretate sulla base del gusto soggettivo e immediato, senza un approfondimento logico e razionale.

Per soddisfare il bisogno di storie emozionanti, le strategie di costruzione dei prodotti mediali privilegiano gli effetti speciali, che si tratti di fiction o di news, con un eccesso di drammatizzazione di orrori, sesso e violenze, lasciando come compito principale al giornalismo, quello di stupire fornendo storie emozionanti. I nuovi media promuovono contenuti seguendo un processo di spettacolarizzazione e drammatizzazione della realtà, con un impatto sensoriale e visivo notevole, al fine di attrarre il pubblico e mettere in scena un vero e proprio spettacolo del dolore, attraente ed emozionante, come il successo della cronaca nera, che spinge il pubblico a rapportarsi con la propria paura. Negli ultimi anni si è diffusa un’architettura della rappresentazione: una sorta di romanzo criminale, nel quale prevalgono contenuti inerenti ad omicidi, attentati terroristici, che portano il pubblico a suscitare sensazione di sgomento e orrore. Emerge la difficoltà di distinguere lo spettacolo della finzione dallo spettacolo della realtà, poiché, siccome il confine non è netto, gli spettatori tendono a reagire in maniera analoga in entrambe le differenti rappresentazioni.

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I mezzi di comunicazione di massa giocano un ruolo sempre più importante nella definizione e ridefinizione di eventi terroristici. Politici e media affrontano normalmente la condizione di incertezza comunicativa schermandosi dietro a discorsi rassicurativi i cui fini sono: individuare i responsabili, adottare diagnosticamente gli atti e misure per contrastare il fenomeno in futuro. Il terrorismo dell’ISIS è un fenomeno citazionale, performativo, neo- mediatico, l’organizzazione sfrutta la potenza dei nuovi media, le video decapitazioni sono uno strumento di violenza simbolica, la cui estetica è importata dal cinema americano, le loro azioni si svolgono in un contesto di iperrealtà. Usano agenzie proprie di produzione e diffusione dei messaggi su più piattaforme, possiede un vero e proprio arsenale mediatico

132 Francesca Rizzuto, La società dell’orrore. Terrorismo e comunicazione nell’era del giornalismo emotivo,

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che può raggiungere una molteplicità di finalità e audience; serial tv, decapitazioni e rituali, video-testimonianze, docu-fiction, video-game, per attrarre e indottrinare i più giovani. La strategia dell’ISIS in Europa vede il coesistere di eventi eclatanti e di attentati minori il cui scopo è quello di mantenere alta l’attenzione pubblica e mediatica sull’organizzazione e sul suo potere di colpire le deboli difese del controllo pubblico. Spesso pochi minuti dopo aver compiuto un attentato l’ISIS rivendica l’attacco via Twitter. Dayan D. e Katz E. collegano i rituali civili ai mass media con il ruolo della televisione e degli altri media per un pubblico più ampio. Ad esempio, in reazione agli attentati del 7-9 gennaio, in Francia il governo ha proclamato l’11 gennaio una manifestazione per la libertà di espressione e commemorazione delle vittime – Marcia Repubblicana volta ad affermare i valori laici e repubblicani della civiltà francese a dimostrazione dell’unità delle potenze mondiali contro il terrorismo. È stata organizzata in più città della nazione e del mondo. I media hanno trasmesso in diretta l’evento trasformandolo in un evento planetario.

I mass media forniscono la rappresentazione primaria degli eventi, riducono la complessià sociale e il senso di sicurezza percepite, l’informazione gira in modo che i cittadini possano diventare bene informati. Una tendenza tipica è quella di produrre discorsi rassicuranti attraverso strumenti di riduzione della complessità e incertezza percepita. Nel testo vengono individuate ed evidenziate tre strategie usate dai mass media:

1. Argomentazione giornalistica di tipo induttivo (cronaca) e di tipo deduttivo (editoriali);

2. Tipica della stampa online, racconta gli eventi attraverso una serie di periodi brevi, preceduti dal contesto spaziale e orario della notizia;

3. Citazione sia testuale che fotografica di rapporti di polizia e referti sanitari, altra documentazione ufficiale per sostenere l’oggettività della narrazione.

Il singolo cittadino è designato come spettatore e vittima potenziale dei futuri attacchi.133 Lo spettacolo della sofferenza genera una dimensione relazionale di simmetria tra gli attori che vi prendono parte: coloro che esperiscono la sofferenza e coloro che la osservano. L’insistenza di questo sguardo può essere moralmente accettabile soltanto nella misura in cui la rappresentazione della vulnerabilità divenga punto di partenza per avanzare un’istanza di comune umanità e generi la disposizione all’azione. Nel tentativo di colmare parzialemnte

133 Romania Vincenzo, Fra Voltaire e Jihad. Gli attentati di Parigi come dramma sociale e trauma culturale.

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la distanza che separa spettatore e infelice e non allontanare irrimediabilmente le possibilità di azione, tale disposizione può tradursi anche nella parola. La parola diventa quindi azione e deve andare a costruire una narrazione che riporti dignità alla sofferenza altrui, che ne rispetti la complessità, rinsaldi il legame simpatetico tra spettatore e sofferenti uniti nella comune condizione di fragilità. 134

“Quando il trauma incrocia i mass media guadagna in termini di opportunità e,

contemporaneamente, diventa l’oggetto di specifiche restrizioni. La comunicazione mass- mediatica presenta i traumi in forma drammatizzata e fa sì che alcune opposte interpretazioni guadagnino enormemente in termini di potere persuasivo. Allo stesso tempo, tuttavia, questi processi di rappresentazione costituiscono l’oggetto di restrizioni della comunicazione giornalistica, fatta di concisione, neutralità etica ed equilibrio prospettico. In ultima analisi, vi è il problema della competizione per i lettori che spesso produce le notizie esagerate o distorte che circolano nei giornali e nelle riviste. Quando un evento viene presentato come un trauma, un certo gruppo come ‘traumatizzato’ e un altro come il carnefice, i politici e altre élite possono attaccare i media, i loro editori e spesso anche i giornalisti che, con i loro report, hanno contribuito a stabilire i fatti traumatici.” 135